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Il caso: Astana salva... più o meno - Licenza World Tour confermata, ma l'UCI alimenta un clima di sospetti | Cicloweb

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Il caso: Astana salva... più o meno - Licenza World Tour confermata, ma l'UCI alimenta un clima di sospetti

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Alexandre Vinokourov e l'Astana © Bettiniphoto

E quindi, abbiamo scherzato.

La tiritera che per quasi sei mesi ha tenuto sulla corda l'Astana e tutti i suoi dipendenti (corridori e non corridori) è giunta a una parziale soluzione: la licenza World Tour, ovvero il classico pezzo di carta (pagato a caro prezzo) che in questo caso permette la partecipazione al Tour de France (la sostanza è questa, tutto il resto è folklore di contorno) non viene tolta al sodalizio kazako.

Con un comunicato che sembra scritto da un portaborse democristiano degli anni '50, pieno di distinguo e di prescrizioni religiose, l'UCI ha confermato ieri che la licenza non viene ritirata, ma che l'Astana resta sotto stretta osservazione: l'ISSUL (Istituto di Scienze Sportive dell'Università di Losanna, che ha seguito l'intera vicenda dal punto di vista tecnico-medico) continuerà a dare delle raccomandazioni al team e si occuperà di verificare che vengano attuate. In caso contrario, tutto tornerà in discussione.

Insomma, il classico accomodamento che mira a salvare forma e sostanza: il ditino ammonitore nei confronti di Alexandre Vinokourov (team manager della squadra) resta ben in vista, ma nel frattempo Vincenzo Nibali e compagni potranno "tranquillamente" gareggiare secondo i programmi.

 

Una vicenda abbastanza controversa
Gli addebiti che da mesi vengono fatti nei confronti dell'Astana vanno a costituire un corpus accusatorio abbastanza controverso. È fuor di dubbio che la doppia positività all'Epo dei fratelli Iglinskiy abbia messo la squadra in una posizione quantomeno scomoda.

È fuor di dubbio che la triplice positività riscontrata nell'Astana Continental (team di terza fascia collegato a quello maggiore), col coinvolgimento dei corridori Ilya Davidenok, Viktor Okishev e Artur Fedosseyev, abbia complicato ulteriormente le cose, al punto che Vinokourov decise di sospendere l'intero team.

È fuor di dubbio che la presenza nei ranghi dell'Astana maggiore di Dmitri Sedoune, già team manager della formazione Continental successivamente riciclato come direttore sportivo della squadra WT, non abbia facilitato le cose.

Ma pur risultando rilevanti, tutte queste valutazioni non oscurano alcuni aspetti abbastanza controversi della vicenda.

1) La Gazzetta dello Sport in autunno fa trapelare la notizia secondo cui ci sarebbero prove fotografiche della presenza di Michele Ferrari (il più discusso dei medici sportivi) nel ritiro toscano dell'Astana: circostanza seccamente smentita da tutte le parti in causa e poi non provata dal giornale rosa. A chi giovò quell'atto scandalistico (contestualizzato in una vera e propria campagna ai danni del team in quelle settimane)?

2) In marzo rimbalza dalla Guyana la notizia di una nuova positività di un corridore kazako, Artyom Zakharov, tesserato della Vino 4Ever, altra squadra Continental kazaka che omaggia Vinokourov sin dal nome, ma che con l'ex campione non ha praticamente nulla a che fare (a parte il fatto di essere collegata alla Federciclismo kazaka, ente di cui Alexandre è un personaggio di spicco); ma la cosa più buffa è che tale positività risale al 2013... notizie di doping tenute nel cassetto e tirate fuori quando più fa comodo: era per caso l'UCI di McQuaid quella in cui si verificavano tali situazioni? E Aigle non aveva per caso voltato pagina, formalmente, rispetto a quell'epoca buia?

3) A quanto è dato sapere, ci sono molte altre squadre che non avrebbero tutte le carte in regola, sul fronte doping, al pari dell'Astana, relativamente a presenze eccessive di dottori sulle ammiraglie, o ad altri aspetti condannati (in linea di principio) dall'ISSUL; ma solo l'Astana è stata controllata coattivamente da tale organismo, per cui solo l'Astana è parsa essere fuori dalle regole (o al limite molto borderline).

 

Il ruolo di Cookson tra UCI e Sky, le tempistiche
Non ci vogliamo dilungare sulle tempistiche della decisione UCI, che paiono fatte apposta per rompere le scatole a chi quella decisione l'ha dovuta attendere per mesi: lavorare fino a fine aprile con una simile spada di Damocle sulla testa, senza avere soverchie certezze sul prosieguo della stagione, è una questione che configura di per se stessa uno stato di danno evidente. Che cosa bisogna aggiungere?

Quel che c'è da aggiungere riguarda semmai un altro fronte: la posizione del presidente UCI Brian Cookson. Che il numero uno di Aigle sia particolarmente vicino al Team Sky, non è un segreto; che suo figlio Oliver sia a libro paga della formazione britannica, neanche... anche se l'abbiamo scoperto appena un anno fa (Cookson junior lavora per la Sky dal 2010: non sarebbe forse stato il caso di rivelare tale intreccio in sede di candidatura di Cookson senior alla poltronissima dell'Unione Ciclistica Internazionale?).

Ora, ognuno può lavorare per chi gli pare. Ma chi occupa un ruolo che dovrebbe essere di garanzia e che dovrebbe essere improntato alla più totale equidistanza tra le parti in causa non può permettersi simili macchie. Perché sì, avere il figlio che lavora per una squadra World Tour è una macchia per un presidente dell'UCI. Abbiamo criticato per anni il familismo amorale di Pat McQuaid, ora ci ritroviamo ad avere un erede dell'irlandese che finisce con l'avere comportamenti abbastanza simili al predecessore.

Tutto ciò torna rilevante nel momento in cui l'UCI è chiamata a dirimere questioni tra i top team del World Tour. Possiamo fingere che alla Sky di Chris Froome non importi di avere o non avere Vincenzo Nibali tra gli avversari nella Grande Boucle (tutto il resto, come detto più su, conta 100 volte meno). Possiamo fingere che alla famiglia Cookson (per il fatto di avere a cuore il movimento britannico... ma anche per ragioni molto più prosaiche, diremmo meramente economiche) non interessi che Froome abbia la strada spianata per vincere il Tour. Possiamo fingere che babbo Cookson e figlio Cookson non si parlino, non interagiscano, non si muovano in maniera solidale.

Possiamo fingere queste e mille altre cose, ma questo è quello che il ciclismo ha fatto per troppo tempo: fingere, fingere di non vedere, di non accorgersi, di non notare che il re era nudo. Sinceramente non ci va di farlo più. È il rasoio di Occam che ci suggerisce di far caso al classico elefante rosa nella cristalleria: se io sono legato a una squadra e posso far qualcosa per danneggiare la squadra avversaria, magari farò proprio quel qualcosa. (A margine: la sussurrata moral suasion dello stesso Cookson presso Oleg Tinkov per far fuori Bjarne Riis non ha destabilizzato la Tinkoff di Alberto Contador, altro contender di Froome?).

Con le carte che l'UCI aveva in mano, il TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport) avrebbe quasi certamente dato ragione all'Astana, in caso di licenza WT negata. Ma intanto la squadra kazaka è stata comunque danneggiata in questa prima parte di stagione. E il fatto di continuare a tenere acceso su di essa un riflettore che suggerisce un marchio d'infamia è una manovra di inaudita scorrettezza: la notizia di un'eventuale conferma vittoriosa di Nibali al Tour de France come potrebbe essere manipolata da certi avversari, da certa stampa (in particolare anglosassone)? "Ha vinto, sì, ma..."...

 

Il caso Aru e i velenosi tweet di Henderson
Non è una preoccupazione peregrina, questa appena espressa. È un aspetto che ha già trovato conferma in una storiaccia di queste ultime ore. Fabio Aru, il principale ciclista dell'Astana dopo Nibali, ha saltato il Giro del Trentino a causa di problemi fisici: vomito e diarrea hanno appiedato il sardo, per il quale anche la partecipazione al prossimo Giro di Romandia resta in dubbio (non invece la presenza al successivo Giro d'Italia).

Ebbene, ieri sera Greg Henderson, esperto corridore neozelandese, ha espresso via Twitter pesantissime illazioni, mettendo in dubbio la natura di questi mali di Aru, invitando l'italiano a tornare a gareggiare "pulito" più che "guarito" e lamentandosi del fatto che qualcuno in gruppo provi ancora a imbrogliare.

Naturalmente queste accuse senza senso (e - va da sé - senza la minima prova) hanno scatenato un putiferio, tanto che lo stesso Henderson ha poi cancellato i tweet "incriminati" e si è scusato con Aru. La colata di fango però rimane, e forse spingerà il corridore di Villacidro e il suo team a chiedere i danni d'immagine (Nibali - sempre via Twitter - ha pubblicamente invitato Fabio a muoversi in tal senso).

Inutile dire che tale spazzatura è il portato naturale del brodo di coltura in cui il ciclismo continua ahinoi a sguazzare: il clima di sospetto perenne genera mostri, e le scelte dell'UCI e dei suoi vari organismi fiancheggiatori non fanno altro che alimentare tale clima.

Attendendo le prossime puntate di questa sceneggiata di infimo ordine, non possiamo che esprimere il massimo rammarico per quanto quotidianamente vediamo. Eppure non credevamo che questa fosse l'unica via per noi...

Marco Grassi

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