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Radiazione sì, radiazione no - Un'inchiesta per capire se serve | Cicloweb

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Radiazione sì, radiazione no - Un'inchiesta per capire se serve

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Il ciclismo è nell'occhio del ciclone. Una frase che abbiamo sentito talmente tanto in questi ultimi anni che ormai la consideriamo un luogocomune. Il ciclismo è nell'occhio del ciclone per mille motivi o forse per uno solo, fatto sta che il periglioso declinare di questo splendido sport ci conduce a cercare soluzioni nuove.
E una delle più dibattute degli ultimi tempi, anzi, proprio quella più alla moda, si chiama "radiazione". Radiazione del ciclista sin dalla prima positività alle sostanze più pesanti, fuori le mele marce dal gruppo e pedalare.
Può essere una soluzione. O può non esserlo. Abbiamo cercato di approfondire la questione con l'inchiesta che da oggi vi terrà per qualche giorno compagnia sulle pagine di Cicloweb. Iniziamo da un semplice specchietto: un memorandum per fissare il susseguirsi di misure sempre più restrittive nella lotta al doping nel ciclismo. Una progressione che - a questo punto - prevede per l'appunto che il prossimo passo sia l'introduzione della radiazione sin dalla prima positività.
E insieme allo specchietto, vi lasciamo una domanda: il pugno di ferro sempre più stringente ha risolto il problema del doping nel ciclismo, al punto da poter pensare che l'ultimo scalino - una volta salito - debellerà definitivamente la piaga in questione?

(Marco Grassi)

Anno

Fatti

1997

Fissato un limite per l'ematocrito

1998

Scandalo Festina e campagna "Io non rischio la salute"

1999

Prima Conferenza Mondiale sul Doping nello Sport e nascita della WADA

2000

Novità in "Io non rischio la salute" e legge antidoping in Italia

2001

Blitz dei NAS al Giro e stop del ciclismo

2003

Seconda Conferenza Mondiale sul Doping nello Sport e Codice WADA

2005

La WADA crea il sistema ADAMS

2007

"Impegno per un nuovo ciclismo" e Terza Conferenza sul Doping

2008

L'UCI adotta il sistema ADAMS e vara il passaporto biologico

2009

Il CONI adotta il sistema ADAMS e nuovo Codice WADA

1997
Nei primi anni ‘90 la diffusione dell’EPO utilizzata come sostanza dopante raggiunge livelli preoccupanti ma, nonostante sia un prodotto proibito già dal 1990, rimane non rintracciabile nei test e bisogna aspettare fino al 1997 perché le federazioni internazionali decidano di prendere delle misure per limitare il fenomeno: siccome l’uso di EPO produce un innalzamento dell’ematocrito (percentuale di globuli e di plasma nel sangue) per prima la UCI decide di inserire un limite, fissato a 50% per gli uomini e a 48% per le donne.
Con questi test non si può provare un uso diretto di eritropoietina e infatti gli atleti non sono a rischio squalifica ma vengono solo fermati per 15 giorni a tutela della loro salute: passato questo breve periodo e dopo essersi sottoposti ad un nuovo esame possono tornare a gareggiare senza problemi.
I primi risultati si vedono subito: alla Parigi-Nizza tre corridori (Mauro Santaromita, Luca Colombo e Erwann Mentheour) vengono fermati e fatti tornare a casa.

1998
Al Tour de France scoppia lo scandalo legato alla squadra Festina: prima del via vengono trovate grandi quantità di prodotti dopanti nelle ammiraglie del team portando alla luce un organizzazione di squadra sistematica per migliorare le prestazioni degli atleti.
È proprio grazie a questo fatto che i massimi enti sportivi cominciano a sentire il bisogno di una agenzia specializzata che si occupi di tutto ciò che concerne l’Antidoping.
Verso la fine dell’anno, in Italia, il CONI lancia la campagna “Io non rischio la salute”, un programma di controlli ematici e urinari (controlli incrociati) regolari per evidenziare situazioni di rischio, legate o no all'utilizzo di sostanze proibite. La campagna si rivolge a tutti gli atleti italiani tesserati con Federazioni del CONI, in particolare agli atleti inseriti nelle liste del Club Olimpico.
Anche questi test non sono paragonabili a quelli antidoping veri e propri siccome al massimo possono trovare valori di parametri biologici che posso essere solo riconducibili all’uso di prodotti vietati.

1999
A Losanna dal 2 al 4 febbraio si tiene la Prima Conferenza Mondiale sul Doping nello Sport. Al termine di queste tre giornate viene decisa la creazione di una agenzia antidoping internazionale ed indipendente che possa essere pienamente operativa entro il giugno 2000, alla Olimpiadi estive di Sydney: i programmi di questa nuova agenzia dovranno essere orientati principalmente sui test lontani dalle competizioni,sulla promozione di azioni preventive ed educative e sul miglioramento delle procedure tecnico-scientifiche per le analisi.
Viene anche ratificati un primo “Codice Antidoping del Movimento Olimpico” rivolto ad atleti, allenatori, istruttori, commissari e medici in che entrano in contatto con gli atleti. In accordo con gli atleti i comitati olimpici e le federazioni internazionali stabiliscono la sanzione minima per i casi più gravi di doping: due anni di sospensione da tutte le competizioni.
Il 10 novembre nasce la WADA (World Anti-Doping Agency).

2000
Il CONI ripropone la campagna “Io non rischio la salute” con molte innovazioni negli esami nonostante non prevedano ancora il riconoscimento diretto del farmaco o dei suoi metaboliti.
L’obiettivo è sempre quello di limitare l’uso di EPO e per questo motivo viene introdotto nei test il così detto “Protocollo Australiano”: questo protocollo (riconosciuto ed accettato poi dal CIO come metodo antidoping) si basa su un algoritmo che valuta 5 parametri: ematocrito, ematocrito reticolocitario, eritropoietina, recettore solubile della transferrina, e percentuale dei globuli rossi macrocitici. Contrariamente a quanto succedeva con gli altri controlli in cui vi era un limite massimo (ad esempio per ematocrito ed emoglobina), con il protocollo australiano si considerano i 5 parametri contemporaneamente, ottenendo quindi una maggior precisione per l’intervento.
Nel caso in cui un test presenti dei valori sballati l’atleta verrà fermato per 45 giorni (o comunque fino a quando i suoi valori non si saranno ristabiliti) e non potrà essere convocato nelle nazionali di categoria.
Dopo molti mesi di dibattito il 14 dicembre viene approvata in Italia una legge sull’antidoping che prevede, tra le altre cose, l’istituzione di una commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping che si occuperà anche di aggiornare continuamente la liste dei farmaci e delle pratiche proibite.
In caso di reato accertato si potranno avere pene fino a 3 anni di reclusione.

2001
Un blitz dei NAS a Sanremo durante il Giro d’Italia porta al sequestro di molti medicinali e prodotti illegali. Al termine della corsa rosa il CONI ferma il ciclismo italiano per un settimana, durante la quale viene trovato un accordo per un “Codice Etico” interno.

2003
Il 5 marzo, durante la Seconda Conferenza Mondiale su Doping nello Sport tenutasi a Copenhagen, viene approvato il Codice Mondiale Antidoping che diventerà operativo dal 1 gennaio 2004. Il nuovo codice punta a formalizzare regole chiare e certe per la responsabilità in un sistema dove quelle regole erano molto difformi tra loro o addirittura non esistevano.
Il Codice inoltre per la prima volta pone degli standard per le sanzioni minime e massime in caso di positività accertate, mantenendo però una certa flessibilità a seconda dei casi: prima la prima violazione grave del codice la sanzione sarà di 2 anni di stop mentre per la seconda violazione grave si può arrivare alla squalifica a vita (radiazione). In caso di violazioni del codice di minore importanza le pene possono essere ridotte specialmente in caso di assunzione inconsapevole o negligenza.
Con questo codice viene anche introdotta la reperibilità per gli atleti (whereabouts) inseriti dalle proprie federazione in liste speciali dette RTP (Registered Testing-Poll): questi atleti dovranno comunicare alla WADA i propri spostamenti tramite moduli di squadra o individuali per essere sempre reperibili per controlli a sorpresa.

2005
La WADA crea il sistema ADAMS (Anti-Doping Administration and Management System), un sistema informatico per agevolare i rapporti con atleti, allenatori e con le varie federazioni. Questo sistema è usato soprattutto per le comunicazioni riguardo la reperibilità e per le esenzioni per usi terapeutici di farmaci proibiti (TUE).

2007
Dopo gli scandali legati all’Operación Puerto (giugno 2006), l’UCI sottopone ai corridori in primis ma in seguito anche ai membri delle squadre un “impegno per un nuovo ciclismo”, un documento pubblico in cui i corridori dichiarano di non essere coinvolti nell’inchiesta spagnolo o in altri casi di doping e accettano di versare all’UCI un importo pari ad un anno di stipendio in caso di violazione dei regolamenti antidoping.
I corridori che non firmano questo documento non potranno partecipare a tutte le corse più importanti.
Dal 15 al 17 novembre a Madrid si tiene la Terza Conferenza Mondiale su Doping nello Sport in cui viene approvata all’unanimità una revisione del Codice Mondiale Antidoping della WADA.

2008
L’UCI introduce tra i suoi esami quelli per il “passaporto biologico”: in un anno ogni corridore che aderisce a questo progetto viene testato in media una decina di volte e in questo modo viene creato un registro di dati in cui tutti i parametri biologici degli atleti vengono confrontati tra loro per valutare eventuali “sbalzi” fuori dalla norma.
Sempre l’UCI, a marzo, adotta il sistema ADAMS fornito dalla WADA.

2009
Dal primo gennaio entrano in vigore le novità nel codice WADA approvate nel novembre 2007. Le principali novità sono rappresentate proprio dalle sanzioni visto che pena per la prima violazione verrà portata a 4 anni di squalifica ma al tempo stesso ci sarà anche una maggior flessibilità con riduzioni di pena in caso positività a sostanze meno “pesanti” e per quegli atleti che collaboreranno per spiegare come è venuto a contatto con la sostanza incriminata. Nel caso in cui un’atleta dimostri l’assunzione della sostanza incriminata senza l’intento di migliorare le proprie prestazioni sportive la sanzione potrà andare da una semplice multa ad un massime di 2 anni di squalifica.
A partire dall’inizio dell’anno anche il CONI adotterà il sistema ADAMS per tutte le Federazioni Sportive Nazionali.

Sebastiano Cipriani

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