Il Portale del Ciclismo professionistico

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La frazione pugliese del Giro chiama all'azione i velocisti, che dopo la tappa d'esordio ritrovano finalmente terreno decisamente adatto per le loro caratteristiche. I 75 km da Mola a Barletta sono un tavolo da biliardo, ma non si può dire che la salitella che (una volta abbandonato il litorale adriatico) porta ad Andria sia in grado di mettere in difficoltà chicchessia. Non si può nemmeno definire falsopiano il tratto tra Andria e Canosa, visto che la strada si inerpica appena all'1%... Uno strappetto prima di San Ferdinando di Puglia a poco più di 45 km dalla fine è l'ultimo concetto orografico prima di un nuovo piattone fino alla conclusione. Conclusione che non si esime dal proporre un circuito in senso orario intorno a Margherita di Savoia e le sue saline: 16 km che verranno ripetuti due volte giusto per dare la possibilità al pubblico in loco di veder ripassare la carovana (e a quello a casa di godersi il panorama), ma che non cambieranno di una virgola lo schema della giornata: alte velocità e finale tutto da sprintare.

Mola di Bari

Con i suoi 26.300 abitanti Mola di Bari è una cittadina nella provincia di Bari, in Puglia. Nata in epoca romana, venne rifondata da Carlo I d'Angiò nel 1277 su un insediamento più antico, sorge lungo la costa del mare Adriatico 20 km a sud-est del capoluogo. Il suo porto peschereccio è tra i più importanti della Puglia. Caratteristiche di Mola di Bari sono le architetture militari, nate allo scopo di difendere la costa dalle frequenti incursioni dei pirati, contestualmente alla riedificazione della città e a ridosso delle sue mura. Non mancano tuttavia luoghi d'interesse religiosi come la Chiesa Matrice, intitolata a San Nicola di Bari, la Chiesa della Madonna di Loreto, la Chiesa di Santa Maria del Passo in Sant'Antonio da Padova o la Chiesa del Santissimo Rosario in San Domenico. Da visitare anche il Palazzo Roberti-Alberotanza ed il Teatro Comunale "Niccolò van Westerhout", quest'ultimo personalità legata alla cittadina. Il teatro fu diretto dal 1973 da Eduardo De Filippo, che fu nominato cittadino onorario di Mola di Bari. A Mola si possono assaggiare specialità tipiche, specialmente di pesce, con una netta prevalenza per la pesca del polpo. Mola di Bari non ha mai ospitato prima d'ora il Giro d'Italia.

Margherita di Savoia

Cittadina nel comune di Barletta-Andria-Trani, Margherita di Savoia si chiamava fino al 1879 Saline di Barletta. Assunse il nome Margherita di Savoia in onore della prima regina d'Italia. Se il nome è dovuto alla prima regina, la città non è mai stata nemmeno principessa del Giro. Non che la corsa non l'abbia nemmeno mai sfiorata nella storia, anzi. L'unico momento in cui il nome della città ed il Giro s'intersecano lo troviamo nel 2000. Allora qui fu posto il traguardo volante della Matera-Peschici, quinta tappa di una corsa rosa che vedrà la sfida tra Francesco Casagrande, Stefano Garzelli e Gilberto Simoni per la vittoria finale. Garzelli ribalterà le carte in tavola, nella crono del Sestriere, dopo che Casagrande aveva preso la maglia nella tappa dell'Abetone. Il varesino, aiutato da un marco Pantani in veste di gregario di lusso, precederà in quel di Milano Casagrande e Simoni. Tornando a Margherita di Savoia, l'intergiro verrà vinto da Ivan Quaranta. La tappa terminerà a Peschici con Danilo Di Luca che s'imporrà su Wladimir Belli e Paolo Lanfranchi. La maglia rosa passerà dalle spalle di Cristian Moreni a quelle di Matteo Tosatto, che la terrà per tre giorni.

Francesco Sulas
Mola di Bari

Con i suoi 26.300 abitanti Mola di Bari è una cittadina nella provincia di Bari, in Puglia. Nata in epoca romana, venne rifondata da Carlo I d'Angiò nel 1277 su un insediamento più antico, sorge lungo la costa del mare Adriatico 20 km a sud-est del capoluogo. Il suo porto peschereccio è tra i più importanti della Puglia. Caratteristiche di Mola di Bari sono le architetture militari, nate allo scopo di difendere la costa dalle frequenti incursioni dei pirati, contestualmente alla riedificazione della città e a ridosso delle sue mura. Non mancano tuttavia luoghi d'interesse religiosi come la Chiesa Matrice, intitolata a San Nicola di Bari, la Chiesa della Madonna di Loreto, la Chiesa di Santa Maria del Passo in Sant'Antonio da Padova o la Chiesa del Santissimo Rosario in San Domenico. Da visitare anche il Palazzo Roberti-Alberotanza ed il Teatro Comunale "Niccolò van Westerhout", quest'ultimo personalità legata alla cittadina. Il teatro fu diretto dal 1973 da Eduardo De Filippo, che fu nominato cittadino onorario di Mola di Bari. A Mola si possono assaggiare specialità tipiche, specialmente di pesce, con una netta prevalenza per la pesca del polpo. Mola di Bari non ha mai ospitato prima d'ora il Giro d'Italia.

Margherita di Savoia

Cittadina nel comune di Barletta-Andria-Trani, Margherita di Savoia si chiamava fino al 1879 Saline di Barletta. Assunse il nome Margherita di Savoia in onore della prima regina d'Italia. Se il nome è dovuto alla prima regina, la città non è mai stata nemmeno principessa del Giro. Non che la corsa non l'abbia nemmeno mai sfiorata nella storia, anzi. L'unico momento in cui il nome della città ed il Giro s'intersecano lo troviamo nel 2000. Allora qui fu posto il traguardo volante della Matera-Peschici, quinta tappa di una corsa rosa che vedrà la sfida tra Francesco Casagrande, Stefano Garzelli e Gilberto Simoni per la vittoria finale. Garzelli ribalterà le carte in tavola, nella crono del Sestriere, dopo che Casagrande aveva preso la maglia nella tappa dell'Abetone. Il varesino, aiutato da un marco Pantani in veste di gregario di lusso, precederà in quel di Milano Casagrande e Simoni. Tornando a Margherita di Savoia, l'intergiro verrà vinto da Ivan Quaranta. La tappa terminerà a Peschici con Danilo Di Luca che s'imporrà su Wladimir Belli e Paolo Lanfranchi. La maglia rosa passerà dalle spalle di Cristian Moreni a quelle di Matteo Tosatto, che la terrà per tre giorni.

Mola di Bari

Con i suoi 26.300 abitanti Mola di Bari è una cittadina nella provincia di Bari, in Puglia. Nata in epoca romana, venne rifondata da Carlo I d'Angiò nel 1277 su un insediamento più antico, sorge lungo la costa del mare Adriatico 20 km a sud-est del capoluogo. Il suo porto peschereccio è tra i più importanti della Puglia. Caratteristiche di Mola di Bari sono le architetture militari, nate allo scopo di difendere la costa dalle frequenti incursioni dei pirati, contestualmente alla riedificazione della città e a ridosso delle sue mura. Non mancano tuttavia luoghi d'interesse religiosi come la Chiesa Matrice, intitolata a San Nicola di Bari, la Chiesa della Madonna di Loreto, la Chiesa di Santa Maria del Passo in Sant'Antonio da Padova o la Chiesa del Santissimo Rosario in San Domenico. Da visitare anche il Palazzo Roberti-Alberotanza ed il Teatro Comunale "Niccolò van Westerhout", quest'ultimo personalità legata alla cittadina. Il teatro fu diretto dal 1973 da Eduardo De Filippo, che fu nominato cittadino onorario di Mola di Bari. A Mola si possono assaggiare specialità tipiche, specialmente di pesce, con una netta prevalenza per la pesca del polpo. Mola di Bari non ha mai ospitato prima d'ora il Giro d'Italia.

Margherita di Savoia

Cittadina nel comune di Barletta-Andria-Trani, Margherita di Savoia si chiamava fino al 1879 Saline di Barletta. Assunse il nome Margherita di Savoia in onore della prima regina d'Italia. Se il nome è dovuto alla prima regina, la città non è mai stata nemmeno principessa del Giro. Non che la corsa non l'abbia nemmeno mai sfiorata nella storia, anzi. L'unico momento in cui il nome della città ed il Giro s'intersecano lo troviamo nel 2000. Allora qui fu posto il traguardo volante della Matera-Peschici, quinta tappa di una corsa rosa che vedrà la sfida tra Francesco Casagrande, Stefano Garzelli e Gilberto Simoni per la vittoria finale. Garzelli ribalterà le carte in tavola, nella crono del Sestriere, dopo che Casagrande aveva preso la maglia nella tappa dell'Abetone. Il varesino, aiutato da un marco Pantani in veste di gregario di lusso, precederà in quel di Milano Casagrande e Simoni. Tornando a Margherita di Savoia, l'intergiro verrà vinto da Ivan Quaranta. La tappa terminerà a Peschici con Danilo Di Luca che s'imporrà su Wladimir Belli e Paolo Lanfranchi. La maglia rosa passerà dalle spalle di Cristian Moreni a quelle di Matteo Tosatto, che la terrà per tre giorni.

Mola di Bari

Con i suoi 26.300 abitanti Mola di Bari è una cittadina nella provincia di Bari, in Puglia. Nata in epoca romana, venne rifondata da Carlo I d'Angiò nel 1277 su un insediamento più antico, sorge lungo la costa del mare Adriatico 20 km a sud-est del capoluogo. Il suo porto peschereccio è tra i più importanti della Puglia. Caratteristiche di Mola di Bari sono le architetture militari, nate allo scopo di difendere la costa dalle frequenti incursioni dei pirati, contestualmente alla riedificazione della città e a ridosso delle sue mura. Non mancano tuttavia luoghi d'interesse religiosi come la Chiesa Matrice, intitolata a San Nicola di Bari, la Chiesa della Madonna di Loreto, la Chiesa di Santa Maria del Passo in Sant'Antonio da Padova o la Chiesa del Santissimo Rosario in San Domenico. Da visitare anche il Palazzo Roberti-Alberotanza ed il Teatro Comunale "Niccolò van Westerhout", quest'ultimo personalità legata alla cittadina. Il teatro fu diretto dal 1973 da Eduardo De Filippo, che fu nominato cittadino onorario di Mola di Bari. A Mola si possono assaggiare specialità tipiche, specialmente di pesce, con una netta prevalenza per la pesca del polpo. Mola di Bari non ha mai ospitato prima d'ora il Giro d'Italia.

Margherita di Savoia

Cittadina nel comune di Barletta-Andria-Trani, Margherita di Savoia si chiamava fino al 1879 Saline di Barletta. Assunse il nome Margherita di Savoia in onore della prima regina d'Italia. Se il nome è dovuto alla prima regina, la città non è mai stata nemmeno principessa del Giro. Non che la corsa non l'abbia nemmeno mai sfiorata nella storia, anzi. L'unico momento in cui il nome della città ed il Giro s'intersecano lo troviamo nel 2000. Allora qui fu posto il traguardo volante della Matera-Peschici, quinta tappa di una corsa rosa che vedrà la sfida tra Francesco Casagrande, Stefano Garzelli e Gilberto Simoni per la vittoria finale. Garzelli ribalterà le carte in tavola, nella crono del Sestriere, dopo che Casagrande aveva preso la maglia nella tappa dell'Abetone. Il varesino, aiutato da un marco Pantani in veste di gregario di lusso, precederà in quel di Milano Casagrande e Simoni. Tornando a Margherita di Savoia, l'intergiro verrà vinto da Ivan Quaranta. La tappa terminerà a Peschici con Danilo Di Luca che s'imporrà su Wladimir Belli e Paolo Lanfranchi. La maglia rosa passerà dalle spalle di Cristian Moreni a quelle di Matteo Tosatto, che la terrà per tre giorni.

Mola di Bari

Con i suoi 26.300 abitanti Mola di Bari è una cittadina nella provincia di Bari, in Puglia. Nata in epoca romana, venne rifondata da Carlo I d'Angiò nel 1277 su un insediamento più antico, sorge lungo la costa del mare Adriatico 20 km a sud-est del capoluogo. Il suo porto peschereccio è tra i più importanti della Puglia. Caratteristiche di Mola di Bari sono le architetture militari, nate allo scopo di difendere la costa dalle frequenti incursioni dei pirati, contestualmente alla riedificazione della città e a ridosso delle sue mura. Non mancano tuttavia luoghi d'interesse religiosi come la Chiesa Matrice, intitolata a San Nicola di Bari, la Chiesa della Madonna di Loreto, la Chiesa di Santa Maria del Passo in Sant'Antonio da Padova o la Chiesa del Santissimo Rosario in San Domenico. Da visitare anche il Palazzo Roberti-Alberotanza ed il Teatro Comunale "Niccolò van Westerhout", quest'ultimo personalità legata alla cittadina. Il teatro fu diretto dal 1973 da Eduardo De Filippo, che fu nominato cittadino onorario di Mola di Bari. A Mola si possono assaggiare specialità tipiche, specialmente di pesce, con una netta prevalenza per la pesca del polpo. Mola di Bari non ha mai ospitato prima d'ora il Giro d'Italia.

Margherita di Savoia

Cittadina nel comune di Barletta-Andria-Trani, Margherita di Savoia si chiamava fino al 1879 Saline di Barletta. Assunse il nome Margherita di Savoia in onore della prima regina d'Italia. Se il nome è dovuto alla prima regina, la città non è mai stata nemmeno principessa del Giro. Non che la corsa non l'abbia nemmeno mai sfiorata nella storia, anzi. L'unico momento in cui il nome della città ed il Giro s'intersecano lo troviamo nel 2000. Allora qui fu posto il traguardo volante della Matera-Peschici, quinta tappa di una corsa rosa che vedrà la sfida tra Francesco Casagrande, Stefano Garzelli e Gilberto Simoni per la vittoria finale. Garzelli ribalterà le carte in tavola, nella crono del Sestriere, dopo che Casagrande aveva preso la maglia nella tappa dell'Abetone. Il varesino, aiutato da un marco Pantani in veste di gregario di lusso, precederà in quel di Milano Casagrande e Simoni. Tornando a Margherita di Savoia, l'intergiro verrà vinto da Ivan Quaranta. La tappa terminerà a Peschici con Danilo Di Luca che s'imporrà su Wladimir Belli e Paolo Lanfranchi. La maglia rosa passerà dalle spalle di Cristian Moreni a quelle di Matteo Tosatto, che la terrà per tre giorni.

Mola di Bari

Con i suoi 26.300 abitanti Mola di Bari è una cittadina nella provincia di Bari, in Puglia. Nata in epoca romana, venne rifondata da Carlo I d'Angiò nel 1277 su un insediamento più antico, sorge lungo la costa del mare Adriatico 20 km a sud-est del capoluogo. Il suo porto peschereccio è tra i più importanti della Puglia. Caratteristiche di Mola di Bari sono le architetture militari, nate allo scopo di difendere la costa dalle frequenti incursioni dei pirati, contestualmente alla riedificazione della città e a ridosso delle sue mura. Non mancano tuttavia luoghi d'interesse religiosi come la Chiesa Matrice, intitolata a San Nicola di Bari, la Chiesa della Madonna di Loreto, la Chiesa di Santa Maria del Passo in Sant'Antonio da Padova o la Chiesa del Santissimo Rosario in San Domenico. Da visitare anche il Palazzo Roberti-Alberotanza ed il Teatro Comunale "Niccolò van Westerhout", quest'ultimo personalità legata alla cittadina. Il teatro fu diretto dal 1973 da Eduardo De Filippo, che fu nominato cittadino onorario di Mola di Bari. A Mola si possono assaggiare specialità tipiche, specialmente di pesce, con una netta prevalenza per la pesca del polpo. Mola di Bari non ha mai ospitato prima d'ora il Giro d'Italia.

Margherita di Savoia

Cittadina nel comune di Barletta-Andria-Trani, Margherita di Savoia si chiamava fino al 1879 Saline di Barletta. Assunse il nome Margherita di Savoia in onore della prima regina d'Italia. Se il nome è dovuto alla prima regina, la città non è mai stata nemmeno principessa del Giro. Non che la corsa non l'abbia nemmeno mai sfiorata nella storia, anzi. L'unico momento in cui il nome della città ed il Giro s'intersecano lo troviamo nel 2000. Allora qui fu posto il traguardo volante della Matera-Peschici, quinta tappa di una corsa rosa che vedrà la sfida tra Francesco Casagrande, Stefano Garzelli e Gilberto Simoni per la vittoria finale. Garzelli ribalterà le carte in tavola, nella crono del Sestriere, dopo che Casagrande aveva preso la maglia nella tappa dell'Abetone. Il varesino, aiutato da un marco Pantani in veste di gregario di lusso, precederà in quel di Milano Casagrande e Simoni. Tornando a Margherita di Savoia, l'intergiro verrà vinto da Ivan Quaranta. La tappa terminerà a Peschici con Danilo Di Luca che s'imporrà su Wladimir Belli e Paolo Lanfranchi. La maglia rosa passerà dalle spalle di Cristian Moreni a quelle di Matteo Tosatto, che la terrà per tre giorni.

Meteo

13.25 - Mola di Bari
15.30 - Andria
17.20 - Margherita di Savoia

Soggetti Alternativi

Un altro dei debuttanti di questo Giro d'Italia è questo 26enne francese, alla prima stagione nel World Tour dopo le prime annate da professionista trascorse nella formazione Professional Bretagne-Schuller. Passista-veloce in grado di fornire un buon apporto alla squadra, all'occorrenza sa anche cercare il risultato personale: prova ne sono il successo alla Boucle de la Mayenne ed il 5° posto alla Parigi-Tours dello scorso anno e il 2° alla 4 Giorni di Dunkerque del 2011. Se la cava anche su pista, dove all'occorrenza fa parte del quartetto francese dell'Inseguimento a squadre. Sull'asfalto di Napoli ha rimediato varie ferite e due denti rotti, ragion per cui non ha avuto l'avvio di Giro che propriamente sperava. Continua a tener duro, anche perchè non siamo davanti ad un corridore...piccino Pichon ! 

Vivian Ghianni

Un altro dei debuttanti di questo Giro d'Italia è questo 26enne francese, alla prima stagione nel World Tour dopo le prime annate da professionista trascorse nella formazione Professional Bretagne-Schuller. Passista-veloce in grado di fornire un buon apporto alla squadra, all'occorrenza sa anche cercare il risultato personale: prova ne sono il successo alla Boucle de la Mayenne ed il 5° posto alla Parigi-Tours dello scorso anno e il 2° alla 4 Giorni di Dunkerque del 2011. Se la cava anche su pista, dove all'occorrenza fa parte del quartetto francese dell'Inseguimento a squadre. Sull'asfalto di Napoli ha rimediato varie ferite e due denti rotti, ragion per cui non ha avuto l'avvio di Giro che propriamente sperava. Continua a tener duro, anche perchè non siamo davanti ad un corridore...piccino Pichon ! 

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Un altro dei debuttanti di questo Giro d'Italia è questo 26enne francese, alla prima stagione nel World Tour dopo le prime annate da professionista trascorse nella formazione Professional Bretagne-Schuller. Passista-veloce in grado di fornire un buon apporto alla squadra, all'occorrenza sa anche cercare il risultato personale: prova ne sono il successo alla Boucle de la Mayenne ed il 5° posto alla Parigi-Tours dello scorso anno e il 2° alla 4 Giorni di Dunkerque del 2011. Se la cava anche su pista, dove all'occorrenza fa parte del quartetto francese dell'Inseguimento a squadre. Sull'asfalto di Napoli ha rimediato varie ferite e due denti rotti, ragion per cui non ha avuto l'avvio di Giro che propriamente sperava. Continua a tener duro, anche perchè non siamo davanti ad un corridore...piccino Pichon ! 

Un altro dei debuttanti di questo Giro d'Italia è questo 26enne francese, alla prima stagione nel World Tour dopo le prime annate da professionista trascorse nella formazione Professional Bretagne-Schuller. Passista-veloce in grado di fornire un buon apporto alla squadra, all'occorrenza sa anche cercare il risultato personale: prova ne sono il successo alla Boucle de la Mayenne ed il 5° posto alla Parigi-Tours dello scorso anno e il 2° alla 4 Giorni di Dunkerque del 2011. Se la cava anche su pista, dove all'occorrenza fa parte del quartetto francese dell'Inseguimento a squadre. Sull'asfalto di Napoli ha rimediato varie ferite e due denti rotti, ragion per cui non ha avuto l'avvio di Giro che propriamente sperava. Continua a tener duro, anche perchè non siamo davanti ad un corridore...piccino Pichon ! 

GiroTweet

@NathanPeterHaas: Oggi in breve. Una salita breve non vuol dire facile. Le buche per strada posso essere profonde fino in Cina. Si posso accidentalmente ingoiare parti delle confezioni dei gel

@Marcatomarco: Bella botta oggi nella caduta a un km. Era matematicamente impossibile nn cadere visto le condizioni...!! Altra occasione andata #noluck

@johndegenkolb: Sono davvero senza parole... questa sensazione non ha prezzo! Felicissimo di aver potuto completare il lavoro della mia squadra nell'ultimo chilometro del @giroditalia

@taylorphinney: Febbre la scorsa notta e ancora stamattina. Immagino di non poterla più chiamare allergia, non sto esattamente aspettando la tappa di oggi #downertweet #sorry

@millarmind: Wouter Weylandt morì al Giro proprio due anni fa, il suo numero 108 è stato ritirato, però penso che vedremo quel numero molto spesso oggi

@giroditalia: Due anni fa ci ha lasciato Wouter Weylandt. Ciao Wouter, resterai per sempre nei nostri cuori #WW108 #giro pic.twitter.com/kvTbXmAcwu

La moglie in bianco, l'amante al pepe (Michele Massimo Tarantini, 1980)

La moglie in bianco, l'amante al pepe © dduniverse.netA Trani vive (è un nobile), opera (come lavoro fa il dentista), si sollazza (come hobby fa il donnaiolo), il barone Peppino Patanè, una delle incarnazioni più genuinamente banfiane, nella pochade La moglie in bianco, l'amante al pepe. In questo film che rappresenta uno degli ultimi fuochi del pecoreccio anni '70 (infatti è uscito nel 1980), Lino Banfi (come si fa a passare col Giro da Andria e Canosa e non parlare di lui?) è - come si direbbe in America - at his best. Per gli amanti del genere, certo. Sin dai titoli di testa il comico pugliese irrompe con tutta la sua verve (la canzone da lui cantata è un cult: "La moglie è meglio in biango, l'amande è meglio al pepe, ed il marito cotto aglio olio e cime di re-epe" e via andare), e nel film interpreta un doppio ruolo: quello dell'impareggiabile Patanè, praticamente sul lastrico, e quello del suo babbo, che muore d'infarto dopo aver scoperto i gusti sessuali del nipote Gianluca (e figlio di Peppino). Per testamento lascerà tutto al figlio a patto che il nipote entro un anno si sposi e abbia a sua volta un figlio, confermando la riconosciuta virilità della stirpe dei Patanè. Una Pamela Prati agli esordi conquista alla fine il cuore di Gianluca e tutto va per il verso giusto, ma... Il tema dell'omosessualità, affrontato nella maniera rozza e grossolana dell'epoca, si affianca a quello della crudeltà dei benpensanti di provincia, ma in realtà si tratta di pretesti che rimangono sullo sfondo, lasciando il proscenio ovviamente alle innumerevoli gag di Banfi, che è in forma strepitosa, ma già guarda oltre: la fase della commedia scollacciata (che per tre lustri ha avuto un ruolo molto importante nella smitizzazione del sesso in un paese bigotto come l'Italia) volge al termine, da qui in avanti nei film popolari si vedranno sempre meno tette, e lo stesso Lino vivrà il decennio del "riscatto" con pellicole che non ruotano più intorno alle curve della Fenech, ma che puntano senza imbarazzi a un pubblico di tutte le età (da Vieni avanti cretino al mitologico L'allenatore nel pallone, da Fracchia la belva umana a Il commissario Lo Gatto): quanto questi film (e questo attore che ha rappresentato come nessuno la Puglia nel cinema italiano) siano tuttora nel cuore di tantissime persone, lo si può intuire andando a sbirciare il numero delle visualizzazioni delle scene più celebri pubblicate su YouTube. La puntata di Stracult su Banfi veleggia addirittura oltre i 4 milioni: un'audience impensabile in tv.

Marco Grassi

La classifica al contrario

La globalizzazione del Giro d'Italia voluta dallo staff Rcs Sport colpisce nel segno: non con il favorito Cheng Ji, oggi deludente 39° a 3'35" dal vincitore, ma con il brasiliano Rafael Andriato. Il portacolori della Fantini ha finalmente soddisfatto la fame del suo ds Luca Scinto nonostante avesse veleggiato fra gli ultimi di giornata per lunga parte della frazione. All'imbocco della salita di Montescaglioso il nostro ha fatto capire al pubblico da casa la sua reale intenzione, ossia quella di recuperare molto del gap accumulato nell'unico gpm odierno. Al traguardo è arrivato da solo ed ha regolato la coppia formata da Robert Hunter della Garmin e da Mattia Gavazzi dell'Androni, lontani 3'25; i due velocisti sono stati maestri nell'avvantaggiarsi di 10" su un folto gruppo in cui si è imposto, dopo la disfatta di Serra San Bruno, Jack Bobridge della Blanco che ha preceduto il compagno Maarten Tjallingii. L'ultimo di tappa è stato John Degenkolb, arrivato a 16'15" dal paulista. Il tedesco dovrebbe ripetere la cattiva prestazione lucana anche nella tappa pugliese, per poi rifarsi sin dall'approdo in Abruzzo.

Ribaltamento in classifica generale dovuto all'abbandono del capoclassifica Pablo Urtasun; il basco non ha retto alla pressione generale ed ha deciso di porre fine all'esperienza italiana quando ancora la carovana si trovava nel cosentino. Il nuovo leader è, con pieno merito, Mattia Gavazzi che precede di 24" il valido Miguel Mínguez dell'Euskaltel, ormai capitano unico della compagine basca. Terzo a 2'38" è Pim Ligthart della Vacansoleil che è risalito dalla quinta piazza, quarto a 3'10" è Dario Cataldo della Sky che perde una posizione mentre quinto è Andriato che recupera sei posti. Sempre ultimo Luca Paolini che ha superato l'ora di distacco dal leader; precisamente il suo ritardo ammonta a 1h00'51" ed insieme a lui si trovano altri dodici partecipanti con uno svantaggio già maggiore ai sessanta minuti primi. Ora che il mercato brasiliano è stato soddisfatto, da Via San Marco (sede dell'organizzazione) si spera che gli altri mercati importanti, in primis quelli di Belgio, Cina, Germania (oggi in particolare crisi) e Stati Uniti, possano festeggiare un successo.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

La globalizzazione del Giro d'Italia voluta dallo staff Rcs Sport colpisce nel segno: non con il favorito Cheng Ji, oggi deludente 39° a 3'35" dal vincitore, ma con il brasiliano Rafael Andriato. Il portacolori della Fantini ha finalmente soddisfatto la fame del suo ds Luca Scinto nonostante avesse veleggiato fra gli ultimi di giornata per lunga parte della frazione. All'imbocco della salita di Montescaglioso il nostro ha fatto capire al pubblico da casa la sua reale intenzione, ossia quella di recuperare molto del gap accumulato nell'unico gpm odierno. Al traguardo è arrivato da solo ed ha regolato la coppia formata da Robert Hunter della Garmin e da Mattia Gavazzi dell'Androni, lontani 3'25; i due velocisti sono stati maestri nell'avvantaggiarsi di 10" su un folto gruppo in cui si è imposto, dopo la disfatta di Serra San Bruno, Jack Bobridge della Blanco che ha preceduto il compagno Maarten Tjallingii. L'ultimo di tappa è stato John Degenkolb, arrivato a 16'15" dal paulista. Il tedesco dovrebbe ripetere la cattiva prestazione lucana anche nella tappa pugliese, per poi rifarsi sin dall'approdo in Abruzzo.

Ribaltamento in classifica generale dovuto all'abbandono del capoclassifica Pablo Urtasun; il basco non ha retto alla pressione generale ed ha deciso di porre fine all'esperienza italiana quando ancora la carovana si trovava nel cosentino. Il nuovo leader è, con pieno merito, Mattia Gavazzi che precede di 24" il valido Miguel Mínguez dell'Euskaltel, ormai capitano unico della compagine basca. Terzo a 2'38" è Pim Ligthart della Vacansoleil che è risalito dalla quinta piazza, quarto a 3'10" è Dario Cataldo della Sky che perde una posizione mentre quinto è Andriato che recupera sei posti. Sempre ultimo Luca Paolini che ha superato l'ora di distacco dal leader; precisamente il suo ritardo ammonta a 1h00'51" ed insieme a lui si trovano altri dodici partecipanti con uno svantaggio già maggiore ai sessanta minuti primi. Ora che il mercato brasiliano è stato soddisfatto, da Via San Marco (sede dell'organizzazione) si spera che gli altri mercati importanti, in primis quelli di Belgio, Cina, Germania (oggi in particolare crisi) e Stati Uniti, possano festeggiare un successo.

Alberto Vigonesi

La moglie in bianco, l'amante al pepe (Michele Massimo Tarantini, 1980)

La moglie in bianco, l'amante al pepe © dduniverse.netA Trani vive (è un nobile), opera (come lavoro fa il dentista), si sollazza (come hobby fa il donnaiolo), il barone Peppino Patanè, una delle incarnazioni più genuinamente banfiane, nella pochade La moglie in bianco, l'amante al pepe. In questo film che rappresenta uno degli ultimi fuochi del pecoreccio anni '70 (infatti è uscito nel 1980), Lino Banfi (come si fa a passare col Giro da Andria e Canosa e non parlare di lui?) è - come si direbbe in America - at his best. Per gli amanti del genere, certo. Sin dai titoli di testa il comico pugliese irrompe con tutta la sua verve (la canzone da lui cantata è un cult: "La moglie è meglio in biango, l'amande è meglio al pepe, ed il marito cotto aglio olio e cime di re-epe" e via andare), e nel film interpreta un doppio ruolo: quello dell'impareggiabile Patanè, praticamente sul lastrico, e quello del suo babbo, che muore d'infarto dopo aver scoperto i gusti sessuali del nipote Gianluca (e figlio di Peppino). Per testamento lascerà tutto al figlio a patto che il nipote entro un anno si sposi e abbia a sua volta un figlio, confermando la riconosciuta virilità della stirpe dei Patanè. Una Pamela Prati agli esordi conquista alla fine il cuore di Gianluca e tutto va per il verso giusto, ma... Il tema dell'omosessualità, affrontato nella maniera rozza e grossolana dell'epoca, si affianca a quello della crudeltà dei benpensanti di provincia, ma in realtà si tratta di pretesti che rimangono sullo sfondo, lasciando il proscenio ovviamente alle innumerevoli gag di Banfi, che è in forma strepitosa, ma già guarda oltre: la fase della commedia scollacciata (che per tre lustri ha avuto un ruolo molto importante nella smitizzazione del sesso in un paese bigotto come l'Italia) volge al termine, da qui in avanti nei film popolari si vedranno sempre meno tette, e lo stesso Lino vivrà il decennio del "riscatto" con pellicole che non ruotano più intorno alle curve della Fenech, ma che puntano senza imbarazzi a un pubblico di tutte le età (da Vieni avanti cretino al mitologico L'allenatore nel pallone, da Fracchia la belva umana a Il commissario Lo Gatto): quanto questi film (e questo attore che ha rappresentato come nessuno la Puglia nel cinema italiano) siano tuttora nel cuore di tantissime persone, lo si può intuire andando a sbirciare il numero delle visualizzazioni delle scene più celebri pubblicate su YouTube. La puntata di Stracult su Banfi veleggia addirittura oltre i 4 milioni: un'audience impensabile in tv.

Marco Grassi

Rassegna stampa

Rassegna GiroNotes 2013 - 6a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 6a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 6a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 6a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 6a tappa

La moglie in bianco, l'amante al pepe (Michele Massimo Tarantini, 1980)

La moglie in bianco, l'amante al pepe © dduniverse.netA Trani vive (è un nobile), opera (come lavoro fa il dentista), si sollazza (come hobby fa il donnaiolo), il barone Peppino Patanè, una delle incarnazioni più genuinamente banfiane, nella pochade La moglie in bianco, l'amante al pepe. In questo film che rappresenta uno degli ultimi fuochi del pecoreccio anni '70 (infatti è uscito nel 1980), Lino Banfi (come si fa a passare col Giro da Andria e Canosa e non parlare di lui?) è - come si direbbe in America - at his best. Per gli amanti del genere, certo. Sin dai titoli di testa il comico pugliese irrompe con tutta la sua verve (la canzone da lui cantata è un cult: "La moglie è meglio in biango, l'amande è meglio al pepe, ed il marito cotto aglio olio e cime di re-epe" e via andare), e nel film interpreta un doppio ruolo: quello dell'impareggiabile Patanè, praticamente sul lastrico, e quello del suo babbo, che muore d'infarto dopo aver scoperto i gusti sessuali del nipote Gianluca (e figlio di Peppino). Per testamento lascerà tutto al figlio a patto che il nipote entro un anno si sposi e abbia a sua volta un figlio, confermando la riconosciuta virilità della stirpe dei Patanè. Una Pamela Prati agli esordi conquista alla fine il cuore di Gianluca e tutto va per il verso giusto, ma... Il tema dell'omosessualità, affrontato nella maniera rozza e grossolana dell'epoca, si affianca a quello della crudeltà dei benpensanti di provincia, ma in realtà si tratta di pretesti che rimangono sullo sfondo, lasciando il proscenio ovviamente alle innumerevoli gag di Banfi, che è in forma strepitosa, ma già guarda oltre: la fase della commedia scollacciata (che per tre lustri ha avuto un ruolo molto importante nella smitizzazione del sesso in un paese bigotto come l'Italia) volge al termine, da qui in avanti nei film popolari si vedranno sempre meno tette, e lo stesso Lino vivrà il decennio del "riscatto" con pellicole che non ruotano più intorno alle curve della Fenech, ma che puntano senza imbarazzi a un pubblico di tutte le età (da Vieni avanti cretino al mitologico L'allenatore nel pallone, da Fracchia la belva umana a Il commissario Lo Gatto): quanto questi film (e questo attore che ha rappresentato come nessuno la Puglia nel cinema italiano) siano tuttora nel cuore di tantissime persone, lo si può intuire andando a sbirciare il numero delle visualizzazioni delle scene più celebri pubblicate su YouTube. La puntata di Stracult su Banfi veleggia addirittura oltre i 4 milioni: un'audience impensabile in tv.

Marco Grassi

La classifica al contrario

La globalizzazione del Giro d'Italia voluta dallo staff Rcs Sport colpisce nel segno: non con il favorito Cheng Ji, oggi deludente 39° a 3'35" dal vincitore, ma con il brasiliano Rafael Andriato. Il portacolori della Fantini ha finalmente soddisfatto la fame del suo ds Luca Scinto nonostante avesse veleggiato fra gli ultimi di giornata per lunga parte della frazione. All'imbocco della salita di Montescaglioso il nostro ha fatto capire al pubblico da casa la sua reale intenzione, ossia quella di recuperare molto del gap accumulato nell'unico gpm odierno. Al traguardo è arrivato da solo ed ha regolato la coppia formata da Robert Hunter della Garmin e da Mattia Gavazzi dell'Androni, lontani 3'25; i due velocisti sono stati maestri nell'avvantaggiarsi di 10" su un folto gruppo in cui si è imposto, dopo la disfatta di Serra San Bruno, Jack Bobridge della Blanco che ha preceduto il compagno Maarten Tjallingii. L'ultimo di tappa è stato John Degenkolb, arrivato a 16'15" dal paulista. Il tedesco dovrebbe ripetere la cattiva prestazione lucana anche nella tappa pugliese, per poi rifarsi sin dall'approdo in Abruzzo.

Ribaltamento in classifica generale dovuto all'abbandono del capoclassifica Pablo Urtasun; il basco non ha retto alla pressione generale ed ha deciso di porre fine all'esperienza italiana quando ancora la carovana si trovava nel cosentino. Il nuovo leader è, con pieno merito, Mattia Gavazzi che precede di 24" il valido Miguel Mínguez dell'Euskaltel, ormai capitano unico della compagine basca. Terzo a 2'38" è Pim Ligthart della Vacansoleil che è risalito dalla quinta piazza, quarto a 3'10" è Dario Cataldo della Sky che perde una posizione mentre quinto è Andriato che recupera sei posti. Sempre ultimo Luca Paolini che ha superato l'ora di distacco dal leader; precisamente il suo ritardo ammonta a 1h00'51" ed insieme a lui si trovano altri dodici partecipanti con uno svantaggio già maggiore ai sessanta minuti primi. Ora che il mercato brasiliano è stato soddisfatto, da Via San Marco (sede dell'organizzazione) si spera che gli altri mercati importanti, in primis quelli di Belgio, Cina, Germania (oggi in particolare crisi) e Stati Uniti, possano festeggiare un successo.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

La globalizzazione del Giro d'Italia voluta dallo staff Rcs Sport colpisce nel segno: non con il favorito Cheng Ji, oggi deludente 39° a 3'35" dal vincitore, ma con il brasiliano Rafael Andriato. Il portacolori della Fantini ha finalmente soddisfatto la fame del suo ds Luca Scinto nonostante avesse veleggiato fra gli ultimi di giornata per lunga parte della frazione. All'imbocco della salita di Montescaglioso il nostro ha fatto capire al pubblico da casa la sua reale intenzione, ossia quella di recuperare molto del gap accumulato nell'unico gpm odierno. Al traguardo è arrivato da solo ed ha regolato la coppia formata da Robert Hunter della Garmin e da Mattia Gavazzi dell'Androni, lontani 3'25; i due velocisti sono stati maestri nell'avvantaggiarsi di 10" su un folto gruppo in cui si è imposto, dopo la disfatta di Serra San Bruno, Jack Bobridge della Blanco che ha preceduto il compagno Maarten Tjallingii. L'ultimo di tappa è stato John Degenkolb, arrivato a 16'15" dal paulista. Il tedesco dovrebbe ripetere la cattiva prestazione lucana anche nella tappa pugliese, per poi rifarsi sin dall'approdo in Abruzzo.

Ribaltamento in classifica generale dovuto all'abbandono del capoclassifica Pablo Urtasun; il basco non ha retto alla pressione generale ed ha deciso di porre fine all'esperienza italiana quando ancora la carovana si trovava nel cosentino. Il nuovo leader è, con pieno merito, Mattia Gavazzi che precede di 24" il valido Miguel Mínguez dell'Euskaltel, ormai capitano unico della compagine basca. Terzo a 2'38" è Pim Ligthart della Vacansoleil che è risalito dalla quinta piazza, quarto a 3'10" è Dario Cataldo della Sky che perde una posizione mentre quinto è Andriato che recupera sei posti. Sempre ultimo Luca Paolini che ha superato l'ora di distacco dal leader; precisamente il suo ritardo ammonta a 1h00'51" ed insieme a lui si trovano altri dodici partecipanti con uno svantaggio già maggiore ai sessanta minuti primi. Ora che il mercato brasiliano è stato soddisfatto, da Via San Marco (sede dell'organizzazione) si spera che gli altri mercati importanti, in primis quelli di Belgio, Cina, Germania (oggi in particolare crisi) e Stati Uniti, possano festeggiare un successo.

Alberto Vigonesi

La moglie in bianco, l'amante al pepe (Michele Massimo Tarantini, 1980)

La moglie in bianco, l'amante al pepe © dduniverse.netA Trani vive (è un nobile), opera (come lavoro fa il dentista), si sollazza (come hobby fa il donnaiolo), il barone Peppino Patanè, una delle incarnazioni più genuinamente banfiane, nella pochade La moglie in bianco, l'amante al pepe. In questo film che rappresenta uno degli ultimi fuochi del pecoreccio anni '70 (infatti è uscito nel 1980), Lino Banfi (come si fa a passare col Giro da Andria e Canosa e non parlare di lui?) è - come si direbbe in America - at his best. Per gli amanti del genere, certo. Sin dai titoli di testa il comico pugliese irrompe con tutta la sua verve (la canzone da lui cantata è un cult: "La moglie è meglio in biango, l'amande è meglio al pepe, ed il marito cotto aglio olio e cime di re-epe" e via andare), e nel film interpreta un doppio ruolo: quello dell'impareggiabile Patanè, praticamente sul lastrico, e quello del suo babbo, che muore d'infarto dopo aver scoperto i gusti sessuali del nipote Gianluca (e figlio di Peppino). Per testamento lascerà tutto al figlio a patto che il nipote entro un anno si sposi e abbia a sua volta un figlio, confermando la riconosciuta virilità della stirpe dei Patanè. Una Pamela Prati agli esordi conquista alla fine il cuore di Gianluca e tutto va per il verso giusto, ma... Il tema dell'omosessualità, affrontato nella maniera rozza e grossolana dell'epoca, si affianca a quello della crudeltà dei benpensanti di provincia, ma in realtà si tratta di pretesti che rimangono sullo sfondo, lasciando il proscenio ovviamente alle innumerevoli gag di Banfi, che è in forma strepitosa, ma già guarda oltre: la fase della commedia scollacciata (che per tre lustri ha avuto un ruolo molto importante nella smitizzazione del sesso in un paese bigotto come l'Italia) volge al termine, da qui in avanti nei film popolari si vedranno sempre meno tette, e lo stesso Lino vivrà il decennio del "riscatto" con pellicole che non ruotano più intorno alle curve della Fenech, ma che puntano senza imbarazzi a un pubblico di tutte le età (da Vieni avanti cretino al mitologico L'allenatore nel pallone, da Fracchia la belva umana a Il commissario Lo Gatto): quanto questi film (e questo attore che ha rappresentato come nessuno la Puglia nel cinema italiano) siano tuttora nel cuore di tantissime persone, lo si può intuire andando a sbirciare il numero delle visualizzazioni delle scene più celebri pubblicate su YouTube. La puntata di Stracult su Banfi veleggia addirittura oltre i 4 milioni: un'audience impensabile in tv.

Marco Grassi

La classifica al contrario

La globalizzazione del Giro d'Italia voluta dallo staff Rcs Sport colpisce nel segno: non con il favorito Cheng Ji, oggi deludente 39° a 3'35" dal vincitore, ma con il brasiliano Rafael Andriato. Il portacolori della Fantini ha finalmente soddisfatto la fame del suo ds Luca Scinto nonostante avesse veleggiato fra gli ultimi di giornata per lunga parte della frazione. All'imbocco della salita di Montescaglioso il nostro ha fatto capire al pubblico da casa la sua reale intenzione, ossia quella di recuperare molto del gap accumulato nell'unico gpm odierno. Al traguardo è arrivato da solo ed ha regolato la coppia formata da Robert Hunter della Garmin e da Mattia Gavazzi dell'Androni, lontani 3'25; i due velocisti sono stati maestri nell'avvantaggiarsi di 10" su un folto gruppo in cui si è imposto, dopo la disfatta di Serra San Bruno, Jack Bobridge della Blanco che ha preceduto il compagno Maarten Tjallingii. L'ultimo di tappa è stato John Degenkolb, arrivato a 16'15" dal paulista. Il tedesco dovrebbe ripetere la cattiva prestazione lucana anche nella tappa pugliese, per poi rifarsi sin dall'approdo in Abruzzo.

Ribaltamento in classifica generale dovuto all'abbandono del capoclassifica Pablo Urtasun; il basco non ha retto alla pressione generale ed ha deciso di porre fine all'esperienza italiana quando ancora la carovana si trovava nel cosentino. Il nuovo leader è, con pieno merito, Mattia Gavazzi che precede di 24" il valido Miguel Mínguez dell'Euskaltel, ormai capitano unico della compagine basca. Terzo a 2'38" è Pim Ligthart della Vacansoleil che è risalito dalla quinta piazza, quarto a 3'10" è Dario Cataldo della Sky che perde una posizione mentre quinto è Andriato che recupera sei posti. Sempre ultimo Luca Paolini che ha superato l'ora di distacco dal leader; precisamente il suo ritardo ammonta a 1h00'51" ed insieme a lui si trovano altri dodici partecipanti con uno svantaggio già maggiore ai sessanta minuti primi. Ora che il mercato brasiliano è stato soddisfatto, da Via San Marco (sede dell'organizzazione) si spera che gli altri mercati importanti, in primis quelli di Belgio, Cina, Germania (oggi in particolare crisi) e Stati Uniti, possano festeggiare un successo.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

La globalizzazione del Giro d'Italia voluta dallo staff Rcs Sport colpisce nel segno: non con il favorito Cheng Ji, oggi deludente 39° a 3'35" dal vincitore, ma con il brasiliano Rafael Andriato. Il portacolori della Fantini ha finalmente soddisfatto la fame del suo ds Luca Scinto nonostante avesse veleggiato fra gli ultimi di giornata per lunga parte della frazione. All'imbocco della salita di Montescaglioso il nostro ha fatto capire al pubblico da casa la sua reale intenzione, ossia quella di recuperare molto del gap accumulato nell'unico gpm odierno. Al traguardo è arrivato da solo ed ha regolato la coppia formata da Robert Hunter della Garmin e da Mattia Gavazzi dell'Androni, lontani 3'25; i due velocisti sono stati maestri nell'avvantaggiarsi di 10" su un folto gruppo in cui si è imposto, dopo la disfatta di Serra San Bruno, Jack Bobridge della Blanco che ha preceduto il compagno Maarten Tjallingii. L'ultimo di tappa è stato John Degenkolb, arrivato a 16'15" dal paulista. Il tedesco dovrebbe ripetere la cattiva prestazione lucana anche nella tappa pugliese, per poi rifarsi sin dall'approdo in Abruzzo.

Ribaltamento in classifica generale dovuto all'abbandono del capoclassifica Pablo Urtasun; il basco non ha retto alla pressione generale ed ha deciso di porre fine all'esperienza italiana quando ancora la carovana si trovava nel cosentino. Il nuovo leader è, con pieno merito, Mattia Gavazzi che precede di 24" il valido Miguel Mínguez dell'Euskaltel, ormai capitano unico della compagine basca. Terzo a 2'38" è Pim Ligthart della Vacansoleil che è risalito dalla quinta piazza, quarto a 3'10" è Dario Cataldo della Sky che perde una posizione mentre quinto è Andriato che recupera sei posti. Sempre ultimo Luca Paolini che ha superato l'ora di distacco dal leader; precisamente il suo ritardo ammonta a 1h00'51" ed insieme a lui si trovano altri dodici partecipanti con uno svantaggio già maggiore ai sessanta minuti primi. Ora che il mercato brasiliano è stato soddisfatto, da Via San Marco (sede dell'organizzazione) si spera che gli altri mercati importanti, in primis quelli di Belgio, Cina, Germania (oggi in particolare crisi) e Stati Uniti, possano festeggiare un successo.

Alberto Vigonesi

La moglie in bianco, l'amante al pepe (Michele Massimo Tarantini, 1980)

La moglie in bianco, l'amante al pepe © dduniverse.netA Trani vive (è un nobile), opera (come lavoro fa il dentista), si sollazza (come hobby fa il donnaiolo), il barone Peppino Patanè, una delle incarnazioni più genuinamente banfiane, nella pochade La moglie in bianco, l'amante al pepe. In questo film che rappresenta uno degli ultimi fuochi del pecoreccio anni '70 (infatti è uscito nel 1980), Lino Banfi (come si fa a passare col Giro da Andria e Canosa e non parlare di lui?) è - come si direbbe in America - at his best. Per gli amanti del genere, certo. Sin dai titoli di testa il comico pugliese irrompe con tutta la sua verve (la canzone da lui cantata è un cult: "La moglie è meglio in biango, l'amande è meglio al pepe, ed il marito cotto aglio olio e cime di re-epe" e via andare), e nel film interpreta un doppio ruolo: quello dell'impareggiabile Patanè, praticamente sul lastrico, e quello del suo babbo, che muore d'infarto dopo aver scoperto i gusti sessuali del nipote Gianluca (e figlio di Peppino). Per testamento lascerà tutto al figlio a patto che il nipote entro un anno si sposi e abbia a sua volta un figlio, confermando la riconosciuta virilità della stirpe dei Patanè. Una Pamela Prati agli esordi conquista alla fine il cuore di Gianluca e tutto va per il verso giusto, ma... Il tema dell'omosessualità, affrontato nella maniera rozza e grossolana dell'epoca, si affianca a quello della crudeltà dei benpensanti di provincia, ma in realtà si tratta di pretesti che rimangono sullo sfondo, lasciando il proscenio ovviamente alle innumerevoli gag di Banfi, che è in forma strepitosa, ma già guarda oltre: la fase della commedia scollacciata (che per tre lustri ha avuto un ruolo molto importante nella smitizzazione del sesso in un paese bigotto come l'Italia) volge al termine, da qui in avanti nei film popolari si vedranno sempre meno tette, e lo stesso Lino vivrà il decennio del "riscatto" con pellicole che non ruotano più intorno alle curve della Fenech, ma che puntano senza imbarazzi a un pubblico di tutte le età (da Vieni avanti cretino al mitologico L'allenatore nel pallone, da Fracchia la belva umana a Il commissario Lo Gatto): quanto questi film (e questo attore che ha rappresentato come nessuno la Puglia nel cinema italiano) siano tuttora nel cuore di tantissime persone, lo si può intuire andando a sbirciare il numero delle visualizzazioni delle scene più celebri pubblicate su YouTube. La puntata di Stracult su Banfi veleggia addirittura oltre i 4 milioni: un'audience impensabile in tv.

Marco Grassi

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