Landis: «Mi sono sempre dopato, e Lance mi aiutava a farlo»
Floyd Landis, dopo aver a lungo tentato la via giuridica per proclamare la sua innocenza rispetto alle accuse di doping (suffragate da una positività al testosterone) che gli sono costate la vittoria del Tour 2006, cambia completamente strategia e si confessa al Wall Street Journal, in un'intervista in cui ammette l'uso continuativo di doping nel corso della sua carriera, e tira in ballo come corresponsabili Lance Armstrong e altri corridori incontrati nella US Postal (Leipheimer, Zabriskie e un'altra decina di nomi). «Durante i nostri allenamenti, Armstrong mi ha spiegato più volte che con i nuovi test per scoprire l’Epo era necessario passare alle trasfusioni sanguigne. E mi sono iniettato anche delle sacche di sangue che erano conservate nel frigorifeo di Lance», questo uno dei passaggi più rilevanti dell'intervista di Landis, il quale ha anche dichiarato al WSJ che «l'antidoping oggi è una farsa». Armstrong per ora non replica, mentre Floyd ha anche inviato una lettera al presidente della Federciclo Statunitense, Stephen Johnson, in cui spiega per filo e per segno pratiche e procedure illecite che ne hanno costellato la carriera.