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Nuovi scenari: AA Drink, fenomeno da studiare - Il team olandese attivo tra donne, pista e cross

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Uno scorcio del sito della AA Drink-Leontien.nlSaltellando qua e là tra i siti internet delle squadre ciclistiche, siamo capitati in una pagina che è stata una piccola illuminazione: questa: http://www.leontien.nl/aadrink/content/team_aadrink.aspx.

Di che si tratta è presto detto: stiamo parlando della pagina in cui vengono presentati gli atleti di una squadra olandese, la AA Drink. Una pagina riepilogativa da cui emerge un dato a nostro modo di vedere bellissimo, ovvero un roster formato da uomini e donne, tutti insieme appassionatamente.

Dove vogliamo arrivare è altrettanto presto detto: ma allora un ciclismo che a livello di filosofia gestionale sia diverso (e quanto diverso lo vedremo scendendo nel dettaglio) non solo è possibile, ma è già una realtà sotto i nostri occhi!

AA Drink, quindi: uno sponsor che ha una lunga storia accanto al ciclismo femminile (e alla 6 Giorni di Rotterdam riservata alle lady), con un team tra le donne già a metà anni 2000, e con il progetto, nel 2008, di sposare anche il mondo della pista e del cross tra i maschietti. Un biennio (2009-2010) dedicato solo a questi ultimi, ed ora, con la giunzione con un secondo sponsor (Leontien, nome che già fa capire tutto agli aficionados del ciclodonne), siamo al presente, fatto nuovamente di questo spaziare tra i vari piani del nostro sport.

La domanda che sorge spontanea è: è quindi possibile, per un investitore, ricevere un importante ritorno pubblicitario pur senza lambire l'ambito del professionismo? Evidentemente sì.

Il ragionamento fatto dagli amici olandesi dev'essere stato più o meno questo: con gli stessi soldi che spenderemmo per una medio-grossa squadra Continental, la quale sarebbe comunque confinata a una presenza piuttosto marginale nel ciclismo odierno, puntiamo a fare una forte squadra femminile, una forte squadra per il cross, una forte squadra per la pista. In tal modo avremo una presenza a livello mondiale col team femminile (presenza ben più salda di quella che offrirebbe la Continental, visto che per le donne parliamo di fatto di professionismo, per le Continental no), e una, radicatissima, nel cuore caldo dell'Europa ciclistica, quello che batte forte per le 6 Giorni e per il fango del ciclocross.

Con il non trascurabile risvolto della possibilità di piazzare i propri atleti in tre diversi mondiali (laddove per la Continental di turno questa ipotesi è praticamente impossibile), con le chiaramente intuibili ricadute in caso di risultati positivi degli atleti medesimi.

Insomma, una quadratura del cerchio che passa dai nomi di Leontien Van Moorsel (grande campionessa del passato) e suo marito Michael Zijlaard, teste pensanti del team, e di atlete del calibro di Kirsten Wild, Trixi Worrack, Chantal Blaak, Lucinda Brand; nonché di validi crossisti come Thijs Al, Thijs Van Amerongen, Eddy Van Ijzendoorn; e di pistard come Danny Stam (che quando non è sugli anelli d'Europa sale in ammiraglia e fa il direttore sportivo per le ragazze: quando si dice ottimizzare!) o quel Leon Van Bon che, dopo una vita da professionista, ora si diverte a fare il seigiornista (con successo, visto che con lo stesso Stam ha appena vinto la 6 Giorni di Rotterdam).

Un'impostazione che riprende e se possibile amplifica la già assodata universalità di alcune nuove squadre nordeuropee-anglosassoni, le quali hanno organizzato sin dall'inizio la doppia attività maschile-femminile (per restare alle più famose, vedi Columbia o Cervélo - ora confluita nella Garmin), operando nel solco tracciato in passato dalla lungimirante T-Mobile, attiva con professionisti e donne (che poi uscì dal ciclismo per motivi che non c'entravano affatto con questa gestione del team); e che (parliamo sempre dell'impostazione) coniuga tale universalità con l'eclettismo di una Rabobank, che ha la sua brava Continental infarcita di crossisti accanto alla formazione prof.

In Italia come al solito siamo in ritardo, ancora distanti da tale filosofia panciclistica (e sì che pane e ciclismo lo mangiamo da più di un secolo...). Abbiamo in corso un tentativo di transponsorizzazione, con la Geox degli uomini che diventa Diadora (marchio della stessa casa) tra le donne: ma parliamo di due staff completamente diversi. È invece naufragato il tentativo (quello sì avvicinabile alla AA Drink dei giorni nostri) da parte della Carmiooro, che lo scorso anno gestiva una Professional, una squadra di dilettanti, una di donne juniores e altre giovanili, e per di più faceva pure cross. Ma il progetto è stato praticamente smantellato con la fine del contratto di sponsorizzazione da parte dell'azienda (che si è buttata sul basket).

Conseguente morale della favola: caro ciclismo italiano, come vedi è dalla concorrenza del basket della situazione che ti devi guardare, non certo da quella (presunta e indimostrata) tra uomini e donne che vanno in bici (o da atleti che gareggiano su terreni diversi). Amara conclusione: quanti dei team manager nostrani si farebbero illuminare dalla visione della pagina di cui sopra che tanto ha colpito noi? Pochi, pochissimi. Forse nessuno.

Marco Grassi

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