Il Portale del Ciclismo professionistico

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Tappa decisamente più mossa rispetto alla prima, quella che taglia diagonalmente la Corsica da Bastia al capoluogo Ajaccio. Si passa dal centro dell'isola, e quindi si incontrano delle salite vere (quantomeno per quel che riguarda la lunghezza), ma ciò non esclude un epilogo con uno sprint più o meno corposo: di sicuro, però, il velocista che vorrà aggiudicarsi la frazione dovrà fare una piccola impresa. Primi 50 km abbastanza ordinari, il primo strappetto lo si incontra a Francardo, 6.5 km al 3.5% di pendenza. Non è certo una salita impegnativa, ma è qui che prende il via la movimentatissima fase centrale della tappa: se il gruppo non la prenderà ad andatura cicloturistica, in parecchi vedranno le streghe dal km 50 al 100. A Corte (km 63) si sale con più decisione fino al primo Gpm di giornata, il Col de Bellagranajo, quasi 7 km con pendenza media superiore al 4%; una decina di km di non difficile discesa ed ecco che al km 80 si riprende a salire. Anche se le mappe parlano di un doppio Gpm, si tratterà di 14 km di ascesa con poca soluzione di continuità: più duri i primi 6 km (al 6.6%), che culminano al Gpm di Col de Serra; quindi, dopo 3 km in piano, i restanti 5 km fino al Col de Vizzavona (si va già sopra quota 1000) sono più semplici (tra il 5 e il 6%), ma c'è da scommettere che in cima il gruppo sarà parecchio assottigliato. A questo punto (a 60 km dalla conclusione) resta da capire in quanti sapranno rientrare, approfittando di un percorso che si fa nettamente più semplice: 13 km di discesa vera e propria (anche se non da batticuore), e poi altri 25 di falsopiano discendente fino ad arrivare, alle porte di Ajaccio, al livello del mare. In questo tratto diversi team di velocisti potranno organizzarsi per riportare sotto i propri alfieri, ma c'è ancora un'ultima difficoltà da affrontare, e si tratta della Côte du Salario, un chilometro al 9% in città, con vetta a 12 km dalla fine. La prima metà del muro è intorno al 6-7%, ma la seconda si inerpica ben oltre il 10: segue una discesa di un paio di km abbastanza pedalabili, dopodiché i 10 km finali sono completamente pianeggianti (non fa proprio testo una minuscola rampa ai 2 km). Domande a iosa: quanti velocisti non rientreranno dopo il Col de Vizzavona? Quanti se ne staccheranno ancora (o di nuovo) sul Salario? Riuscirà ad evadere, su quell'ultima côte, qualche contrattaccante?

Bastia

Forse non tutti sanno che negli anni '60 la Corsica fu spesso sede di tappe della Parigi-Nizza, che virava per tre giorni nell'isola per poi concludere con un'ultima tappa a Nizza. Nel 1964 Bastia ospitò una crono nella quale di fatto si decise la corsa: Jan Jassen era in testa, ma nella frazione a cronometro cadde e dovette cedere la leadership a Raymond Poulidor. Nel 1966 la Parigi-Nizza fu teatro di un serrato duello tra Poulidor e Anquetil, che si concluse con la vittoria del secondo. I nostri uomini si misero in particolare evidenza nelle tappe corse, e a Bastia fu Luciano Armani della Salvarani a vincere la prima semitappa giornaliera, arrivando in solitaria con più di un minuto di vantaggio su Altig, Den Hartog e Adorni.

Ajaccio

Capoluogo dell'isola corsa coi suoi 60.000 abitanti, Ajaccio è ricordata nel mondo più che altro per essere la città natia di Napoleone Bonaparte, l'imperatore che risollevò la Francia e tentò di conquistare l'Europa. Ma Ajaccio è anche una fiorente località turistica, collocata nella parte ovest dell'isola, forse più interessante di Bastia dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. La punta di Parata, orientata verso nord-ovest, ospita una torre genovese del sedicesimo secolo e si affaccia sulle isole Sanguniarie, scogli dal nome truce di origine misteriosa: non si sa se sia dovuto al colore dell'acqua al tramonto o alla posizione pericolosa per le barche che vogliono attraccare nel porto di Ajaccio. Tutt'intorno, la natura endemica dell'isola dà il suo meglio, con arbusti di eriche marine e lentischi e stormi di falchi pellegrini, falchi pescatori e gabbiani che pullulano nella zona.

Nicola Stufano
Bastia

Forse non tutti sanno che negli anni '60 la Corsica fu spesso sede di tappe della Parigi-Nizza, che virava per tre giorni nell'isola per poi concludere con un'ultima tappa a Nizza. Nel 1964 Bastia ospitò una crono nella quale di fatto si decise la corsa: Jan Jassen era in testa, ma nella frazione a cronometro cadde e dovette cedere la leadership a Raymond Poulidor. Nel 1966 la Parigi-Nizza fu teatro di un serrato duello tra Poulidor e Anquetil, che si concluse con la vittoria del secondo. I nostri uomini si misero in particolare evidenza nelle tappe corse, e a Bastia fu Luciano Armani della Salvarani a vincere la prima semitappa giornaliera, arrivando in solitaria con più di un minuto di vantaggio su Altig, Den Hartog e Adorni.

Ajaccio

Capoluogo dell'isola corsa coi suoi 60.000 abitanti, Ajaccio è ricordata nel mondo più che altro per essere la città natia di Napoleone Bonaparte, l'imperatore che risollevò la Francia e tentò di conquistare l'Europa. Ma Ajaccio è anche una fiorente località turistica, collocata nella parte ovest dell'isola, forse più interessante di Bastia dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. La punta di Parata, orientata verso nord-ovest, ospita una torre genovese del sedicesimo secolo e si affaccia sulle isole Sanguniarie, scogli dal nome truce di origine misteriosa: non si sa se sia dovuto al colore dell'acqua al tramonto o alla posizione pericolosa per le barche che vogliono attraccare nel porto di Ajaccio. Tutt'intorno, la natura endemica dell'isola dà il suo meglio, con arbusti di eriche marine e lentischi e stormi di falchi pellegrini, falchi pescatori e gabbiani che pullulano nella zona.

Bastia

Forse non tutti sanno che negli anni '60 la Corsica fu spesso sede di tappe della Parigi-Nizza, che virava per tre giorni nell'isola per poi concludere con un'ultima tappa a Nizza. Nel 1964 Bastia ospitò una crono nella quale di fatto si decise la corsa: Jan Jassen era in testa, ma nella frazione a cronometro cadde e dovette cedere la leadership a Raymond Poulidor. Nel 1966 la Parigi-Nizza fu teatro di un serrato duello tra Poulidor e Anquetil, che si concluse con la vittoria del secondo. I nostri uomini si misero in particolare evidenza nelle tappe corse, e a Bastia fu Luciano Armani della Salvarani a vincere la prima semitappa giornaliera, arrivando in solitaria con più di un minuto di vantaggio su Altig, Den Hartog e Adorni.

Ajaccio

Capoluogo dell'isola corsa coi suoi 60.000 abitanti, Ajaccio è ricordata nel mondo più che altro per essere la città natia di Napoleone Bonaparte, l'imperatore che risollevò la Francia e tentò di conquistare l'Europa. Ma Ajaccio è anche una fiorente località turistica, collocata nella parte ovest dell'isola, forse più interessante di Bastia dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. La punta di Parata, orientata verso nord-ovest, ospita una torre genovese del sedicesimo secolo e si affaccia sulle isole Sanguniarie, scogli dal nome truce di origine misteriosa: non si sa se sia dovuto al colore dell'acqua al tramonto o alla posizione pericolosa per le barche che vogliono attraccare nel porto di Ajaccio. Tutt'intorno, la natura endemica dell'isola dà il suo meglio, con arbusti di eriche marine e lentischi e stormi di falchi pellegrini, falchi pescatori e gabbiani che pullulano nella zona.

Bastia

Forse non tutti sanno che negli anni '60 la Corsica fu spesso sede di tappe della Parigi-Nizza, che virava per tre giorni nell'isola per poi concludere con un'ultima tappa a Nizza. Nel 1964 Bastia ospitò una crono nella quale di fatto si decise la corsa: Jan Jassen era in testa, ma nella frazione a cronometro cadde e dovette cedere la leadership a Raymond Poulidor. Nel 1966 la Parigi-Nizza fu teatro di un serrato duello tra Poulidor e Anquetil, che si concluse con la vittoria del secondo. I nostri uomini si misero in particolare evidenza nelle tappe corse, e a Bastia fu Luciano Armani della Salvarani a vincere la prima semitappa giornaliera, arrivando in solitaria con più di un minuto di vantaggio su Altig, Den Hartog e Adorni.

Ajaccio

Capoluogo dell'isola corsa coi suoi 60.000 abitanti, Ajaccio è ricordata nel mondo più che altro per essere la città natia di Napoleone Bonaparte, l'imperatore che risollevò la Francia e tentò di conquistare l'Europa. Ma Ajaccio è anche una fiorente località turistica, collocata nella parte ovest dell'isola, forse più interessante di Bastia dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. La punta di Parata, orientata verso nord-ovest, ospita una torre genovese del sedicesimo secolo e si affaccia sulle isole Sanguniarie, scogli dal nome truce di origine misteriosa: non si sa se sia dovuto al colore dell'acqua al tramonto o alla posizione pericolosa per le barche che vogliono attraccare nel porto di Ajaccio. Tutt'intorno, la natura endemica dell'isola dà il suo meglio, con arbusti di eriche marine e lentischi e stormi di falchi pellegrini, falchi pescatori e gabbiani che pullulano nella zona.

Bastia

Forse non tutti sanno che negli anni '60 la Corsica fu spesso sede di tappe della Parigi-Nizza, che virava per tre giorni nell'isola per poi concludere con un'ultima tappa a Nizza. Nel 1964 Bastia ospitò una crono nella quale di fatto si decise la corsa: Jan Jassen era in testa, ma nella frazione a cronometro cadde e dovette cedere la leadership a Raymond Poulidor. Nel 1966 la Parigi-Nizza fu teatro di un serrato duello tra Poulidor e Anquetil, che si concluse con la vittoria del secondo. I nostri uomini si misero in particolare evidenza nelle tappe corse, e a Bastia fu Luciano Armani della Salvarani a vincere la prima semitappa giornaliera, arrivando in solitaria con più di un minuto di vantaggio su Altig, Den Hartog e Adorni.

Ajaccio

Capoluogo dell'isola corsa coi suoi 60.000 abitanti, Ajaccio è ricordata nel mondo più che altro per essere la città natia di Napoleone Bonaparte, l'imperatore che risollevò la Francia e tentò di conquistare l'Europa. Ma Ajaccio è anche una fiorente località turistica, collocata nella parte ovest dell'isola, forse più interessante di Bastia dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. La punta di Parata, orientata verso nord-ovest, ospita una torre genovese del sedicesimo secolo e si affaccia sulle isole Sanguniarie, scogli dal nome truce di origine misteriosa: non si sa se sia dovuto al colore dell'acqua al tramonto o alla posizione pericolosa per le barche che vogliono attraccare nel porto di Ajaccio. Tutt'intorno, la natura endemica dell'isola dà il suo meglio, con arbusti di eriche marine e lentischi e stormi di falchi pellegrini, falchi pescatori e gabbiani che pullulano nella zona.

Bastia

Forse non tutti sanno che negli anni '60 la Corsica fu spesso sede di tappe della Parigi-Nizza, che virava per tre giorni nell'isola per poi concludere con un'ultima tappa a Nizza. Nel 1964 Bastia ospitò una crono nella quale di fatto si decise la corsa: Jan Jassen era in testa, ma nella frazione a cronometro cadde e dovette cedere la leadership a Raymond Poulidor. Nel 1966 la Parigi-Nizza fu teatro di un serrato duello tra Poulidor e Anquetil, che si concluse con la vittoria del secondo. I nostri uomini si misero in particolare evidenza nelle tappe corse, e a Bastia fu Luciano Armani della Salvarani a vincere la prima semitappa giornaliera, arrivando in solitaria con più di un minuto di vantaggio su Altig, Den Hartog e Adorni.

Ajaccio

Capoluogo dell'isola corsa coi suoi 60.000 abitanti, Ajaccio è ricordata nel mondo più che altro per essere la città natia di Napoleone Bonaparte, l'imperatore che risollevò la Francia e tentò di conquistare l'Europa. Ma Ajaccio è anche una fiorente località turistica, collocata nella parte ovest dell'isola, forse più interessante di Bastia dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. La punta di Parata, orientata verso nord-ovest, ospita una torre genovese del sedicesimo secolo e si affaccia sulle isole Sanguniarie, scogli dal nome truce di origine misteriosa: non si sa se sia dovuto al colore dell'acqua al tramonto o alla posizione pericolosa per le barche che vogliono attraccare nel porto di Ajaccio. Tutt'intorno, la natura endemica dell'isola dà il suo meglio, con arbusti di eriche marine e lentischi e stormi di falchi pellegrini, falchi pescatori e gabbiani che pullulano nella zona.

Meteo

13.25 - Bastia
16.00 - Vizzavona
17.25 - Ajaccio

Soggetti Alternativi

Debutto assoluto in una grande corsa a tappe per lui che è uno dei più giovani atleti al via di questa edizione della Grande Boucle. Grande speranza del ciclismo kazako, è alla prima stagione nel Pro Tour dopo aver militato nella formazione Continental dell'Astana. Corridore battagliero e talentuoso, può considerarsi completo, data la sua buonissima tenuta in salita, unita all'ottimo spunto veloce. Si è spesso messo in luce sulle strade italiane, sia racimolando vari piazzamenti al Toscana-Terre di Ciclismo tra gli Under 23, sia con il quinto posto ottenuto al Gran Premio Nobili Rubinetterie dello scorso anno. Proprio il 2012 è stato il suo anno di grazia, in cui ha vinto una tappa al Giro della Valle d'Aosta, una al Tour de l'Avenir ma soprattutto si è laureato campione del mondo Under 23 a Valkenburg con una volata perentoria. In questo Tour de France cercherà di fare esperienza, aiutando magari Fuglsang in qualche tappa complicata ma se avrà carta bianca potrebbe dire la sua, anche con un'azione da lontano. Chissà che questo Tour non possa illuminarsi con un po' di...Lutsenko!

Vivian Ghianni

Debutto assoluto in una grande corsa a tappe per lui che è uno dei più giovani atleti al via di questa edizione della Grande Boucle. Grande speranza del ciclismo kazako, è alla prima stagione nel Pro Tour dopo aver militato nella formazione Continental dell'Astana. Corridore battagliero e talentuoso, può considerarsi completo, data la sua buonissima tenuta in salita, unita all'ottimo spunto veloce. Si è spesso messo in luce sulle strade italiane, sia racimolando vari piazzamenti al Toscana-Terre di Ciclismo tra gli Under 23, sia con il quinto posto ottenuto al Gran Premio Nobili Rubinetterie dello scorso anno. Proprio il 2012 è stato il suo anno di grazia, in cui ha vinto una tappa al Giro della Valle d'Aosta, una al Tour de l'Avenir ma soprattutto si è laureato campione del mondo Under 23 a Valkenburg con una volata perentoria. In questo Tour de France cercherà di fare esperienza, aiutando magari Fuglsang in qualche tappa complicata ma se avrà carta bianca potrebbe dire la sua, anche con un'azione da lontano. Chissà che questo Tour non possa illuminarsi con un po' di...Lutsenko!

Debutto assoluto in una grande corsa a tappe per lui che è uno dei più giovani atleti al via di questa edizione della Grande Boucle. Grande speranza del ciclismo kazako, è alla prima stagione nel Pro Tour dopo aver militato nella formazione Continental dell'Astana. Corridore battagliero e talentuoso, può considerarsi completo, data la sua buonissima tenuta in salita, unita all'ottimo spunto veloce. Si è spesso messo in luce sulle strade italiane, sia racimolando vari piazzamenti al Toscana-Terre di Ciclismo tra gli Under 23, sia con il quinto posto ottenuto al Gran Premio Nobili Rubinetterie dello scorso anno. Proprio il 2012 è stato il suo anno di grazia, in cui ha vinto una tappa al Giro della Valle d'Aosta, una al Tour de l'Avenir ma soprattutto si è laureato campione del mondo Under 23 a Valkenburg con una volata perentoria. In questo Tour de France cercherà di fare esperienza, aiutando magari Fuglsang in qualche tappa complicata ma se avrà carta bianca potrebbe dire la sua, anche con un'azione da lontano. Chissà che questo Tour non possa illuminarsi con un po' di...Lutsenko!

Debutto assoluto in una grande corsa a tappe per lui che è uno dei più giovani atleti al via di questa edizione della Grande Boucle. Grande speranza del ciclismo kazako, è alla prima stagione nel Pro Tour dopo aver militato nella formazione Continental dell'Astana. Corridore battagliero e talentuoso, può considerarsi completo, data la sua buonissima tenuta in salita, unita all'ottimo spunto veloce. Si è spesso messo in luce sulle strade italiane, sia racimolando vari piazzamenti al Toscana-Terre di Ciclismo tra gli Under 23, sia con il quinto posto ottenuto al Gran Premio Nobili Rubinetterie dello scorso anno. Proprio il 2012 è stato il suo anno di grazia, in cui ha vinto una tappa al Giro della Valle d'Aosta, una al Tour de l'Avenir ma soprattutto si è laureato campione del mondo Under 23 a Valkenburg con una volata perentoria. In questo Tour de France cercherà di fare esperienza, aiutando magari Fuglsang in qualche tappa complicata ma se avrà carta bianca potrebbe dire la sua, anche con un'azione da lontano. Chissà che questo Tour non possa illuminarsi con un po' di...Lutsenko!

Debutto assoluto in una grande corsa a tappe per lui che è uno dei più giovani atleti al via di questa edizione della Grande Boucle. Grande speranza del ciclismo kazako, è alla prima stagione nel Pro Tour dopo aver militato nella formazione Continental dell'Astana. Corridore battagliero e talentuoso, può considerarsi completo, data la sua buonissima tenuta in salita, unita all'ottimo spunto veloce. Si è spesso messo in luce sulle strade italiane, sia racimolando vari piazzamenti al Toscana-Terre di Ciclismo tra gli Under 23, sia con il quinto posto ottenuto al Gran Premio Nobili Rubinetterie dello scorso anno. Proprio il 2012 è stato il suo anno di grazia, in cui ha vinto una tappa al Giro della Valle d'Aosta, una al Tour de l'Avenir ma soprattutto si è laureato campione del mondo Under 23 a Valkenburg con una volata perentoria. In questo Tour de France cercherà di fare esperienza, aiutando magari Fuglsang in qualche tappa complicata ma se avrà carta bianca potrebbe dire la sua, anche con un'azione da lontano. Chissà che questo Tour non possa illuminarsi con un po' di...Lutsenko!

Debutto assoluto in una grande corsa a tappe per lui che è uno dei più giovani atleti al via di questa edizione della Grande Boucle. Grande speranza del ciclismo kazako, è alla prima stagione nel Pro Tour dopo aver militato nella formazione Continental dell'Astana. Corridore battagliero e talentuoso, può considerarsi completo, data la sua buonissima tenuta in salita, unita all'ottimo spunto veloce. Si è spesso messo in luce sulle strade italiane, sia racimolando vari piazzamenti al Toscana-Terre di Ciclismo tra gli Under 23, sia con il quinto posto ottenuto al Gran Premio Nobili Rubinetterie dello scorso anno. Proprio il 2012 è stato il suo anno di grazia, in cui ha vinto una tappa al Giro della Valle d'Aosta, una al Tour de l'Avenir ma soprattutto si è laureato campione del mondo Under 23 a Valkenburg con una volata perentoria. In questo Tour de France cercherà di fare esperienza, aiutando magari Fuglsang in qualche tappa complicata ma se avrà carta bianca potrebbe dire la sua, anche con un'azione da lontano. Chissà che questo Tour non possa illuminarsi con un po' di...Lutsenko!

TourTweet

@ADM_RossodiBuja (De Marchi): Ora ho capito cosa c'è dietro la parola Tour...pubblico, velocità, adrenalina, paura, fatica, urla,emozioni.Uno show! @letour #demarchi

@marcelkittel: Non so cosa dire, ricorderò questo giorno per sempre. Grazie ai miei compagni di squadra (!!), famiglia, amici e tifosi! Questa vittoria è per tutti voi!

@manuelquinziato: Ai meno 5 sono caduti corridori davanti, dietro e di lato a me allo stesso tempo! Mi sentivo come in Matrix schivando i proiettili! #lucky #tdf #neo #theone

@HansenAdam: Sento Lars Bak che parla nella sua madrelingua danese al telefono, è come ascoltare gli alieni che parlano tra loro in Men in Black

@ALANMARANGONI: The Giro is a battle... @letour is a war

@MarkCavendish: Mi piacerebbe avere da @UCI_cycling una spiegazione sul perché nella tappa di ieri i tempi sono stati neutralizzati mentre i punti no. I corridori sono solo interessati alla classifica generale?

La classifica al contrario

Ted KingComincia subito in maniera positiva il Tour de France in casa Cannondale; a Bastia, infatti, vittoria per i ragazzi di Amadio con uno dei quattro debuttanti alla Boucle, lo statunitense Ted King, fortemente voluto dallo sponsor principale. Al termine di una tappa convulsa nella parte finale "King of Style", il suo soprannome in gruppo, ha saputo precedere la coppia Cofidis formata da Christophe Le Mével e Luis Ángel Maté, anch'egli alla prima esperienza in Francia. Quarto, a sorpresa, Bauke Mollema della Belkin e quinto, per completare la festa Cannondale, lo sloveno Kristjan Koren. Quindicesimo e primo italiano Matteo Bono della Lampre mentre 198° ed ultimo il tedesco Marcel Kittel dell'Argos. Per scelta della giuria tutti i corridori sono stati classificati con lo stesso tempo, neutralizzando di fatto la tappa ai fini della generale; il motivo risiede nel caos creato dal pullman dell'Orica che ha, in maniera indubbiamente eccessiva, cercato di spianare la strada per una vittoria aussie, provocando il malcontento nel plotone ed ottenendo un risultato catastrofico per i ragazzi di Matthew White. Da Bastia ad Ajaccio la strada permette maggiori distacchi e potremmo finalmente assistere alla prima lotta all'arma bianca per il primato.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (PDM)

Erik Breukink in azione con la maglia della PDM © lopro.blogspot.itLa PDM fu un team olandese che imperversò sulle strade del Tour de France tra gli anni '80 e '90, rivelandosi spesso la più forte, ma non riuscendo mai a conquistare il Tour. Si può dire che la breve avventura di questa formazione fu condizionata dalla malasorte e da errori che portarono allo smantellamento. La PDM era costruita su uno sponsor forte, la Philips Du Pont Magnetics, joint-venture tra due colossi, ed era diretta da Jan Gisbers. Il buon budget a disposizione permise di costruire una squadra competitiva, che ha avuto in Rooks, Delgado, Theunisse i suoi esponenti più competitivi al Tour (ma in rosa si sono visti anche Kelly, Breukink, Knetemann, Van der Poel). In 7 partecipazioni al Tour, la PDM riuscì a vincere ben 13 tappe, piazzando affondi in quasi tutte le edizioni (mancarono solo nell'ultima). Nell'esordio del 1986 la squadra puntò su Delgado, vincente anche in una tappa a Pau. Delgado lottava per il podio, ma la morte di sua madre durante la corsa ne produsse il ritiro alla 18esima tappa. L'anno dopo Delgado si produsse in un epico duello con Stephen Roche, culminato con la conquista della maglia sull'Alpe d'Huez, ma conclusosi tristemente, con Roche che soffia via il giallo nella crono di Digione alla penultima tappa. Delgado perse quel Tour per 40", il secondo distacco più breve della storia del Tour, ma d'altronde era l'anno del triplete di Roche (Giro-Tour-Mondiali). Nell'1988 Delgado passa alla Reynolds e puntualmente stravince il Tour, nonostante un controllo antidoping positivo al Probenecid (la stessa sostanza che anni dopo inchiodò Garzelli): all'epoca però il Probenecid era considerato doping dal CIO ma non dall'UCI, e grazie a questo cavillo Delgado riuscì a conservare il suo Tour. Ovviamente davanti a un PDM, il suo ex-compagno di squadra Steven Rooks, staccato di 7'13" e maglia a pois finale. Quarto a fine Tour doveva essere Gert-Jan Theunisse, ma il corridore fu pizzicato positivo al testosterone e penalizzato di 10', concludendo all'undicesimo posto: decisamente altri tempi e altri provvedimenti. Il 1989 fu l'anno migliore della PDM, e fu il turno di Theunisse di finire in maglia a pois, vincendo tra l'altro sull'Alpe d'Huez come aveva fatto Rooks l'anno prima e concludendo al quarto posto finale. La verde fu invece per Kelly, nonostante nessun successo di tappa, 9° in classifica finale preceduto dai compagni Alcalà e Rooks: la PDM, con 4 uomini in top ten, fu anche prima delle squadre davanti alla Reynolds. Nel 1990 fu Breukink a diventare capitano della squadra, e a salire sul podio. La PDM conquista 3 delle 5 crono previste, prima con Alcalà e poi con Breukink le altre 2. Nel 1991 però un evento inatteso fa iniziare la fase calante della squadra: alla nona tappa la PDM fu costretta al ritiro coatto da un'apparente infezione collettiva. Una faccenda non chiara, a partire dalle dichiarazioni contraddittorie dei medici e dall'assenza di contagio dello staff, per la quale si sostiene la tesi che ai corridori fossero stati iniettati degli intralipidi mal conservati, causa del malessere generale. Dopo un'ultima partecipazione al Tour 1992, con Breunink settimo, lo sponsor vendette la licenza alla Festina. Anche qui, si arrivò al ritiro coatto. Ma questa è un'altra storia.

Nicola Stufano

100% Grandi Squadre (PDM)

Erik Breukink in azione con la maglia della PDM © lopro.blogspot.itLa PDM fu un team olandese che imperversò sulle strade del Tour de France tra gli anni '80 e '90, rivelandosi spesso la più forte, ma non riuscendo mai a conquistare il Tour. Si può dire che la breve avventura di questa formazione fu condizionata dalla malasorte e da errori che portarono allo smantellamento. La PDM era costruita su uno sponsor forte, la Philips Du Pont Magnetics, joint-venture tra due colossi, ed era diretta da Jan Gisbers. Il buon budget a disposizione permise di costruire una squadra competitiva, che ha avuto in Rooks, Delgado, Theunisse i suoi esponenti più competitivi al Tour (ma in rosa si sono visti anche Kelly, Breukink, Knetemann, Van der Poel). In 7 partecipazioni al Tour, la PDM riuscì a vincere ben 13 tappe, piazzando affondi in quasi tutte le edizioni (mancarono solo nell'ultima). Nell'esordio del 1986 la squadra puntò su Delgado, vincente anche in una tappa a Pau. Delgado lottava per il podio, ma la morte di sua madre durante la corsa ne produsse il ritiro alla 18esima tappa. L'anno dopo Delgado si produsse in un epico duello con Stephen Roche, culminato con la conquista della maglia sull'Alpe d'Huez, ma conclusosi tristemente, con Roche che soffia via il giallo nella crono di Digione alla penultima tappa. Delgado perse quel Tour per 40", il secondo distacco più breve della storia del Tour, ma d'altronde era l'anno del triplete di Roche (Giro-Tour-Mondiali). Nell'1988 Delgado passa alla Reynolds e puntualmente stravince il Tour, nonostante un controllo antidoping positivo al Probenecid (la stessa sostanza che anni dopo inchiodò Garzelli): all'epoca però il Probenecid era considerato doping dal CIO ma non dall'UCI, e grazie a questo cavillo Delgado riuscì a conservare il suo Tour. Ovviamente davanti a un PDM, il suo ex-compagno di squadra Steven Rooks, staccato di 7'13" e maglia a pois finale. Quarto a fine Tour doveva essere Gert-Jan Theunisse, ma il corridore fu pizzicato positivo al testosterone e penalizzato di 10', concludendo all'undicesimo posto: decisamente altri tempi e altri provvedimenti. Il 1989 fu l'anno migliore della PDM, e fu il turno di Theunisse di finire in maglia a pois, vincendo tra l'altro sull'Alpe d'Huez come aveva fatto Rooks l'anno prima e concludendo al quarto posto finale. La verde fu invece per Kelly, nonostante nessun successo di tappa, 9° in classifica finale preceduto dai compagni Alcalà e Rooks: la PDM, con 4 uomini in top ten, fu anche prima delle squadre davanti alla Reynolds. Nel 1990 fu Breukink a diventare capitano della squadra, e a salire sul podio. La PDM conquista 3 delle 5 crono previste, prima con Alcalà e poi con Breukink le altre 2. Nel 1991 però un evento inatteso fa iniziare la fase calante della squadra: alla nona tappa la PDM fu costretta al ritiro coatto da un'apparente infezione collettiva. Una faccenda non chiara, a partire dalle dichiarazioni contraddittorie dei medici e dall'assenza di contagio dello staff, per la quale si sostiene la tesi che ai corridori fossero stati iniettati degli intralipidi mal conservati, causa del malessere generale. Dopo un'ultima partecipazione al Tour 1992, con Breunink settimo, lo sponsor vendette la licenza alla Festina. Anche qui, si arrivò al ritiro coatto. Ma questa è un'altra storia.

Nicola Stufano

La classifica al contrario

Ted KingComincia subito in maniera positiva il Tour de France in casa Cannondale; a Bastia, infatti, vittoria per i ragazzi di Amadio con uno dei quattro debuttanti alla Boucle, lo statunitense Ted King, fortemente voluto dallo sponsor principale. Al termine di una tappa convulsa nella parte finale "King of Style", il suo soprannome in gruppo, ha saputo precedere la coppia Cofidis formata da Christophe Le Mével e Luis Ángel Maté, anch'egli alla prima esperienza in Francia. Quarto, a sorpresa, Bauke Mollema della Belkin e quinto, per completare la festa Cannondale, lo sloveno Kristjan Koren. Quindicesimo e primo italiano Matteo Bono della Lampre mentre 198° ed ultimo il tedesco Marcel Kittel dell'Argos. Per scelta della giuria tutti i corridori sono stati classificati con lo stesso tempo, neutralizzando di fatto la tappa ai fini della generale; il motivo risiede nel caos creato dal pullman dell'Orica che ha, in maniera indubbiamente eccessiva, cercato di spianare la strada per una vittoria aussie, provocando il malcontento nel plotone ed ottenendo un risultato catastrofico per i ragazzi di Matthew White. Da Bastia ad Ajaccio la strada permette maggiori distacchi e potremmo finalmente assistere alla prima lotta all'arma bianca per il primato.

Alberto Vigonesi

Rassegna stampa

Rassegna TourNotes 2013 - 2a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 2a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 2a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 2a tappa
Rassegna TourNotes 2013 - 2a tappa

La classifica al contrario

Ted KingComincia subito in maniera positiva il Tour de France in casa Cannondale; a Bastia, infatti, vittoria per i ragazzi di Amadio con uno dei quattro debuttanti alla Boucle, lo statunitense Ted King, fortemente voluto dallo sponsor principale. Al termine di una tappa convulsa nella parte finale "King of Style", il suo soprannome in gruppo, ha saputo precedere la coppia Cofidis formata da Christophe Le Mével e Luis Ángel Maté, anch'egli alla prima esperienza in Francia. Quarto, a sorpresa, Bauke Mollema della Belkin e quinto, per completare la festa Cannondale, lo sloveno Kristjan Koren. Quindicesimo e primo italiano Matteo Bono della Lampre mentre 198° ed ultimo il tedesco Marcel Kittel dell'Argos. Per scelta della giuria tutti i corridori sono stati classificati con lo stesso tempo, neutralizzando di fatto la tappa ai fini della generale; il motivo risiede nel caos creato dal pullman dell'Orica che ha, in maniera indubbiamente eccessiva, cercato di spianare la strada per una vittoria aussie, provocando il malcontento nel plotone ed ottenendo un risultato catastrofico per i ragazzi di Matthew White. Da Bastia ad Ajaccio la strada permette maggiori distacchi e potremmo finalmente assistere alla prima lotta all'arma bianca per il primato.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (PDM)

Erik Breukink in azione con la maglia della PDM © lopro.blogspot.itLa PDM fu un team olandese che imperversò sulle strade del Tour de France tra gli anni '80 e '90, rivelandosi spesso la più forte, ma non riuscendo mai a conquistare il Tour. Si può dire che la breve avventura di questa formazione fu condizionata dalla malasorte e da errori che portarono allo smantellamento. La PDM era costruita su uno sponsor forte, la Philips Du Pont Magnetics, joint-venture tra due colossi, ed era diretta da Jan Gisbers. Il buon budget a disposizione permise di costruire una squadra competitiva, che ha avuto in Rooks, Delgado, Theunisse i suoi esponenti più competitivi al Tour (ma in rosa si sono visti anche Kelly, Breukink, Knetemann, Van der Poel). In 7 partecipazioni al Tour, la PDM riuscì a vincere ben 13 tappe, piazzando affondi in quasi tutte le edizioni (mancarono solo nell'ultima). Nell'esordio del 1986 la squadra puntò su Delgado, vincente anche in una tappa a Pau. Delgado lottava per il podio, ma la morte di sua madre durante la corsa ne produsse il ritiro alla 18esima tappa. L'anno dopo Delgado si produsse in un epico duello con Stephen Roche, culminato con la conquista della maglia sull'Alpe d'Huez, ma conclusosi tristemente, con Roche che soffia via il giallo nella crono di Digione alla penultima tappa. Delgado perse quel Tour per 40", il secondo distacco più breve della storia del Tour, ma d'altronde era l'anno del triplete di Roche (Giro-Tour-Mondiali). Nell'1988 Delgado passa alla Reynolds e puntualmente stravince il Tour, nonostante un controllo antidoping positivo al Probenecid (la stessa sostanza che anni dopo inchiodò Garzelli): all'epoca però il Probenecid era considerato doping dal CIO ma non dall'UCI, e grazie a questo cavillo Delgado riuscì a conservare il suo Tour. Ovviamente davanti a un PDM, il suo ex-compagno di squadra Steven Rooks, staccato di 7'13" e maglia a pois finale. Quarto a fine Tour doveva essere Gert-Jan Theunisse, ma il corridore fu pizzicato positivo al testosterone e penalizzato di 10', concludendo all'undicesimo posto: decisamente altri tempi e altri provvedimenti. Il 1989 fu l'anno migliore della PDM, e fu il turno di Theunisse di finire in maglia a pois, vincendo tra l'altro sull'Alpe d'Huez come aveva fatto Rooks l'anno prima e concludendo al quarto posto finale. La verde fu invece per Kelly, nonostante nessun successo di tappa, 9° in classifica finale preceduto dai compagni Alcalà e Rooks: la PDM, con 4 uomini in top ten, fu anche prima delle squadre davanti alla Reynolds. Nel 1990 fu Breukink a diventare capitano della squadra, e a salire sul podio. La PDM conquista 3 delle 5 crono previste, prima con Alcalà e poi con Breukink le altre 2. Nel 1991 però un evento inatteso fa iniziare la fase calante della squadra: alla nona tappa la PDM fu costretta al ritiro coatto da un'apparente infezione collettiva. Una faccenda non chiara, a partire dalle dichiarazioni contraddittorie dei medici e dall'assenza di contagio dello staff, per la quale si sostiene la tesi che ai corridori fossero stati iniettati degli intralipidi mal conservati, causa del malessere generale. Dopo un'ultima partecipazione al Tour 1992, con Breunink settimo, lo sponsor vendette la licenza alla Festina. Anche qui, si arrivò al ritiro coatto. Ma questa è un'altra storia.

Nicola Stufano

100% Grandi Squadre (PDM)

Erik Breukink in azione con la maglia della PDM © lopro.blogspot.itLa PDM fu un team olandese che imperversò sulle strade del Tour de France tra gli anni '80 e '90, rivelandosi spesso la più forte, ma non riuscendo mai a conquistare il Tour. Si può dire che la breve avventura di questa formazione fu condizionata dalla malasorte e da errori che portarono allo smantellamento. La PDM era costruita su uno sponsor forte, la Philips Du Pont Magnetics, joint-venture tra due colossi, ed era diretta da Jan Gisbers. Il buon budget a disposizione permise di costruire una squadra competitiva, che ha avuto in Rooks, Delgado, Theunisse i suoi esponenti più competitivi al Tour (ma in rosa si sono visti anche Kelly, Breukink, Knetemann, Van der Poel). In 7 partecipazioni al Tour, la PDM riuscì a vincere ben 13 tappe, piazzando affondi in quasi tutte le edizioni (mancarono solo nell'ultima). Nell'esordio del 1986 la squadra puntò su Delgado, vincente anche in una tappa a Pau. Delgado lottava per il podio, ma la morte di sua madre durante la corsa ne produsse il ritiro alla 18esima tappa. L'anno dopo Delgado si produsse in un epico duello con Stephen Roche, culminato con la conquista della maglia sull'Alpe d'Huez, ma conclusosi tristemente, con Roche che soffia via il giallo nella crono di Digione alla penultima tappa. Delgado perse quel Tour per 40", il secondo distacco più breve della storia del Tour, ma d'altronde era l'anno del triplete di Roche (Giro-Tour-Mondiali). Nell'1988 Delgado passa alla Reynolds e puntualmente stravince il Tour, nonostante un controllo antidoping positivo al Probenecid (la stessa sostanza che anni dopo inchiodò Garzelli): all'epoca però il Probenecid era considerato doping dal CIO ma non dall'UCI, e grazie a questo cavillo Delgado riuscì a conservare il suo Tour. Ovviamente davanti a un PDM, il suo ex-compagno di squadra Steven Rooks, staccato di 7'13" e maglia a pois finale. Quarto a fine Tour doveva essere Gert-Jan Theunisse, ma il corridore fu pizzicato positivo al testosterone e penalizzato di 10', concludendo all'undicesimo posto: decisamente altri tempi e altri provvedimenti. Il 1989 fu l'anno migliore della PDM, e fu il turno di Theunisse di finire in maglia a pois, vincendo tra l'altro sull'Alpe d'Huez come aveva fatto Rooks l'anno prima e concludendo al quarto posto finale. La verde fu invece per Kelly, nonostante nessun successo di tappa, 9° in classifica finale preceduto dai compagni Alcalà e Rooks: la PDM, con 4 uomini in top ten, fu anche prima delle squadre davanti alla Reynolds. Nel 1990 fu Breukink a diventare capitano della squadra, e a salire sul podio. La PDM conquista 3 delle 5 crono previste, prima con Alcalà e poi con Breukink le altre 2. Nel 1991 però un evento inatteso fa iniziare la fase calante della squadra: alla nona tappa la PDM fu costretta al ritiro coatto da un'apparente infezione collettiva. Una faccenda non chiara, a partire dalle dichiarazioni contraddittorie dei medici e dall'assenza di contagio dello staff, per la quale si sostiene la tesi che ai corridori fossero stati iniettati degli intralipidi mal conservati, causa del malessere generale. Dopo un'ultima partecipazione al Tour 1992, con Breunink settimo, lo sponsor vendette la licenza alla Festina. Anche qui, si arrivò al ritiro coatto. Ma questa è un'altra storia.

Nicola Stufano

La classifica al contrario

Ted KingComincia subito in maniera positiva il Tour de France in casa Cannondale; a Bastia, infatti, vittoria per i ragazzi di Amadio con uno dei quattro debuttanti alla Boucle, lo statunitense Ted King, fortemente voluto dallo sponsor principale. Al termine di una tappa convulsa nella parte finale "King of Style", il suo soprannome in gruppo, ha saputo precedere la coppia Cofidis formata da Christophe Le Mével e Luis Ángel Maté, anch'egli alla prima esperienza in Francia. Quarto, a sorpresa, Bauke Mollema della Belkin e quinto, per completare la festa Cannondale, lo sloveno Kristjan Koren. Quindicesimo e primo italiano Matteo Bono della Lampre mentre 198° ed ultimo il tedesco Marcel Kittel dell'Argos. Per scelta della giuria tutti i corridori sono stati classificati con lo stesso tempo, neutralizzando di fatto la tappa ai fini della generale; il motivo risiede nel caos creato dal pullman dell'Orica che ha, in maniera indubbiamente eccessiva, cercato di spianare la strada per una vittoria aussie, provocando il malcontento nel plotone ed ottenendo un risultato catastrofico per i ragazzi di Matthew White. Da Bastia ad Ajaccio la strada permette maggiori distacchi e potremmo finalmente assistere alla prima lotta all'arma bianca per il primato.

Alberto Vigonesi

100% Grandi Squadre (PDM)

Erik Breukink in azione con la maglia della PDM © lopro.blogspot.itLa PDM fu un team olandese che imperversò sulle strade del Tour de France tra gli anni '80 e '90, rivelandosi spesso la più forte, ma non riuscendo mai a conquistare il Tour. Si può dire che la breve avventura di questa formazione fu condizionata dalla malasorte e da errori che portarono allo smantellamento. La PDM era costruita su uno sponsor forte, la Philips Du Pont Magnetics, joint-venture tra due colossi, ed era diretta da Jan Gisbers. Il buon budget a disposizione permise di costruire una squadra competitiva, che ha avuto in Rooks, Delgado, Theunisse i suoi esponenti più competitivi al Tour (ma in rosa si sono visti anche Kelly, Breukink, Knetemann, Van der Poel). In 7 partecipazioni al Tour, la PDM riuscì a vincere ben 13 tappe, piazzando affondi in quasi tutte le edizioni (mancarono solo nell'ultima). Nell'esordio del 1986 la squadra puntò su Delgado, vincente anche in una tappa a Pau. Delgado lottava per il podio, ma la morte di sua madre durante la corsa ne produsse il ritiro alla 18esima tappa. L'anno dopo Delgado si produsse in un epico duello con Stephen Roche, culminato con la conquista della maglia sull'Alpe d'Huez, ma conclusosi tristemente, con Roche che soffia via il giallo nella crono di Digione alla penultima tappa. Delgado perse quel Tour per 40", il secondo distacco più breve della storia del Tour, ma d'altronde era l'anno del triplete di Roche (Giro-Tour-Mondiali). Nell'1988 Delgado passa alla Reynolds e puntualmente stravince il Tour, nonostante un controllo antidoping positivo al Probenecid (la stessa sostanza che anni dopo inchiodò Garzelli): all'epoca però il Probenecid era considerato doping dal CIO ma non dall'UCI, e grazie a questo cavillo Delgado riuscì a conservare il suo Tour. Ovviamente davanti a un PDM, il suo ex-compagno di squadra Steven Rooks, staccato di 7'13" e maglia a pois finale. Quarto a fine Tour doveva essere Gert-Jan Theunisse, ma il corridore fu pizzicato positivo al testosterone e penalizzato di 10', concludendo all'undicesimo posto: decisamente altri tempi e altri provvedimenti. Il 1989 fu l'anno migliore della PDM, e fu il turno di Theunisse di finire in maglia a pois, vincendo tra l'altro sull'Alpe d'Huez come aveva fatto Rooks l'anno prima e concludendo al quarto posto finale. La verde fu invece per Kelly, nonostante nessun successo di tappa, 9° in classifica finale preceduto dai compagni Alcalà e Rooks: la PDM, con 4 uomini in top ten, fu anche prima delle squadre davanti alla Reynolds. Nel 1990 fu Breukink a diventare capitano della squadra, e a salire sul podio. La PDM conquista 3 delle 5 crono previste, prima con Alcalà e poi con Breukink le altre 2. Nel 1991 però un evento inatteso fa iniziare la fase calante della squadra: alla nona tappa la PDM fu costretta al ritiro coatto da un'apparente infezione collettiva. Una faccenda non chiara, a partire dalle dichiarazioni contraddittorie dei medici e dall'assenza di contagio dello staff, per la quale si sostiene la tesi che ai corridori fossero stati iniettati degli intralipidi mal conservati, causa del malessere generale. Dopo un'ultima partecipazione al Tour 1992, con Breunink settimo, lo sponsor vendette la licenza alla Festina. Anche qui, si arrivò al ritiro coatto. Ma questa è un'altra storia.

Nicola Stufano

100% Grandi Squadre (PDM)

Erik Breukink in azione con la maglia della PDM © lopro.blogspot.itLa PDM fu un team olandese che imperversò sulle strade del Tour de France tra gli anni '80 e '90, rivelandosi spesso la più forte, ma non riuscendo mai a conquistare il Tour. Si può dire che la breve avventura di questa formazione fu condizionata dalla malasorte e da errori che portarono allo smantellamento. La PDM era costruita su uno sponsor forte, la Philips Du Pont Magnetics, joint-venture tra due colossi, ed era diretta da Jan Gisbers. Il buon budget a disposizione permise di costruire una squadra competitiva, che ha avuto in Rooks, Delgado, Theunisse i suoi esponenti più competitivi al Tour (ma in rosa si sono visti anche Kelly, Breukink, Knetemann, Van der Poel). In 7 partecipazioni al Tour, la PDM riuscì a vincere ben 13 tappe, piazzando affondi in quasi tutte le edizioni (mancarono solo nell'ultima). Nell'esordio del 1986 la squadra puntò su Delgado, vincente anche in una tappa a Pau. Delgado lottava per il podio, ma la morte di sua madre durante la corsa ne produsse il ritiro alla 18esima tappa. L'anno dopo Delgado si produsse in un epico duello con Stephen Roche, culminato con la conquista della maglia sull'Alpe d'Huez, ma conclusosi tristemente, con Roche che soffia via il giallo nella crono di Digione alla penultima tappa. Delgado perse quel Tour per 40", il secondo distacco più breve della storia del Tour, ma d'altronde era l'anno del triplete di Roche (Giro-Tour-Mondiali). Nell'1988 Delgado passa alla Reynolds e puntualmente stravince il Tour, nonostante un controllo antidoping positivo al Probenecid (la stessa sostanza che anni dopo inchiodò Garzelli): all'epoca però il Probenecid era considerato doping dal CIO ma non dall'UCI, e grazie a questo cavillo Delgado riuscì a conservare il suo Tour. Ovviamente davanti a un PDM, il suo ex-compagno di squadra Steven Rooks, staccato di 7'13" e maglia a pois finale. Quarto a fine Tour doveva essere Gert-Jan Theunisse, ma il corridore fu pizzicato positivo al testosterone e penalizzato di 10', concludendo all'undicesimo posto: decisamente altri tempi e altri provvedimenti. Il 1989 fu l'anno migliore della PDM, e fu il turno di Theunisse di finire in maglia a pois, vincendo tra l'altro sull'Alpe d'Huez come aveva fatto Rooks l'anno prima e concludendo al quarto posto finale. La verde fu invece per Kelly, nonostante nessun successo di tappa, 9° in classifica finale preceduto dai compagni Alcalà e Rooks: la PDM, con 4 uomini in top ten, fu anche prima delle squadre davanti alla Reynolds. Nel 1990 fu Breukink a diventare capitano della squadra, e a salire sul podio. La PDM conquista 3 delle 5 crono previste, prima con Alcalà e poi con Breukink le altre 2. Nel 1991 però un evento inatteso fa iniziare la fase calante della squadra: alla nona tappa la PDM fu costretta al ritiro coatto da un'apparente infezione collettiva. Una faccenda non chiara, a partire dalle dichiarazioni contraddittorie dei medici e dall'assenza di contagio dello staff, per la quale si sostiene la tesi che ai corridori fossero stati iniettati degli intralipidi mal conservati, causa del malessere generale. Dopo un'ultima partecipazione al Tour 1992, con Breunink settimo, lo sponsor vendette la licenza alla Festina. Anche qui, si arrivò al ritiro coatto. Ma questa è un'altra storia.

Nicola Stufano

La classifica al contrario

Ted KingComincia subito in maniera positiva il Tour de France in casa Cannondale; a Bastia, infatti, vittoria per i ragazzi di Amadio con uno dei quattro debuttanti alla Boucle, lo statunitense Ted King, fortemente voluto dallo sponsor principale. Al termine di una tappa convulsa nella parte finale "King of Style", il suo soprannome in gruppo, ha saputo precedere la coppia Cofidis formata da Christophe Le Mével e Luis Ángel Maté, anch'egli alla prima esperienza in Francia. Quarto, a sorpresa, Bauke Mollema della Belkin e quinto, per completare la festa Cannondale, lo sloveno Kristjan Koren. Quindicesimo e primo italiano Matteo Bono della Lampre mentre 198° ed ultimo il tedesco Marcel Kittel dell'Argos. Per scelta della giuria tutti i corridori sono stati classificati con lo stesso tempo, neutralizzando di fatto la tappa ai fini della generale; il motivo risiede nel caos creato dal pullman dell'Orica che ha, in maniera indubbiamente eccessiva, cercato di spianare la strada per una vittoria aussie, provocando il malcontento nel plotone ed ottenendo un risultato catastrofico per i ragazzi di Matthew White. Da Bastia ad Ajaccio la strada permette maggiori distacchi e potremmo finalmente assistere alla prima lotta all'arma bianca per il primato.

Alberto Vigonesi

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