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Mondiali su Pista 2016: La lunga notte degli inseguimenti mancati - Fallisce all'ultimo giro la GBR di Wiggins contro l'Australia; sfugge il bronzo a un'Italia da applausi | Cicloweb

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Mondiali su Pista 2016: La lunga notte degli inseguimenti mancati - Fallisce all'ultimo giro la GBR di Wiggins contro l'Australia; sfugge il bronzo a un'Italia da applausi

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Grande delusione sul volto di Bradley Wiggins, l'oro è sfumato a 200 metri dall'arrivo © British Cycling-Alex Whitehead

La seconda giornata dei Campionati del Mondo su Pista ha regalato emozioni a non finire con una serie di gare che hanno rappresentato uno spot incredibile per questo sport: sfide decise sul filo di lana, numeri di altissima classe, conferme, delusioni ed un'Italia capace di strappare applausi pur non riuscendo a salire sul quel podio che sarebbe stata la ciliegina della torna di questa due giorni esaltante.

La Gran Bretagna crolla all'ultimo giro, oro Australia
I nostri azzurri ci perdoneranno se iniziamo il nostro resoconto con quella che è stata l'ultima gara della serata, l'attesissima sfida tra i padroni di casa della Gran Bretagna ed i rivali di sempre dell'Australia nella finale dell'Inseguimento a Squadre maschile: nel pomeriggio entrambe si erano imposte abbastanza nettamente nelle rispettiva batterie di semifinale attestandosi su tempi molto simili rendendo impossibile ogni genere di pronostico. Per la finale i tecnici britannici hanno optato per effettuare ben due cambi: confermati Bradley Wiggins e Owain Doull, al posto di Burke e Tennant sono stati schierati Ed Clancy e Jonathan Dibben, una scelta che con il sennò di poi potrebbe essere anche definita discutibile. Per gli aussie invece Luke Davison ha lasciato spazio a Miles Scotson che si è unito quindi a Sam Welsford, Michael Hepburn e Callum Scotson.

Nel primo di lancio l'Australia ha immediatamente scavato un margine di sette decimi che è rimasto pressoché invariato fino a dopo metà gara quando le trenate di Wiggins hanno consentito ai britannici di iniziare a rosicchiare qualcosa. La prima doccia fredda per i padroni di casa è arrivata dopo 2750 metri con Jonathan Dibben che ha alzato bandiera bianca e si è fatto sfilare dal resto della squadra: l'uomo in meno non spezzato il ritmo della Gran Bretagna che dopo un lunghissimo testa e testa si è trovata per la prima volta davanti al passaggio ai 3500 metri.

Con l'Australia ormai ridotta anch'essa a soli tre corridori l'inerzia della gara sembrava tutta a favore dei britannici che alla campana dell'ultimo giro di pista potevano contare su più di un decimo di vantaggio: nel giro di pochi istanti però l'intero velodromo si è ammutolito perché anche Ed Clancy ha finito la benzina e così la medaglia d'oro ha preso la direzione dell'Australia che ha chiuso con lo strepitoso tempo di 3'52"727, a circa un secondo dal record del mondo, mentre 3'53"856 è stato il tempo della Gran Bretagna a cui è mancato davvero poco. Quella di Ed Clancy è stata una grande scommessa dei tecnici visto che il quasi 31enne di Barnsley si era dovuto operare alla schiena meno di tre mesi fa e che solo nelle ultime due settimane aveva ripreso ad allenarsi nel velodromo: con un Clancy a pieno servizio probabilmente il risultato sarebbe stato diverso, e cosa sarebbe successo invece con Burke o Tennant?

Una grande Italia fa sognare ma il bronzo va alla Danimarca
Nella finale per il terzo e quarto posto l'Italia si è difesa con grande onore ma oggi si è trovata sulla propria strada una Danimarca in formato super che è stata capace di piazzare un 3'54"940 nel primo turno e poi un 3'55"936 nella sfida per il bronzo, tempi che sono ancora fuori dalla portata del nostro quartetto. Nel pomeriggio per lo scontro con la Gran Bretagna il ct Marco Villa aveva deciso di tenere a riposo Elia Viviani per fare spazio a Michele Scartezzini che non ha fatto rimpiangere il veronese: gli azzurri hanno nuovamente infranto la barriera dei quattro minuti ed una cattiva gestione delle forze da parte della Nuova Zelanda ci tenuto in gioco per una medaglia. In serata ancora turn-over con Viviani e Ganna che hanno preso il posto di Scartezzini e Lamon, e ancora una volta è arrivato un bel risultato: la Danimarca ha scavato subito un buon margine, ma il 3'58"262 finale conferma che il quartetto italiano dispone anche di validissime alternative e che se si continuerà a lavorare con questi ragazzi, in futuro potrebbe arrivare finalmente qualche bella soddisfazione.

Bene anche il quartetto femminile. Shock britannico, sorpresa USA
Sempre nell'Inseguimento a Squadre si sono ben comportate anche le ragazze di Dino Salvoldi che non hanno migliorato il record italiano del novembre 2014 ma si sono comunque qualificate per i turni successivi piazzandosi in settima posizione: dopo aver dovuto abortire il primo tentativo a causa di una foratura, Simona Frapporti, Tatiana Guderzo, Francesca Pattaro e Silvia Valsecchi hanno fatto registrare un buon 4'29"857 che le porterà domani a sfidare la Polonia.

Se la sconfitta di Wiggins e soci è stata una grossa delusione per tifosi londinesi, ancora maggiore è stato lo shock per il fortissimo quartetto femminile che, da favorito, si ritrova invece fuori dai giochi per la medaglia d'oro: Trott, Barker, Horne e Rowsell si sono incredibilmente disunite nel finale e sono finite al quinto posto in una classifica che dalla seconda alla quinta posizione ha vinto quattro nazioni racchiuse in meno di quattro decimi di secondo. Le altre grandi favorite dell'Australia si sono salvate per il rotto della cuffia, quarte precedute anche da Canada e Nuova Zelanda, ma davanti a tutte si sono piazzate le americane che hanno fatto segnare il nuovo primato nazionale (4'16"180) distanziando di quattro secondi e mezzo la rivale più vicina.

Negli Stati Uniti ha giocato un ruolo fondamentale l'esperienza di Sarah Hammer che ha fatto da guida alle giovanissime Jennifer Valente (21 anni), Kelly Catlin (20 anni e vincitrice dei Giochi Panamericani a cronometro nel 2015) e soprattutto la 19enne Chloe Dygert, rivelazione degli ultimi Mondiali di Richmond su strada dove nella categoria juniores sbaragliò la concorrenza sia a cronometro che in linea. Mancano ancora più di cinque mesi a Rio de Janeiro e questo risultato può inserire gli USA a pieno titolo nella lotta per la medaglia d'oro, vedremo se domani nei turni finali queste ragazze sapranno reggere la pressione, le attenzioni e la fatica degli sforzi ravvicinati.

Laura Trott, nello Scratch una gioia per i tifosi di casa
A salvare il bilancio della Gran Bretagna ci ha dovuto pensare quindi la solita Laura Trott che dopo la delusione della prova a squadre del pomeriggio, in serata è scesa nuovamente in pista per la finale dello Scratch: la 23enne di Harlow ha vinto da grande campionessa quale è dovendo ricorrere a tutta la sua classe per recuperare una situazione che a dieci giri dal termine sembrava compromessa.

Rispetto alla gara maschile di ieri, stavolta ha prevalso l'attendismo nonostante qualche timida scaramuccia che ha visto sempre ben attenta l'unica azzurra in gara, Maria Giulia Confalonieri. A 15 giri dal termine, però, un allungo dell'irlandese Lydia Boylan ha provocato la reazione di Jarmila Machacova (Rep. Ceca), Charlotte Becker (Germania), Arlenis Sierra (Cuba), Evgeniya Romanyuta (Russia) e Qianyu Yang (Hong Kong): queste atlete hanno guadagnato fino a mezzo di vantaggio sfruttando l'asfissiante marcatura tra le favorire Trott, Wild e D'Hoore.

Ai meno 7 giri è stata proprio Laura Trott a rompere gli indugi e a lanciare in un fantastico show personale: praticamente da sola, e con tutte le rivali più accreditate in scia, ha chiuso il buco con le battistrada ai meno due giri, ha rifiatato pochi secondi dietro alla canadese Roorda e poi è resa protagonista di una volata lunga che non ha lasciato scampo ad una specialista di questi finale come l'olandese Kirsten Wild mentre Stephanie Roorda e Jolien D'Hoore hanno chiuso rispettivamente al terzo e quarto posto; notevolissima anche la prestazione della ceca Jarmila Machacova, quinta dopo aver sognato a lungo di riuscire ad anticipare le favorire. Nella seconda parte si è vista un po' meno Maria Giulia Confalonieri che nei complicati giri conclusivi non è riuscita ad andare oltre la 14esima posizione.

Kristina Vogel s'impone d'autorità nel Keirin
Altra grande protagonista al femminile che si è portata a casa medaglia d'oro e maglia iridata è la tedesca Kristina Vogel nel Keirin: per lei si tratta del settimo titolo mondiale in carriera, in secondo nella specialità dopo quello di Cali 2014. Nella finale la cinese Shuang Guo, che in semifinale aveva battuto proprio la Vogel al termine di una rimonta impressionante passando tutta all'esterno, ha probabilmente gestito male la situazione dal punto di vista tattico ma anche un atteggiamento diverso non è detto che sarebbe bastato: la Vogel infatti si è messa davanti a due giri dall'arrivo e nessuna è più stata capace di schiodarla da quella posizione.

Medaglia d'argento per l'eterna Anna Meares, 32enne al suo 27° podio mondiale tra prove individuali e a squadre: per lei un grande brivido nel primo turno quando è riuscita a controllare con grande abilità una brutta sbandata causata da una mossa troppo azzardata della russa Ekaterina Gnidenko. Il podio è stato completato dalla britannica Rebecca "Becky" James, rimasta chiusa prima dell'ultimo giro e poi risalita attraverso varchi quasi impossibili fino appunto al terzo posto.

Nel Chilometro finalmente Eilers, Bos torna ed è subito a podio
Nel programma odierno c'è stata una finale anche nella sessione pomeridiana: nel Chilometro maschile dopo due secondi posti consecutivi è riuscito finalmente a conquistare la maglia iridata il tedesco Joachim Eilers. Il 25enne di Colonia ha fermato il cronometro in 1'00"042, una prestazione costruita partendo forte, dando tutto nei 500 metri centrali e poi chiudendo in bellezza facendo registrare anche il secondo posto nell'ultimo micidiale giro. Oltre al successo di Eilers, l'altra grande notizia di giornata è la medaglia d'argento di Theo Bos con il tempo di 1'00"461 davanti al francese Quentin Lafargue: l'olandese è tornato quest'anno alla velocità su pista che aveva abbandonato nel 2008 per dedicarsi alla strada, a novembre aveva vinto il titolo nazionale proprio nel Chilometro ma onestamente non si sapeva fin dove sarebbe potuto spingersi in una gara che assegnava un titolo modiale.

Dietro a ritorno nei velodromi di Theo Bos c'era la voglia di partecipare ai Giochi Olimpici per andare a caccia di quell'oro che gli era mancato nella prima parte di carriera. Questo risultato è un bel segnale lanciato ai tecnici, ma ora sarà facile guadagnarsi il posto nel terzetto della Velocità a Squadre: ieri i suoi connazionali si sono infatti piazzati secondi dietro alla sola Nuova Zelanda, nell'ultima frazione Buchli ha perso tanto nei confronto diretto con Dawkins, chissà se un Bos così competitivo nel Chilometro non possa tornare utile proprio in quella posizione.

Sebastiano Cipriani

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