L'addio di Bellotti al ciclismo: «Amareggiato per il trattamento ricevuto dalla Liquigas»
Versione stampabileRiceviamo e volentieri pubblichiamo.
UN SALUTO AL CICLISMO DA FRANCESCO BELLOTTI
Ciao a tutti gli appassionati di ciclismo! Approfitto di questo spazio per ringraziare e salutare tutti gli amici e tifosi che, lungo la mia carriera, mi hanno sostenuto.
Purtroppo, mio malgrado, mi trovo a dover dare l'addio allo sport che ho tanto amato e che mi ha regalato tantissime soddisfazioni.
La mia avventura ebbe inizio nel 1991 quando, nella categoria G6, diedi i miei primi colpi di pedale con la mitica maglia bianco gialla dell'Ausonia Pescantina. Ho iniziato seguendo le orme dei miei fratelli Patrizio, Luciano e di mio papà Flavio, che mi hanno saputo trasmettere la loro grande passione. Dalla prima volta che ho inforcato la mia Moser blu e fucsia, le stagioni si sono susseguite rapidamente. I ricordi sono scolpiti in maniera indelebile nel mio cuore e il solo pensiero mi emoziona tutt'ora!
Ricordo con grande gioia tutte le categorie giovanili, il passaggio tra gli under23 col Pedale Veloce Carpi, la prima maglia azzurra al Trittico delle Ardenne, la bellissima annata in maglia V.C. Mantovani che mi ha portato fino al professionismo, nel 2003, con la Mercatone Uno-Scanavino del mitico Marco Pantani… un sogno che diventava realtà!
Ricordo molto bene anche le prime difficoltà, il salto di categoria non è stato facile, in quegli anni i giovani dovevano sgomitare parecchio per farsi spazio, in gruppo c'erano moltissimi corridori esperti con carriere pluriennali alle loro spalle, corridori che ti mettevano soggezione solo a stargli vicino, non come adesso che l'età media tra i professionisti non supera i 25 anni. Nel ciclismo d'oggi o passi e dimostri subito di essere un fenomeno, oppure nel giro di una o due stagioni ti mettono già da parte. Comunque, tornando a me, fortunatamente ho ottenuto subito dei buoni risultati e, dopo le prime due stagioni alla corte di Davide Boifava, è arrivato il salto tra i "big" del Protour con la francese Credit Agricole; un'esperienza durata tre anni, non facile ma bellissima; la mia prima volta in un paese straniero, le difficoltà nell'imparare la lingua e nel farmi capire, ma anche il bellissimo spirito di gruppo di una squadra che sfortunatamente non c'è più. Di quegli anni ricordo il debutto al Giro d'Italia, la lunga fuga nel tappone con arrivo a Ortisei, la grande amicizia col mio capitano Pietro Caucchioli e tutte le partecipazioni alle gare più importanti del calendario internazionale; il Giro appunto, ma anche la Vuelta, la Milano-Sanremo, l'Amstel Gold Race, Freccia Vallone,Liegi-Bastogne-Liegi e tante altre; le numerose soddisfazioni e gli ottimi piazzamenti ottenuti, posso dire che è stata un'esperienza che vale un'intera carriera!
Dopo l'ultima (sfortunata) stagione in Francia, il ritorno in Italia nella "multietnica" Barloworld di Caudio Corti. Questo per me ha rappresentato il "passaggio di maturità", era un ambiente stupendo, pochi corridori, tanto affiatamento ed un calendario importante da affrontare, con Corti ogni corridore si sentiva indispensabile. Tutt'altra cosa rispetto alle grandi squadre, dove nella marea di corridori che compongono la rosa, spesso è facile perdersi.
Proprio da qui prendo spunto per raccontarvi della mia ultima esperienza tra le fila della Liquigas-Doimo e Liquigas-Cannondale. Ricordo che nell'estate del 2009 stavo passando un periodaccio, già da qualche mese si sapeva che Barloworld non si sarebbe più impegnato nel ciclismo e lo stesso Corti ci aveva consigliato di sistemarci altrove perché lui non aveva più sufficenti garanzie di continuità. Proprio allora, con grande sorpresa, ricevetti una telefonata di Roberto Amadio in persona, che mi chiedeva se avessi già preso impegni per la stagione successiva; quasi incredulo, non ci pensai due volte a dirgli che sarei stato dei suoi! Pensavo di aver raggiunto il massimo, non riuscivo a capacitarmi di questa opportunità, immaginavo che per me sarebbe stata la "grande occasione". Purtroppo le cose non sono andate come mi aspettavo, ero abituato a realtà diverse, il mio modo di essere, spesso, contrastava con la logica di una squadra, che ha nei suoi capitani, nell'immagine e nelle vittorie gli unici veri interessi da tutelare, niente di più. Ciò nonostante ho sempre cercato di dare il massimo, sempre al servizio della squadra,poche occasioni personali in nome del capitano di giornata.
Devo comunque dire che in questi due anni è stato un onore portare questa maglia, ho corso al fianco di grandi campioni come Basso e Nibali, ho visto nascere due stelle dal futuro splendente come Sagan e Viviani, insieme abbiamo ottenuto risultati strepitosi; con loro ho raggiunto il sogno di partecipare al Tour de France, un'emozione grandissima, un traguardo che fa di ogni corridore un grande corridore, per tutto questo non posso far altro che ringraziarli.
Tuttavia mi sento fortemente amareggiato per la totale mancanza di umanità e di spirito che regna tra i dirigenti di questa squadra. Non tanto per il fatto che sono stato "scaricato" (probabilmente il mio contributo non era così importante), ma per il modo con cui questo è avvenuto. Vi racconto iniziando da un paio di considerazioni; in questi due anni non ho mai ricevuto un solo richiamo, mai commesso una mancanza e ho sempre cercato, semplicemente, di fare il mio lavoro al meglio. Infatti, nel luglio scorso, durate lo Stage in altura al Passo S.Pellegrino, Amadio volle incontrarsi con me per propormi il rinnovo del contratto, dicendomi che di me la squadra era pienamente soddisfatta. Dopo un breve periodo di riflessione (concessomi da Amadio stesso) accettai la proposta nonostante non corrispondesse esattamente alle mie richieste. Da quel momento non ho fatto altro che sentirmi rassicurare sul nostro accordo, ma della sua formalizzazione con la firma del contratto non si è più discusso, anche perché c'erano tanti impegni a cui dover far fronte. Per me non era un problema aspettare, la consideravo una semplice formalità.
Così fino ad arrivare alla 17a tappa della Vuelta, la FaustinoV-Pena Cabarga, dove alla partenza, Amadio, di ritorno dalla sua lunga vacanza negli Stati Uniti, mi comunica (con estrema disinvoltura) che per me non c'era più spazio in squadra. Mi è semplicemente crollato il mondo addosso, per me è stato un fulmine a ciel sereno. La Vuelta (come tutto il resto della stagione) stava andando bene, avevamo già vinto delle tappe, Nibali era ancora in gioco per la classifica finale, io stesso sono stato protagonista di una bella fuga, dove solo gli ordini di scuderia mi hanno impedito di giocarmi la vittoria o almeno un buon piazzamento di tappa, insomma, sentivo la piena fiducia della squadra nei mie confronti ed io ero pienamente fiducioso nei loro. Non ho ancora capito cosa sia successo, il perché di questo inaspettato ripensamento, da allora nessuno dei dirigenti si è sentito in dovere di darmi delle spiegazioni.
Ovvio che a quel punto la situazione si è complicata irrimediabilmente. Nel periodo precedente avevo interrotto eventuali trattative con altre squadre, convinto di essermi sistemato. Inoltre in quel momento, tra fusioni varie e squadre che chiudevano, il mercato offriva pochissime chance. Ho persino sperato che la partenza del mio compagno Ponzi verso l'Astana potesse essere una buona occasione per rimediare, almeno così mi era stato promesso, ma niente, solo un'altra porta sbattuta in faccia!
Mi ritrovo così,a 32 anni, con mia moglie Chiara e la mia bimba di 11 mesi Caterina, a dover dire addio al mio amato lavoro, riorganizzare la mia vita e rimboccarmi le maniche per iniziare una nuova avventura. Proprio in questi giorni sto definendo l'apertura del mio nuovo negozio di divani e poltrone, porterò avanti una tradizione familiare che dura da oltre quarant'anni, è una sfida importante ed entusiasmante al tempo stesso, che mi permetterà anche di dedicarmi (finalmente) alla mia famiglia.
Questo è un brevissimo riassunto della mia storia ciclistica, nonostante non ci sia stato il "lieto fine", per me rimane comunque una bellissima storia, fatta di gioie e dolori, ma che mi ha dato molto, sicuramente più di quanto possa avermi tolto!
Con questo concludo salutando tutti, ringraziando chi mi ha voluto bene e chi (anche se non li ho citati, lo sanno benissimo) ha reso possibile questa bella avventura durata 21 anni.
Francesco Bellotti