Il Portale del Ciclismo professionistico

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Continua con decisione la sua corsa verso ovest, il ricciolo francese, e lo fa con un'altra tappa che non sarà sorprendente veder finire nelle mani dei velocisti, anche se a prima vista parrebbe quasi una frazione di montagna: evidentemente i cartografi del Tour hanno ricevuto l'indicazione di sottolineare all'inverosimile ogni piccolo rilievo del TdF numero 100... ma andiamo con ordine. Si parte con 60 km pianeggianti seguiti da 15 km di falsopiano al 3%: 5 a salire intorno a Faugères, 5 a scendere fino a Hérepion, e 5 ancora a risalire. A questo punto la strada si impenna ulteriormente con il Col des 13 Vents (la salita vera, da Taussac-la-Billière, misura 4 km al 6.7%); 3 km abbondanti di discesa ripida con una parte finale tra i tornanti, seguiti da 4 km e qualcosa di pianura, precedono la salita più significativa della giornata, quel Col de la Croix de Mounis che misura 6.7 km e ha una pendenza media del 6.5% (il primo chilometro e mezzo è una rampa al 9% abbondante, poi il colle spiana qua e là). Al Gpm (di 2a categoria) mancano 111 km al traguardo, ma da qui in poi la tappa si banalizza assai: 25 km piani in altopiano (a quota 800) e 20 di discesa (non complessa) precedono il terzo Gpm di giornata, la Côte de la Quintaine, che mette insieme 6.5 km al 4% ma che risulta nel complesso abbastanza insignificante, tantopiù che dalla vetta mancano ancora 56 km di percorso sempre più semplificato: 4 sono di "discesa" al 3%, 10 di pianura, altri 4.5 di discesa al 4%, quindi la Côte de Teillet, ultimo Gpm di giornata, propone 2.6 km di scalata al 5% scarso prima di altri 34 km in cui i tratti di discesa sono in realtà dei falsopiani e in cui gli ultimi 20 km sono totalmente pianeggianti, con un finale che, presentando non più di un paio di semicurve (ai -3.5 e ai -2.3) vedrà velocità vertiginose prima dell'immancabile epilogo allo sprint sul lunghissimo rettilineo d'arrivo.

Montpellier

Montpellier (nome che deriverebbe dal francese "Mont Pelè", monte pelato) è una città giovane (anche nella fondazione, risalente all'undicesimo secolo) e dinamica, figlia di una crescita demografica senza precedenti che nel dopoguerra l’'ha portata a triplicare la propria popolazione nel giro di quarant'anni, arrivando a 265.000 abitanti. Il riflesso di questa crescita e del fatto che la città si anche sede di un'università importante per il sud della Francia è la presenza di tanta gioventù e la fioritura di una serie di attività sportive, con ben 500 associazioni registrate in comune. Prevalgono, tra gli altri sport, la pallamano, dove la squadra di casa maschile ha dominato negli ultimi 20 anni in Francia e nel 2003 ha pure portato a casa la Champions League ed il rugby, con la top 14 vinta nel 2011. Infine il Montpeiller HSC ha conquistato l’anno scorso il primo scudetto della sua storia, battendo a sorpresa il PSG.

Albi

Nel dopoguerra Albi è stata sede di tappa in 11 occasioni, con 9 partenze e 9 arrivi. Vista la zona si è trattato spesso di tappe da fughe, ma non sono mancate le grandi firme: nel 1975 Knetemann battè il nostro Cavalcanti, nel 1994 Bjarne Riis vinse anticipando il gruppo dopo una fuga. Le due crono disputate intorno ad Albi han visto vincere nel 1971 Eddy Merckx, mentre rincorreva Luis Ocana, e nel 2007 (ultima edizione) Alexandre Vinokourov, prima che venisse beccato e squalificato. L'unico successo italiano risale al 1999, con Salvatore Commesso a braccia alzate in maglia di campione italiano dopo la Saint Flour-Albi di 236 km. Quella caldissima tappa (temperature intorno ai 35°-40°) viene tutt'ora ricordata per la quadrupletta italiana: Commesso battè Serpellini sul traguardo, mentre Piccoli e Lanfranchi regolarono il gruppo dei compagni di fuga. Il gruppo, come da tradizione, giunse a più di 22 minuti.

Nicola Stufano
Montpellier

Montpellier (nome che deriverebbe dal francese "Mont Pelè", monte pelato) è una città giovane (anche nella fondazione, risalente all'undicesimo secolo) e dinamica, figlia di una crescita demografica senza precedenti che nel dopoguerra l’'ha portata a triplicare la propria popolazione nel giro di quarant'anni, arrivando a 265.000 abitanti. Il riflesso di questa crescita e del fatto che la città si anche sede di un'università importante per il sud della Francia è la presenza di tanta gioventù e la fioritura di una serie di attività sportive, con ben 500 associazioni registrate in comune. Prevalgono, tra gli altri sport, la pallamano, dove la squadra di casa maschile ha dominato negli ultimi 20 anni in Francia e nel 2003 ha pure portato a casa la Champions League ed il rugby, con la top 14 vinta nel 2011. Infine il Montpeiller HSC ha conquistato l’anno scorso il primo scudetto della sua storia, battendo a sorpresa il PSG.

Albi

Nel dopoguerra Albi è stata sede di tappa in 11 occasioni, con 9 partenze e 9 arrivi. Vista la zona si è trattato spesso di tappe da fughe, ma non sono mancate le grandi firme: nel 1975 Knetemann battè il nostro Cavalcanti, nel 1994 Bjarne Riis vinse anticipando il gruppo dopo una fuga. Le due crono disputate intorno ad Albi han visto vincere nel 1971 Eddy Merckx, mentre rincorreva Luis Ocana, e nel 2007 (ultima edizione) Alexandre Vinokourov, prima che venisse beccato e squalificato. L'unico successo italiano risale al 1999, con Salvatore Commesso a braccia alzate in maglia di campione italiano dopo la Saint Flour-Albi di 236 km. Quella caldissima tappa (temperature intorno ai 35°-40°) viene tutt'ora ricordata per la quadrupletta italiana: Commesso battè Serpellini sul traguardo, mentre Piccoli e Lanfranchi regolarono il gruppo dei compagni di fuga. Il gruppo, come da tradizione, giunse a più di 22 minuti.

Montpellier

Montpellier (nome che deriverebbe dal francese "Mont Pelè", monte pelato) è una città giovane (anche nella fondazione, risalente all'undicesimo secolo) e dinamica, figlia di una crescita demografica senza precedenti che nel dopoguerra l’'ha portata a triplicare la propria popolazione nel giro di quarant'anni, arrivando a 265.000 abitanti. Il riflesso di questa crescita e del fatto che la città si anche sede di un'università importante per il sud della Francia è la presenza di tanta gioventù e la fioritura di una serie di attività sportive, con ben 500 associazioni registrate in comune. Prevalgono, tra gli altri sport, la pallamano, dove la squadra di casa maschile ha dominato negli ultimi 20 anni in Francia e nel 2003 ha pure portato a casa la Champions League ed il rugby, con la top 14 vinta nel 2011. Infine il Montpeiller HSC ha conquistato l’anno scorso il primo scudetto della sua storia, battendo a sorpresa il PSG.

Albi

Nel dopoguerra Albi è stata sede di tappa in 11 occasioni, con 9 partenze e 9 arrivi. Vista la zona si è trattato spesso di tappe da fughe, ma non sono mancate le grandi firme: nel 1975 Knetemann battè il nostro Cavalcanti, nel 1994 Bjarne Riis vinse anticipando il gruppo dopo una fuga. Le due crono disputate intorno ad Albi han visto vincere nel 1971 Eddy Merckx, mentre rincorreva Luis Ocana, e nel 2007 (ultima edizione) Alexandre Vinokourov, prima che venisse beccato e squalificato. L'unico successo italiano risale al 1999, con Salvatore Commesso a braccia alzate in maglia di campione italiano dopo la Saint Flour-Albi di 236 km. Quella caldissima tappa (temperature intorno ai 35°-40°) viene tutt'ora ricordata per la quadrupletta italiana: Commesso battè Serpellini sul traguardo, mentre Piccoli e Lanfranchi regolarono il gruppo dei compagni di fuga. Il gruppo, come da tradizione, giunse a più di 22 minuti.

Montpellier

Montpellier (nome che deriverebbe dal francese "Mont Pelè", monte pelato) è una città giovane (anche nella fondazione, risalente all'undicesimo secolo) e dinamica, figlia di una crescita demografica senza precedenti che nel dopoguerra l’'ha portata a triplicare la propria popolazione nel giro di quarant'anni, arrivando a 265.000 abitanti. Il riflesso di questa crescita e del fatto che la città si anche sede di un'università importante per il sud della Francia è la presenza di tanta gioventù e la fioritura di una serie di attività sportive, con ben 500 associazioni registrate in comune. Prevalgono, tra gli altri sport, la pallamano, dove la squadra di casa maschile ha dominato negli ultimi 20 anni in Francia e nel 2003 ha pure portato a casa la Champions League ed il rugby, con la top 14 vinta nel 2011. Infine il Montpeiller HSC ha conquistato l’anno scorso il primo scudetto della sua storia, battendo a sorpresa il PSG.

Albi

Nel dopoguerra Albi è stata sede di tappa in 11 occasioni, con 9 partenze e 9 arrivi. Vista la zona si è trattato spesso di tappe da fughe, ma non sono mancate le grandi firme: nel 1975 Knetemann battè il nostro Cavalcanti, nel 1994 Bjarne Riis vinse anticipando il gruppo dopo una fuga. Le due crono disputate intorno ad Albi han visto vincere nel 1971 Eddy Merckx, mentre rincorreva Luis Ocana, e nel 2007 (ultima edizione) Alexandre Vinokourov, prima che venisse beccato e squalificato. L'unico successo italiano risale al 1999, con Salvatore Commesso a braccia alzate in maglia di campione italiano dopo la Saint Flour-Albi di 236 km. Quella caldissima tappa (temperature intorno ai 35°-40°) viene tutt'ora ricordata per la quadrupletta italiana: Commesso battè Serpellini sul traguardo, mentre Piccoli e Lanfranchi regolarono il gruppo dei compagni di fuga. Il gruppo, come da tradizione, giunse a più di 22 minuti.

Montpellier

Montpellier (nome che deriverebbe dal francese "Mont Pelè", monte pelato) è una città giovane (anche nella fondazione, risalente all'undicesimo secolo) e dinamica, figlia di una crescita demografica senza precedenti che nel dopoguerra l’'ha portata a triplicare la propria popolazione nel giro di quarant'anni, arrivando a 265.000 abitanti. Il riflesso di questa crescita e del fatto che la città si anche sede di un'università importante per il sud della Francia è la presenza di tanta gioventù e la fioritura di una serie di attività sportive, con ben 500 associazioni registrate in comune. Prevalgono, tra gli altri sport, la pallamano, dove la squadra di casa maschile ha dominato negli ultimi 20 anni in Francia e nel 2003 ha pure portato a casa la Champions League ed il rugby, con la top 14 vinta nel 2011. Infine il Montpeiller HSC ha conquistato l’anno scorso il primo scudetto della sua storia, battendo a sorpresa il PSG.

Albi

Nel dopoguerra Albi è stata sede di tappa in 11 occasioni, con 9 partenze e 9 arrivi. Vista la zona si è trattato spesso di tappe da fughe, ma non sono mancate le grandi firme: nel 1975 Knetemann battè il nostro Cavalcanti, nel 1994 Bjarne Riis vinse anticipando il gruppo dopo una fuga. Le due crono disputate intorno ad Albi han visto vincere nel 1971 Eddy Merckx, mentre rincorreva Luis Ocana, e nel 2007 (ultima edizione) Alexandre Vinokourov, prima che venisse beccato e squalificato. L'unico successo italiano risale al 1999, con Salvatore Commesso a braccia alzate in maglia di campione italiano dopo la Saint Flour-Albi di 236 km. Quella caldissima tappa (temperature intorno ai 35°-40°) viene tutt'ora ricordata per la quadrupletta italiana: Commesso battè Serpellini sul traguardo, mentre Piccoli e Lanfranchi regolarono il gruppo dei compagni di fuga. Il gruppo, come da tradizione, giunse a più di 22 minuti.

Montpellier

Montpellier (nome che deriverebbe dal francese "Mont Pelè", monte pelato) è una città giovane (anche nella fondazione, risalente all'undicesimo secolo) e dinamica, figlia di una crescita demografica senza precedenti che nel dopoguerra l’'ha portata a triplicare la propria popolazione nel giro di quarant'anni, arrivando a 265.000 abitanti. Il riflesso di questa crescita e del fatto che la città si anche sede di un'università importante per il sud della Francia è la presenza di tanta gioventù e la fioritura di una serie di attività sportive, con ben 500 associazioni registrate in comune. Prevalgono, tra gli altri sport, la pallamano, dove la squadra di casa maschile ha dominato negli ultimi 20 anni in Francia e nel 2003 ha pure portato a casa la Champions League ed il rugby, con la top 14 vinta nel 2011. Infine il Montpeiller HSC ha conquistato l’anno scorso il primo scudetto della sua storia, battendo a sorpresa il PSG.

Albi

Nel dopoguerra Albi è stata sede di tappa in 11 occasioni, con 9 partenze e 9 arrivi. Vista la zona si è trattato spesso di tappe da fughe, ma non sono mancate le grandi firme: nel 1975 Knetemann battè il nostro Cavalcanti, nel 1994 Bjarne Riis vinse anticipando il gruppo dopo una fuga. Le due crono disputate intorno ad Albi han visto vincere nel 1971 Eddy Merckx, mentre rincorreva Luis Ocana, e nel 2007 (ultima edizione) Alexandre Vinokourov, prima che venisse beccato e squalificato. L'unico successo italiano risale al 1999, con Salvatore Commesso a braccia alzate in maglia di campione italiano dopo la Saint Flour-Albi di 236 km. Quella caldissima tappa (temperature intorno ai 35°-40°) viene tutt'ora ricordata per la quadrupletta italiana: Commesso battè Serpellini sul traguardo, mentre Piccoli e Lanfranchi regolarono il gruppo dei compagni di fuga. Il gruppo, come da tradizione, giunse a più di 22 minuti.

Meteo

12.00 - Montpellier
15.40 - Viane
17.20 - Albi

Soggetti Alternativi

Anche per lui il Tour de France 2013 rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe. Francese originario della Guadalupa, è uno dei pochi atleti di colore presenti in gruppo, giunto alla terza stagione tra i professionisti nelle file dell'Europcar. Le sue caratteristiche principali sono quelle di velocista e nelle scorse annate ha praticato anche la pista, salendo anche sul podio ai campionati nazionali. Non ha finora vinto tantissimo su strada (nel 2009 vinse tre tappe al Giro della Martinica) ma è riuscito di tanto in tanto a centrare buoni piazzamenti, come il quinto posto nella prima tappa del Giro di Romandia nello scorso mese di maggio. La Grande Boucle rappresenta per lui un'ottima occasione per fare esperienza e, oltre a tentare qualche fuga, potrebbe anche buttarsi in qualche sprint. Per giungere magari alla...Reza dei conti!

Vivian Ghianni

Anche per lui il Tour de France 2013 rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe. Francese originario della Guadalupa, è uno dei pochi atleti di colore presenti in gruppo, giunto alla terza stagione tra i professionisti nelle file dell'Europcar. Le sue caratteristiche principali sono quelle di velocista e nelle scorse annate ha praticato anche la pista, salendo anche sul podio ai campionati nazionali. Non ha finora vinto tantissimo su strada (nel 2009 vinse tre tappe al Giro della Martinica) ma è riuscito di tanto in tanto a centrare buoni piazzamenti, come il quinto posto nella prima tappa del Giro di Romandia nello scorso mese di maggio. La Grande Boucle rappresenta per lui un'ottima occasione per fare esperienza e, oltre a tentare qualche fuga, potrebbe anche buttarsi in qualche sprint. Per giungere magari alla...Reza dei conti!

Anche per lui il Tour de France 2013 rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe. Francese originario della Guadalupa, è uno dei pochi atleti di colore presenti in gruppo, giunto alla terza stagione tra i professionisti nelle file dell'Europcar. Le sue caratteristiche principali sono quelle di velocista e nelle scorse annate ha praticato anche la pista, salendo anche sul podio ai campionati nazionali. Non ha finora vinto tantissimo su strada (nel 2009 vinse tre tappe al Giro della Martinica) ma è riuscito di tanto in tanto a centrare buoni piazzamenti, come il quinto posto nella prima tappa del Giro di Romandia nello scorso mese di maggio. La Grande Boucle rappresenta per lui un'ottima occasione per fare esperienza e, oltre a tentare qualche fuga, potrebbe anche buttarsi in qualche sprint. Per giungere magari alla...Reza dei conti!

Anche per lui il Tour de France 2013 rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe. Francese originario della Guadalupa, è uno dei pochi atleti di colore presenti in gruppo, giunto alla terza stagione tra i professionisti nelle file dell'Europcar. Le sue caratteristiche principali sono quelle di velocista e nelle scorse annate ha praticato anche la pista, salendo anche sul podio ai campionati nazionali. Non ha finora vinto tantissimo su strada (nel 2009 vinse tre tappe al Giro della Martinica) ma è riuscito di tanto in tanto a centrare buoni piazzamenti, come il quinto posto nella prima tappa del Giro di Romandia nello scorso mese di maggio. La Grande Boucle rappresenta per lui un'ottima occasione per fare esperienza e, oltre a tentare qualche fuga, potrebbe anche buttarsi in qualche sprint. Per giungere magari alla...Reza dei conti!

Anche per lui il Tour de France 2013 rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe. Francese originario della Guadalupa, è uno dei pochi atleti di colore presenti in gruppo, giunto alla terza stagione tra i professionisti nelle file dell'Europcar. Le sue caratteristiche principali sono quelle di velocista e nelle scorse annate ha praticato anche la pista, salendo anche sul podio ai campionati nazionali. Non ha finora vinto tantissimo su strada (nel 2009 vinse tre tappe al Giro della Martinica) ma è riuscito di tanto in tanto a centrare buoni piazzamenti, come il quinto posto nella prima tappa del Giro di Romandia nello scorso mese di maggio. La Grande Boucle rappresenta per lui un'ottima occasione per fare esperienza e, oltre a tentare qualche fuga, potrebbe anche buttarsi in qualche sprint. Per giungere magari alla...Reza dei conti!

Anche per lui il Tour de France 2013 rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe. Francese originario della Guadalupa, è uno dei pochi atleti di colore presenti in gruppo, giunto alla terza stagione tra i professionisti nelle file dell'Europcar. Le sue caratteristiche principali sono quelle di velocista e nelle scorse annate ha praticato anche la pista, salendo anche sul podio ai campionati nazionali. Non ha finora vinto tantissimo su strada (nel 2009 vinse tre tappe al Giro della Martinica) ma è riuscito di tanto in tanto a centrare buoni piazzamenti, come il quinto posto nella prima tappa del Giro di Romandia nello scorso mese di maggio. La Grande Boucle rappresenta per lui un'ottima occasione per fare esperienza e, oltre a tentare qualche fuga, potrebbe anche buttarsi in qualche sprint. Per giungere magari alla...Reza dei conti!

TourTweet

@PuritoRodriguez: Tappa: 6, Stress: 9, Velocità: 8, Stanchezza: 7.5, Difficoltà: 7

@darylimpey: Ancora non ci credo, primo al Tour de France è un sogno che diventà realtà. Grazie ai fantastici ragazzi della @Orica_GreenEDGE per questa opportunità

@marcelkittel: Questa mattina ho imparato che fare un controllo antidoping e mangiare asparagi la sera prima è una combinazione sgradevole

@vdb_jurgen: Lasciare il Tour è davvero duro, specialmente se su una sedia a rotelle!! Non trovo le parole per dire quanto fa male!! TdF, ci vediamo il prossimo anno

La classifica al contrario

Alexey LutsenkoTripletta Astana in quel di Montpellier: a vincere è stato il giovane kazako Alexey Lutsenko davanti allo sloveno Janez Brajkovic il quale, andato in fuga negli ultimi 10 km, è stato raggiunto dal compagno di squadra a cui ha concesso il primo posto. Anche per questa cavalleria d'altri tempi il ventinovenne di Metlika ha deciso di non partire dal capoluogo dell'Hérault nella giornata odierna. Il terzo posto va all'altro kazako Dmitriy Muravyev, staccato di 3'12"; su sei frazioni i connazionali di Vinokurov hanno portato a casa due successi, bottino che farà felici i vertici del paese asiatico. Al quarto e al quinto posto troviamo rispettivamente il belga della Belkin Sep Vanmarcke e il campione olandese Johnny Hoogerland della Vacansoleil, entrambi a 3'38". Ultimo il tedesco André Greipel della Lotto con 10'48" di distacco. L'olandese dell'Argos Tom Veelers è sempre in vetta alla classifica mentre alle sue spalle è salito Muravyev con soli 37" da recuperare. Terzo l'unico kazako non citato finora, Assan Bazayev, anch'egli dell'Astana, con 1'26" di svantaggio dal leader. Quarto lo spagnolo della Saxo Bank Benjamin Noval a 1'41" e quinto il primo francese, Jérôme Cousin dell'Europcar, a 2'07". Per la prima volta nella storia l'ultimo in classifica è un corridore proveniente dall'Africa, il sudafricano dell'Orica Daryl Impey che ha 46'18" di svantaggio. È probabile che non sarà l'unico ciclista nato nel cosiddetto "continente nero" a trovarsi, nell'edizione del centenario della Boucle, all'ultimo posto della graduatoria.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (Banesto)

La Banesto di Miguel Indurain sulle strade del Tour de France © www.sport.esAll'inizio degli anni '90 era diventato quasi un luogo comune del grande ciclismo: la crescita graduale che era stata lasciata percorrere a Miguel Indurain, l'esplosione quasi fissata e puntualmente avvenuta sulla soglia dei 27 anni, il nuovo modo di preparare la stagione, con obiettivi mirati e picchi di forma, un Tourcentrismo già affermato ma che lasciava all'occorrenza spazio per altre mire. E su tutto, la perfetta organizzazione di un team intorno a un capitano forte. Una squadra, la Banesto di José Miguel Echavarri, interamente ruotante intorno al navarro e pronta a ogni sacrificio per lui, nella certezza che tutti gli sforzi sarebbero stati ripagati. E Miguelón non tradiva, metteva tutti severamente in fila nelle cronometro, su quelle bici spaziali (come la rivoluzionaria Espada) che Pinarello gli costruiva su misura, ma sapeva anche stroncare le resistenze degli avversari in salita. Non fu praticamente mai sconfitto in quel triennio d'oro che dal 1991 al 1993 lo portò a trionfare in tre Tour de France e due Giri d'Italia. Quasi tutti spagnoli, in squadra, da Perico Delgado, che dopo essere stato l'uomo simbolo della formazione nella seconda metà degli anni '80 (quando ancora lo sponsor era Reynolds), sul viale del tramonto fu un padrino ideale per Indurain, a quella strepitosa batteria di gregari che rispondevano ai nomi di Marino Alonso, José Luis Arrieta, José Vicente García Acosta, Aitor Garmendia, José Ramon González Arrieta, Rubén Gorospe, Javier Pascual Llorente, José Luis Santamaria, José Uriarte; per non parlare della colonia francese del team, capeggiata dal sontuoso Jean-François Bernard (che non si tirava mai indietro quando c'era da fare un ritmo indiavolato in salita) e che schierò corridori del calibro di Gérard Rué e di quell'Armand De Las Cuevas così talentuoso e così particolare, un possibile delfino di Indurain che però al Giro del '93, nella tappa di Asiago, consumò una sorta di tradimento ai danni del suo capitano, provando invano a giocarsi le proprie carte, ed entrando così in rotta di collisione con il resto della squadra. La vicenda di De Las Cuevas fu quasi uno spartiacque: il francesino nel '94 cambiò aria, andando a fare il capitano (ma con poca fortuna) nella Castorama di Guimard; il resto della Banesto si strinse ulteriormente intorno a Miguelón, che al Giro del '94 conobbe la prima cocente disfatta, ad opera dei ragazzini terribili Berzin e Pantani. Vinse altri due Tour, il campione di Pamplona, primo a infilarne 5 di seguito. La sua squadra, nel corso degli anni successivi, cambiò pelle, e ancora oggi è in gruppo col nome di Movistar (dopo essere stata anche Caisse d'Epargne), a lottare per traguardi importanti col capitano di oggi, Alejandro Valverde. Il timone del team è passato nelle mani di Eusebio Unzué, che negli anni belli di Indurain era direttore sportivo, e che continua ad essere una stella polare del ciclismo professionistico spagnolo.

Marco Grassi

100% Grandi Squadre (Banesto)

La Banesto di Miguel Indurain sulle strade del Tour de France © www.sport.esAll'inizio degli anni '90 era diventato quasi un luogo comune del grande ciclismo: la crescita graduale che era stata lasciata percorrere a Miguel Indurain, l'esplosione quasi fissata e puntualmente avvenuta sulla soglia dei 27 anni, il nuovo modo di preparare la stagione, con obiettivi mirati e picchi di forma, un Tourcentrismo già affermato ma che lasciava all'occorrenza spazio per altre mire. E su tutto, la perfetta organizzazione di un team intorno a un capitano forte. Una squadra, la Banesto di José Miguel Echavarri, interamente ruotante intorno al navarro e pronta a ogni sacrificio per lui, nella certezza che tutti gli sforzi sarebbero stati ripagati. E Miguelón non tradiva, metteva tutti severamente in fila nelle cronometro, su quelle bici spaziali (come la rivoluzionaria Espada) che Pinarello gli costruiva su misura, ma sapeva anche stroncare le resistenze degli avversari in salita. Non fu praticamente mai sconfitto in quel triennio d'oro che dal 1991 al 1993 lo portò a trionfare in tre Tour de France e due Giri d'Italia. Quasi tutti spagnoli, in squadra, da Perico Delgado, che dopo essere stato l'uomo simbolo della formazione nella seconda metà degli anni '80 (quando ancora lo sponsor era Reynolds), sul viale del tramonto fu un padrino ideale per Indurain, a quella strepitosa batteria di gregari che rispondevano ai nomi di Marino Alonso, José Luis Arrieta, José Vicente García Acosta, Aitor Garmendia, José Ramon González Arrieta, Rubén Gorospe, Javier Pascual Llorente, José Luis Santamaria, José Uriarte; per non parlare della colonia francese del team, capeggiata dal sontuoso Jean-François Bernard (che non si tirava mai indietro quando c'era da fare un ritmo indiavolato in salita) e che schierò corridori del calibro di Gérard Rué e di quell'Armand De Las Cuevas così talentuoso e così particolare, un possibile delfino di Indurain che però al Giro del '93, nella tappa di Asiago, consumò una sorta di tradimento ai danni del suo capitano, provando invano a giocarsi le proprie carte, ed entrando così in rotta di collisione con il resto della squadra. La vicenda di De Las Cuevas fu quasi uno spartiacque: il francesino nel '94 cambiò aria, andando a fare il capitano (ma con poca fortuna) nella Castorama di Guimard; il resto della Banesto si strinse ulteriormente intorno a Miguelón, che al Giro del '94 conobbe la prima cocente disfatta, ad opera dei ragazzini terribili Berzin e Pantani. Vinse altri due Tour, il campione di Pamplona, primo a infilarne 5 di seguito. La sua squadra, nel corso degli anni successivi, cambiò pelle, e ancora oggi è in gruppo col nome di Movistar (dopo essere stata anche Caisse d'Epargne), a lottare per traguardi importanti col capitano di oggi, Alejandro Valverde. Il timone del team è passato nelle mani di Eusebio Unzué, che negli anni belli di Indurain era direttore sportivo, e che continua ad essere una stella polare del ciclismo professionistico spagnolo.

Marco Grassi

La classifica al contrario

Alexey LutsenkoTripletta Astana in quel di Montpellier: a vincere è stato il giovane kazako Alexey Lutsenko davanti allo sloveno Janez Brajkovic il quale, andato in fuga negli ultimi 10 km, è stato raggiunto dal compagno di squadra a cui ha concesso il primo posto. Anche per questa cavalleria d'altri tempi il ventinovenne di Metlika ha deciso di non partire dal capoluogo dell'Hérault nella giornata odierna. Il terzo posto va all'altro kazako Dmitriy Muravyev, staccato di 3'12"; su sei frazioni i connazionali di Vinokurov hanno portato a casa due successi, bottino che farà felici i vertici del paese asiatico. Al quarto e al quinto posto troviamo rispettivamente il belga della Belkin Sep Vanmarcke e il campione olandese Johnny Hoogerland della Vacansoleil, entrambi a 3'38". Ultimo il tedesco André Greipel della Lotto con 10'48" di distacco. L'olandese dell'Argos Tom Veelers è sempre in vetta alla classifica mentre alle sue spalle è salito Muravyev con soli 37" da recuperare. Terzo l'unico kazako non citato finora, Assan Bazayev, anch'egli dell'Astana, con 1'26" di svantaggio dal leader. Quarto lo spagnolo della Saxo Bank Benjamin Noval a 1'41" e quinto il primo francese, Jérôme Cousin dell'Europcar, a 2'07". Per la prima volta nella storia l'ultimo in classifica è un corridore proveniente dall'Africa, il sudafricano dell'Orica Daryl Impey che ha 46'18" di svantaggio. È probabile che non sarà l'unico ciclista nato nel cosiddetto "continente nero" a trovarsi, nell'edizione del centenario della Boucle, all'ultimo posto della graduatoria.

Alberto Vigonesi

Rassegna stampa

Rassegna TourNotes 2013 - 7a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 7a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 7a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 7a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 7a tappa

La classifica al contrario

Alexey LutsenkoTripletta Astana in quel di Montpellier: a vincere è stato il giovane kazako Alexey Lutsenko davanti allo sloveno Janez Brajkovic il quale, andato in fuga negli ultimi 10 km, è stato raggiunto dal compagno di squadra a cui ha concesso il primo posto. Anche per questa cavalleria d'altri tempi il ventinovenne di Metlika ha deciso di non partire dal capoluogo dell'Hérault nella giornata odierna. Il terzo posto va all'altro kazako Dmitriy Muravyev, staccato di 3'12"; su sei frazioni i connazionali di Vinokurov hanno portato a casa due successi, bottino che farà felici i vertici del paese asiatico. Al quarto e al quinto posto troviamo rispettivamente il belga della Belkin Sep Vanmarcke e il campione olandese Johnny Hoogerland della Vacansoleil, entrambi a 3'38". Ultimo il tedesco André Greipel della Lotto con 10'48" di distacco. L'olandese dell'Argos Tom Veelers è sempre in vetta alla classifica mentre alle sue spalle è salito Muravyev con soli 37" da recuperare. Terzo l'unico kazako non citato finora, Assan Bazayev, anch'egli dell'Astana, con 1'26" di svantaggio dal leader. Quarto lo spagnolo della Saxo Bank Benjamin Noval a 1'41" e quinto il primo francese, Jérôme Cousin dell'Europcar, a 2'07". Per la prima volta nella storia l'ultimo in classifica è un corridore proveniente dall'Africa, il sudafricano dell'Orica Daryl Impey che ha 46'18" di svantaggio. È probabile che non sarà l'unico ciclista nato nel cosiddetto "continente nero" a trovarsi, nell'edizione del centenario della Boucle, all'ultimo posto della graduatoria.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (Banesto)

La Banesto di Miguel Indurain sulle strade del Tour de France © www.sport.esAll'inizio degli anni '90 era diventato quasi un luogo comune del grande ciclismo: la crescita graduale che era stata lasciata percorrere a Miguel Indurain, l'esplosione quasi fissata e puntualmente avvenuta sulla soglia dei 27 anni, il nuovo modo di preparare la stagione, con obiettivi mirati e picchi di forma, un Tourcentrismo già affermato ma che lasciava all'occorrenza spazio per altre mire. E su tutto, la perfetta organizzazione di un team intorno a un capitano forte. Una squadra, la Banesto di José Miguel Echavarri, interamente ruotante intorno al navarro e pronta a ogni sacrificio per lui, nella certezza che tutti gli sforzi sarebbero stati ripagati. E Miguelón non tradiva, metteva tutti severamente in fila nelle cronometro, su quelle bici spaziali (come la rivoluzionaria Espada) che Pinarello gli costruiva su misura, ma sapeva anche stroncare le resistenze degli avversari in salita. Non fu praticamente mai sconfitto in quel triennio d'oro che dal 1991 al 1993 lo portò a trionfare in tre Tour de France e due Giri d'Italia. Quasi tutti spagnoli, in squadra, da Perico Delgado, che dopo essere stato l'uomo simbolo della formazione nella seconda metà degli anni '80 (quando ancora lo sponsor era Reynolds), sul viale del tramonto fu un padrino ideale per Indurain, a quella strepitosa batteria di gregari che rispondevano ai nomi di Marino Alonso, José Luis Arrieta, José Vicente García Acosta, Aitor Garmendia, José Ramon González Arrieta, Rubén Gorospe, Javier Pascual Llorente, José Luis Santamaria, José Uriarte; per non parlare della colonia francese del team, capeggiata dal sontuoso Jean-François Bernard (che non si tirava mai indietro quando c'era da fare un ritmo indiavolato in salita) e che schierò corridori del calibro di Gérard Rué e di quell'Armand De Las Cuevas così talentuoso e così particolare, un possibile delfino di Indurain che però al Giro del '93, nella tappa di Asiago, consumò una sorta di tradimento ai danni del suo capitano, provando invano a giocarsi le proprie carte, ed entrando così in rotta di collisione con il resto della squadra. La vicenda di De Las Cuevas fu quasi uno spartiacque: il francesino nel '94 cambiò aria, andando a fare il capitano (ma con poca fortuna) nella Castorama di Guimard; il resto della Banesto si strinse ulteriormente intorno a Miguelón, che al Giro del '94 conobbe la prima cocente disfatta, ad opera dei ragazzini terribili Berzin e Pantani. Vinse altri due Tour, il campione di Pamplona, primo a infilarne 5 di seguito. La sua squadra, nel corso degli anni successivi, cambiò pelle, e ancora oggi è in gruppo col nome di Movistar (dopo essere stata anche Caisse d'Epargne), a lottare per traguardi importanti col capitano di oggi, Alejandro Valverde. Il timone del team è passato nelle mani di Eusebio Unzué, che negli anni belli di Indurain era direttore sportivo, e che continua ad essere una stella polare del ciclismo professionistico spagnolo.

Marco Grassi

100% Grandi Squadre (Banesto)

La Banesto di Miguel Indurain sulle strade del Tour de France © www.sport.esAll'inizio degli anni '90 era diventato quasi un luogo comune del grande ciclismo: la crescita graduale che era stata lasciata percorrere a Miguel Indurain, l'esplosione quasi fissata e puntualmente avvenuta sulla soglia dei 27 anni, il nuovo modo di preparare la stagione, con obiettivi mirati e picchi di forma, un Tourcentrismo già affermato ma che lasciava all'occorrenza spazio per altre mire. E su tutto, la perfetta organizzazione di un team intorno a un capitano forte. Una squadra, la Banesto di José Miguel Echavarri, interamente ruotante intorno al navarro e pronta a ogni sacrificio per lui, nella certezza che tutti gli sforzi sarebbero stati ripagati. E Miguelón non tradiva, metteva tutti severamente in fila nelle cronometro, su quelle bici spaziali (come la rivoluzionaria Espada) che Pinarello gli costruiva su misura, ma sapeva anche stroncare le resistenze degli avversari in salita. Non fu praticamente mai sconfitto in quel triennio d'oro che dal 1991 al 1993 lo portò a trionfare in tre Tour de France e due Giri d'Italia. Quasi tutti spagnoli, in squadra, da Perico Delgado, che dopo essere stato l'uomo simbolo della formazione nella seconda metà degli anni '80 (quando ancora lo sponsor era Reynolds), sul viale del tramonto fu un padrino ideale per Indurain, a quella strepitosa batteria di gregari che rispondevano ai nomi di Marino Alonso, José Luis Arrieta, José Vicente García Acosta, Aitor Garmendia, José Ramon González Arrieta, Rubén Gorospe, Javier Pascual Llorente, José Luis Santamaria, José Uriarte; per non parlare della colonia francese del team, capeggiata dal sontuoso Jean-François Bernard (che non si tirava mai indietro quando c'era da fare un ritmo indiavolato in salita) e che schierò corridori del calibro di Gérard Rué e di quell'Armand De Las Cuevas così talentuoso e così particolare, un possibile delfino di Indurain che però al Giro del '93, nella tappa di Asiago, consumò una sorta di tradimento ai danni del suo capitano, provando invano a giocarsi le proprie carte, ed entrando così in rotta di collisione con il resto della squadra. La vicenda di De Las Cuevas fu quasi uno spartiacque: il francesino nel '94 cambiò aria, andando a fare il capitano (ma con poca fortuna) nella Castorama di Guimard; il resto della Banesto si strinse ulteriormente intorno a Miguelón, che al Giro del '94 conobbe la prima cocente disfatta, ad opera dei ragazzini terribili Berzin e Pantani. Vinse altri due Tour, il campione di Pamplona, primo a infilarne 5 di seguito. La sua squadra, nel corso degli anni successivi, cambiò pelle, e ancora oggi è in gruppo col nome di Movistar (dopo essere stata anche Caisse d'Epargne), a lottare per traguardi importanti col capitano di oggi, Alejandro Valverde. Il timone del team è passato nelle mani di Eusebio Unzué, che negli anni belli di Indurain era direttore sportivo, e che continua ad essere una stella polare del ciclismo professionistico spagnolo.

Marco Grassi

La classifica al contrario

Alexey LutsenkoTripletta Astana in quel di Montpellier: a vincere è stato il giovane kazako Alexey Lutsenko davanti allo sloveno Janez Brajkovic il quale, andato in fuga negli ultimi 10 km, è stato raggiunto dal compagno di squadra a cui ha concesso il primo posto. Anche per questa cavalleria d'altri tempi il ventinovenne di Metlika ha deciso di non partire dal capoluogo dell'Hérault nella giornata odierna. Il terzo posto va all'altro kazako Dmitriy Muravyev, staccato di 3'12"; su sei frazioni i connazionali di Vinokurov hanno portato a casa due successi, bottino che farà felici i vertici del paese asiatico. Al quarto e al quinto posto troviamo rispettivamente il belga della Belkin Sep Vanmarcke e il campione olandese Johnny Hoogerland della Vacansoleil, entrambi a 3'38". Ultimo il tedesco André Greipel della Lotto con 10'48" di distacco. L'olandese dell'Argos Tom Veelers è sempre in vetta alla classifica mentre alle sue spalle è salito Muravyev con soli 37" da recuperare. Terzo l'unico kazako non citato finora, Assan Bazayev, anch'egli dell'Astana, con 1'26" di svantaggio dal leader. Quarto lo spagnolo della Saxo Bank Benjamin Noval a 1'41" e quinto il primo francese, Jérôme Cousin dell'Europcar, a 2'07". Per la prima volta nella storia l'ultimo in classifica è un corridore proveniente dall'Africa, il sudafricano dell'Orica Daryl Impey che ha 46'18" di svantaggio. È probabile che non sarà l'unico ciclista nato nel cosiddetto "continente nero" a trovarsi, nell'edizione del centenario della Boucle, all'ultimo posto della graduatoria.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (Banesto)

La Banesto di Miguel Indurain sulle strade del Tour de France © www.sport.esAll'inizio degli anni '90 era diventato quasi un luogo comune del grande ciclismo: la crescita graduale che era stata lasciata percorrere a Miguel Indurain, l'esplosione quasi fissata e puntualmente avvenuta sulla soglia dei 27 anni, il nuovo modo di preparare la stagione, con obiettivi mirati e picchi di forma, un Tourcentrismo già affermato ma che lasciava all'occorrenza spazio per altre mire. E su tutto, la perfetta organizzazione di un team intorno a un capitano forte. Una squadra, la Banesto di José Miguel Echavarri, interamente ruotante intorno al navarro e pronta a ogni sacrificio per lui, nella certezza che tutti gli sforzi sarebbero stati ripagati. E Miguelón non tradiva, metteva tutti severamente in fila nelle cronometro, su quelle bici spaziali (come la rivoluzionaria Espada) che Pinarello gli costruiva su misura, ma sapeva anche stroncare le resistenze degli avversari in salita. Non fu praticamente mai sconfitto in quel triennio d'oro che dal 1991 al 1993 lo portò a trionfare in tre Tour de France e due Giri d'Italia. Quasi tutti spagnoli, in squadra, da Perico Delgado, che dopo essere stato l'uomo simbolo della formazione nella seconda metà degli anni '80 (quando ancora lo sponsor era Reynolds), sul viale del tramonto fu un padrino ideale per Indurain, a quella strepitosa batteria di gregari che rispondevano ai nomi di Marino Alonso, José Luis Arrieta, José Vicente García Acosta, Aitor Garmendia, José Ramon González Arrieta, Rubén Gorospe, Javier Pascual Llorente, José Luis Santamaria, José Uriarte; per non parlare della colonia francese del team, capeggiata dal sontuoso Jean-François Bernard (che non si tirava mai indietro quando c'era da fare un ritmo indiavolato in salita) e che schierò corridori del calibro di Gérard Rué e di quell'Armand De Las Cuevas così talentuoso e così particolare, un possibile delfino di Indurain che però al Giro del '93, nella tappa di Asiago, consumò una sorta di tradimento ai danni del suo capitano, provando invano a giocarsi le proprie carte, ed entrando così in rotta di collisione con il resto della squadra. La vicenda di De Las Cuevas fu quasi uno spartiacque: il francesino nel '94 cambiò aria, andando a fare il capitano (ma con poca fortuna) nella Castorama di Guimard; il resto della Banesto si strinse ulteriormente intorno a Miguelón, che al Giro del '94 conobbe la prima cocente disfatta, ad opera dei ragazzini terribili Berzin e Pantani. Vinse altri due Tour, il campione di Pamplona, primo a infilarne 5 di seguito. La sua squadra, nel corso degli anni successivi, cambiò pelle, e ancora oggi è in gruppo col nome di Movistar (dopo essere stata anche Caisse d'Epargne), a lottare per traguardi importanti col capitano di oggi, Alejandro Valverde. Il timone del team è passato nelle mani di Eusebio Unzué, che negli anni belli di Indurain era direttore sportivo, e che continua ad essere una stella polare del ciclismo professionistico spagnolo.

Marco Grassi

100% Grandi Squadre (Banesto)

La Banesto di Miguel Indurain sulle strade del Tour de France © www.sport.esAll'inizio degli anni '90 era diventato quasi un luogo comune del grande ciclismo: la crescita graduale che era stata lasciata percorrere a Miguel Indurain, l'esplosione quasi fissata e puntualmente avvenuta sulla soglia dei 27 anni, il nuovo modo di preparare la stagione, con obiettivi mirati e picchi di forma, un Tourcentrismo già affermato ma che lasciava all'occorrenza spazio per altre mire. E su tutto, la perfetta organizzazione di un team intorno a un capitano forte. Una squadra, la Banesto di José Miguel Echavarri, interamente ruotante intorno al navarro e pronta a ogni sacrificio per lui, nella certezza che tutti gli sforzi sarebbero stati ripagati. E Miguelón non tradiva, metteva tutti severamente in fila nelle cronometro, su quelle bici spaziali (come la rivoluzionaria Espada) che Pinarello gli costruiva su misura, ma sapeva anche stroncare le resistenze degli avversari in salita. Non fu praticamente mai sconfitto in quel triennio d'oro che dal 1991 al 1993 lo portò a trionfare in tre Tour de France e due Giri d'Italia. Quasi tutti spagnoli, in squadra, da Perico Delgado, che dopo essere stato l'uomo simbolo della formazione nella seconda metà degli anni '80 (quando ancora lo sponsor era Reynolds), sul viale del tramonto fu un padrino ideale per Indurain, a quella strepitosa batteria di gregari che rispondevano ai nomi di Marino Alonso, José Luis Arrieta, José Vicente García Acosta, Aitor Garmendia, José Ramon González Arrieta, Rubén Gorospe, Javier Pascual Llorente, José Luis Santamaria, José Uriarte; per non parlare della colonia francese del team, capeggiata dal sontuoso Jean-François Bernard (che non si tirava mai indietro quando c'era da fare un ritmo indiavolato in salita) e che schierò corridori del calibro di Gérard Rué e di quell'Armand De Las Cuevas così talentuoso e così particolare, un possibile delfino di Indurain che però al Giro del '93, nella tappa di Asiago, consumò una sorta di tradimento ai danni del suo capitano, provando invano a giocarsi le proprie carte, ed entrando così in rotta di collisione con il resto della squadra. La vicenda di De Las Cuevas fu quasi uno spartiacque: il francesino nel '94 cambiò aria, andando a fare il capitano (ma con poca fortuna) nella Castorama di Guimard; il resto della Banesto si strinse ulteriormente intorno a Miguelón, che al Giro del '94 conobbe la prima cocente disfatta, ad opera dei ragazzini terribili Berzin e Pantani. Vinse altri due Tour, il campione di Pamplona, primo a infilarne 5 di seguito. La sua squadra, nel corso degli anni successivi, cambiò pelle, e ancora oggi è in gruppo col nome di Movistar (dopo essere stata anche Caisse d'Epargne), a lottare per traguardi importanti col capitano di oggi, Alejandro Valverde. Il timone del team è passato nelle mani di Eusebio Unzué, che negli anni belli di Indurain era direttore sportivo, e che continua ad essere una stella polare del ciclismo professionistico spagnolo.

Marco Grassi

La classifica al contrario

Alexey LutsenkoTripletta Astana in quel di Montpellier: a vincere è stato il giovane kazako Alexey Lutsenko davanti allo sloveno Janez Brajkovic il quale, andato in fuga negli ultimi 10 km, è stato raggiunto dal compagno di squadra a cui ha concesso il primo posto. Anche per questa cavalleria d'altri tempi il ventinovenne di Metlika ha deciso di non partire dal capoluogo dell'Hérault nella giornata odierna. Il terzo posto va all'altro kazako Dmitriy Muravyev, staccato di 3'12"; su sei frazioni i connazionali di Vinokurov hanno portato a casa due successi, bottino che farà felici i vertici del paese asiatico. Al quarto e al quinto posto troviamo rispettivamente il belga della Belkin Sep Vanmarcke e il campione olandese Johnny Hoogerland della Vacansoleil, entrambi a 3'38". Ultimo il tedesco André Greipel della Lotto con 10'48" di distacco. L'olandese dell'Argos Tom Veelers è sempre in vetta alla classifica mentre alle sue spalle è salito Muravyev con soli 37" da recuperare. Terzo l'unico kazako non citato finora, Assan Bazayev, anch'egli dell'Astana, con 1'26" di svantaggio dal leader. Quarto lo spagnolo della Saxo Bank Benjamin Noval a 1'41" e quinto il primo francese, Jérôme Cousin dell'Europcar, a 2'07". Per la prima volta nella storia l'ultimo in classifica è un corridore proveniente dall'Africa, il sudafricano dell'Orica Daryl Impey che ha 46'18" di svantaggio. È probabile che non sarà l'unico ciclista nato nel cosiddetto "continente nero" a trovarsi, nell'edizione del centenario della Boucle, all'ultimo posto della graduatoria.

Alberto Vigonesi

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