Il Portale del Ciclismo professionistico

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Il freddo e la neve hanno stravolto questo finale di Giro d'Italia: annullato del tutto il tappone di ieri, privato di ben tre colli quello di oggi. Niente Passo Costalunga, niente Passo di San Pellegrino e anche niente Passo Giau: dopo la partenza da Silandro i corridori affronteranno un lungo tratto di pianura (o al massimo di falsopiano) attraverso Merano, Bolzano, Bressanone e Dobbiaco (primo traguardo volante) per arrivare quindi a Cortina d'Ampezzo, dove ritroveranno il tracciato originale ed il secondo traguardo volante di giornata. Dalla celebre località turistica si inizierà quindi a salire verso Passo Tre Croci: 8 km tra il 7 e il 9%, quindi 10 km circa di percorso vario (piano, digradante, ma anche comprendente il muro di Misurina, un chilometro sopra il 15%), e infine, da Ponte, la salita delle Tre Cime di Lavaredo: 3.8 km fino al Rifugio Auronzo, la pendenza media è del 12%, quella massima del 18. In totale sono 210 km, tutta un'altra cosa rispetto al tappone dolomitico che ci aspettava ma comunque una buona soluzione in una situazione di emergenza: ovviamente neve permettendo.

Silandro/Schlanders

Sono circa 6000 gli abitanti di questa cittadina in provincia di Bolzano, capoluogo comprensoriale della Val Venosta. Abitata sin dal neolitico, il primo nome di Silandro è Slaranusa. I luoghi d'interesse attorno a Silandro sono Glorenza (la più piccola cittadina delle Alpi), Castel Coira (Sluderno), Castel Coldrano, Montani di sotto e Montani di sopra, la pista ciclabile sulla Via Claudia Augusta. Sono note le mele della Val Venosta, dove si coltivano tuttavia anche le albicocche e l'uva. Crauti, cavolfiore, radicchio e asparagi sono le verdure più coltivate nella zona della Val Venosta. Notevoli anche i vari tipi di pane, i prodotti caseari, i salumi ed in particolare lo speck e la carne salada. I vini più rinomati della zona sono Colli di Bolzano, Meranese e Valdadige. Gli eventi principali di Silandro sono il carnevale, lo Scheibenschlagen (prima domenica di Quaresima), la Marmor&Marillen (Marmo e albicocche, si svolge ad Agosto) e la settimana dei crauti (tra ottobre e novembre). Silandro è all'esordio come città di tappa nel Giro d'Italia.

Tre Cime di Lavaredo (Auronzo di Cadore)

Il Rifugio Auronzo, laddove termina l'asfalto, proprio sotto le Tre Cime di Lavaredo, è una meta tanto affascinante quanto sottovalutata e poco utilizzata dal Giro d'Italia. Sono infatti soltanto sei i precedenti su quest'ascesa che merita di entrare tra le salite mitiche. Il primo arrivo alle Tre Cime nel 1967, 19a tappa vinta da Gimondi (Silvano Schiavon in rosa, alla fine vincerà Gimondi) su Merckx e Motta ma annullata perché molti corridori si avvantaggiarono di ripetute spinte dei tifosi. L'edizione seguente si ripete l'arrivo alle Tre Cime e vince Eddy Merckx su Giancarlo Polidori e Vittorio Adorni; il Cannibale prende la maglia rosa e non la lascia più, per il primo dei suoi 5 successi in Italia. Le Tre Cime tornano nel 1974, altro Giro di Merckx, l'ultimo, con l'iberico José Manuel Fuente che s'impone al Rifugio Auronzo. Tre Cime di nuovo arrivo di tappa nel 1981: la 20a tappa va allo svizzero Beat Breu, Giovanni Battaglin conquista la maglia rosa che conserverà fino alla corno finale di Verona. Nel 1989 quest'arrivo lancia il colombiano Luis Herrera in quello che è l'ultimo giorno in rosa di Erik Breukink (l'indomani Laurent Fignon prenderà la maglia a Corvara, conservandola sino a Firenze). Ultimo arrivo quassù nel 2007: in rosa c'è Di Luca, che ci resterà. Le Tre Cime premieranno Leonardo Piepoli e Riccardo Riccò, prima in fuga, poi giunti sul traguardo in parata, con il modenese a precedere il "Trullo volante".

Francesco Sulas
Silandro/Schlanders

Sono circa 6000 gli abitanti di questa cittadina in provincia di Bolzano, capoluogo comprensoriale della Val Venosta. Abitata sin dal neolitico, il primo nome di Silandro è Slaranusa. I luoghi d'interesse attorno a Silandro sono Glorenza (la più piccola cittadina delle Alpi), Castel Coira (Sluderno), Castel Coldrano, Montani di sotto e Montani di sopra, la pista ciclabile sulla Via Claudia Augusta. Sono note le mele della Val Venosta, dove si coltivano tuttavia anche le albicocche e l'uva. Crauti, cavolfiore, radicchio e asparagi sono le verdure più coltivate nella zona della Val Venosta. Notevoli anche i vari tipi di pane, i prodotti caseari, i salumi ed in particolare lo speck e la carne salada. I vini più rinomati della zona sono Colli di Bolzano, Meranese e Valdadige. Gli eventi principali di Silandro sono il carnevale, lo Scheibenschlagen (prima domenica di Quaresima), la Marmor&Marillen (Marmo e albicocche, si svolge ad Agosto) e la settimana dei crauti (tra ottobre e novembre). Silandro è all'esordio come città di tappa nel Giro d'Italia.

Tre Cime di Lavaredo (Auronzo di Cadore)

Il Rifugio Auronzo, laddove termina l'asfalto, proprio sotto le Tre Cime di Lavaredo, è una meta tanto affascinante quanto sottovalutata e poco utilizzata dal Giro d'Italia. Sono infatti soltanto sei i precedenti su quest'ascesa che merita di entrare tra le salite mitiche. Il primo arrivo alle Tre Cime nel 1967, 19a tappa vinta da Gimondi (Silvano Schiavon in rosa, alla fine vincerà Gimondi) su Merckx e Motta ma annullata perché molti corridori si avvantaggiarono di ripetute spinte dei tifosi. L'edizione seguente si ripete l'arrivo alle Tre Cime e vince Eddy Merckx su Giancarlo Polidori e Vittorio Adorni; il Cannibale prende la maglia rosa e non la lascia più, per il primo dei suoi 5 successi in Italia. Le Tre Cime tornano nel 1974, altro Giro di Merckx, l'ultimo, con l'iberico José Manuel Fuente che s'impone al Rifugio Auronzo. Tre Cime di nuovo arrivo di tappa nel 1981: la 20a tappa va allo svizzero Beat Breu, Giovanni Battaglin conquista la maglia rosa che conserverà fino alla corno finale di Verona. Nel 1989 quest'arrivo lancia il colombiano Luis Herrera in quello che è l'ultimo giorno in rosa di Erik Breukink (l'indomani Laurent Fignon prenderà la maglia a Corvara, conservandola sino a Firenze). Ultimo arrivo quassù nel 2007: in rosa c'è Di Luca, che ci resterà. Le Tre Cime premieranno Leonardo Piepoli e Riccardo Riccò, prima in fuga, poi giunti sul traguardo in parata, con il modenese a precedere il "Trullo volante".

Silandro/Schlanders

Sono circa 6000 gli abitanti di questa cittadina in provincia di Bolzano, capoluogo comprensoriale della Val Venosta. Abitata sin dal neolitico, il primo nome di Silandro è Slaranusa. I luoghi d'interesse attorno a Silandro sono Glorenza (la più piccola cittadina delle Alpi), Castel Coira (Sluderno), Castel Coldrano, Montani di sotto e Montani di sopra, la pista ciclabile sulla Via Claudia Augusta. Sono note le mele della Val Venosta, dove si coltivano tuttavia anche le albicocche e l'uva. Crauti, cavolfiore, radicchio e asparagi sono le verdure più coltivate nella zona della Val Venosta. Notevoli anche i vari tipi di pane, i prodotti caseari, i salumi ed in particolare lo speck e la carne salada. I vini più rinomati della zona sono Colli di Bolzano, Meranese e Valdadige. Gli eventi principali di Silandro sono il carnevale, lo Scheibenschlagen (prima domenica di Quaresima), la Marmor&Marillen (Marmo e albicocche, si svolge ad Agosto) e la settimana dei crauti (tra ottobre e novembre). Silandro è all'esordio come città di tappa nel Giro d'Italia.

Tre Cime di Lavaredo (Auronzo di Cadore)

Il Rifugio Auronzo, laddove termina l'asfalto, proprio sotto le Tre Cime di Lavaredo, è una meta tanto affascinante quanto sottovalutata e poco utilizzata dal Giro d'Italia. Sono infatti soltanto sei i precedenti su quest'ascesa che merita di entrare tra le salite mitiche. Il primo arrivo alle Tre Cime nel 1967, 19a tappa vinta da Gimondi (Silvano Schiavon in rosa, alla fine vincerà Gimondi) su Merckx e Motta ma annullata perché molti corridori si avvantaggiarono di ripetute spinte dei tifosi. L'edizione seguente si ripete l'arrivo alle Tre Cime e vince Eddy Merckx su Giancarlo Polidori e Vittorio Adorni; il Cannibale prende la maglia rosa e non la lascia più, per il primo dei suoi 5 successi in Italia. Le Tre Cime tornano nel 1974, altro Giro di Merckx, l'ultimo, con l'iberico José Manuel Fuente che s'impone al Rifugio Auronzo. Tre Cime di nuovo arrivo di tappa nel 1981: la 20a tappa va allo svizzero Beat Breu, Giovanni Battaglin conquista la maglia rosa che conserverà fino alla corno finale di Verona. Nel 1989 quest'arrivo lancia il colombiano Luis Herrera in quello che è l'ultimo giorno in rosa di Erik Breukink (l'indomani Laurent Fignon prenderà la maglia a Corvara, conservandola sino a Firenze). Ultimo arrivo quassù nel 2007: in rosa c'è Di Luca, che ci resterà. Le Tre Cime premieranno Leonardo Piepoli e Riccardo Riccò, prima in fuga, poi giunti sul traguardo in parata, con il modenese a precedere il "Trullo volante".

Silandro/Schlanders

Sono circa 6000 gli abitanti di questa cittadina in provincia di Bolzano, capoluogo comprensoriale della Val Venosta. Abitata sin dal neolitico, il primo nome di Silandro è Slaranusa. I luoghi d'interesse attorno a Silandro sono Glorenza (la più piccola cittadina delle Alpi), Castel Coira (Sluderno), Castel Coldrano, Montani di sotto e Montani di sopra, la pista ciclabile sulla Via Claudia Augusta. Sono note le mele della Val Venosta, dove si coltivano tuttavia anche le albicocche e l'uva. Crauti, cavolfiore, radicchio e asparagi sono le verdure più coltivate nella zona della Val Venosta. Notevoli anche i vari tipi di pane, i prodotti caseari, i salumi ed in particolare lo speck e la carne salada. I vini più rinomati della zona sono Colli di Bolzano, Meranese e Valdadige. Gli eventi principali di Silandro sono il carnevale, lo Scheibenschlagen (prima domenica di Quaresima), la Marmor&Marillen (Marmo e albicocche, si svolge ad Agosto) e la settimana dei crauti (tra ottobre e novembre). Silandro è all'esordio come città di tappa nel Giro d'Italia.

Tre Cime di Lavaredo (Auronzo di Cadore)

Il Rifugio Auronzo, laddove termina l'asfalto, proprio sotto le Tre Cime di Lavaredo, è una meta tanto affascinante quanto sottovalutata e poco utilizzata dal Giro d'Italia. Sono infatti soltanto sei i precedenti su quest'ascesa che merita di entrare tra le salite mitiche. Il primo arrivo alle Tre Cime nel 1967, 19a tappa vinta da Gimondi (Silvano Schiavon in rosa, alla fine vincerà Gimondi) su Merckx e Motta ma annullata perché molti corridori si avvantaggiarono di ripetute spinte dei tifosi. L'edizione seguente si ripete l'arrivo alle Tre Cime e vince Eddy Merckx su Giancarlo Polidori e Vittorio Adorni; il Cannibale prende la maglia rosa e non la lascia più, per il primo dei suoi 5 successi in Italia. Le Tre Cime tornano nel 1974, altro Giro di Merckx, l'ultimo, con l'iberico José Manuel Fuente che s'impone al Rifugio Auronzo. Tre Cime di nuovo arrivo di tappa nel 1981: la 20a tappa va allo svizzero Beat Breu, Giovanni Battaglin conquista la maglia rosa che conserverà fino alla corno finale di Verona. Nel 1989 quest'arrivo lancia il colombiano Luis Herrera in quello che è l'ultimo giorno in rosa di Erik Breukink (l'indomani Laurent Fignon prenderà la maglia a Corvara, conservandola sino a Firenze). Ultimo arrivo quassù nel 2007: in rosa c'è Di Luca, che ci resterà. Le Tre Cime premieranno Leonardo Piepoli e Riccardo Riccò, prima in fuga, poi giunti sul traguardo in parata, con il modenese a precedere il "Trullo volante".

Silandro/Schlanders

Sono circa 6000 gli abitanti di questa cittadina in provincia di Bolzano, capoluogo comprensoriale della Val Venosta. Abitata sin dal neolitico, il primo nome di Silandro è Slaranusa. I luoghi d'interesse attorno a Silandro sono Glorenza (la più piccola cittadina delle Alpi), Castel Coira (Sluderno), Castel Coldrano, Montani di sotto e Montani di sopra, la pista ciclabile sulla Via Claudia Augusta. Sono note le mele della Val Venosta, dove si coltivano tuttavia anche le albicocche e l'uva. Crauti, cavolfiore, radicchio e asparagi sono le verdure più coltivate nella zona della Val Venosta. Notevoli anche i vari tipi di pane, i prodotti caseari, i salumi ed in particolare lo speck e la carne salada. I vini più rinomati della zona sono Colli di Bolzano, Meranese e Valdadige. Gli eventi principali di Silandro sono il carnevale, lo Scheibenschlagen (prima domenica di Quaresima), la Marmor&Marillen (Marmo e albicocche, si svolge ad Agosto) e la settimana dei crauti (tra ottobre e novembre). Silandro è all'esordio come città di tappa nel Giro d'Italia.

Tre Cime di Lavaredo (Auronzo di Cadore)

Il Rifugio Auronzo, laddove termina l'asfalto, proprio sotto le Tre Cime di Lavaredo, è una meta tanto affascinante quanto sottovalutata e poco utilizzata dal Giro d'Italia. Sono infatti soltanto sei i precedenti su quest'ascesa che merita di entrare tra le salite mitiche. Il primo arrivo alle Tre Cime nel 1967, 19a tappa vinta da Gimondi (Silvano Schiavon in rosa, alla fine vincerà Gimondi) su Merckx e Motta ma annullata perché molti corridori si avvantaggiarono di ripetute spinte dei tifosi. L'edizione seguente si ripete l'arrivo alle Tre Cime e vince Eddy Merckx su Giancarlo Polidori e Vittorio Adorni; il Cannibale prende la maglia rosa e non la lascia più, per il primo dei suoi 5 successi in Italia. Le Tre Cime tornano nel 1974, altro Giro di Merckx, l'ultimo, con l'iberico José Manuel Fuente che s'impone al Rifugio Auronzo. Tre Cime di nuovo arrivo di tappa nel 1981: la 20a tappa va allo svizzero Beat Breu, Giovanni Battaglin conquista la maglia rosa che conserverà fino alla corno finale di Verona. Nel 1989 quest'arrivo lancia il colombiano Luis Herrera in quello che è l'ultimo giorno in rosa di Erik Breukink (l'indomani Laurent Fignon prenderà la maglia a Corvara, conservandola sino a Firenze). Ultimo arrivo quassù nel 2007: in rosa c'è Di Luca, che ci resterà. Le Tre Cime premieranno Leonardo Piepoli e Riccardo Riccò, prima in fuga, poi giunti sul traguardo in parata, con il modenese a precedere il "Trullo volante".

Silandro/Schlanders

Sono circa 6000 gli abitanti di questa cittadina in provincia di Bolzano, capoluogo comprensoriale della Val Venosta. Abitata sin dal neolitico, il primo nome di Silandro è Slaranusa. I luoghi d'interesse attorno a Silandro sono Glorenza (la più piccola cittadina delle Alpi), Castel Coira (Sluderno), Castel Coldrano, Montani di sotto e Montani di sopra, la pista ciclabile sulla Via Claudia Augusta. Sono note le mele della Val Venosta, dove si coltivano tuttavia anche le albicocche e l'uva. Crauti, cavolfiore, radicchio e asparagi sono le verdure più coltivate nella zona della Val Venosta. Notevoli anche i vari tipi di pane, i prodotti caseari, i salumi ed in particolare lo speck e la carne salada. I vini più rinomati della zona sono Colli di Bolzano, Meranese e Valdadige. Gli eventi principali di Silandro sono il carnevale, lo Scheibenschlagen (prima domenica di Quaresima), la Marmor&Marillen (Marmo e albicocche, si svolge ad Agosto) e la settimana dei crauti (tra ottobre e novembre). Silandro è all'esordio come città di tappa nel Giro d'Italia.

Tre Cime di Lavaredo (Auronzo di Cadore)

Il Rifugio Auronzo, laddove termina l'asfalto, proprio sotto le Tre Cime di Lavaredo, è una meta tanto affascinante quanto sottovalutata e poco utilizzata dal Giro d'Italia. Sono infatti soltanto sei i precedenti su quest'ascesa che merita di entrare tra le salite mitiche. Il primo arrivo alle Tre Cime nel 1967, 19a tappa vinta da Gimondi (Silvano Schiavon in rosa, alla fine vincerà Gimondi) su Merckx e Motta ma annullata perché molti corridori si avvantaggiarono di ripetute spinte dei tifosi. L'edizione seguente si ripete l'arrivo alle Tre Cime e vince Eddy Merckx su Giancarlo Polidori e Vittorio Adorni; il Cannibale prende la maglia rosa e non la lascia più, per il primo dei suoi 5 successi in Italia. Le Tre Cime tornano nel 1974, altro Giro di Merckx, l'ultimo, con l'iberico José Manuel Fuente che s'impone al Rifugio Auronzo. Tre Cime di nuovo arrivo di tappa nel 1981: la 20a tappa va allo svizzero Beat Breu, Giovanni Battaglin conquista la maglia rosa che conserverà fino alla corno finale di Verona. Nel 1989 quest'arrivo lancia il colombiano Luis Herrera in quello che è l'ultimo giorno in rosa di Erik Breukink (l'indomani Laurent Fignon prenderà la maglia a Corvara, conservandola sino a Firenze). Ultimo arrivo quassù nel 2007: in rosa c'è Di Luca, che ci resterà. Le Tre Cime premieranno Leonardo Piepoli e Riccardo Riccò, prima in fuga, poi giunti sul traguardo in parata, con il modenese a precedere il "Trullo volante".

Meteo

11.25 - Silandro
13.55 - Bressanone
17.25 - Tre Cime di Lavaredo

Soggetti Alternativi

Il Giro 2013 rappresenta il battesimo in una grande corsa a tappe anche per questo 25enne colombiano. Dopo aver mostrato le sue doti di scalatore di razza in patria e in altre gare a tappa di Centro e Sud America (oltre ad aver conquistato il titolo nazionale nel 2008), la sua presenza in quella che oggi è la Colombia-Coldeportes gli ha permesso di fare importanti esperienze anche nel ciclismo europeo. Ha così preso parte al Tour de l'Avenir (9° nel 2010), al Tour de l'Ain (9° nel 2011), a varie gare a tappe spagnole, alla Volta Portugal (9° lo scorso anno) e al Giro del Trentino, dove oltre all'ottavo posto finale conquistò un bellissimo successo di tappa sul Pordoi. La corsa rosa è stata finora un'ottima occasione per fare esperienza e le ultime due frazioni di montagna potrebbero vederlo protagonista. Magari così assisteremo ad un nuovo processo di...evoluzione Darwiniana!

Vivian Ghianni

Il Giro 2013 rappresenta il battesimo in una grande corsa a tappe anche per questo 25enne colombiano. Dopo aver mostrato le sue doti di scalatore di razza in patria e in altre gare a tappa di Centro e Sud America (oltre ad aver conquistato il titolo nazionale nel 2008), la sua presenza in quella che oggi è la Colombia-Coldeportes gli ha permesso di fare importanti esperienze anche nel ciclismo europeo. Ha così preso parte al Tour de l'Avenir (9° nel 2010), al Tour de l'Ain (9° nel 2011), a varie gare a tappe spagnole, alla Volta Portugal (9° lo scorso anno) e al Giro del Trentino, dove oltre all'ottavo posto finale conquistò un bellissimo successo di tappa sul Pordoi. La corsa rosa è stata finora un'ottima occasione per fare esperienza e le ultime due frazioni di montagna potrebbero vederlo protagonista. Magari così assisteremo ad un nuovo processo di...evoluzione Darwiniana!

Il Giro 2013 rappresenta il battesimo in una grande corsa a tappe anche per questo 25enne colombiano. Dopo aver mostrato le sue doti di scalatore di razza in patria e in altre gare a tappa di Centro e Sud America (oltre ad aver conquistato il titolo nazionale nel 2008), la sua presenza in quella che oggi è la Colombia-Coldeportes gli ha permesso di fare importanti esperienze anche nel ciclismo europeo. Ha così preso parte al Tour de l'Avenir (9° nel 2010), al Tour de l'Ain (9° nel 2011), a varie gare a tappe spagnole, alla Volta Portugal (9° lo scorso anno) e al Giro del Trentino, dove oltre all'ottavo posto finale conquistò un bellissimo successo di tappa sul Pordoi. La corsa rosa è stata finora un'ottima occasione per fare esperienza e le ultime due frazioni di montagna potrebbero vederlo protagonista. Magari così assisteremo ad un nuovo processo di...evoluzione Darwiniana!

Il Giro 2013 rappresenta il battesimo in una grande corsa a tappe anche per questo 25enne colombiano. Dopo aver mostrato le sue doti di scalatore di razza in patria e in altre gare a tappa di Centro e Sud America (oltre ad aver conquistato il titolo nazionale nel 2008), la sua presenza in quella che oggi è la Colombia-Coldeportes gli ha permesso di fare importanti esperienze anche nel ciclismo europeo. Ha così preso parte al Tour de l'Avenir (9° nel 2010), al Tour de l'Ain (9° nel 2011), a varie gare a tappe spagnole, alla Volta Portugal (9° lo scorso anno) e al Giro del Trentino, dove oltre all'ottavo posto finale conquistò un bellissimo successo di tappa sul Pordoi. La corsa rosa è stata finora un'ottima occasione per fare esperienza e le ultime due frazioni di montagna potrebbero vederlo protagonista. Magari così assisteremo ad un nuovo processo di...evoluzione Darwiniana!

Il Giro 2013 rappresenta il battesimo in una grande corsa a tappe anche per questo 25enne colombiano. Dopo aver mostrato le sue doti di scalatore di razza in patria e in altre gare a tappa di Centro e Sud America (oltre ad aver conquistato il titolo nazionale nel 2008), la sua presenza in quella che oggi è la Colombia-Coldeportes gli ha permesso di fare importanti esperienze anche nel ciclismo europeo. Ha così preso parte al Tour de l'Avenir (9° nel 2010), al Tour de l'Ain (9° nel 2011), a varie gare a tappe spagnole, alla Volta Portugal (9° lo scorso anno) e al Giro del Trentino, dove oltre all'ottavo posto finale conquistò un bellissimo successo di tappa sul Pordoi. La corsa rosa è stata finora un'ottima occasione per fare esperienza e le ultime due frazioni di montagna potrebbero vederlo protagonista. Magari così assisteremo ad un nuovo processo di...evoluzione Darwiniana!

Il Giro 2013 rappresenta il battesimo in una grande corsa a tappe anche per questo 25enne colombiano. Dopo aver mostrato le sue doti di scalatore di razza in patria e in altre gare a tappa di Centro e Sud America (oltre ad aver conquistato il titolo nazionale nel 2008), la sua presenza in quella che oggi è la Colombia-Coldeportes gli ha permesso di fare importanti esperienze anche nel ciclismo europeo. Ha così preso parte al Tour de l'Avenir (9° nel 2010), al Tour de l'Ain (9° nel 2011), a varie gare a tappe spagnole, alla Volta Portugal (9° lo scorso anno) e al Giro del Trentino, dove oltre all'ottavo posto finale conquistò un bellissimo successo di tappa sul Pordoi. La corsa rosa è stata finora un'ottima occasione per fare esperienza e le ultime due frazioni di montagna potrebbero vederlo protagonista. Magari così assisteremo ad un nuovo processo di...evoluzione Darwiniana!

GiroTweet

 

@edwinavila189: Per adesso, clima eccellente per uno spettacolo eccellente nel #giro speriamo che continui così pic.twitter.com/YcVETZc1WE

@AgnoliValerio: Siamo alla frutta!Letto a Baldacchino da condividere con il mio giovane @FabioAru1 e cosa fa lui?????mette il Film MANUALE D'AMORE @geggia86

@SachaModolo: Domani speriamo di fare almeno l'arrivo. Almeno per la gente che oggi è arrivata e passerà la notte la solo per vederci passare 10 sec!!!!!!

@VincenzoNibali: Brutto tempo, freddo e neve... ma all @AstanaTeam non si smette mai di pedalare pic.twitter.com/2pP15lOpqf

@AzanzaJorge: A dormire, speriamo che domani il tempo ci rispetti e di vedere un tappone con finale felice arancione!! Buona notte!!!

@AdamBlythe89: Giorno di riposo con @StevoCummings pic.twitter.com/27VihR0OeX

Barnabo delle montagne (Mario Brenta, 1994)

Barnabo delle montagne © www.sottobosco.infoQuando si fa l'elenco degli scrittori che seguivano come corrispondenti il Giro ai tempi eroici di Coppi e Bartali, non si manca mai di citare Dino Buzzati, che fu alla corsa rosa nel 1949 per conto del Corriere della Sera. All'epoca l'autore veneto era già famoso, aveva da tempo dato alle stampe il suo romanzo più celebre (Il deserto dei Tartari, tradotto in film - bellissimo - da Valerio Zurlini nel 1976) oltre ad essere una delle firme di punta del giornalismo italiano. Aveva in realtà poco a che fare con il ciclismo, Buzzati, non era un esperto e nelle sue cronache si concentrava più su aspetti socioculturali che sul commento sportivo. Avrebbe invece avuto a che fare col cinema per i film tratti dai suoi romanzi. Oltre al citato Il deserto dei Tartari, non va dimenticato il paradossale Il fischio al naso (una delle poche regie di Ugo Tognazzi) e, nel biennio 1993-'94, due trasposizioni ad opera di Ermanno Olmi (Il segreto del bosco vecchio) e di Mario Brenta, che di Olmi era stato a lungo collaboratore tecnico, e alla cui scuola si era formato una visione del cinema molto simile - per rigore, naturalismo, verismo - a quella del maestro bergamasco. Tra un documentario e l'altro, Brenta portò sugli schermi Barnabo delle montagne, che di Buzzati era stato il primo romanzo, che conteneva già alcuni temi cari all'autore (l'attesa per qualcosa che forse non verrà mai, gli sconfinati spazi da interpretare alla luce della ragione - o sragione? - umana, richiami mistici e quasi magici che affiorano nell'osservazione dei fenomeni della natura ma soprattutto dell'incoscio dei suoi protagonisti), e che era ambientato sulle Dolomiti. Brenta l'ha girato proprio dalle parti delle Tre Cime di Lavaredo, affidando i ruoli in copione ad attori non professionisti, e puntando tutto sulla rarefazione dell'azione in favore della poetica di scenari di struggente bellezza. E solitudine. È in fondo un uomo solo, Barnabo il guardiacaccia che per due volte preferisce il silenzio degli interminati spazi alpini al suono della violenza del fucile, degli spari, della sopraffazione. Il senso della sua vita è nello stare lì tra quelle vette, ufficialmente a presidiare una caserma rimasta semidiroccata dopo la Grande Guerra, ma in realtà a presidiare se stesso in contrapposizione all'avanzata di un mondo moderno sempre più incomprensibile. O forse possiamo togliere il "moderno" e il "sempre più", e convenire, con Buzzati e con Barnabo, che da sempre la montagna è il rifugio per persone troppo integre per mescolarsi alla miseria tipicamente umana.

Marco Grassi

 

La classifica al contrario

Nella crono di Polsa terzo successo consecutivo per il russo della Katusha Maxim Belkov che, forse per cancellare definitivamente il ricordo dell'ultimo posto conquistato nella tappa di Firenze, si è impegnato con così tanta abnegazione anche nella prova contro il tempo. Tuttavia, a causa di una decisione tanto astrusa quanto impopolare della giuria (il fatto che venga colpita la squadra meno amata dalle alte sfere di Aigle non ci sorprende), il concittadino di Tonkov è stato escluso dalla classifica, ponendo la parola fine al suo Giro; a differenza del già citato vincitore della corsa rosa del 1996, il ventottenne non si è lasciato andare a gesti eclatanti in favore di telecamera. Il principale beneficiario del provvedimento è stato Manuel Belletti dell'Ag2r che ha quindi aggiunto nel proprio palmares la tappa di giovedì. A 2'44", distacco importante in una prova individuale, si completa la festa del team francese grazie a Davide Appollonio, giunto secondo e bravo nel mantenere la costanza nei piazzamenti. Al terzo posto si è posizionato Adam Blythe della Bmc, lontano 2'49", mentre per trovare il quarto arrivato, Cristiano Salerno della Cannondale, bisogna scendere sino a 4'58" di distacco. Quinto è Oscar Gatto della Fantini a 5'03", finalmente in una posizione degna degli antichi fasti del 2007. In ultima posizione, per la prima volta in questa edizione e per la seconda in carriera, Vincenzo Nibali dell'Astana staccato di 14'31".

Nella generale altro cambio al vertice con Adam Blythe che si posiziona in vetta e, con sole due tappe da disputare, ha ottime possibilità di diventare il primo britannico della storia a vincere la classifica. Il rivale più vicino è il già citato Appollonio che si trova a 1'33", ritardo ancora colmabile, mentre l'ex leader, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, è a 2' esatti dopo la giornataccia patita sulle strade trentine. Guadagna una posizione Wilson Marentes della Colombia che torna in quarta posizione con 5'06" da recuperare sul leader mentre il quinto posto è occupato da chi era secondo al via dal velodromo di Mori: stiamo parlando di Miguel Mínguez dell'Euskaltel che, dopo la sconcertante controprestazione contro il tempo, ha praticamente abbandonato le possibilità di mettere a segno una impressionante doppietta, accaduta nella storia del Giro solo in altre quattro occasioni. All'ultimo posto ancora Vincenzo Nibali con 4h05'50", il quale ormai è certo di arrivare a Brescia in questa scomoda posizione.

Alberto Vigonesi

 

La classifica al contrario

Nella crono di Polsa terzo successo consecutivo per il russo della Katusha Maxim Belkov che, forse per cancellare definitivamente il ricordo dell'ultimo posto conquistato nella tappa di Firenze, si è impegnato con così tanta abnegazione anche nella prova contro il tempo. Tuttavia, a causa di una decisione tanto astrusa quanto impopolare della giuria (il fatto che venga colpita la squadra meno amata dalle alte sfere di Aigle non ci sorprende), il concittadino di Tonkov è stato escluso dalla classifica, ponendo la parola fine al suo Giro; a differenza del già citato vincitore della corsa rosa del 1996, il ventottenne non si è lasciato andare a gesti eclatanti in favore di telecamera. Il principale beneficiario del provvedimento è stato Manuel Belletti dell'Ag2r che ha quindi aggiunto nel proprio palmares la tappa di giovedì. A 2'44", distacco importante in una prova individuale, si completa la festa del team francese grazie a Davide Appollonio, giunto secondo e bravo nel mantenere la costanza nei piazzamenti. Al terzo posto si è posizionato Adam Blythe della Bmc, lontano 2'49", mentre per trovare il quarto arrivato, Cristiano Salerno della Cannondale, bisogna scendere sino a 4'58" di distacco. Quinto è Oscar Gatto della Fantini a 5'03", finalmente in una posizione degna degli antichi fasti del 2007. In ultima posizione, per la prima volta in questa edizione e per la seconda in carriera, Vincenzo Nibali dell'Astana staccato di 14'31".

Nella generale altro cambio al vertice con Adam Blythe che si posiziona in vetta e, con sole due tappe da disputare, ha ottime possibilità di diventare il primo britannico della storia a vincere la classifica. Il rivale più vicino è il già citato Appollonio che si trova a 1'33", ritardo ancora colmabile, mentre l'ex leader, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, è a 2' esatti dopo la giornataccia patita sulle strade trentine. Guadagna una posizione Wilson Marentes della Colombia che torna in quarta posizione con 5'06" da recuperare sul leader mentre il quinto posto è occupato da chi era secondo al via dal velodromo di Mori: stiamo parlando di Miguel Mínguez dell'Euskaltel che, dopo la sconcertante controprestazione contro il tempo, ha praticamente abbandonato le possibilità di mettere a segno una impressionante doppietta, accaduta nella storia del Giro solo in altre quattro occasioni. All'ultimo posto ancora Vincenzo Nibali con 4h05'50", il quale ormai è certo di arrivare a Brescia in questa scomoda posizione.

Alberto Vigonesi

Barnabo delle montagne (Mario Brenta, 1994)

Barnabo delle montagne © www.sottobosco.infoQuando si fa l'elenco degli scrittori che seguivano come corrispondenti il Giro ai tempi eroici di Coppi e Bartali, non si manca mai di citare Dino Buzzati, che fu alla corsa rosa nel 1949 per conto del Corriere della Sera. All'epoca l'autore veneto era già famoso, aveva da tempo dato alle stampe il suo romanzo più celebre (Il deserto dei Tartari, tradotto in film - bellissimo - da Valerio Zurlini nel 1976) oltre ad essere una delle firme di punta del giornalismo italiano. Aveva in realtà poco a che fare con il ciclismo, Buzzati, non era un esperto e nelle sue cronache si concentrava più su aspetti socioculturali che sul commento sportivo. Avrebbe invece avuto a che fare col cinema per i film tratti dai suoi romanzi. Oltre al citato Il deserto dei Tartari, non va dimenticato il paradossale Il fischio al naso (una delle poche regie di Ugo Tognazzi) e, nel biennio 1993-'94, due trasposizioni ad opera di Ermanno Olmi (Il segreto del bosco vecchio) e di Mario Brenta, che di Olmi era stato a lungo collaboratore tecnico, e alla cui scuola si era formato una visione del cinema molto simile - per rigore, naturalismo, verismo - a quella del maestro bergamasco. Tra un documentario e l'altro, Brenta portò sugli schermi Barnabo delle montagne, che di Buzzati era stato il primo romanzo, che conteneva già alcuni temi cari all'autore (l'attesa per qualcosa che forse non verrà mai, gli sconfinati spazi da interpretare alla luce della ragione - o sragione? - umana, richiami mistici e quasi magici che affiorano nell'osservazione dei fenomeni della natura ma soprattutto dell'incoscio dei suoi protagonisti), e che era ambientato sulle Dolomiti. Brenta l'ha girato proprio dalle parti delle Tre Cime di Lavaredo, affidando i ruoli in copione ad attori non professionisti, e puntando tutto sulla rarefazione dell'azione in favore della poetica di scenari di struggente bellezza. E solitudine. È in fondo un uomo solo, Barnabo il guardiacaccia che per due volte preferisce il silenzio degli interminati spazi alpini al suono della violenza del fucile, degli spari, della sopraffazione. Il senso della sua vita è nello stare lì tra quelle vette, ufficialmente a presidiare una caserma rimasta semidiroccata dopo la Grande Guerra, ma in realtà a presidiare se stesso in contrapposizione all'avanzata di un mondo moderno sempre più incomprensibile. O forse possiamo togliere il "moderno" e il "sempre più", e convenire, con Buzzati e con Barnabo, che da sempre la montagna è il rifugio per persone troppo integre per mescolarsi alla miseria tipicamente umana.

Marco Grassi

Rassegna stampa

Rassegna GiroNotes 2013 - 20a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 20a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 20a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 20a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 20a tappa

Barnabo delle montagne (Mario Brenta, 1994)

Barnabo delle montagne © www.sottobosco.infoQuando si fa l'elenco degli scrittori che seguivano come corrispondenti il Giro ai tempi eroici di Coppi e Bartali, non si manca mai di citare Dino Buzzati, che fu alla corsa rosa nel 1949 per conto del Corriere della Sera. All'epoca l'autore veneto era già famoso, aveva da tempo dato alle stampe il suo romanzo più celebre (Il deserto dei Tartari, tradotto in film - bellissimo - da Valerio Zurlini nel 1976) oltre ad essere una delle firme di punta del giornalismo italiano. Aveva in realtà poco a che fare con il ciclismo, Buzzati, non era un esperto e nelle sue cronache si concentrava più su aspetti socioculturali che sul commento sportivo. Avrebbe invece avuto a che fare col cinema per i film tratti dai suoi romanzi. Oltre al citato Il deserto dei Tartari, non va dimenticato il paradossale Il fischio al naso (una delle poche regie di Ugo Tognazzi) e, nel biennio 1993-'94, due trasposizioni ad opera di Ermanno Olmi (Il segreto del bosco vecchio) e di Mario Brenta, che di Olmi era stato a lungo collaboratore tecnico, e alla cui scuola si era formato una visione del cinema molto simile - per rigore, naturalismo, verismo - a quella del maestro bergamasco. Tra un documentario e l'altro, Brenta portò sugli schermi Barnabo delle montagne, che di Buzzati era stato il primo romanzo, che conteneva già alcuni temi cari all'autore (l'attesa per qualcosa che forse non verrà mai, gli sconfinati spazi da interpretare alla luce della ragione - o sragione? - umana, richiami mistici e quasi magici che affiorano nell'osservazione dei fenomeni della natura ma soprattutto dell'incoscio dei suoi protagonisti), e che era ambientato sulle Dolomiti. Brenta l'ha girato proprio dalle parti delle Tre Cime di Lavaredo, affidando i ruoli in copione ad attori non professionisti, e puntando tutto sulla rarefazione dell'azione in favore della poetica di scenari di struggente bellezza. E solitudine. È in fondo un uomo solo, Barnabo il guardiacaccia che per due volte preferisce il silenzio degli interminati spazi alpini al suono della violenza del fucile, degli spari, della sopraffazione. Il senso della sua vita è nello stare lì tra quelle vette, ufficialmente a presidiare una caserma rimasta semidiroccata dopo la Grande Guerra, ma in realtà a presidiare se stesso in contrapposizione all'avanzata di un mondo moderno sempre più incomprensibile. O forse possiamo togliere il "moderno" e il "sempre più", e convenire, con Buzzati e con Barnabo, che da sempre la montagna è il rifugio per persone troppo integre per mescolarsi alla miseria tipicamente umana.

Marco Grassi

 

La classifica al contrario

Nella crono di Polsa terzo successo consecutivo per il russo della Katusha Maxim Belkov che, forse per cancellare definitivamente il ricordo dell'ultimo posto conquistato nella tappa di Firenze, si è impegnato con così tanta abnegazione anche nella prova contro il tempo. Tuttavia, a causa di una decisione tanto astrusa quanto impopolare della giuria (il fatto che venga colpita la squadra meno amata dalle alte sfere di Aigle non ci sorprende), il concittadino di Tonkov è stato escluso dalla classifica, ponendo la parola fine al suo Giro; a differenza del già citato vincitore della corsa rosa del 1996, il ventottenne non si è lasciato andare a gesti eclatanti in favore di telecamera. Il principale beneficiario del provvedimento è stato Manuel Belletti dell'Ag2r che ha quindi aggiunto nel proprio palmares la tappa di giovedì. A 2'44", distacco importante in una prova individuale, si completa la festa del team francese grazie a Davide Appollonio, giunto secondo e bravo nel mantenere la costanza nei piazzamenti. Al terzo posto si è posizionato Adam Blythe della Bmc, lontano 2'49", mentre per trovare il quarto arrivato, Cristiano Salerno della Cannondale, bisogna scendere sino a 4'58" di distacco. Quinto è Oscar Gatto della Fantini a 5'03", finalmente in una posizione degna degli antichi fasti del 2007. In ultima posizione, per la prima volta in questa edizione e per la seconda in carriera, Vincenzo Nibali dell'Astana staccato di 14'31".

Nella generale altro cambio al vertice con Adam Blythe che si posiziona in vetta e, con sole due tappe da disputare, ha ottime possibilità di diventare il primo britannico della storia a vincere la classifica. Il rivale più vicino è il già citato Appollonio che si trova a 1'33", ritardo ancora colmabile, mentre l'ex leader, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, è a 2' esatti dopo la giornataccia patita sulle strade trentine. Guadagna una posizione Wilson Marentes della Colombia che torna in quarta posizione con 5'06" da recuperare sul leader mentre il quinto posto è occupato da chi era secondo al via dal velodromo di Mori: stiamo parlando di Miguel Mínguez dell'Euskaltel che, dopo la sconcertante controprestazione contro il tempo, ha praticamente abbandonato le possibilità di mettere a segno una impressionante doppietta, accaduta nella storia del Giro solo in altre quattro occasioni. All'ultimo posto ancora Vincenzo Nibali con 4h05'50", il quale ormai è certo di arrivare a Brescia in questa scomoda posizione.

Alberto Vigonesi

 

La classifica al contrario

Nella crono di Polsa terzo successo consecutivo per il russo della Katusha Maxim Belkov che, forse per cancellare definitivamente il ricordo dell'ultimo posto conquistato nella tappa di Firenze, si è impegnato con così tanta abnegazione anche nella prova contro il tempo. Tuttavia, a causa di una decisione tanto astrusa quanto impopolare della giuria (il fatto che venga colpita la squadra meno amata dalle alte sfere di Aigle non ci sorprende), il concittadino di Tonkov è stato escluso dalla classifica, ponendo la parola fine al suo Giro; a differenza del già citato vincitore della corsa rosa del 1996, il ventottenne non si è lasciato andare a gesti eclatanti in favore di telecamera. Il principale beneficiario del provvedimento è stato Manuel Belletti dell'Ag2r che ha quindi aggiunto nel proprio palmares la tappa di giovedì. A 2'44", distacco importante in una prova individuale, si completa la festa del team francese grazie a Davide Appollonio, giunto secondo e bravo nel mantenere la costanza nei piazzamenti. Al terzo posto si è posizionato Adam Blythe della Bmc, lontano 2'49", mentre per trovare il quarto arrivato, Cristiano Salerno della Cannondale, bisogna scendere sino a 4'58" di distacco. Quinto è Oscar Gatto della Fantini a 5'03", finalmente in una posizione degna degli antichi fasti del 2007. In ultima posizione, per la prima volta in questa edizione e per la seconda in carriera, Vincenzo Nibali dell'Astana staccato di 14'31".

Nella generale altro cambio al vertice con Adam Blythe che si posiziona in vetta e, con sole due tappe da disputare, ha ottime possibilità di diventare il primo britannico della storia a vincere la classifica. Il rivale più vicino è il già citato Appollonio che si trova a 1'33", ritardo ancora colmabile, mentre l'ex leader, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, è a 2' esatti dopo la giornataccia patita sulle strade trentine. Guadagna una posizione Wilson Marentes della Colombia che torna in quarta posizione con 5'06" da recuperare sul leader mentre il quinto posto è occupato da chi era secondo al via dal velodromo di Mori: stiamo parlando di Miguel Mínguez dell'Euskaltel che, dopo la sconcertante controprestazione contro il tempo, ha praticamente abbandonato le possibilità di mettere a segno una impressionante doppietta, accaduta nella storia del Giro solo in altre quattro occasioni. All'ultimo posto ancora Vincenzo Nibali con 4h05'50", il quale ormai è certo di arrivare a Brescia in questa scomoda posizione.

Alberto Vigonesi

Barnabo delle montagne (Mario Brenta, 1994)

Barnabo delle montagne © www.sottobosco.infoQuando si fa l'elenco degli scrittori che seguivano come corrispondenti il Giro ai tempi eroici di Coppi e Bartali, non si manca mai di citare Dino Buzzati, che fu alla corsa rosa nel 1949 per conto del Corriere della Sera. All'epoca l'autore veneto era già famoso, aveva da tempo dato alle stampe il suo romanzo più celebre (Il deserto dei Tartari, tradotto in film - bellissimo - da Valerio Zurlini nel 1976) oltre ad essere una delle firme di punta del giornalismo italiano. Aveva in realtà poco a che fare con il ciclismo, Buzzati, non era un esperto e nelle sue cronache si concentrava più su aspetti socioculturali che sul commento sportivo. Avrebbe invece avuto a che fare col cinema per i film tratti dai suoi romanzi. Oltre al citato Il deserto dei Tartari, non va dimenticato il paradossale Il fischio al naso (una delle poche regie di Ugo Tognazzi) e, nel biennio 1993-'94, due trasposizioni ad opera di Ermanno Olmi (Il segreto del bosco vecchio) e di Mario Brenta, che di Olmi era stato a lungo collaboratore tecnico, e alla cui scuola si era formato una visione del cinema molto simile - per rigore, naturalismo, verismo - a quella del maestro bergamasco. Tra un documentario e l'altro, Brenta portò sugli schermi Barnabo delle montagne, che di Buzzati era stato il primo romanzo, che conteneva già alcuni temi cari all'autore (l'attesa per qualcosa che forse non verrà mai, gli sconfinati spazi da interpretare alla luce della ragione - o sragione? - umana, richiami mistici e quasi magici che affiorano nell'osservazione dei fenomeni della natura ma soprattutto dell'incoscio dei suoi protagonisti), e che era ambientato sulle Dolomiti. Brenta l'ha girato proprio dalle parti delle Tre Cime di Lavaredo, affidando i ruoli in copione ad attori non professionisti, e puntando tutto sulla rarefazione dell'azione in favore della poetica di scenari di struggente bellezza. E solitudine. È in fondo un uomo solo, Barnabo il guardiacaccia che per due volte preferisce il silenzio degli interminati spazi alpini al suono della violenza del fucile, degli spari, della sopraffazione. Il senso della sua vita è nello stare lì tra quelle vette, ufficialmente a presidiare una caserma rimasta semidiroccata dopo la Grande Guerra, ma in realtà a presidiare se stesso in contrapposizione all'avanzata di un mondo moderno sempre più incomprensibile. O forse possiamo togliere il "moderno" e il "sempre più", e convenire, con Buzzati e con Barnabo, che da sempre la montagna è il rifugio per persone troppo integre per mescolarsi alla miseria tipicamente umana.

Marco Grassi

 

La classifica al contrario

Nella crono di Polsa terzo successo consecutivo per il russo della Katusha Maxim Belkov che, forse per cancellare definitivamente il ricordo dell'ultimo posto conquistato nella tappa di Firenze, si è impegnato con così tanta abnegazione anche nella prova contro il tempo. Tuttavia, a causa di una decisione tanto astrusa quanto impopolare della giuria (il fatto che venga colpita la squadra meno amata dalle alte sfere di Aigle non ci sorprende), il concittadino di Tonkov è stato escluso dalla classifica, ponendo la parola fine al suo Giro; a differenza del già citato vincitore della corsa rosa del 1996, il ventottenne non si è lasciato andare a gesti eclatanti in favore di telecamera. Il principale beneficiario del provvedimento è stato Manuel Belletti dell'Ag2r che ha quindi aggiunto nel proprio palmares la tappa di giovedì. A 2'44", distacco importante in una prova individuale, si completa la festa del team francese grazie a Davide Appollonio, giunto secondo e bravo nel mantenere la costanza nei piazzamenti. Al terzo posto si è posizionato Adam Blythe della Bmc, lontano 2'49", mentre per trovare il quarto arrivato, Cristiano Salerno della Cannondale, bisogna scendere sino a 4'58" di distacco. Quinto è Oscar Gatto della Fantini a 5'03", finalmente in una posizione degna degli antichi fasti del 2007. In ultima posizione, per la prima volta in questa edizione e per la seconda in carriera, Vincenzo Nibali dell'Astana staccato di 14'31".

Nella generale altro cambio al vertice con Adam Blythe che si posiziona in vetta e, con sole due tappe da disputare, ha ottime possibilità di diventare il primo britannico della storia a vincere la classifica. Il rivale più vicino è il già citato Appollonio che si trova a 1'33", ritardo ancora colmabile, mentre l'ex leader, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, è a 2' esatti dopo la giornataccia patita sulle strade trentine. Guadagna una posizione Wilson Marentes della Colombia che torna in quarta posizione con 5'06" da recuperare sul leader mentre il quinto posto è occupato da chi era secondo al via dal velodromo di Mori: stiamo parlando di Miguel Mínguez dell'Euskaltel che, dopo la sconcertante controprestazione contro il tempo, ha praticamente abbandonato le possibilità di mettere a segno una impressionante doppietta, accaduta nella storia del Giro solo in altre quattro occasioni. All'ultimo posto ancora Vincenzo Nibali con 4h05'50", il quale ormai è certo di arrivare a Brescia in questa scomoda posizione.

Alberto Vigonesi

 

La classifica al contrario

Nella crono di Polsa terzo successo consecutivo per il russo della Katusha Maxim Belkov che, forse per cancellare definitivamente il ricordo dell'ultimo posto conquistato nella tappa di Firenze, si è impegnato con così tanta abnegazione anche nella prova contro il tempo. Tuttavia, a causa di una decisione tanto astrusa quanto impopolare della giuria (il fatto che venga colpita la squadra meno amata dalle alte sfere di Aigle non ci sorprende), il concittadino di Tonkov è stato escluso dalla classifica, ponendo la parola fine al suo Giro; a differenza del già citato vincitore della corsa rosa del 1996, il ventottenne non si è lasciato andare a gesti eclatanti in favore di telecamera. Il principale beneficiario del provvedimento è stato Manuel Belletti dell'Ag2r che ha quindi aggiunto nel proprio palmares la tappa di giovedì. A 2'44", distacco importante in una prova individuale, si completa la festa del team francese grazie a Davide Appollonio, giunto secondo e bravo nel mantenere la costanza nei piazzamenti. Al terzo posto si è posizionato Adam Blythe della Bmc, lontano 2'49", mentre per trovare il quarto arrivato, Cristiano Salerno della Cannondale, bisogna scendere sino a 4'58" di distacco. Quinto è Oscar Gatto della Fantini a 5'03", finalmente in una posizione degna degli antichi fasti del 2007. In ultima posizione, per la prima volta in questa edizione e per la seconda in carriera, Vincenzo Nibali dell'Astana staccato di 14'31".

Nella generale altro cambio al vertice con Adam Blythe che si posiziona in vetta e, con sole due tappe da disputare, ha ottime possibilità di diventare il primo britannico della storia a vincere la classifica. Il rivale più vicino è il già citato Appollonio che si trova a 1'33", ritardo ancora colmabile, mentre l'ex leader, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, è a 2' esatti dopo la giornataccia patita sulle strade trentine. Guadagna una posizione Wilson Marentes della Colombia che torna in quarta posizione con 5'06" da recuperare sul leader mentre il quinto posto è occupato da chi era secondo al via dal velodromo di Mori: stiamo parlando di Miguel Mínguez dell'Euskaltel che, dopo la sconcertante controprestazione contro il tempo, ha praticamente abbandonato le possibilità di mettere a segno una impressionante doppietta, accaduta nella storia del Giro solo in altre quattro occasioni. All'ultimo posto ancora Vincenzo Nibali con 4h05'50", il quale ormai è certo di arrivare a Brescia in questa scomoda posizione.

Alberto Vigonesi

Barnabo delle montagne (Mario Brenta, 1994)

Barnabo delle montagne © www.sottobosco.infoQuando si fa l'elenco degli scrittori che seguivano come corrispondenti il Giro ai tempi eroici di Coppi e Bartali, non si manca mai di citare Dino Buzzati, che fu alla corsa rosa nel 1949 per conto del Corriere della Sera. All'epoca l'autore veneto era già famoso, aveva da tempo dato alle stampe il suo romanzo più celebre (Il deserto dei Tartari, tradotto in film - bellissimo - da Valerio Zurlini nel 1976) oltre ad essere una delle firme di punta del giornalismo italiano. Aveva in realtà poco a che fare con il ciclismo, Buzzati, non era un esperto e nelle sue cronache si concentrava più su aspetti socioculturali che sul commento sportivo. Avrebbe invece avuto a che fare col cinema per i film tratti dai suoi romanzi. Oltre al citato Il deserto dei Tartari, non va dimenticato il paradossale Il fischio al naso (una delle poche regie di Ugo Tognazzi) e, nel biennio 1993-'94, due trasposizioni ad opera di Ermanno Olmi (Il segreto del bosco vecchio) e di Mario Brenta, che di Olmi era stato a lungo collaboratore tecnico, e alla cui scuola si era formato una visione del cinema molto simile - per rigore, naturalismo, verismo - a quella del maestro bergamasco. Tra un documentario e l'altro, Brenta portò sugli schermi Barnabo delle montagne, che di Buzzati era stato il primo romanzo, che conteneva già alcuni temi cari all'autore (l'attesa per qualcosa che forse non verrà mai, gli sconfinati spazi da interpretare alla luce della ragione - o sragione? - umana, richiami mistici e quasi magici che affiorano nell'osservazione dei fenomeni della natura ma soprattutto dell'incoscio dei suoi protagonisti), e che era ambientato sulle Dolomiti. Brenta l'ha girato proprio dalle parti delle Tre Cime di Lavaredo, affidando i ruoli in copione ad attori non professionisti, e puntando tutto sulla rarefazione dell'azione in favore della poetica di scenari di struggente bellezza. E solitudine. È in fondo un uomo solo, Barnabo il guardiacaccia che per due volte preferisce il silenzio degli interminati spazi alpini al suono della violenza del fucile, degli spari, della sopraffazione. Il senso della sua vita è nello stare lì tra quelle vette, ufficialmente a presidiare una caserma rimasta semidiroccata dopo la Grande Guerra, ma in realtà a presidiare se stesso in contrapposizione all'avanzata di un mondo moderno sempre più incomprensibile. O forse possiamo togliere il "moderno" e il "sempre più", e convenire, con Buzzati e con Barnabo, che da sempre la montagna è il rifugio per persone troppo integre per mescolarsi alla miseria tipicamente umana.

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