Il Portale del Ciclismo professionistico

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Dopo un riposo quantomai ristoratore in Francia, si riparte da Valloire per riguadagnare il suolo italiano. La strada fino a Susa è pressappoco quella di due giorni prima, ma fatta al contrario (si bypassa giusto la salitella di Aussois). Il Moncenisio da questo versante (Lanslebourg) è più breve (10 km) e più duro rispetto all'altro, ma risulterà ininfluente visto che dopo la vetta e dopo quasi 30 km di discesa, ce ne saranno altri 120 praticamente di pianura. Al km 202 si passa per una prima volta dal traguardo di Ivrea e poi si prosegue per Bollengo (traguardo volante) e quindi Chiaverano, località da cui parte la bella salita di Andrate, che son pur sempre 6 km di cui quasi 4 tra l'8 e il 12% di pendenza. Dalla vetta mancano 18 km al traguardo, i primi 10 sono di discesa (con 6-7 tornanti tecnici su cui volendo si potrebbe anche tentare di guadagnare), quindi da Borgofranco a Ivrea gli 8 km finali sono in piano. In totale 238 km, ma considerando il lungo trasferimento (fino a Caravaggio) che attenderà il gruppo in serata, e anche il fatto che non mancheranno certo altre frazioni di montagna (al contrario di quelle per i velocisti, che latitano), non ci stupiremo se vedremo un po' di polveri bagnate in gruppo.

Valloire

Questo bellissimo paese, in inverno stazione sciistica eccezionale, situato nel dipartimento della Savoia della regione del Rodano-Alpi, è sicuramente un punto focale del Tour de France e di tante corse minori francesi che da qui negli anni sono transitate. Valloire è la porta del Galibier, è situata tra quest'ultimo ed il Télegraphe ed è un punto d'unione tra i due storici valichi. Qui ha tuttavia fatto tappa un paio di volte il Tour de France. Nel 1972, quarto Tour di Eddy Merckx, si svolsero a Valloire due semitappe nella quattordicesima giornata di gara. La prima mini-frazione, 33.2 km da Briançon a Valloire, fu proprio il cannibale ad imporsi, mentre nella seconda frazione, da Valloire ad Aix-les-Bains, fu di Cyrille Guimard, che quell'anno fu l'unico insieme a Merckx ad indossare la maglia gialla. Maglia che a Valloire era già di Merckx, che la porterà fino a Parigi precedendo Felice Gimondi. Nel 1975 la Valloire-Morzine-Avoriaz fu di Vicente López Carril. In giallo c'era Bernard Thévenet, che vincerà il primo dei suoi due Tour. In tempi decisamente più recenti ed in categorie giovanili, il Tour de l'Avenir 2012 ha fatto tappa qui incoronando Warren Barguil, che vincerà anche la corsa: ora il classe '91 di Hennebont corre nella Argos-Shimano.

Ivrea

Il nome latino di Ivrea è Eporédiaed è una cittadina di 24.100 abitanti in provincia di Torino, nonché capoluogo dell'omonimo circondario. Capitale del Canavese, regione storica piemontese, Ivrea è circondata dall'anfiteatro della Serra Morenica e da diversi laghi, di cui Sirio è il più grande. Nel secolo scorso ha vissuto i fasti della multinazionale Olivetti, convertendosi poi alla piccola-media impresa, spesso in ambito tecnologico, e al terziario. Sicuramente da visitare sono il Duomo di Santa Maria, la Chiesa di San Nicola da Tolentino, il Castello con tre torri, simbolo della città ed il MAAM (Museo all'aperto di architettura moderna). In tavola si possono gustare gli eporediesi, biscotti dalle origini ignote e dalla ricetta non definita ma base dicacao, le nocciole e le mandorle, oltre alla polentina di Ivrea, piccola torta ideata nel 1922 dai fratelli Strobbia ed ai faseuj grass, uno stufato di fagioli cotti con la cotenna di maiale e con salamelle speziate tipico di tutto il Canavese. Ivrea non ha mai ospitato fino ad oggi il Giro d'Italia.

Francesco Sulas
Valloire

Questo bellissimo paese, in inverno stazione sciistica eccezionale, situato nel dipartimento della Savoia della regione del Rodano-Alpi, è sicuramente un punto focale del Tour de France e di tante corse minori francesi che da qui negli anni sono transitate. Valloire è la porta del Galibier, è situata tra quest'ultimo ed il Télegraphe ed è un punto d'unione tra i due storici valichi. Qui ha tuttavia fatto tappa un paio di volte il Tour de France. Nel 1972, quarto Tour di Eddy Merckx, si svolsero a Valloire due semitappe nella quattordicesima giornata di gara. La prima mini-frazione, 33.2 km da Briançon a Valloire, fu proprio il cannibale ad imporsi, mentre nella seconda frazione, da Valloire ad Aix-les-Bains, fu di Cyrille Guimard, che quell'anno fu l'unico insieme a Merckx ad indossare la maglia gialla. Maglia che a Valloire era già di Merckx, che la porterà fino a Parigi precedendo Felice Gimondi. Nel 1975 la Valloire-Morzine-Avoriaz fu di Vicente López Carril. In giallo c'era Bernard Thévenet, che vincerà il primo dei suoi due Tour. In tempi decisamente più recenti ed in categorie giovanili, il Tour de l'Avenir 2012 ha fatto tappa qui incoronando Warren Barguil, che vincerà anche la corsa: ora il classe '91 di Hennebont corre nella Argos-Shimano.

Ivrea

Il nome latino di Ivrea è Eporédiaed è una cittadina di 24.100 abitanti in provincia di Torino, nonché capoluogo dell'omonimo circondario. Capitale del Canavese, regione storica piemontese, Ivrea è circondata dall'anfiteatro della Serra Morenica e da diversi laghi, di cui Sirio è il più grande. Nel secolo scorso ha vissuto i fasti della multinazionale Olivetti, convertendosi poi alla piccola-media impresa, spesso in ambito tecnologico, e al terziario. Sicuramente da visitare sono il Duomo di Santa Maria, la Chiesa di San Nicola da Tolentino, il Castello con tre torri, simbolo della città ed il MAAM (Museo all'aperto di architettura moderna). In tavola si possono gustare gli eporediesi, biscotti dalle origini ignote e dalla ricetta non definita ma base dicacao, le nocciole e le mandorle, oltre alla polentina di Ivrea, piccola torta ideata nel 1922 dai fratelli Strobbia ed ai faseuj grass, uno stufato di fagioli cotti con la cotenna di maiale e con salamelle speziate tipico di tutto il Canavese. Ivrea non ha mai ospitato fino ad oggi il Giro d'Italia.

Valloire

Questo bellissimo paese, in inverno stazione sciistica eccezionale, situato nel dipartimento della Savoia della regione del Rodano-Alpi, è sicuramente un punto focale del Tour de France e di tante corse minori francesi che da qui negli anni sono transitate. Valloire è la porta del Galibier, è situata tra quest'ultimo ed il Télegraphe ed è un punto d'unione tra i due storici valichi. Qui ha tuttavia fatto tappa un paio di volte il Tour de France. Nel 1972, quarto Tour di Eddy Merckx, si svolsero a Valloire due semitappe nella quattordicesima giornata di gara. La prima mini-frazione, 33.2 km da Briançon a Valloire, fu proprio il cannibale ad imporsi, mentre nella seconda frazione, da Valloire ad Aix-les-Bains, fu di Cyrille Guimard, che quell'anno fu l'unico insieme a Merckx ad indossare la maglia gialla. Maglia che a Valloire era già di Merckx, che la porterà fino a Parigi precedendo Felice Gimondi. Nel 1975 la Valloire-Morzine-Avoriaz fu di Vicente López Carril. In giallo c'era Bernard Thévenet, che vincerà il primo dei suoi due Tour. In tempi decisamente più recenti ed in categorie giovanili, il Tour de l'Avenir 2012 ha fatto tappa qui incoronando Warren Barguil, che vincerà anche la corsa: ora il classe '91 di Hennebont corre nella Argos-Shimano.

Ivrea

Il nome latino di Ivrea è Eporédiaed è una cittadina di 24.100 abitanti in provincia di Torino, nonché capoluogo dell'omonimo circondario. Capitale del Canavese, regione storica piemontese, Ivrea è circondata dall'anfiteatro della Serra Morenica e da diversi laghi, di cui Sirio è il più grande. Nel secolo scorso ha vissuto i fasti della multinazionale Olivetti, convertendosi poi alla piccola-media impresa, spesso in ambito tecnologico, e al terziario. Sicuramente da visitare sono il Duomo di Santa Maria, la Chiesa di San Nicola da Tolentino, il Castello con tre torri, simbolo della città ed il MAAM (Museo all'aperto di architettura moderna). In tavola si possono gustare gli eporediesi, biscotti dalle origini ignote e dalla ricetta non definita ma base dicacao, le nocciole e le mandorle, oltre alla polentina di Ivrea, piccola torta ideata nel 1922 dai fratelli Strobbia ed ai faseuj grass, uno stufato di fagioli cotti con la cotenna di maiale e con salamelle speziate tipico di tutto il Canavese. Ivrea non ha mai ospitato fino ad oggi il Giro d'Italia.

Valloire

Questo bellissimo paese, in inverno stazione sciistica eccezionale, situato nel dipartimento della Savoia della regione del Rodano-Alpi, è sicuramente un punto focale del Tour de France e di tante corse minori francesi che da qui negli anni sono transitate. Valloire è la porta del Galibier, è situata tra quest'ultimo ed il Télegraphe ed è un punto d'unione tra i due storici valichi. Qui ha tuttavia fatto tappa un paio di volte il Tour de France. Nel 1972, quarto Tour di Eddy Merckx, si svolsero a Valloire due semitappe nella quattordicesima giornata di gara. La prima mini-frazione, 33.2 km da Briançon a Valloire, fu proprio il cannibale ad imporsi, mentre nella seconda frazione, da Valloire ad Aix-les-Bains, fu di Cyrille Guimard, che quell'anno fu l'unico insieme a Merckx ad indossare la maglia gialla. Maglia che a Valloire era già di Merckx, che la porterà fino a Parigi precedendo Felice Gimondi. Nel 1975 la Valloire-Morzine-Avoriaz fu di Vicente López Carril. In giallo c'era Bernard Thévenet, che vincerà il primo dei suoi due Tour. In tempi decisamente più recenti ed in categorie giovanili, il Tour de l'Avenir 2012 ha fatto tappa qui incoronando Warren Barguil, che vincerà anche la corsa: ora il classe '91 di Hennebont corre nella Argos-Shimano.

Ivrea

Il nome latino di Ivrea è Eporédiaed è una cittadina di 24.100 abitanti in provincia di Torino, nonché capoluogo dell'omonimo circondario. Capitale del Canavese, regione storica piemontese, Ivrea è circondata dall'anfiteatro della Serra Morenica e da diversi laghi, di cui Sirio è il più grande. Nel secolo scorso ha vissuto i fasti della multinazionale Olivetti, convertendosi poi alla piccola-media impresa, spesso in ambito tecnologico, e al terziario. Sicuramente da visitare sono il Duomo di Santa Maria, la Chiesa di San Nicola da Tolentino, il Castello con tre torri, simbolo della città ed il MAAM (Museo all'aperto di architettura moderna). In tavola si possono gustare gli eporediesi, biscotti dalle origini ignote e dalla ricetta non definita ma base dicacao, le nocciole e le mandorle, oltre alla polentina di Ivrea, piccola torta ideata nel 1922 dai fratelli Strobbia ed ai faseuj grass, uno stufato di fagioli cotti con la cotenna di maiale e con salamelle speziate tipico di tutto il Canavese. Ivrea non ha mai ospitato fino ad oggi il Giro d'Italia.

Valloire

Questo bellissimo paese, in inverno stazione sciistica eccezionale, situato nel dipartimento della Savoia della regione del Rodano-Alpi, è sicuramente un punto focale del Tour de France e di tante corse minori francesi che da qui negli anni sono transitate. Valloire è la porta del Galibier, è situata tra quest'ultimo ed il Télegraphe ed è un punto d'unione tra i due storici valichi. Qui ha tuttavia fatto tappa un paio di volte il Tour de France. Nel 1972, quarto Tour di Eddy Merckx, si svolsero a Valloire due semitappe nella quattordicesima giornata di gara. La prima mini-frazione, 33.2 km da Briançon a Valloire, fu proprio il cannibale ad imporsi, mentre nella seconda frazione, da Valloire ad Aix-les-Bains, fu di Cyrille Guimard, che quell'anno fu l'unico insieme a Merckx ad indossare la maglia gialla. Maglia che a Valloire era già di Merckx, che la porterà fino a Parigi precedendo Felice Gimondi. Nel 1975 la Valloire-Morzine-Avoriaz fu di Vicente López Carril. In giallo c'era Bernard Thévenet, che vincerà il primo dei suoi due Tour. In tempi decisamente più recenti ed in categorie giovanili, il Tour de l'Avenir 2012 ha fatto tappa qui incoronando Warren Barguil, che vincerà anche la corsa: ora il classe '91 di Hennebont corre nella Argos-Shimano.

Ivrea

Il nome latino di Ivrea è Eporédiaed è una cittadina di 24.100 abitanti in provincia di Torino, nonché capoluogo dell'omonimo circondario. Capitale del Canavese, regione storica piemontese, Ivrea è circondata dall'anfiteatro della Serra Morenica e da diversi laghi, di cui Sirio è il più grande. Nel secolo scorso ha vissuto i fasti della multinazionale Olivetti, convertendosi poi alla piccola-media impresa, spesso in ambito tecnologico, e al terziario. Sicuramente da visitare sono il Duomo di Santa Maria, la Chiesa di San Nicola da Tolentino, il Castello con tre torri, simbolo della città ed il MAAM (Museo all'aperto di architettura moderna). In tavola si possono gustare gli eporediesi, biscotti dalle origini ignote e dalla ricetta non definita ma base dicacao, le nocciole e le mandorle, oltre alla polentina di Ivrea, piccola torta ideata nel 1922 dai fratelli Strobbia ed ai faseuj grass, uno stufato di fagioli cotti con la cotenna di maiale e con salamelle speziate tipico di tutto il Canavese. Ivrea non ha mai ospitato fino ad oggi il Giro d'Italia.

Valloire

Questo bellissimo paese, in inverno stazione sciistica eccezionale, situato nel dipartimento della Savoia della regione del Rodano-Alpi, è sicuramente un punto focale del Tour de France e di tante corse minori francesi che da qui negli anni sono transitate. Valloire è la porta del Galibier, è situata tra quest'ultimo ed il Télegraphe ed è un punto d'unione tra i due storici valichi. Qui ha tuttavia fatto tappa un paio di volte il Tour de France. Nel 1972, quarto Tour di Eddy Merckx, si svolsero a Valloire due semitappe nella quattordicesima giornata di gara. La prima mini-frazione, 33.2 km da Briançon a Valloire, fu proprio il cannibale ad imporsi, mentre nella seconda frazione, da Valloire ad Aix-les-Bains, fu di Cyrille Guimard, che quell'anno fu l'unico insieme a Merckx ad indossare la maglia gialla. Maglia che a Valloire era già di Merckx, che la porterà fino a Parigi precedendo Felice Gimondi. Nel 1975 la Valloire-Morzine-Avoriaz fu di Vicente López Carril. In giallo c'era Bernard Thévenet, che vincerà il primo dei suoi due Tour. In tempi decisamente più recenti ed in categorie giovanili, il Tour de l'Avenir 2012 ha fatto tappa qui incoronando Warren Barguil, che vincerà anche la corsa: ora il classe '91 di Hennebont corre nella Argos-Shimano.

Ivrea

Il nome latino di Ivrea è Eporédiaed è una cittadina di 24.100 abitanti in provincia di Torino, nonché capoluogo dell'omonimo circondario. Capitale del Canavese, regione storica piemontese, Ivrea è circondata dall'anfiteatro della Serra Morenica e da diversi laghi, di cui Sirio è il più grande. Nel secolo scorso ha vissuto i fasti della multinazionale Olivetti, convertendosi poi alla piccola-media impresa, spesso in ambito tecnologico, e al terziario. Sicuramente da visitare sono il Duomo di Santa Maria, la Chiesa di San Nicola da Tolentino, il Castello con tre torri, simbolo della città ed il MAAM (Museo all'aperto di architettura moderna). In tavola si possono gustare gli eporediesi, biscotti dalle origini ignote e dalla ricetta non definita ma base dicacao, le nocciole e le mandorle, oltre alla polentina di Ivrea, piccola torta ideata nel 1922 dai fratelli Strobbia ed ai faseuj grass, uno stufato di fagioli cotti con la cotenna di maiale e con salamelle speziate tipico di tutto il Canavese. Ivrea non ha mai ospitato fino ad oggi il Giro d'Italia.

Meteo

11.10 - Valloire
14.15 - Condove
17.20 - Ivrea

Soggetti Alternativi

Questo Giro rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe per questo 24enne australiano, alla sua seconda stagione nelle file della Garmin. Dopo gli esordi nella MTB, è passato alla strada segnalandosi come buon passista-scalatore e soprattutto nel 2011 sono state molte le sue vittorie, principalmente in brevi gare a tappe del suo Paese (tra cui l'Herald Sun Tour). Nello stesso anno ha conquistato anche la Japan Cup mentre nel 2012 si è messo in mostra soprattutto al Tour of Britain, terminato in 2a posizione. L'inizio del suo 2013 è stato buono, dal momento che ha concluso al sesto posto il Tour de Langkawi (arrivando 3° a Cameron Highlands). Il Giro rappresenta per lui un'occasione per fare esperienza in ottica futura e, se ce ne sarà occasione, potremmo vederlo all'opera in una fuga. Magari per dimostrare di essere, almeno per un giorno, il più forte in Haas...soluto!

Vivian Ghianni

Questo Giro rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe per questo 24enne australiano, alla sua seconda stagione nelle file della Garmin. Dopo gli esordi nella MTB, è passato alla strada segnalandosi come buon passista-scalatore e soprattutto nel 2011 sono state molte le sue vittorie, principalmente in brevi gare a tappe del suo Paese (tra cui l'Herald Sun Tour). Nello stesso anno ha conquistato anche la Japan Cup mentre nel 2012 si è messo in mostra soprattutto al Tour of Britain, terminato in 2a posizione. L'inizio del suo 2013 è stato buono, dal momento che ha concluso al sesto posto il Tour de Langkawi (arrivando 3° a Cameron Highlands). Il Giro rappresenta per lui un'occasione per fare esperienza in ottica futura e, se ce ne sarà occasione, potremmo vederlo all'opera in una fuga. Magari per dimostrare di essere, almeno per un giorno, il più forte in Haas...soluto!

Questo Giro rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe per questo 24enne australiano, alla sua seconda stagione nelle file della Garmin. Dopo gli esordi nella MTB, è passato alla strada segnalandosi come buon passista-scalatore e soprattutto nel 2011 sono state molte le sue vittorie, principalmente in brevi gare a tappe del suo Paese (tra cui l'Herald Sun Tour). Nello stesso anno ha conquistato anche la Japan Cup mentre nel 2012 si è messo in mostra soprattutto al Tour of Britain, terminato in 2a posizione. L'inizio del suo 2013 è stato buono, dal momento che ha concluso al sesto posto il Tour de Langkawi (arrivando 3° a Cameron Highlands). Il Giro rappresenta per lui un'occasione per fare esperienza in ottica futura e, se ce ne sarà occasione, potremmo vederlo all'opera in una fuga. Magari per dimostrare di essere, almeno per un giorno, il più forte in Haas...soluto!

Questo Giro rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe per questo 24enne australiano, alla sua seconda stagione nelle file della Garmin. Dopo gli esordi nella MTB, è passato alla strada segnalandosi come buon passista-scalatore e soprattutto nel 2011 sono state molte le sue vittorie, principalmente in brevi gare a tappe del suo Paese (tra cui l'Herald Sun Tour). Nello stesso anno ha conquistato anche la Japan Cup mentre nel 2012 si è messo in mostra soprattutto al Tour of Britain, terminato in 2a posizione. L'inizio del suo 2013 è stato buono, dal momento che ha concluso al sesto posto il Tour de Langkawi (arrivando 3° a Cameron Highlands). Il Giro rappresenta per lui un'occasione per fare esperienza in ottica futura e, se ce ne sarà occasione, potremmo vederlo all'opera in una fuga. Magari per dimostrare di essere, almeno per un giorno, il più forte in Haas...soluto!

Questo Giro rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe per questo 24enne australiano, alla sua seconda stagione nelle file della Garmin. Dopo gli esordi nella MTB, è passato alla strada segnalandosi come buon passista-scalatore e soprattutto nel 2011 sono state molte le sue vittorie, principalmente in brevi gare a tappe del suo Paese (tra cui l'Herald Sun Tour). Nello stesso anno ha conquistato anche la Japan Cup mentre nel 2012 si è messo in mostra soprattutto al Tour of Britain, terminato in 2a posizione. L'inizio del suo 2013 è stato buono, dal momento che ha concluso al sesto posto il Tour de Langkawi (arrivando 3° a Cameron Highlands). Il Giro rappresenta per lui un'occasione per fare esperienza in ottica futura e, se ce ne sarà occasione, potremmo vederlo all'opera in una fuga. Magari per dimostrare di essere, almeno per un giorno, il più forte in Haas...soluto!

Questo Giro rappresenta il debutto assoluto in una grande corsa a tappe per questo 24enne australiano, alla sua seconda stagione nelle file della Garmin. Dopo gli esordi nella MTB, è passato alla strada segnalandosi come buon passista-scalatore e soprattutto nel 2011 sono state molte le sue vittorie, principalmente in brevi gare a tappe del suo Paese (tra cui l'Herald Sun Tour). Nello stesso anno ha conquistato anche la Japan Cup mentre nel 2012 si è messo in mostra soprattutto al Tour of Britain, terminato in 2a posizione. L'inizio del suo 2013 è stato buono, dal momento che ha concluso al sesto posto il Tour de Langkawi (arrivando 3° a Cameron Highlands). Il Giro rappresenta per lui un'occasione per fare esperienza in ottica futura e, se ce ne sarà occasione, potremmo vederlo all'opera in una fuga. Magari per dimostrare di essere, almeno per un giorno, il più forte in Haas...soluto!

GiroTweet

@MATTEOTRENTIN: Eccoci!! 6 giorni alla fine!! Come @IljoKeisse su pista ma con un po' più di salite in programma! #stayhard

@alexdowsett: Nota a tutti gli hotel da un cliente abituale. Se il vostro wifi è inutile ma gratis è accettabile, se inutile e caro proprio non va bene

@HansenAdam: Durante il giorno di riposo del #Giro... pic.twitter.com/GxPgpvhrzM

@taylorphinney: Opzione 1 scalare di nuovo il Galibier. Opzione 2 scalare di nuovo il Télégraphe. Opzione 3 letto. Penso che la risposta la sapere #Giro

@ChristianVDV: Giorno 17 del campo di sopravvivenza. Giorno di riposo. Andrò a fare il Galibier (di nuovo) perché odio me stesso

Tutti giù per terra (Davide Ferrario, 1997)

Tutti giù per terra © blog.chili-tv.itPer la serie "non tutti sanno che". Non tutti sanno che Torino è stata non solo la prima capitale politica d'Italia, ma anche la prima capitale del cinema. Data la sua vicinanza con la Francia dei Lumiére, la città sabauda fu più permeabile di altre, agli albori del cinematografo, rispetto a questa grande novità che veniva d'oltralpe. E a Torino operò il primo regista importante che abbiamo avuto, Giovanni Pastrone (astigiano), autore di Cabiria, un kolossal vero e proprio uscito poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Talmente importante quel film, da aver ispirato addirittura - si dice - uno dei padri del cinema americano (David Wark Griffith per il suo Intolerance). Del resto il rapporto tra Torino (che oggi sarà lambita dal Giro d'Italia) e il cinema è confermato anche dalla presenza, all'interno della Mole Antonelliana, del bel Museo Nazionale del Cinema, oltre che dall'organizzazione dell'affermato Film Festival (diretto da quest'anno da Paolo Virzì). L'ultimo interprete di rilievo della torinesità su celluloide è senz'altro Davide Ferrario, regista che ha saputo alternare cinema di fiction e documentari, che ha saputo osare e anche molto (ad esempio Guardami raccontava in maniera molto realistica vita e opere di una pornostar), e che si fece conoscere al grande pubblico nel 1997 con un'opera generazionale come poche, nel decennio dei '90: Tutti giù per terra, per alcuni la risposta italiana al celebre Trainspotting, ma - secondo tradizione nostrana - depurata da eccessi drogastici e molto più virata su toni da commedia. Il protagonista Walter, interpretato da Valerio Mastandrea (che con questo ruolo svoltò) è un giovane torinese sfaccendato che cerca lavoro, passa dal servizio civile e da una serie di vicissitudini di varia socialità, non esclusa la scoperta del sesso, e resta fino alla fine alla ricerca di se stesso. Girato con stile molto cool, con trovate registiche gradevoli (l'accelerazione di pezzi di scene è diventata poi un marchio di fabbrica di Ferrario), con una colonna sonora che irrompe nel film più di quanto non si pensi (i cantanti di alcuni brani presenti - i CSI e la Redeghieri degli Üstmamò - si materializzano nelle vesti di una commissione d'esame...), e con un cast eterogeneo che vede muoversi intorno a Mastandrea Anita Caprioli e Benedetta Mazzini (figlia di Mina), Caterina Caselli e Luciana Littizzetto, Vladimir Luxuria e Carlo Monni. Lui, il toscanaccio Monni, scomparso appena due giorni fa, è forse il personaggio più simpatico di tutti: interpreta il padre del protagonista, litiga col figlio, bercia, e non può che chiudere il film prendendo a calci un armadillo...

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Nell'unica tappa del Giro che si è conclusa all'estero i migliori cinque sono tutti italiani, evento che dimostra la salute del pedale azzurro. Il vincitore è Davide Appollonio dell'Ag2r, bravissimo nel conquistare la tappa più ambita per la squadra, dato che la formazione di Lavenu ha sede in Savoia. Il molisano ha la meglio su altri settantasei rivali, il primo dei battuti è Mattia Gavazzi dell'Androni, per cui sono finiti gli aggettivi. Al terzo posto si vede finalmente Filippo Pozzato della Lampre che, da vero e proprio boss del gruppo, conquista un buon risultato, tuttavia non riuscendo ad imporre la propria legge al resto della ciurma. Al quarto posto un co-provinciale del Pippo nazionale, ossia Marco Canola della Bardiani, mentre il quinto è Giairo Ermeti dell'Androni a cui non sono servitele rimostranze subite da parte dei leader del plotone per rinunciare ad un piazzamento di prestigio in vetta al Galibier. In ultima posizione un italiano vero, per dirla alla Toto Cutugno, il tre volte campione italiano Giovanni Visconti della Movistar, arrivato a 27'54". Classifica generale che vede Gavazzi in testa che riesce ad allungare sul più immediato inseguitore, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato staccato di 20'24" che, grazie alla sorprendente debalce di chi lo precedeva, torna nella piazza d'onore. Terzo è Edwin Ávila della Colombia che, come detto dopo la controprestazione, segue a 20'34". In quarta posizione sale Appollonio con un ritardo di 21'24" mentre ritorna nei migliori cinque Miguel Mínguez dell'Euskaltel che paga 22'01". La lotta per la prima piazza si fa sempre meno interessante, con la dittatura imposta dal velocista di Savio che ha ammazzato la corsa; da non perdere la lotta per il secondo posto che vede così tanti corridori in lizza. Infine si registra ancora una volta l'ultima piazza di Vincenzo Nibali dell'Astana, disperso a 3h51'38".

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Nell'unica tappa del Giro che si è conclusa all'estero i migliori cinque sono tutti italiani, evento che dimostra la salute del pedale azzurro. Il vincitore è Davide Appollonio dell'Ag2r, bravissimo nel conquistare la tappa più ambita per la squadra, dato che la formazione di Lavenu ha sede in Savoia. Il molisano ha la meglio su altri settantasei rivali, il primo dei battuti è Mattia Gavazzi dell'Androni, per cui sono finiti gli aggettivi. Al terzo posto si vede finalmente Filippo Pozzato della Lampre che, da vero e proprio boss del gruppo, conquista un buon risultato, tuttavia non riuscendo ad imporre la propria legge al resto della ciurma. Al quarto posto un co-provinciale del Pippo nazionale, ossia Marco Canola della Bardiani, mentre il quinto è Giairo Ermeti dell'Androni a cui non sono servitele rimostranze subite da parte dei leader del plotone per rinunciare ad un piazzamento di prestigio in vetta al Galibier. In ultima posizione un italiano vero, per dirla alla Toto Cutugno, il tre volte campione italiano Giovanni Visconti della Movistar, arrivato a 27'54". Classifica generale che vede Gavazzi in testa che riesce ad allungare sul più immediato inseguitore, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato staccato di 20'24" che, grazie alla sorprendente debalce di chi lo precedeva, torna nella piazza d'onore. Terzo è Edwin Ávila della Colombia che, come detto dopo la controprestazione, segue a 20'34". In quarta posizione sale Appollonio con un ritardo di 21'24" mentre ritorna nei migliori cinque Miguel Mínguez dell'Euskaltel che paga 22'01". La lotta per la prima piazza si fa sempre meno interessante, con la dittatura imposta dal velocista di Savio che ha ammazzato la corsa; da non perdere la lotta per il secondo posto che vede così tanti corridori in lizza. Infine si registra ancora una volta l'ultima piazza di Vincenzo Nibali dell'Astana, disperso a 3h51'38".

Alberto Vigonesi

Tutti giù per terra (Davide Ferrario, 1997)

Tutti giù per terra © blog.chili-tv.itPer la serie "non tutti sanno che". Non tutti sanno che Torino è stata non solo la prima capitale politica d'Italia, ma anche la prima capitale del cinema. Data la sua vicinanza con la Francia dei Lumiére, la città sabauda fu più permeabile di altre, agli albori del cinematografo, rispetto a questa grande novità che veniva d'oltralpe. E a Torino operò il primo regista importante che abbiamo avuto, Giovanni Pastrone (astigiano), autore di Cabiria, un kolossal vero e proprio uscito poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Talmente importante quel film, da aver ispirato addirittura - si dice - uno dei padri del cinema americano (David Wark Griffith per il suo Intolerance). Del resto il rapporto tra Torino (che oggi sarà lambita dal Giro d'Italia) e il cinema è confermato anche dalla presenza, all'interno della Mole Antonelliana, del bel Museo Nazionale del Cinema, oltre che dall'organizzazione dell'affermato Film Festival (diretto da quest'anno da Paolo Virzì). L'ultimo interprete di rilievo della torinesità su celluloide è senz'altro Davide Ferrario, regista che ha saputo alternare cinema di fiction e documentari, che ha saputo osare e anche molto (ad esempio Guardami raccontava in maniera molto realistica vita e opere di una pornostar), e che si fece conoscere al grande pubblico nel 1997 con un'opera generazionale come poche, nel decennio dei '90: Tutti giù per terra, per alcuni la risposta italiana al celebre Trainspotting, ma - secondo tradizione nostrana - depurata da eccessi drogastici e molto più virata su toni da commedia. Il protagonista Walter, interpretato da Valerio Mastandrea (che con questo ruolo svoltò) è un giovane torinese sfaccendato che cerca lavoro, passa dal servizio civile e da una serie di vicissitudini di varia socialità, non esclusa la scoperta del sesso, e resta fino alla fine alla ricerca di se stesso. Girato con stile molto cool, con trovate registiche gradevoli (l'accelerazione di pezzi di scene è diventata poi un marchio di fabbrica di Ferrario), con una colonna sonora che irrompe nel film più di quanto non si pensi (i cantanti di alcuni brani presenti - i CSI e la Redeghieri degli Üstmamò - si materializzano nelle vesti di una commissione d'esame...), e con un cast eterogeneo che vede muoversi intorno a Mastandrea Anita Caprioli e Benedetta Mazzini (figlia di Mina), Caterina Caselli e Luciana Littizzetto, Vladimir Luxuria e Carlo Monni. Lui, il toscanaccio Monni, scomparso appena due giorni fa, è forse il personaggio più simpatico di tutti: interpreta il padre del protagonista, litiga col figlio, bercia, e non può che chiudere il film prendendo a calci un armadillo...

Marco Grassi

Rassegna stampa

Rassegna GiroNotes 2013 - 16a tappa
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Rassegna GiroNotes 2013 - 16a tappa
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Tutti giù per terra (Davide Ferrario, 1997)

Tutti giù per terra © blog.chili-tv.itPer la serie "non tutti sanno che". Non tutti sanno che Torino è stata non solo la prima capitale politica d'Italia, ma anche la prima capitale del cinema. Data la sua vicinanza con la Francia dei Lumiére, la città sabauda fu più permeabile di altre, agli albori del cinematografo, rispetto a questa grande novità che veniva d'oltralpe. E a Torino operò il primo regista importante che abbiamo avuto, Giovanni Pastrone (astigiano), autore di Cabiria, un kolossal vero e proprio uscito poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Talmente importante quel film, da aver ispirato addirittura - si dice - uno dei padri del cinema americano (David Wark Griffith per il suo Intolerance). Del resto il rapporto tra Torino (che oggi sarà lambita dal Giro d'Italia) e il cinema è confermato anche dalla presenza, all'interno della Mole Antonelliana, del bel Museo Nazionale del Cinema, oltre che dall'organizzazione dell'affermato Film Festival (diretto da quest'anno da Paolo Virzì). L'ultimo interprete di rilievo della torinesità su celluloide è senz'altro Davide Ferrario, regista che ha saputo alternare cinema di fiction e documentari, che ha saputo osare e anche molto (ad esempio Guardami raccontava in maniera molto realistica vita e opere di una pornostar), e che si fece conoscere al grande pubblico nel 1997 con un'opera generazionale come poche, nel decennio dei '90: Tutti giù per terra, per alcuni la risposta italiana al celebre Trainspotting, ma - secondo tradizione nostrana - depurata da eccessi drogastici e molto più virata su toni da commedia. Il protagonista Walter, interpretato da Valerio Mastandrea (che con questo ruolo svoltò) è un giovane torinese sfaccendato che cerca lavoro, passa dal servizio civile e da una serie di vicissitudini di varia socialità, non esclusa la scoperta del sesso, e resta fino alla fine alla ricerca di se stesso. Girato con stile molto cool, con trovate registiche gradevoli (l'accelerazione di pezzi di scene è diventata poi un marchio di fabbrica di Ferrario), con una colonna sonora che irrompe nel film più di quanto non si pensi (i cantanti di alcuni brani presenti - i CSI e la Redeghieri degli Üstmamò - si materializzano nelle vesti di una commissione d'esame...), e con un cast eterogeneo che vede muoversi intorno a Mastandrea Anita Caprioli e Benedetta Mazzini (figlia di Mina), Caterina Caselli e Luciana Littizzetto, Vladimir Luxuria e Carlo Monni. Lui, il toscanaccio Monni, scomparso appena due giorni fa, è forse il personaggio più simpatico di tutti: interpreta il padre del protagonista, litiga col figlio, bercia, e non può che chiudere il film prendendo a calci un armadillo...

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Nell'unica tappa del Giro che si è conclusa all'estero i migliori cinque sono tutti italiani, evento che dimostra la salute del pedale azzurro. Il vincitore è Davide Appollonio dell'Ag2r, bravissimo nel conquistare la tappa più ambita per la squadra, dato che la formazione di Lavenu ha sede in Savoia. Il molisano ha la meglio su altri settantasei rivali, il primo dei battuti è Mattia Gavazzi dell'Androni, per cui sono finiti gli aggettivi. Al terzo posto si vede finalmente Filippo Pozzato della Lampre che, da vero e proprio boss del gruppo, conquista un buon risultato, tuttavia non riuscendo ad imporre la propria legge al resto della ciurma. Al quarto posto un co-provinciale del Pippo nazionale, ossia Marco Canola della Bardiani, mentre il quinto è Giairo Ermeti dell'Androni a cui non sono servitele rimostranze subite da parte dei leader del plotone per rinunciare ad un piazzamento di prestigio in vetta al Galibier. In ultima posizione un italiano vero, per dirla alla Toto Cutugno, il tre volte campione italiano Giovanni Visconti della Movistar, arrivato a 27'54". Classifica generale che vede Gavazzi in testa che riesce ad allungare sul più immediato inseguitore, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato staccato di 20'24" che, grazie alla sorprendente debalce di chi lo precedeva, torna nella piazza d'onore. Terzo è Edwin Ávila della Colombia che, come detto dopo la controprestazione, segue a 20'34". In quarta posizione sale Appollonio con un ritardo di 21'24" mentre ritorna nei migliori cinque Miguel Mínguez dell'Euskaltel che paga 22'01". La lotta per la prima piazza si fa sempre meno interessante, con la dittatura imposta dal velocista di Savio che ha ammazzato la corsa; da non perdere la lotta per il secondo posto che vede così tanti corridori in lizza. Infine si registra ancora una volta l'ultima piazza di Vincenzo Nibali dell'Astana, disperso a 3h51'38".

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Nell'unica tappa del Giro che si è conclusa all'estero i migliori cinque sono tutti italiani, evento che dimostra la salute del pedale azzurro. Il vincitore è Davide Appollonio dell'Ag2r, bravissimo nel conquistare la tappa più ambita per la squadra, dato che la formazione di Lavenu ha sede in Savoia. Il molisano ha la meglio su altri settantasei rivali, il primo dei battuti è Mattia Gavazzi dell'Androni, per cui sono finiti gli aggettivi. Al terzo posto si vede finalmente Filippo Pozzato della Lampre che, da vero e proprio boss del gruppo, conquista un buon risultato, tuttavia non riuscendo ad imporre la propria legge al resto della ciurma. Al quarto posto un co-provinciale del Pippo nazionale, ossia Marco Canola della Bardiani, mentre il quinto è Giairo Ermeti dell'Androni a cui non sono servitele rimostranze subite da parte dei leader del plotone per rinunciare ad un piazzamento di prestigio in vetta al Galibier. In ultima posizione un italiano vero, per dirla alla Toto Cutugno, il tre volte campione italiano Giovanni Visconti della Movistar, arrivato a 27'54". Classifica generale che vede Gavazzi in testa che riesce ad allungare sul più immediato inseguitore, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato staccato di 20'24" che, grazie alla sorprendente debalce di chi lo precedeva, torna nella piazza d'onore. Terzo è Edwin Ávila della Colombia che, come detto dopo la controprestazione, segue a 20'34". In quarta posizione sale Appollonio con un ritardo di 21'24" mentre ritorna nei migliori cinque Miguel Mínguez dell'Euskaltel che paga 22'01". La lotta per la prima piazza si fa sempre meno interessante, con la dittatura imposta dal velocista di Savio che ha ammazzato la corsa; da non perdere la lotta per il secondo posto che vede così tanti corridori in lizza. Infine si registra ancora una volta l'ultima piazza di Vincenzo Nibali dell'Astana, disperso a 3h51'38".

Alberto Vigonesi

Tutti giù per terra (Davide Ferrario, 1997)

Tutti giù per terra © blog.chili-tv.itPer la serie "non tutti sanno che". Non tutti sanno che Torino è stata non solo la prima capitale politica d'Italia, ma anche la prima capitale del cinema. Data la sua vicinanza con la Francia dei Lumiére, la città sabauda fu più permeabile di altre, agli albori del cinematografo, rispetto a questa grande novità che veniva d'oltralpe. E a Torino operò il primo regista importante che abbiamo avuto, Giovanni Pastrone (astigiano), autore di Cabiria, un kolossal vero e proprio uscito poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Talmente importante quel film, da aver ispirato addirittura - si dice - uno dei padri del cinema americano (David Wark Griffith per il suo Intolerance). Del resto il rapporto tra Torino (che oggi sarà lambita dal Giro d'Italia) e il cinema è confermato anche dalla presenza, all'interno della Mole Antonelliana, del bel Museo Nazionale del Cinema, oltre che dall'organizzazione dell'affermato Film Festival (diretto da quest'anno da Paolo Virzì). L'ultimo interprete di rilievo della torinesità su celluloide è senz'altro Davide Ferrario, regista che ha saputo alternare cinema di fiction e documentari, che ha saputo osare e anche molto (ad esempio Guardami raccontava in maniera molto realistica vita e opere di una pornostar), e che si fece conoscere al grande pubblico nel 1997 con un'opera generazionale come poche, nel decennio dei '90: Tutti giù per terra, per alcuni la risposta italiana al celebre Trainspotting, ma - secondo tradizione nostrana - depurata da eccessi drogastici e molto più virata su toni da commedia. Il protagonista Walter, interpretato da Valerio Mastandrea (che con questo ruolo svoltò) è un giovane torinese sfaccendato che cerca lavoro, passa dal servizio civile e da una serie di vicissitudini di varia socialità, non esclusa la scoperta del sesso, e resta fino alla fine alla ricerca di se stesso. Girato con stile molto cool, con trovate registiche gradevoli (l'accelerazione di pezzi di scene è diventata poi un marchio di fabbrica di Ferrario), con una colonna sonora che irrompe nel film più di quanto non si pensi (i cantanti di alcuni brani presenti - i CSI e la Redeghieri degli Üstmamò - si materializzano nelle vesti di una commissione d'esame...), e con un cast eterogeneo che vede muoversi intorno a Mastandrea Anita Caprioli e Benedetta Mazzini (figlia di Mina), Caterina Caselli e Luciana Littizzetto, Vladimir Luxuria e Carlo Monni. Lui, il toscanaccio Monni, scomparso appena due giorni fa, è forse il personaggio più simpatico di tutti: interpreta il padre del protagonista, litiga col figlio, bercia, e non può che chiudere il film prendendo a calci un armadillo...

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Nell'unica tappa del Giro che si è conclusa all'estero i migliori cinque sono tutti italiani, evento che dimostra la salute del pedale azzurro. Il vincitore è Davide Appollonio dell'Ag2r, bravissimo nel conquistare la tappa più ambita per la squadra, dato che la formazione di Lavenu ha sede in Savoia. Il molisano ha la meglio su altri settantasei rivali, il primo dei battuti è Mattia Gavazzi dell'Androni, per cui sono finiti gli aggettivi. Al terzo posto si vede finalmente Filippo Pozzato della Lampre che, da vero e proprio boss del gruppo, conquista un buon risultato, tuttavia non riuscendo ad imporre la propria legge al resto della ciurma. Al quarto posto un co-provinciale del Pippo nazionale, ossia Marco Canola della Bardiani, mentre il quinto è Giairo Ermeti dell'Androni a cui non sono servitele rimostranze subite da parte dei leader del plotone per rinunciare ad un piazzamento di prestigio in vetta al Galibier. In ultima posizione un italiano vero, per dirla alla Toto Cutugno, il tre volte campione italiano Giovanni Visconti della Movistar, arrivato a 27'54". Classifica generale che vede Gavazzi in testa che riesce ad allungare sul più immediato inseguitore, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato staccato di 20'24" che, grazie alla sorprendente debalce di chi lo precedeva, torna nella piazza d'onore. Terzo è Edwin Ávila della Colombia che, come detto dopo la controprestazione, segue a 20'34". In quarta posizione sale Appollonio con un ritardo di 21'24" mentre ritorna nei migliori cinque Miguel Mínguez dell'Euskaltel che paga 22'01". La lotta per la prima piazza si fa sempre meno interessante, con la dittatura imposta dal velocista di Savio che ha ammazzato la corsa; da non perdere la lotta per il secondo posto che vede così tanti corridori in lizza. Infine si registra ancora una volta l'ultima piazza di Vincenzo Nibali dell'Astana, disperso a 3h51'38".

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Nell'unica tappa del Giro che si è conclusa all'estero i migliori cinque sono tutti italiani, evento che dimostra la salute del pedale azzurro. Il vincitore è Davide Appollonio dell'Ag2r, bravissimo nel conquistare la tappa più ambita per la squadra, dato che la formazione di Lavenu ha sede in Savoia. Il molisano ha la meglio su altri settantasei rivali, il primo dei battuti è Mattia Gavazzi dell'Androni, per cui sono finiti gli aggettivi. Al terzo posto si vede finalmente Filippo Pozzato della Lampre che, da vero e proprio boss del gruppo, conquista un buon risultato, tuttavia non riuscendo ad imporre la propria legge al resto della ciurma. Al quarto posto un co-provinciale del Pippo nazionale, ossia Marco Canola della Bardiani, mentre il quinto è Giairo Ermeti dell'Androni a cui non sono servitele rimostranze subite da parte dei leader del plotone per rinunciare ad un piazzamento di prestigio in vetta al Galibier. In ultima posizione un italiano vero, per dirla alla Toto Cutugno, il tre volte campione italiano Giovanni Visconti della Movistar, arrivato a 27'54". Classifica generale che vede Gavazzi in testa che riesce ad allungare sul più immediato inseguitore, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato staccato di 20'24" che, grazie alla sorprendente debalce di chi lo precedeva, torna nella piazza d'onore. Terzo è Edwin Ávila della Colombia che, come detto dopo la controprestazione, segue a 20'34". In quarta posizione sale Appollonio con un ritardo di 21'24" mentre ritorna nei migliori cinque Miguel Mínguez dell'Euskaltel che paga 22'01". La lotta per la prima piazza si fa sempre meno interessante, con la dittatura imposta dal velocista di Savio che ha ammazzato la corsa; da non perdere la lotta per il secondo posto che vede così tanti corridori in lizza. Infine si registra ancora una volta l'ultima piazza di Vincenzo Nibali dell'Astana, disperso a 3h51'38".

Alberto Vigonesi

Tutti giù per terra (Davide Ferrario, 1997)

Tutti giù per terra © blog.chili-tv.itPer la serie "non tutti sanno che". Non tutti sanno che Torino è stata non solo la prima capitale politica d'Italia, ma anche la prima capitale del cinema. Data la sua vicinanza con la Francia dei Lumiére, la città sabauda fu più permeabile di altre, agli albori del cinematografo, rispetto a questa grande novità che veniva d'oltralpe. E a Torino operò il primo regista importante che abbiamo avuto, Giovanni Pastrone (astigiano), autore di Cabiria, un kolossal vero e proprio uscito poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Talmente importante quel film, da aver ispirato addirittura - si dice - uno dei padri del cinema americano (David Wark Griffith per il suo Intolerance). Del resto il rapporto tra Torino (che oggi sarà lambita dal Giro d'Italia) e il cinema è confermato anche dalla presenza, all'interno della Mole Antonelliana, del bel Museo Nazionale del Cinema, oltre che dall'organizzazione dell'affermato Film Festival (diretto da quest'anno da Paolo Virzì). L'ultimo interprete di rilievo della torinesità su celluloide è senz'altro Davide Ferrario, regista che ha saputo alternare cinema di fiction e documentari, che ha saputo osare e anche molto (ad esempio Guardami raccontava in maniera molto realistica vita e opere di una pornostar), e che si fece conoscere al grande pubblico nel 1997 con un'opera generazionale come poche, nel decennio dei '90: Tutti giù per terra, per alcuni la risposta italiana al celebre Trainspotting, ma - secondo tradizione nostrana - depurata da eccessi drogastici e molto più virata su toni da commedia. Il protagonista Walter, interpretato da Valerio Mastandrea (che con questo ruolo svoltò) è un giovane torinese sfaccendato che cerca lavoro, passa dal servizio civile e da una serie di vicissitudini di varia socialità, non esclusa la scoperta del sesso, e resta fino alla fine alla ricerca di se stesso. Girato con stile molto cool, con trovate registiche gradevoli (l'accelerazione di pezzi di scene è diventata poi un marchio di fabbrica di Ferrario), con una colonna sonora che irrompe nel film più di quanto non si pensi (i cantanti di alcuni brani presenti - i CSI e la Redeghieri degli Üstmamò - si materializzano nelle vesti di una commissione d'esame...), e con un cast eterogeneo che vede muoversi intorno a Mastandrea Anita Caprioli e Benedetta Mazzini (figlia di Mina), Caterina Caselli e Luciana Littizzetto, Vladimir Luxuria e Carlo Monni. Lui, il toscanaccio Monni, scomparso appena due giorni fa, è forse il personaggio più simpatico di tutti: interpreta il padre del protagonista, litiga col figlio, bercia, e non può che chiudere il film prendendo a calci un armadillo...

Marco Grassi

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