Grandi progetti: Spostare il Ciclismo su Pista ai Giochi Invernali? - Riforma olimpica: si-può-fare!
Versione stampabileChe Brian Cookson, presidente UCI, sia un dirigente votato all'innovazione, ne abbiamo avuto fin qui qualche sentore, anche se lo attendiamo alla prova dei fatti, visto che per il momento in concreto non ci sono stati grandi cambiamenti nel ciclismo. C'è un fronte sul quale il chairman di Aigle si sta muovendo con creatività e intelligenza, ed è quello che concerne i rapporti tra ciclismo e Olimpiadi.
Da tempo Cookson ha sposato l'idea di chiedere al CIO (il Comitato Internazionale Olimpico) che il ciclocross venga introdotto nel programma dei Giochi Invernali: una disciplina che si svolge nei mesi freddi, e che si sposerebbe abbastanza bene col clima tipico delle Olimpiadi della neve. Ecco, il punto dirimente è proprio la neve, che col ghiaccio rappresenta lo scenario obbligato perché una disciplina acceda ai Giochi Invernali: se uno sport si disputa su neve o ghiaccio, può entrare nel programma, altrimenti nisba.
L'obiettivo è di giungere a una modifica delle norme, per far sì che queste prevedano che a una disciplina, per accedere alle Olimpiadi della neve, basti il fatto di svolgersi principalmente nei mesi invernali (indipendentemente dal terreno di gara). In questa battaglia per portare il ciclocross ai Giochi, l'UCI è affiancata dalla IAAF, la Federazione Internazionale d'Atletica Leggera, la quale è interessata a far salire sulla stessa giostra la corsa campestre: e siccome la IAAF è una federazione molto potente in seno al CIO, non sorprenderebbe che tali istanze trovassero udienza e accoglimento, prima o poi.
Ma ora Cookson rilancia: non solo il ciclocross, ma anche la Pista potrebbe essere interessata a una simile rivoluzione, e spostarsi tranquillamente dalle Olimpiadi estive a quelle invernali. Il ragionamento del numero uno dell'UCI è semplice: i Giochi Estivi soffrono - è notorio - di gigantismo. Le problematiche dovute alla necessità di allocare 10mila atleti (contro i meno di 3mila dei Giochi Invernali) e gestire un programma di gare immenso rappresentano una questione che in sede CIO è molto sentita. E allora perché non spostare tutta una serie di discipline indoor verso le Olimpiadi invernali?
In un'intervista alla BBC, Cookson cita come esempi il judo o il badminton, ma inserisce quasi en passant anche il ciclismo su pista. Tale disciplina ha sofferto in anni recenti di una brusca riduzione del suo programma olimpico: nelle ultime due edizioni dei Giochi, sono state tagliate prove come il Chilometro maschile (e i 500 metri femminili), l'Inseguimento individuale, la Corsa a punti, la Madison. L'introduzione dell'Omnium non soddisfa appieno i palati abituati alle grandi sfide sull'anello, e alle Olimpiadi di Londra sono state assegnate medaglie in appena 10 discipline della pista (Velocità individuale e a squadre, Inseguimento a squadre, Keirin e Omnium, sia maschili che femminili): è scarno sì, un simile programma.
Cookson conosce i suoi polli (ovvero i ciclofili), e infatti osserva: «Non sarebbe meglio spostare il ciclismo su pista ai Giochi Invernali, di modo da avere più discipline, più atleti, più medaglie?». Come dargli torto? In fondo anche la collocazione in calendario sarebbe più consona all'attività su pista, che in gran parte si svolge per l'appunto d'inverno: l'appuntamento clou della stagione, i Mondiali, si svolgono annualmente tra febbraio e marzo; avere nello stesso periodo (e non in agosto) le Olimpiadi, permetterebbe agli atleti di prepararsi nel migliore dei modi, e consentirebbe pure a qualche stradista di cimentarsi ai Giochi, senza stravolgere la stagione sull'asfalto.
Insomma, sembra il classico uovo di Colombo, se non fosse che ci sono anche delle criticità in quanto proposto da Cookson. Ad esempio, non si può negare che le sedi olimpiche invernali siano a volte delle località più o meno isolate, che possono garantire una ricettività limitata (quanto ad atleti e tifosi), e che hanno una propria peculiarità che mal si sposerebbe all'invasione di determinati sport indoor. D'altro canto, non sarebbe facile né troppo utile costruire un velodromo in montagna (finiti i Giochi, chi lo utilizzerebbe?). Tale problema potrebbe essere dribblato ipotizzando una dislocazione a più ampio raggio dei campi di gara olimpici: per dire, se i Giochi li organizza Bormio, a meno di 200 km di distanza c'è già pronto il Velodromo di Montichiari: non sarebbe insomma necessario costruire un anello a 2000 metri d'altitudine, e ci si potrebbe appoggiare per tale struttura alla città più vicina.
Sia come sia, la proposta di Cookson a noi piace molto, e non siamo certo gli unici a trovarla interessante: a fine 2014 in sede CIO si discuterà in maniera approfondita di tutto ciò che riguarda i Giochi, e non è escluso che possano esserci delle importanti riforme. Del resto anche il Comitato Internazionale Olimpico (come l'UCI) ha un nuovo presidente (il tedesco Thomas Bach), che si è già detto orientato a una revisione del programma olimpico. Dare allo stesso tempo maggior peso alle Olimpiadi invernali e alle nuove discipline che potrebbero esservi ricomprese, e offrire a quelle estive maggiore respiro e snellezza, sarebbe una sfida intrigante con cui Bach potrebbe volersi misurare.
L'unico dubbio per quanto ci riguarda è insito nella rappresentanza ciclistica in seno al CIO: Hein Verbruggen, "il nostro uomo all'Avana", non è propriamente garanzia di qualità, e peraltro è un po' in disgrazia dopo la vicenda Armstrong-UCI. Se le nostre speranze devono essere riposte nel dirigente olandese, è bene per Cookson cercare da subito (se già non l'ha fatto) entrature alternative.