Corsivo - Se persino Carraro si fa bello con Pantani
Versione stampabileOddio, adesso anche Franco Carraro si mette a fare il santarellino alle spalle di Marco Pantani. L'impavido reggente del calcio italiano, uno dei primi responsabili dello scatafascio che è diventato "lo sport nazionale", prima di essere rieletto in maniera bulgara alla presidenza della FIGC (gli piace così tanto, a quelli del pallone, che lo riconfermano senza remore. Valli a capire...), ha lanciato un messaggio per ricordare il Pirata, nell'anniversario della morte.
Le parole che ha usato il presidentissimo Franco sono più o meno queste: "Io credo sia giusto ricordare Pantani per l'umana solidarietà, ma anche per dire a noi stessi che il problema del doping è grandissimo e deve stare in cima ai pensieri di tutti noi. La storia di Pantani, fatta di grandi successi e di solitudine finale, deve farci ricordare che le regole della tolleranza e della solidarietà devono essere presenti per evitare di disumanizzare questa attività".
A parte la fuffa che promana da ogni terzina, una volta di più viene sottolineata la troppo facile equazione Pantani-doping. Bene hanno fatto tre ex campioni del mondo (Gimondi, Moser e Bugno) a rispondere per le rime: "Ricordiamo a Carraro che Pantani non è morto per doping. L'abbinamento tra la scomparsa del Pirata e la necessità di combattere il doping nello sport è, perlomeno, indelicata. Il presidente della Federcalcio avrebbe potuto, più comodamente, rivolgere la propria attenzione ai molti episodi scomodi verificatisi nel calcio. Perché chiamare ancora in causa, ed in modo così scorretto, la memoria di Marco?".
Che cosa aggiungere alle chiare parole dei tre iridati? Che noi lo sappiamo benissimo che nel ciclismo c'è il doping, e sappiamo anche che lo stesso Pirata non ne era immune. E tutt'al più possiamo anche accettare che ciò venga ricordato anche nel giorno della ricorrenza: non è elegantissimo farlo, ma siccome si tratta di qualcosa che ha fatto parte della vita del campione scomparso, ci può stare.
Quello che proprio non riusciamo ad accettare è che Carraro, uomo attaccato alle poltrone più di un rivestimento in pelle, personaggio dal curriculum vitae più lungo dell'elenco dei caduti della Prima Guerra Mondiale, gerente del campionato e, attraverso una banca romana, di squadre di serie A (va bene, siamo in Italia, checcefrega del conflitto di interessi), ebbene il signor dottor Carraro ci venga a fare addirittura la morale, ci spari il pistolotto precotto, invischiato del viscidume che solo da quegli ambienti riesce a emergere ed essere promosso a stile di vita, e che ci venga a dire tutto serioso e compunto un fiume di ovvietà, e beh sì, questo doping è davvero un problemaccio, ricordiamocene bene mentre pensiamo a Pantani, e via elencando tutte le stupide frasi di circostanza.
Ma dov'era Carraro quando
- Andrea Da Rold
- Cristian Bucchi
- Salvatore Monaco
- Nicola Caccia
- Stefano Sacchetti
- Jean-François Gillet
- Fernando Couto
- Edgar Davids
- Stefano Torrisi
- Jaap Stam
- Josep Guardiola
- Manuele Blasi
- Mohamed Kallon
- Saadi Al Gheddafi
(e altri che non ricordiamo perché a un certo punto abbiamo smesso di aggiornare l'elenco),
dov'era Carraro quando tutti questi calciatori risultavano positivi all'antidoping, e passavano dalle scuse ridicole (lo shampoo, le bistecche, una notte di sesso con sei o sette veline) ad altrettanto ridicole squalifiche?
Dov'era quando i vertici della Juventus venivano processati e condannati per doping?
Quale delle sue 180 poltrone stava scaldando in quei preclari momenti? Il guaio allora era meno grave? O forse stava già preparando il suo bravo discorsetto per dire la sua sul problema alla prima occasione in cui avrebbe finto di ricordare quel pirla del ciclismo che, Malaussène delle nostre latitudini, è un capro espiatorio buono per tutte le stagioni?