Giochi Olimpici: Il Cross olimpico non è più utopia - Il presidente UCI Cookson preme per rilanciare la disciplina
Versione stampabileDurante l'accesa campagna elettorale per la presidenza dell'UCI abbiamo sentito più volte Pat McQuaid minacciare una possibile esclusione del ciclismo dai Giochi Olimpici nel caso in cui non fosse stato rieletto: la tattica intimidatoria per fortuna non ha funzionato, anzi, a pochi mesi dalla sua elezione Brian Cookson ha subito deciso di rilanciare, candidando il ciclocross come una possibile disciplina per le edizioni future dei Giochi Olimpici Invernali.
Già a dicembre Cookson aveva ventilato questa possibilità in una lunga intervista a Het Nieuwsblad ma adesso è sempre lo stesso quotidiano belga, terra in cui il ciclocross è praticamente una religione, a svelare che in settimana si terrà un primo incontro tra Peter Van den Abeele, coordinatore UCI del settore fuoristrada, e Christophe Dubi, direttore degli sport del CIO, proprio per discutere di ciò. In passato il discorso era già venuto fuori, Sven Nys ha questo pallino da anni e ora l'appoggio del neopresidente dell'UCI può smuovere le cose.
Allo stato attuale delle cose l'inserimento del ciclocross nel programma olimpico invernale è bloccato dall'articolo 6.2 della carta olimpica: qui si può leggere infatti che «solo gli sport che sono praticati sulla neve o sul ghiaccio sono considerati come sport invernali» e, sebbene capiti non raramente di assistere a gare in tali condizioni climatiche, il ciclocross purtroppo non rispetta questo punto. Il primo fondamentale passaggio per arrivare al riconoscimento del ciclocross come sport a cinque cerchi è quindi la modifica di tale paragrafo e la proposta di Van den Abeele sarebbe di cambiare in «sport che si disputano solo (o principalmente) durante i mesi invernali».
Per riuscire in quest'impresa l'UCI ha anche un alleato prezioso e molto influente, la Federazione Internazionale di Atletica. La IAAF infatti vorrebbe riuscire ad inserire nei Giochi Invernali la corsa campestre e condurre questa piccola battaglia in due ha qualche probabilità di successo in più che non essendo da soli. Inoltre il ciclocross e la corsa campestre hanno diversi punti di contatto tra di loro e, con gli opportuni accorgimenti, potrebbero anche dividere la stessa location di gara, riuscendo quindi a contenere l'eventuale aumento dei costi per l'organizzazione.
Oltre al problema della carta olimpica, una delle obiezioni che si è spesso sentita quando si parlava del ciclocross ai Giochi riguardava gli scarsi confini della disciplina e l'eccessivo dominio dei corridori fiamminghi in particolare. Effettivamente il ricordo di sette belgi ai primi sette posti di un Campionato del Mondo è ancora fresco (era il 2012) ma probabilmente adesso, più che espandersi per puntare ad entrare ai Giochi, bisogna ragionare in maniera opposta: la prospettiva di vincere una medaglia olimpica, infatti, potrebbe spingere molte federazioni nazionali ad investire maggiormente nella disciplina ed a ricercare così quel grande spirito internazionale che negli anni s'è un po' smarrito.
Lo stesso discorso si può applicare ai singoli corridori, basti pensare ai tanti talenti che negli ultimi anni hanno abbandonato o trascurato il ciclocross per concentrarsi sulle corse su strada: per i belgi tutto è più facile ma gente come Lars Boom, Zdenek Stybar, John Gadret o anche del nostro Davide Malacarne (iridato juniores nel 2005) avrebbe fatto probabilmente scelte diverse in carriera se il ciclocross fosse stato uno sport olimpico. Insomma, gli appassionati di ciclocross hanno di che sognare e chissà che un giorno non ci sia una disciplina ciclistica anche ai Giochi Invernali: un giorno in un futuro lontano, non prima del 2022, visto che per Sochi 2014 e anche Pyeongchang 2018 il tutto ormai è fatto, ma oggi sembra almeno un po' più vicino.