Spettacolo a Manchester - Il resoconto del Mondiale su pista
È calato il sipario sui Campionati del Mondo su pista, ma si può star certi che il pubblico non sarà rimasto deluso. Anzi: verrebbe quasi da pensare se invece di intonare il tradizionale "Dio salvi la regina", il pubblico di Manchester non avrebbe dovuto cantare "Dio salvi gli avversari!". Si potrebbe, volendo, fotografare in questo modo un'edizione che ha visto la Gran Bretagna, galvanizzata e desiderosa di ben figurare davanti al proprio pubblico, imporsi come assoluta protagonista della rassegna che l'ha portata a primeggiare nella metà esatta (ben 9 successi su 18) delle gare in programma. Se comunque il mondiale tra le mura amiche era sicuramente un'occasione per lanciare segnali importanti in vista dell'altro appuntamento clou della stagione, vale a dire le Olimpiadi di Pechino, tra riconferme ed un po' di nuovo che avanza i protagonisti non si sono fatti attendere.
Su tutti la parte del leone l'ha fatta sicuramente Bradley Wiggins, che chiude la sua personale avventura mondiale con ben 3 maglie iridate nel cassetto; il suo personale show ha avuto inizio nella prima giornata col successo nell'inseguimento individuale (che si aggiunge a quelli ottenuti nel 2003 e lo scorso anno) in cui, dopo aver ottenuto il secondo tempo in qualificazione, si è sbarazzato con una prova di forza e sicurezza di Jenning Huizenga, lieta sorpresa olandese, che nulla ha potuto nello scontro diretto contro l'atleta che gli appassionati sono ormai abituati a veder gareggiare su strada in maglia Cofidis. Riconferma quindi, come riconferma è quella che Wiggins va a prendersi nell'inseguimento a squadre, dove assieme a Edward Clancy, Paul Manning e Geraint Thomas (anch'egli stradista nelle file della Barloworld) abbatte con un fantastico 3'56"318 il record del mondo precedentemente stabilito dal quartetto australiano( che deve accontentarsi solo del bronzo) e non lascia scampo alla pur positiva e generosa prestazione dei danesi. Dulcis in fundo per Wiggins arriva anche l'iride nel Madison in coppia col talentuoso Cavendish, atleta che già dalla scorsa stagione ha dimostrato di poter farsi temere dalle più autorevoli ruote veloci della strada. Un successo, quello nell' "americana" frutto proprio della gran condizione di Wiggins e della bravura nel gestire la gara in cui non hanno vissuto la loro serata migliore i campioni in carica elvetici, nonché re delle Sei Giorni, Bruno Risi e Franco Marvulli, che forse dopo aver incantato nell'ultimo inverno nei velodromi di tutta Europa puntano a dare il meglio proprio in occasione dell'appuntamento olimpico. Nulla però toglie all'affermazione britannica davanti ai tedeschi Kluge e Pollack e ai danesi Morkov e Rasmussen.
E, dopo Wiggins, Chris Hoy, che dopo aver primeggiato per anni con 4 successi complessivi nel km da fermo, ha fatto la voce grossa nelle gare più attese dagli sprinter: prima ha fatto suo il torneo della velocità, estromettendo nei quarti il campione del mondo Theo Bos e completando successivamente l'opera sconfiggendo Roberto Chiappa in semifinale e il giovane astro francese Kevin Sireau nella finale; poi si è riconfermato campione del mondo nel keirin davanti all'olandese Mulder e al greco Volikakis. Se si considera che negli anni precedenti Hoy aveva dedicato maggiormente la cura al già citato chilometro, il doppio exploit del velocista britannico dal fisico possente è da considerarsi assolutamente niente male.
In ambito femminile invece non ha tradito le attese la bella Victoria Pendleton, che si riconferma campionessa del mondo sia nella velocità individuale, battendo la bielorussa Simona Krupeckaite e la statunitense Jennie Reed, che nella velocità a squadre, dove assieme alla giovanissima Shanaze Reade ha consentito alla Gran Bretagna di imporsi davanti alla Cina e alla Germania. Unico neo, forse, l'argento conquistato nel keirin in cui l'americana Reed si è presa la rivincita. La sfida "Gran Bretagna vs Stati Uniti" ha animato anche la finale dell'inseguimento e qui, dopo 2 anni di egemonia, la campionessa uscente Sarah Hammer si è dovuta inchinare all'emergente Rebecca Romero, britannica ma dal cognome che tradisce origini ispaniche, battuta proprio l'anno precedente. La Romero poi è stata artefice anche del successo del terzetto dell'inseguimento a squadre completato da Wendy Houvenagel e Joanna Rowsell, iridato anch'esso con tanto di record del mondo su Ucraina e Germania. Se si parla di donne però non si può fare a meno di soffermarsi e restare nuovamente incantati da Marianne Vos. La giovane fuoriclasse olandese, per la quale ormai diremmo che ogni occasione è buona per far levare il cappello ai suiveurs sotto l'impeto dell'ammirazione, realizza il suo ultimo capolavoro andando a vestire la maglia iridata nella corsa a punti, che si aggiunge a quelle già conquistate su strada e nel ciclocross per un qualcosa di mai visto prima d'ora e pazienza se alla giovane danese Trine Schmidt e alla nostra Vera Carrara toccano medaglie meno preziose dell'oro, ma comunque sempre di un certo valore. Proprio il successo della Vos illumina il mondiale di un' Olanda sicuramente delusa dal risultato di Theo Bos nella velocità, tanto che dopo la scottatura dell'eliminazione patita da Hoy (contro cui, peraltro, si era imposto bene nella prima volata), la sua condotta è apparsa quasi rinunciataria, ma con la speranza che a Pechino ci sarà nuovamente da fare i conti con lui per la conquista della medaglia più ambita. Tulipani che, nonostante il sacrificio del duo Kanis-Hijgenaar per quel che concerne la velocità a squadre, hanno comunque chiuso in bellezza con la vittoria di Teun Mulder nel km da fermo e di Eleonora Van Dijk nello scratch femminile.
La rassegna di Manchester poi ha confermato la crescita sensibile di alcune nazioni come la Bielorussia, che ha conquistato la vittoria tra gli uomini nelle specialità forse più consone agli stradisti, vale a dire lo scratch e la corsa a punti: se però l'oro di Lisouski nella prima ha premiato soprattutto l'audacia dell'azione proposta, la vittoria di Vasil Kiryienka nella seconda ha confermato le buone doti mostrate dall'atleta della Tinkoff, capace di ottenere buoni risultati su strada ma allo stesso tempo in grado di curare con la giusta perseveranza l'attività sui velodromi. Motivi di soddisfazione anche per Cuba, trionfante nei 500 metri con Lisandra Guerra e vincitrice dell'argento con Yumari Gonzales, e per la Nuova Zelanda, che forse si attendeva qualcosina in più da Greg Henderson, ma porta comunque a casa un oro con Hayden Godfrey nell'omnium.
In chiaroscuro il mondiale della Francia, partita subito molto bene con la vittoria nella velocità olimpica conquistata dal terzetto composto da Bauge, Sireau e dal sempreverde Tournant, con quest'ultimo non schierato durante le qualificazioni ma determinante come sempre nel momento topico della finale(ed in proposito: bellissima l'immagine del pubblico che intona la Marsigliese ovviando così all'intoppo del momento con l'inno che non suona). Successivamente però solo qualche podio per i transalpini, col rammarico per Sireau e Bourgain nella velocità. Podi anche per gli atleti tedeschi senza l'acuto principale mentre sicuramente più deludenti le prestazioni di nazioni come Australia (le cui medaglie non cancellano la mancanza di un iride e che probabilmente ha pagato anche l'assenza di un'atleta come Anna Meares nei 500 metri), Spagna ed anche Russia (da un talento come Ignatiev ci si aspettava sicuramente qualcosa in più). Occhio comunque alla Cina, che, soprattutto in campo femminile, presenta già atlete in grado di competere per una medaglia.
E l'Italia? Fatto già l'accenno all'unica medaglia conquistata dai nostri, ad opera di Vera Carrara (ottenuta tra l'altro in condizioni fisiche non proprio ottimali), che può far comunque guardare con fiducia all'obiettivo olimpico la due volte campionessa del mondo, sicuramente questi mondiali hanno offerto la splendida determinazione quasi commovente di Roberto Chiappa nel torneo della velocità, dove il velocista umbro si è arreso solo in semifinale al futuro campione Hoy dopo aver eguagliato il primato italiano di 10'18" nelle qualifiche e dopo aver messo in riga Edgar, il vicecampione Sireau e Vynokourov dando sfoggio di tutta la propria esperienza. Nella finalina è sfumato anche il bronzo con Bourgain, ma il 4° posto, con matematico pass per Pechino anche nella velocità dopo quello già in cascina per il keirin, sono un risultato di tutto rispetto, che anzi aumenta i rimpianti per tutti quegli anni in cui il settore della velocità era stato malinconicamente accantonato dalla Federazione, col tutto che è andato a discapito dello stesso Chiappa. Il quarto posto è anche il piazzamento conquistato da Annalisa Cucinotta nello scratch femminile ed anche qui resta un po' d'amaro in bocca per una medaglia solo avvicinata. Per il resto c'è ancora molto da lavorare, con la speranza che il progetto pista possa finalmente decollare non solo in funzione dell'imminente appuntamento olimpico, ma anche per riportare in auge settori come la velocità, sia in ambito maschile che femminile.
Conclusi i Mondiali, quindi, non resta che attendere le Olimpiadi di Pechino, per vivere altre sfide emozionanti sui velodromi.