Il Portale del Ciclismo professionistico

.

Non dura come la precedente, ma pur sempre insidiosa, l'undicesima tappa attraversa le zone dello Zoncolan ma prende strade diverse. Dopo 88 km facilissimi si arriva a Ovaro, da cui si procede però verso la Forcella di Lavardet, salita che è sì lunga 25 km, ma che per gran parte è poco più che un falsopiano. Negli ultimi 9 km l'ascesa si fa più impegnativa, ma di rado supera la pendenza del 7%; e una volta alla Forcella, si sale ancora un po' (su un tratto non certo impervio) fino al Gpm di Sella Ciampigotto. 17 km di discesa precedono il dentello di Pieve di Cadore prima che si scenda ancor più a valle, fino ad arrivare (dopo quasi 20 km di pianura) a Longarone. Da qui rotta verso la Diga del Vajont (a 50 anni dalla tragica frana), dove l'arrivo è posto, dopo 6 km di salita molto irregolare, anche se a tratti (e soprattutto in cima) insidiosissima dal punto di vista altimetrico.

Tarvisio (Cave del Predil)

Soltanto una volta il Giro d'Italia ha fatto tappa a Tarvisio. Era il 1971 e nei 100 km della 16a frazione che partiva da Lubiana fu Dino Zandegù a vincere in volata davanti a Felice Gimondi e Marino Basso. Il Giro era partito dalla Puglia, con una cronosquadre vinta dalla Salvarani, il giorno successivo la vittoria andò proprio di Marino Basso, che vestì la rosa. Enrico Paolini, Ugo Colombo ed Aldo Moser indossarono la maglia più ambita. A quest'ultimo la strapperà dopo un solo giorno Claudio Michelotto, nella San Vincenzo-Casciana Terme. Proprio il corridore allora in forza alla Scic era in maglia rosa a Tarvisio e la terrà anche il giorno successivo alla vittoria di Zandegù (l'unica in quell'edizione della corsa), nella Tarvisio-Großglockner, di Pierfranco Vianelli. Tutto si decise nella 18a tappa, la Lienz-Falcade: vittoria di tappa a Felice Gimondi vinse davanti al belga Herman Vanspringel ed allo svedese Gösta Pettersson. Proprio lo svedese balzerà al comando della classifica e nelle tre frazioni successive che portarono il gruppo fino a Milano si difenderà egregiamente (a podio andarono il belga della Molteni Herman Van Springel ed il corridore di San Giorgio su Legnano Ugo Colombo, in forza alla Filotex). Pettersson è ad oggi l'unico svedese ad aver vinto il Giro d'Italia.

Vajont 1963/2013

Divenuta tristemente famosa per la diga (la quinta più alta del mondo) costruita tra il 1957 e il 1960 nel territorio del comune di Erto e Casso lungo il corso del torrente Vajont, è una valle alpina del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Separa le Prealpi Carniche a nord dalle Prealpi Bellunesi a sud, tramite il Passo di Sant'Osvaldo. La diga del Vajont è ancora lì al suo posto come quando fu costruita: il 9 ottobre 1963 però una colossale frana staccatasi dal Monte Toc (frana di cui si possono ancora vedere i segni sulle pendici del monte) piombò alle 22:39 nel neo-bacino idroelettrico artificiale del Vajont alla velocità di 30 m/s (108 km/h), provocando un'onda di piena tricuspide che superò di 100 m in altezza il coronamento della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e le frazioni limitrofe. La tragedia è stata ricostruita in maniera impeccabile, tra gli altri, dall'attore e grande narratore Marco Paolini (ne Il racconto del Vajont) e dal regista Renzo Martinelli (nel film Vajont - La diga del disonore, uscito nelle sale nel 2001). Vajont è alla prima apparizione al Giro d'Italia.

Francesco Sulas
Tarvisio (Cave del Predil)

Soltanto una volta il Giro d'Italia ha fatto tappa a Tarvisio. Era il 1971 e nei 100 km della 16a frazione che partiva da Lubiana fu Dino Zandegù a vincere in volata davanti a Felice Gimondi e Marino Basso. Il Giro era partito dalla Puglia, con una cronosquadre vinta dalla Salvarani, il giorno successivo la vittoria andò proprio di Marino Basso, che vestì la rosa. Enrico Paolini, Ugo Colombo ed Aldo Moser indossarono la maglia più ambita. A quest'ultimo la strapperà dopo un solo giorno Claudio Michelotto, nella San Vincenzo-Casciana Terme. Proprio il corridore allora in forza alla Scic era in maglia rosa a Tarvisio e la terrà anche il giorno successivo alla vittoria di Zandegù (l'unica in quell'edizione della corsa), nella Tarvisio-Großglockner, di Pierfranco Vianelli. Tutto si decise nella 18a tappa, la Lienz-Falcade: vittoria di tappa a Felice Gimondi vinse davanti al belga Herman Vanspringel ed allo svedese Gösta Pettersson. Proprio lo svedese balzerà al comando della classifica e nelle tre frazioni successive che portarono il gruppo fino a Milano si difenderà egregiamente (a podio andarono il belga della Molteni Herman Van Springel ed il corridore di San Giorgio su Legnano Ugo Colombo, in forza alla Filotex). Pettersson è ad oggi l'unico svedese ad aver vinto il Giro d'Italia.

Vajont 1963/2013

Divenuta tristemente famosa per la diga (la quinta più alta del mondo) costruita tra il 1957 e il 1960 nel territorio del comune di Erto e Casso lungo il corso del torrente Vajont, è una valle alpina del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Separa le Prealpi Carniche a nord dalle Prealpi Bellunesi a sud, tramite il Passo di Sant'Osvaldo. La diga del Vajont è ancora lì al suo posto come quando fu costruita: il 9 ottobre 1963 però una colossale frana staccatasi dal Monte Toc (frana di cui si possono ancora vedere i segni sulle pendici del monte) piombò alle 22:39 nel neo-bacino idroelettrico artificiale del Vajont alla velocità di 30 m/s (108 km/h), provocando un'onda di piena tricuspide che superò di 100 m in altezza il coronamento della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e le frazioni limitrofe. La tragedia è stata ricostruita in maniera impeccabile, tra gli altri, dall'attore e grande narratore Marco Paolini (ne Il racconto del Vajont) e dal regista Renzo Martinelli (nel film Vajont - La diga del disonore, uscito nelle sale nel 2001). Vajont è alla prima apparizione al Giro d'Italia.

Tarvisio (Cave del Predil)

Soltanto una volta il Giro d'Italia ha fatto tappa a Tarvisio. Era il 1971 e nei 100 km della 16a frazione che partiva da Lubiana fu Dino Zandegù a vincere in volata davanti a Felice Gimondi e Marino Basso. Il Giro era partito dalla Puglia, con una cronosquadre vinta dalla Salvarani, il giorno successivo la vittoria andò proprio di Marino Basso, che vestì la rosa. Enrico Paolini, Ugo Colombo ed Aldo Moser indossarono la maglia più ambita. A quest'ultimo la strapperà dopo un solo giorno Claudio Michelotto, nella San Vincenzo-Casciana Terme. Proprio il corridore allora in forza alla Scic era in maglia rosa a Tarvisio e la terrà anche il giorno successivo alla vittoria di Zandegù (l'unica in quell'edizione della corsa), nella Tarvisio-Großglockner, di Pierfranco Vianelli. Tutto si decise nella 18a tappa, la Lienz-Falcade: vittoria di tappa a Felice Gimondi vinse davanti al belga Herman Vanspringel ed allo svedese Gösta Pettersson. Proprio lo svedese balzerà al comando della classifica e nelle tre frazioni successive che portarono il gruppo fino a Milano si difenderà egregiamente (a podio andarono il belga della Molteni Herman Van Springel ed il corridore di San Giorgio su Legnano Ugo Colombo, in forza alla Filotex). Pettersson è ad oggi l'unico svedese ad aver vinto il Giro d'Italia.

Vajont 1963/2013

Divenuta tristemente famosa per la diga (la quinta più alta del mondo) costruita tra il 1957 e il 1960 nel territorio del comune di Erto e Casso lungo il corso del torrente Vajont, è una valle alpina del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Separa le Prealpi Carniche a nord dalle Prealpi Bellunesi a sud, tramite il Passo di Sant'Osvaldo. La diga del Vajont è ancora lì al suo posto come quando fu costruita: il 9 ottobre 1963 però una colossale frana staccatasi dal Monte Toc (frana di cui si possono ancora vedere i segni sulle pendici del monte) piombò alle 22:39 nel neo-bacino idroelettrico artificiale del Vajont alla velocità di 30 m/s (108 km/h), provocando un'onda di piena tricuspide che superò di 100 m in altezza il coronamento della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e le frazioni limitrofe. La tragedia è stata ricostruita in maniera impeccabile, tra gli altri, dall'attore e grande narratore Marco Paolini (ne Il racconto del Vajont) e dal regista Renzo Martinelli (nel film Vajont - La diga del disonore, uscito nelle sale nel 2001). Vajont è alla prima apparizione al Giro d'Italia.

Tarvisio (Cave del Predil)

Soltanto una volta il Giro d'Italia ha fatto tappa a Tarvisio. Era il 1971 e nei 100 km della 16a frazione che partiva da Lubiana fu Dino Zandegù a vincere in volata davanti a Felice Gimondi e Marino Basso. Il Giro era partito dalla Puglia, con una cronosquadre vinta dalla Salvarani, il giorno successivo la vittoria andò proprio di Marino Basso, che vestì la rosa. Enrico Paolini, Ugo Colombo ed Aldo Moser indossarono la maglia più ambita. A quest'ultimo la strapperà dopo un solo giorno Claudio Michelotto, nella San Vincenzo-Casciana Terme. Proprio il corridore allora in forza alla Scic era in maglia rosa a Tarvisio e la terrà anche il giorno successivo alla vittoria di Zandegù (l'unica in quell'edizione della corsa), nella Tarvisio-Großglockner, di Pierfranco Vianelli. Tutto si decise nella 18a tappa, la Lienz-Falcade: vittoria di tappa a Felice Gimondi vinse davanti al belga Herman Vanspringel ed allo svedese Gösta Pettersson. Proprio lo svedese balzerà al comando della classifica e nelle tre frazioni successive che portarono il gruppo fino a Milano si difenderà egregiamente (a podio andarono il belga della Molteni Herman Van Springel ed il corridore di San Giorgio su Legnano Ugo Colombo, in forza alla Filotex). Pettersson è ad oggi l'unico svedese ad aver vinto il Giro d'Italia.

Vajont 1963/2013

Divenuta tristemente famosa per la diga (la quinta più alta del mondo) costruita tra il 1957 e il 1960 nel territorio del comune di Erto e Casso lungo il corso del torrente Vajont, è una valle alpina del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Separa le Prealpi Carniche a nord dalle Prealpi Bellunesi a sud, tramite il Passo di Sant'Osvaldo. La diga del Vajont è ancora lì al suo posto come quando fu costruita: il 9 ottobre 1963 però una colossale frana staccatasi dal Monte Toc (frana di cui si possono ancora vedere i segni sulle pendici del monte) piombò alle 22:39 nel neo-bacino idroelettrico artificiale del Vajont alla velocità di 30 m/s (108 km/h), provocando un'onda di piena tricuspide che superò di 100 m in altezza il coronamento della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e le frazioni limitrofe. La tragedia è stata ricostruita in maniera impeccabile, tra gli altri, dall'attore e grande narratore Marco Paolini (ne Il racconto del Vajont) e dal regista Renzo Martinelli (nel film Vajont - La diga del disonore, uscito nelle sale nel 2001). Vajont è alla prima apparizione al Giro d'Italia.

Tarvisio (Cave del Predil)

Soltanto una volta il Giro d'Italia ha fatto tappa a Tarvisio. Era il 1971 e nei 100 km della 16a frazione che partiva da Lubiana fu Dino Zandegù a vincere in volata davanti a Felice Gimondi e Marino Basso. Il Giro era partito dalla Puglia, con una cronosquadre vinta dalla Salvarani, il giorno successivo la vittoria andò proprio di Marino Basso, che vestì la rosa. Enrico Paolini, Ugo Colombo ed Aldo Moser indossarono la maglia più ambita. A quest'ultimo la strapperà dopo un solo giorno Claudio Michelotto, nella San Vincenzo-Casciana Terme. Proprio il corridore allora in forza alla Scic era in maglia rosa a Tarvisio e la terrà anche il giorno successivo alla vittoria di Zandegù (l'unica in quell'edizione della corsa), nella Tarvisio-Großglockner, di Pierfranco Vianelli. Tutto si decise nella 18a tappa, la Lienz-Falcade: vittoria di tappa a Felice Gimondi vinse davanti al belga Herman Vanspringel ed allo svedese Gösta Pettersson. Proprio lo svedese balzerà al comando della classifica e nelle tre frazioni successive che portarono il gruppo fino a Milano si difenderà egregiamente (a podio andarono il belga della Molteni Herman Van Springel ed il corridore di San Giorgio su Legnano Ugo Colombo, in forza alla Filotex). Pettersson è ad oggi l'unico svedese ad aver vinto il Giro d'Italia.

Vajont 1963/2013

Divenuta tristemente famosa per la diga (la quinta più alta del mondo) costruita tra il 1957 e il 1960 nel territorio del comune di Erto e Casso lungo il corso del torrente Vajont, è una valle alpina del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Separa le Prealpi Carniche a nord dalle Prealpi Bellunesi a sud, tramite il Passo di Sant'Osvaldo. La diga del Vajont è ancora lì al suo posto come quando fu costruita: il 9 ottobre 1963 però una colossale frana staccatasi dal Monte Toc (frana di cui si possono ancora vedere i segni sulle pendici del monte) piombò alle 22:39 nel neo-bacino idroelettrico artificiale del Vajont alla velocità di 30 m/s (108 km/h), provocando un'onda di piena tricuspide che superò di 100 m in altezza il coronamento della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e le frazioni limitrofe. La tragedia è stata ricostruita in maniera impeccabile, tra gli altri, dall'attore e grande narratore Marco Paolini (ne Il racconto del Vajont) e dal regista Renzo Martinelli (nel film Vajont - La diga del disonore, uscito nelle sale nel 2001). Vajont è alla prima apparizione al Giro d'Italia.

Tarvisio (Cave del Predil)

Soltanto una volta il Giro d'Italia ha fatto tappa a Tarvisio. Era il 1971 e nei 100 km della 16a frazione che partiva da Lubiana fu Dino Zandegù a vincere in volata davanti a Felice Gimondi e Marino Basso. Il Giro era partito dalla Puglia, con una cronosquadre vinta dalla Salvarani, il giorno successivo la vittoria andò proprio di Marino Basso, che vestì la rosa. Enrico Paolini, Ugo Colombo ed Aldo Moser indossarono la maglia più ambita. A quest'ultimo la strapperà dopo un solo giorno Claudio Michelotto, nella San Vincenzo-Casciana Terme. Proprio il corridore allora in forza alla Scic era in maglia rosa a Tarvisio e la terrà anche il giorno successivo alla vittoria di Zandegù (l'unica in quell'edizione della corsa), nella Tarvisio-Großglockner, di Pierfranco Vianelli. Tutto si decise nella 18a tappa, la Lienz-Falcade: vittoria di tappa a Felice Gimondi vinse davanti al belga Herman Vanspringel ed allo svedese Gösta Pettersson. Proprio lo svedese balzerà al comando della classifica e nelle tre frazioni successive che portarono il gruppo fino a Milano si difenderà egregiamente (a podio andarono il belga della Molteni Herman Van Springel ed il corridore di San Giorgio su Legnano Ugo Colombo, in forza alla Filotex). Pettersson è ad oggi l'unico svedese ad aver vinto il Giro d'Italia.

Vajont 1963/2013

Divenuta tristemente famosa per la diga (la quinta più alta del mondo) costruita tra il 1957 e il 1960 nel territorio del comune di Erto e Casso lungo il corso del torrente Vajont, è una valle alpina del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Separa le Prealpi Carniche a nord dalle Prealpi Bellunesi a sud, tramite il Passo di Sant'Osvaldo. La diga del Vajont è ancora lì al suo posto come quando fu costruita: il 9 ottobre 1963 però una colossale frana staccatasi dal Monte Toc (frana di cui si possono ancora vedere i segni sulle pendici del monte) piombò alle 22:39 nel neo-bacino idroelettrico artificiale del Vajont alla velocità di 30 m/s (108 km/h), provocando un'onda di piena tricuspide che superò di 100 m in altezza il coronamento della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e le frazioni limitrofe. La tragedia è stata ricostruita in maniera impeccabile, tra gli altri, dall'attore e grande narratore Marco Paolini (ne Il racconto del Vajont) e dal regista Renzo Martinelli (nel film Vajont - La diga del disonore, uscito nelle sale nel 2001). Vajont è alla prima apparizione al Giro d'Italia.

Meteo

12.35 - Tarvisio (Cave del Predil)
14.34 - Ovaro
17.15 - Vajont (Erto e Casso)

Soggetti Alternativi

Primo Giro d'Italia in assoluto anche per questo croato non ancora 26enne, approdato quest'anno nel World Tour nelle file della Lampre. Prima infatti la sua carriera si era distribuita per lo più in squadre continental slovene o croate e di conseguenza lo si è visto all'opera per lo più in corse minori. Tuttavia, oltre a vari titoli nazionale, questo passista-scalatore ha saputo più di una volta mettersi in mostra anche nel nostro Paese, dove ha vinto due gare internazionali come il GP di Folignano e il Trofeo Bastianelli nel 2010, è giunto 6° al GP di Capodarco nel 2009 e 5° al Giro del Friuli 2010. Anche lo scorso anno con l'Adria Mobil si è messo in evidenza col 7° posto al Giro dell'Appennino, il 3° a Larciano ed il 9° al Padania (col 3° posto sulla Bocchetta). In questo Giro oltre a fare esperienza il suo compito è quello di aiutare Michele Scarponi ma in tappe come questa potrebbe avera anche carta bianca per una fuga. Del resto chi la Dura(sek) la vince!

Vivian Ghianni

Primo Giro d'Italia in assoluto anche per questo croato non ancora 26enne, approdato quest'anno nel World Tour nelle file della Lampre. Prima infatti la sua carriera si era distribuita per lo più in squadre continental slovene o croate e di conseguenza lo si è visto all'opera per lo più in corse minori. Tuttavia, oltre a vari titoli nazionale, questo passista-scalatore ha saputo più di una volta mettersi in mostra anche nel nostro Paese, dove ha vinto due gare internazionali come il GP di Folignano e il Trofeo Bastianelli nel 2010, è giunto 6° al GP di Capodarco nel 2009 e 5° al Giro del Friuli 2010. Anche lo scorso anno con l'Adria Mobil si è messo in evidenza col 7° posto al Giro dell'Appennino, il 3° a Larciano ed il 9° al Padania (col 3° posto sulla Bocchetta). In questo Giro oltre a fare esperienza il suo compito è quello di aiutare Michele Scarponi ma in tappe come questa potrebbe avera anche carta bianca per una fuga. Del resto chi la Dura(sek) la vince!

Primo Giro d'Italia in assoluto anche per questo croato non ancora 26enne, approdato quest'anno nel World Tour nelle file della Lampre. Prima infatti la sua carriera si era distribuita per lo più in squadre continental slovene o croate e di conseguenza lo si è visto all'opera per lo più in corse minori. Tuttavia, oltre a vari titoli nazionale, questo passista-scalatore ha saputo più di una volta mettersi in mostra anche nel nostro Paese, dove ha vinto due gare internazionali come il GP di Folignano e il Trofeo Bastianelli nel 2010, è giunto 6° al GP di Capodarco nel 2009 e 5° al Giro del Friuli 2010. Anche lo scorso anno con l'Adria Mobil si è messo in evidenza col 7° posto al Giro dell'Appennino, il 3° a Larciano ed il 9° al Padania (col 3° posto sulla Bocchetta). In questo Giro oltre a fare esperienza il suo compito è quello di aiutare Michele Scarponi ma in tappe come questa potrebbe avera anche carta bianca per una fuga. Del resto chi la Dura(sek) la vince!

Primo Giro d'Italia in assoluto anche per questo croato non ancora 26enne, approdato quest'anno nel World Tour nelle file della Lampre. Prima infatti la sua carriera si era distribuita per lo più in squadre continental slovene o croate e di conseguenza lo si è visto all'opera per lo più in corse minori. Tuttavia, oltre a vari titoli nazionale, questo passista-scalatore ha saputo più di una volta mettersi in mostra anche nel nostro Paese, dove ha vinto due gare internazionali come il GP di Folignano e il Trofeo Bastianelli nel 2010, è giunto 6° al GP di Capodarco nel 2009 e 5° al Giro del Friuli 2010. Anche lo scorso anno con l'Adria Mobil si è messo in evidenza col 7° posto al Giro dell'Appennino, il 3° a Larciano ed il 9° al Padania (col 3° posto sulla Bocchetta). In questo Giro oltre a fare esperienza il suo compito è quello di aiutare Michele Scarponi ma in tappe come questa potrebbe avera anche carta bianca per una fuga. Del resto chi la Dura(sek) la vince!

Primo Giro d'Italia in assoluto anche per questo croato non ancora 26enne, approdato quest'anno nel World Tour nelle file della Lampre. Prima infatti la sua carriera si era distribuita per lo più in squadre continental slovene o croate e di conseguenza lo si è visto all'opera per lo più in corse minori. Tuttavia, oltre a vari titoli nazionale, questo passista-scalatore ha saputo più di una volta mettersi in mostra anche nel nostro Paese, dove ha vinto due gare internazionali come il GP di Folignano e il Trofeo Bastianelli nel 2010, è giunto 6° al GP di Capodarco nel 2009 e 5° al Giro del Friuli 2010. Anche lo scorso anno con l'Adria Mobil si è messo in evidenza col 7° posto al Giro dell'Appennino, il 3° a Larciano ed il 9° al Padania (col 3° posto sulla Bocchetta). In questo Giro oltre a fare esperienza il suo compito è quello di aiutare Michele Scarponi ma in tappe come questa potrebbe avera anche carta bianca per una fuga. Del resto chi la Dura(sek) la vince!

Primo Giro d'Italia in assoluto anche per questo croato non ancora 26enne, approdato quest'anno nel World Tour nelle file della Lampre. Prima infatti la sua carriera si era distribuita per lo più in squadre continental slovene o croate e di conseguenza lo si è visto all'opera per lo più in corse minori. Tuttavia, oltre a vari titoli nazionale, questo passista-scalatore ha saputo più di una volta mettersi in mostra anche nel nostro Paese, dove ha vinto due gare internazionali come il GP di Folignano e il Trofeo Bastianelli nel 2010, è giunto 6° al GP di Capodarco nel 2009 e 5° al Giro del Friuli 2010. Anche lo scorso anno con l'Adria Mobil si è messo in evidenza col 7° posto al Giro dell'Appennino, il 3° a Larciano ed il 9° al Padania (col 3° posto sulla Bocchetta). In questo Giro oltre a fare esperienza il suo compito è quello di aiutare Michele Scarponi ma in tappe come questa potrebbe avera anche carta bianca per una fuga. Del resto chi la Dura(sek) la vince!

GiroTweet

 

@Ilgerva77 (Luca Paolini): Queste sono le cose che mi fanno ridere del ciclismo...!è da Marina di Ascea che ho gli stessi numeri! pic.twitter.com/9i7rhMRkvQ # poverinoi Una lavata ed un'asciugata non sembrano neanche adoperati!vediamo se domani mi danno ancora 50chf di multa!notte pic.twitter.com/9i7rhMRkvQ

@eliaviviani: A volte gli stimoli che si hanno fanno la differenza, grazie amore (@ElenaCecchini92), spero di aver fatto bene nel tuo Friuli

@DarioCataldo: I'M BACK!!! Finalmente la gamba ha ripreso a girare, giusto in tempo per lanciare @UranRigoberto all'attacco. Il #giro deve ancora iniziare!

@tludvigsson: Bellissima vista da qui. Oa siamo vicini alla Slovenia ;) Ieri non è stata una giornata facile... pic.twitter.com/9i7rhMRkvQ

@TiraAstana (Paolo Tiralongo): In bici si fa fatica quando si sta bene,pensate quando si sta male.Ma io questo @giroditalia lo voglio vincere con @VincenzoNibali

La ragazza del lago (Andrea Molaioli, 2007)

La ragazza del lago © www.divxturka.net"Cinema di genere" è diventata, negli ultimi decenni, quasi un'espressione ingiuriosa per il cinema italiano. Quella produzione media (ma medio-alta, nel nostro caso) fatta appunto di generi, dal poliziesco (o poliziottesco, se preferite) all'horror, dal noir al thriller, senza scomodare i più antichi peplum e spaghetti western, ovvero l'ossatura di quanto andava in sala nel Belpaese a partire dagli anni '60 e per un ventennio buono. Ebbene, quella produzione è come scomparsa dai nostri schermi, fagocitata senz'altro dalla concorrenza americana (ai cui film pure si rifaceva), in parte da un cambio di gusti dello spettatore medio, e molto per le mire autoriali che sempre più registi hanno coltivato, ispirando e animando uno spostamento della categoria dalla qualifica di "artigiano" a quella di "autore". Eppure - per citarne alcuni - Bava, Fulci, Lenzi, Di Leo, Damiani (grandissimo), Tessari, Corbucci (oggi venerato), per non parlare del primo Avati o del primo Argento, e senza scomodare il mito Sergio Leone, avevano tutti una propria autorialità che è quasi stata denegata, sia dalla critica dell'epoca che dalle successive generazioni di filmaker italiani. C'è voluto Quentin Tarantino con le sue riscoperte e citazioni per ridare lustro e dignità alla "serie B" di quei registi. Tra tutti i generi, solo la commedia/il comico è sopravvissuto fino a oggi in piena salute (commercialmente parlando) e senza mai perdere colpi (spettatori). Per il resto, qualche perla di tanto in tanto (si pensi al Romanzo criminale di Michele Placido) e molte ritrosie a sposare il cinema di genere. Non si è certamente fatto di questi problemi il quarantenne Andrea Molaioli, allorquando, per La ragazza del lago, il suo esordio dietro la mdp (dopo una vita da assistente alla regia di Nanni Moretti), ha deciso di raccontare le indagini del commissario Sanzio (napoletano trapiantato in Friuli) in merito al ritrovamento del cadavere di una ragazza in riva a un lago. La location, quasi mistica, è quella dei Laghi di Fusine nel territorio di Tarvisio: luogo freddissimo in cui Molaioli ambienta la glaciale, rarefatta vicenda tratta da un romanzo norvegese (Lo sguardo di uno sconosciuto, di Karim Fossum), e in cui l'investigatore - interpretato come al solito benissimo da Toni Servillo, attore simbolo dell'ultimo decennio - nell'indagare per scoprire l'assassino, porta alla luce anche le dinamiche sociali e le controversie della piccola comunità lacustre. Verrebbe da definirlo, questo film, un gioiellino, e così facendo omaggeremmo due volte il regista, che ha proseguito nella sua attività con una bella opera seconda - intitolata appunto Il gioiellino - in cui nel 2011 ha portato sullo schermo le vicende del crac Parmalat: cinema di genere, cinema del reale, cinema sociale, cinema d'autore. Insomma cinema impegnato. Teniamocelo stretto, Andrea Molaioli.

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Non appena la strada si impenna gli specialisti delle montagne emergono: prima vittoria per un ciclista colombiano a questa edizione del Giro grazie al bravo Edwin Ávila della Colombia. Il ventitreenne ha battuto al fotofinish il solito Mattia Gavazzi dell'Androni, sempre piazzato tra i migliori sei di ogni tappa tranne nella frazione pugliese e nella cronosquadre; la sua condizione ha qualcosa d'incredibile, inimmaginabile per il resto del plotone. Al terzo posto è arrivato Davide Appollonio dell'Ag2r, lontano 23", che ha tentato di avvantaggiarsi in discesa con una mossa da maestro. Quarto a sorpresa Steve Morabito della Bmc che ha pagato 44" e quinto a 53" Giairo Ermeti dell'Androni, altro regolarista. Chiude la classifica un altro colombiano, Rigoberto Urán, a 30'43". Nella generale primo come sempre Gavazzi che incrementa su Jack Bobridge della Blanco, ora a 9'06", che oggi ha perso quasi 2'. Sul terzo gradino del podio resta Rafael Andriato della Fantini, abbondantemente distanziato a 11'50", mentre al quarto posto a 17'35" sale Adam Blythe della Bmc e al quinto si insedia il trionfatore dell'anno scorso, Miguel Míngez dell'Euskaltel, a 18'16"; il basco, con le prime ascese, mette in mostra le qualità che hanno emozionato grandi e piccini dodici mesi fa. Controprestazione oggi per Kenny Dehaes della Lotto che è sceso dal quarto all'undicesimo posto, ora a poco meno di mezz'ora dalla vetta. Chiude infine sempre Vincenzo Nibali a 2h31'26". Dopo la prima tappa alpina lo spettacolo non è mancato, ora per chi vuole insidiare il bresciano è necessario un colpo di mano nelle tappe considerate finali. Le tappe si riducono, il leader è in uno stato di grazia e batterlo sarà molto, molto difficile.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Non appena la strada si impenna gli specialisti delle montagne emergono: prima vittoria per un ciclista colombiano a questa edizione del Giro grazie al bravo Edwin Ávila della Colombia. Il ventitreenne ha battuto al fotofinish il solito Mattia Gavazzi dell'Androni, sempre piazzato tra i migliori sei di ogni tappa tranne nella frazione pugliese e nella cronosquadre; la sua condizione ha qualcosa d'incredibile, inimmaginabile per il resto del plotone. Al terzo posto è arrivato Davide Appollonio dell'Ag2r, lontano 23", che ha tentato di avvantaggiarsi in discesa con una mossa da maestro. Quarto a sorpresa Steve Morabito della Bmc che ha pagato 44" e quinto a 53" Giairo Ermeti dell'Androni, altro regolarista. Chiude la classifica un altro colombiano, Rigoberto Urán, a 30'43". Nella generale primo come sempre Gavazzi che incrementa su Jack Bobridge della Blanco, ora a 9'06", che oggi ha perso quasi 2'. Sul terzo gradino del podio resta Rafael Andriato della Fantini, abbondantemente distanziato a 11'50", mentre al quarto posto a 17'35" sale Adam Blythe della Bmc e al quinto si insedia il trionfatore dell'anno scorso, Miguel Míngez dell'Euskaltel, a 18'16"; il basco, con le prime ascese, mette in mostra le qualità che hanno emozionato grandi e piccini dodici mesi fa. Controprestazione oggi per Kenny Dehaes della Lotto che è sceso dal quarto all'undicesimo posto, ora a poco meno di mezz'ora dalla vetta. Chiude infine sempre Vincenzo Nibali a 2h31'26". Dopo la prima tappa alpina lo spettacolo non è mancato, ora per chi vuole insidiare il bresciano è necessario un colpo di mano nelle tappe considerate finali. Le tappe si riducono, il leader è in uno stato di grazia e batterlo sarà molto, molto difficile.

Alberto Vigonesi

La ragazza del lago (Andrea Molaioli, 2007)

La ragazza del lago © www.divxturka.net"Cinema di genere" è diventata, negli ultimi decenni, quasi un'espressione ingiuriosa per il cinema italiano. Quella produzione media (ma medio-alta, nel nostro caso) fatta appunto di generi, dal poliziesco (o poliziottesco, se preferite) all'horror, dal noir al thriller, senza scomodare i più antichi peplum e spaghetti western, ovvero l'ossatura di quanto andava in sala nel Belpaese a partire dagli anni '60 e per un ventennio buono. Ebbene, quella produzione è come scomparsa dai nostri schermi, fagocitata senz'altro dalla concorrenza americana (ai cui film pure si rifaceva), in parte da un cambio di gusti dello spettatore medio, e molto per le mire autoriali che sempre più registi hanno coltivato, ispirando e animando uno spostamento della categoria dalla qualifica di "artigiano" a quella di "autore". Eppure - per citarne alcuni - Bava, Fulci, Lenzi, Di Leo, Damiani (grandissimo), Tessari, Corbucci (oggi venerato), per non parlare del primo Avati o del primo Argento, e senza scomodare il mito Sergio Leone, avevano tutti una propria autorialità che è quasi stata denegata, sia dalla critica dell'epoca che dalle successive generazioni di filmaker italiani. C'è voluto Quentin Tarantino con le sue riscoperte e citazioni per ridare lustro e dignità alla "serie B" di quei registi. Tra tutti i generi, solo la commedia/il comico è sopravvissuto fino a oggi in piena salute (commercialmente parlando) e senza mai perdere colpi (spettatori). Per il resto, qualche perla di tanto in tanto (si pensi al Romanzo criminale di Michele Placido) e molte ritrosie a sposare il cinema di genere. Non si è certamente fatto di questi problemi il quarantenne Andrea Molaioli, allorquando, per La ragazza del lago, il suo esordio dietro la mdp (dopo una vita da assistente alla regia di Nanni Moretti), ha deciso di raccontare le indagini del commissario Sanzio (napoletano trapiantato in Friuli) in merito al ritrovamento del cadavere di una ragazza in riva a un lago. La location, quasi mistica, è quella dei Laghi di Fusine nel territorio di Tarvisio: luogo freddissimo in cui Molaioli ambienta la glaciale, rarefatta vicenda tratta da un romanzo norvegese (Lo sguardo di uno sconosciuto, di Karim Fossum), e in cui l'investigatore - interpretato come al solito benissimo da Toni Servillo, attore simbolo dell'ultimo decennio - nell'indagare per scoprire l'assassino, porta alla luce anche le dinamiche sociali e le controversie della piccola comunità lacustre. Verrebbe da definirlo, questo film, un gioiellino, e così facendo omaggeremmo due volte il regista, che ha proseguito nella sua attività con una bella opera seconda - intitolata appunto Il gioiellino - in cui nel 2011 ha portato sullo schermo le vicende del crac Parmalat: cinema di genere, cinema del reale, cinema sociale, cinema d'autore. Insomma cinema impegnato. Teniamocelo stretto, Andrea Molaioli.

Marco Grassi

Rassegna stampa

Rassegna GiroNotes 2013 - 11a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 11a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 11a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 11a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 11a tappa

La ragazza del lago (Andrea Molaioli, 2007)

La ragazza del lago © www.divxturka.net"Cinema di genere" è diventata, negli ultimi decenni, quasi un'espressione ingiuriosa per il cinema italiano. Quella produzione media (ma medio-alta, nel nostro caso) fatta appunto di generi, dal poliziesco (o poliziottesco, se preferite) all'horror, dal noir al thriller, senza scomodare i più antichi peplum e spaghetti western, ovvero l'ossatura di quanto andava in sala nel Belpaese a partire dagli anni '60 e per un ventennio buono. Ebbene, quella produzione è come scomparsa dai nostri schermi, fagocitata senz'altro dalla concorrenza americana (ai cui film pure si rifaceva), in parte da un cambio di gusti dello spettatore medio, e molto per le mire autoriali che sempre più registi hanno coltivato, ispirando e animando uno spostamento della categoria dalla qualifica di "artigiano" a quella di "autore". Eppure - per citarne alcuni - Bava, Fulci, Lenzi, Di Leo, Damiani (grandissimo), Tessari, Corbucci (oggi venerato), per non parlare del primo Avati o del primo Argento, e senza scomodare il mito Sergio Leone, avevano tutti una propria autorialità che è quasi stata denegata, sia dalla critica dell'epoca che dalle successive generazioni di filmaker italiani. C'è voluto Quentin Tarantino con le sue riscoperte e citazioni per ridare lustro e dignità alla "serie B" di quei registi. Tra tutti i generi, solo la commedia/il comico è sopravvissuto fino a oggi in piena salute (commercialmente parlando) e senza mai perdere colpi (spettatori). Per il resto, qualche perla di tanto in tanto (si pensi al Romanzo criminale di Michele Placido) e molte ritrosie a sposare il cinema di genere. Non si è certamente fatto di questi problemi il quarantenne Andrea Molaioli, allorquando, per La ragazza del lago, il suo esordio dietro la mdp (dopo una vita da assistente alla regia di Nanni Moretti), ha deciso di raccontare le indagini del commissario Sanzio (napoletano trapiantato in Friuli) in merito al ritrovamento del cadavere di una ragazza in riva a un lago. La location, quasi mistica, è quella dei Laghi di Fusine nel territorio di Tarvisio: luogo freddissimo in cui Molaioli ambienta la glaciale, rarefatta vicenda tratta da un romanzo norvegese (Lo sguardo di uno sconosciuto, di Karim Fossum), e in cui l'investigatore - interpretato come al solito benissimo da Toni Servillo, attore simbolo dell'ultimo decennio - nell'indagare per scoprire l'assassino, porta alla luce anche le dinamiche sociali e le controversie della piccola comunità lacustre. Verrebbe da definirlo, questo film, un gioiellino, e così facendo omaggeremmo due volte il regista, che ha proseguito nella sua attività con una bella opera seconda - intitolata appunto Il gioiellino - in cui nel 2011 ha portato sullo schermo le vicende del crac Parmalat: cinema di genere, cinema del reale, cinema sociale, cinema d'autore. Insomma cinema impegnato. Teniamocelo stretto, Andrea Molaioli.

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Non appena la strada si impenna gli specialisti delle montagne emergono: prima vittoria per un ciclista colombiano a questa edizione del Giro grazie al bravo Edwin Ávila della Colombia. Il ventitreenne ha battuto al fotofinish il solito Mattia Gavazzi dell'Androni, sempre piazzato tra i migliori sei di ogni tappa tranne nella frazione pugliese e nella cronosquadre; la sua condizione ha qualcosa d'incredibile, inimmaginabile per il resto del plotone. Al terzo posto è arrivato Davide Appollonio dell'Ag2r, lontano 23", che ha tentato di avvantaggiarsi in discesa con una mossa da maestro. Quarto a sorpresa Steve Morabito della Bmc che ha pagato 44" e quinto a 53" Giairo Ermeti dell'Androni, altro regolarista. Chiude la classifica un altro colombiano, Rigoberto Urán, a 30'43". Nella generale primo come sempre Gavazzi che incrementa su Jack Bobridge della Blanco, ora a 9'06", che oggi ha perso quasi 2'. Sul terzo gradino del podio resta Rafael Andriato della Fantini, abbondantemente distanziato a 11'50", mentre al quarto posto a 17'35" sale Adam Blythe della Bmc e al quinto si insedia il trionfatore dell'anno scorso, Miguel Míngez dell'Euskaltel, a 18'16"; il basco, con le prime ascese, mette in mostra le qualità che hanno emozionato grandi e piccini dodici mesi fa. Controprestazione oggi per Kenny Dehaes della Lotto che è sceso dal quarto all'undicesimo posto, ora a poco meno di mezz'ora dalla vetta. Chiude infine sempre Vincenzo Nibali a 2h31'26". Dopo la prima tappa alpina lo spettacolo non è mancato, ora per chi vuole insidiare il bresciano è necessario un colpo di mano nelle tappe considerate finali. Le tappe si riducono, il leader è in uno stato di grazia e batterlo sarà molto, molto difficile.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Non appena la strada si impenna gli specialisti delle montagne emergono: prima vittoria per un ciclista colombiano a questa edizione del Giro grazie al bravo Edwin Ávila della Colombia. Il ventitreenne ha battuto al fotofinish il solito Mattia Gavazzi dell'Androni, sempre piazzato tra i migliori sei di ogni tappa tranne nella frazione pugliese e nella cronosquadre; la sua condizione ha qualcosa d'incredibile, inimmaginabile per il resto del plotone. Al terzo posto è arrivato Davide Appollonio dell'Ag2r, lontano 23", che ha tentato di avvantaggiarsi in discesa con una mossa da maestro. Quarto a sorpresa Steve Morabito della Bmc che ha pagato 44" e quinto a 53" Giairo Ermeti dell'Androni, altro regolarista. Chiude la classifica un altro colombiano, Rigoberto Urán, a 30'43". Nella generale primo come sempre Gavazzi che incrementa su Jack Bobridge della Blanco, ora a 9'06", che oggi ha perso quasi 2'. Sul terzo gradino del podio resta Rafael Andriato della Fantini, abbondantemente distanziato a 11'50", mentre al quarto posto a 17'35" sale Adam Blythe della Bmc e al quinto si insedia il trionfatore dell'anno scorso, Miguel Míngez dell'Euskaltel, a 18'16"; il basco, con le prime ascese, mette in mostra le qualità che hanno emozionato grandi e piccini dodici mesi fa. Controprestazione oggi per Kenny Dehaes della Lotto che è sceso dal quarto all'undicesimo posto, ora a poco meno di mezz'ora dalla vetta. Chiude infine sempre Vincenzo Nibali a 2h31'26". Dopo la prima tappa alpina lo spettacolo non è mancato, ora per chi vuole insidiare il bresciano è necessario un colpo di mano nelle tappe considerate finali. Le tappe si riducono, il leader è in uno stato di grazia e batterlo sarà molto, molto difficile.

Alberto Vigonesi

La ragazza del lago (Andrea Molaioli, 2007)

La ragazza del lago © www.divxturka.net"Cinema di genere" è diventata, negli ultimi decenni, quasi un'espressione ingiuriosa per il cinema italiano. Quella produzione media (ma medio-alta, nel nostro caso) fatta appunto di generi, dal poliziesco (o poliziottesco, se preferite) all'horror, dal noir al thriller, senza scomodare i più antichi peplum e spaghetti western, ovvero l'ossatura di quanto andava in sala nel Belpaese a partire dagli anni '60 e per un ventennio buono. Ebbene, quella produzione è come scomparsa dai nostri schermi, fagocitata senz'altro dalla concorrenza americana (ai cui film pure si rifaceva), in parte da un cambio di gusti dello spettatore medio, e molto per le mire autoriali che sempre più registi hanno coltivato, ispirando e animando uno spostamento della categoria dalla qualifica di "artigiano" a quella di "autore". Eppure - per citarne alcuni - Bava, Fulci, Lenzi, Di Leo, Damiani (grandissimo), Tessari, Corbucci (oggi venerato), per non parlare del primo Avati o del primo Argento, e senza scomodare il mito Sergio Leone, avevano tutti una propria autorialità che è quasi stata denegata, sia dalla critica dell'epoca che dalle successive generazioni di filmaker italiani. C'è voluto Quentin Tarantino con le sue riscoperte e citazioni per ridare lustro e dignità alla "serie B" di quei registi. Tra tutti i generi, solo la commedia/il comico è sopravvissuto fino a oggi in piena salute (commercialmente parlando) e senza mai perdere colpi (spettatori). Per il resto, qualche perla di tanto in tanto (si pensi al Romanzo criminale di Michele Placido) e molte ritrosie a sposare il cinema di genere. Non si è certamente fatto di questi problemi il quarantenne Andrea Molaioli, allorquando, per La ragazza del lago, il suo esordio dietro la mdp (dopo una vita da assistente alla regia di Nanni Moretti), ha deciso di raccontare le indagini del commissario Sanzio (napoletano trapiantato in Friuli) in merito al ritrovamento del cadavere di una ragazza in riva a un lago. La location, quasi mistica, è quella dei Laghi di Fusine nel territorio di Tarvisio: luogo freddissimo in cui Molaioli ambienta la glaciale, rarefatta vicenda tratta da un romanzo norvegese (Lo sguardo di uno sconosciuto, di Karim Fossum), e in cui l'investigatore - interpretato come al solito benissimo da Toni Servillo, attore simbolo dell'ultimo decennio - nell'indagare per scoprire l'assassino, porta alla luce anche le dinamiche sociali e le controversie della piccola comunità lacustre. Verrebbe da definirlo, questo film, un gioiellino, e così facendo omaggeremmo due volte il regista, che ha proseguito nella sua attività con una bella opera seconda - intitolata appunto Il gioiellino - in cui nel 2011 ha portato sullo schermo le vicende del crac Parmalat: cinema di genere, cinema del reale, cinema sociale, cinema d'autore. Insomma cinema impegnato. Teniamocelo stretto, Andrea Molaioli.

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Non appena la strada si impenna gli specialisti delle montagne emergono: prima vittoria per un ciclista colombiano a questa edizione del Giro grazie al bravo Edwin Ávila della Colombia. Il ventitreenne ha battuto al fotofinish il solito Mattia Gavazzi dell'Androni, sempre piazzato tra i migliori sei di ogni tappa tranne nella frazione pugliese e nella cronosquadre; la sua condizione ha qualcosa d'incredibile, inimmaginabile per il resto del plotone. Al terzo posto è arrivato Davide Appollonio dell'Ag2r, lontano 23", che ha tentato di avvantaggiarsi in discesa con una mossa da maestro. Quarto a sorpresa Steve Morabito della Bmc che ha pagato 44" e quinto a 53" Giairo Ermeti dell'Androni, altro regolarista. Chiude la classifica un altro colombiano, Rigoberto Urán, a 30'43". Nella generale primo come sempre Gavazzi che incrementa su Jack Bobridge della Blanco, ora a 9'06", che oggi ha perso quasi 2'. Sul terzo gradino del podio resta Rafael Andriato della Fantini, abbondantemente distanziato a 11'50", mentre al quarto posto a 17'35" sale Adam Blythe della Bmc e al quinto si insedia il trionfatore dell'anno scorso, Miguel Míngez dell'Euskaltel, a 18'16"; il basco, con le prime ascese, mette in mostra le qualità che hanno emozionato grandi e piccini dodici mesi fa. Controprestazione oggi per Kenny Dehaes della Lotto che è sceso dal quarto all'undicesimo posto, ora a poco meno di mezz'ora dalla vetta. Chiude infine sempre Vincenzo Nibali a 2h31'26". Dopo la prima tappa alpina lo spettacolo non è mancato, ora per chi vuole insidiare il bresciano è necessario un colpo di mano nelle tappe considerate finali. Le tappe si riducono, il leader è in uno stato di grazia e batterlo sarà molto, molto difficile.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Non appena la strada si impenna gli specialisti delle montagne emergono: prima vittoria per un ciclista colombiano a questa edizione del Giro grazie al bravo Edwin Ávila della Colombia. Il ventitreenne ha battuto al fotofinish il solito Mattia Gavazzi dell'Androni, sempre piazzato tra i migliori sei di ogni tappa tranne nella frazione pugliese e nella cronosquadre; la sua condizione ha qualcosa d'incredibile, inimmaginabile per il resto del plotone. Al terzo posto è arrivato Davide Appollonio dell'Ag2r, lontano 23", che ha tentato di avvantaggiarsi in discesa con una mossa da maestro. Quarto a sorpresa Steve Morabito della Bmc che ha pagato 44" e quinto a 53" Giairo Ermeti dell'Androni, altro regolarista. Chiude la classifica un altro colombiano, Rigoberto Urán, a 30'43". Nella generale primo come sempre Gavazzi che incrementa su Jack Bobridge della Blanco, ora a 9'06", che oggi ha perso quasi 2'. Sul terzo gradino del podio resta Rafael Andriato della Fantini, abbondantemente distanziato a 11'50", mentre al quarto posto a 17'35" sale Adam Blythe della Bmc e al quinto si insedia il trionfatore dell'anno scorso, Miguel Míngez dell'Euskaltel, a 18'16"; il basco, con le prime ascese, mette in mostra le qualità che hanno emozionato grandi e piccini dodici mesi fa. Controprestazione oggi per Kenny Dehaes della Lotto che è sceso dal quarto all'undicesimo posto, ora a poco meno di mezz'ora dalla vetta. Chiude infine sempre Vincenzo Nibali a 2h31'26". Dopo la prima tappa alpina lo spettacolo non è mancato, ora per chi vuole insidiare il bresciano è necessario un colpo di mano nelle tappe considerate finali. Le tappe si riducono, il leader è in uno stato di grazia e batterlo sarà molto, molto difficile.

Alberto Vigonesi

La ragazza del lago (Andrea Molaioli, 2007)

La ragazza del lago © www.divxturka.net"Cinema di genere" è diventata, negli ultimi decenni, quasi un'espressione ingiuriosa per il cinema italiano. Quella produzione media (ma medio-alta, nel nostro caso) fatta appunto di generi, dal poliziesco (o poliziottesco, se preferite) all'horror, dal noir al thriller, senza scomodare i più antichi peplum e spaghetti western, ovvero l'ossatura di quanto andava in sala nel Belpaese a partire dagli anni '60 e per un ventennio buono. Ebbene, quella produzione è come scomparsa dai nostri schermi, fagocitata senz'altro dalla concorrenza americana (ai cui film pure si rifaceva), in parte da un cambio di gusti dello spettatore medio, e molto per le mire autoriali che sempre più registi hanno coltivato, ispirando e animando uno spostamento della categoria dalla qualifica di "artigiano" a quella di "autore". Eppure - per citarne alcuni - Bava, Fulci, Lenzi, Di Leo, Damiani (grandissimo), Tessari, Corbucci (oggi venerato), per non parlare del primo Avati o del primo Argento, e senza scomodare il mito Sergio Leone, avevano tutti una propria autorialità che è quasi stata denegata, sia dalla critica dell'epoca che dalle successive generazioni di filmaker italiani. C'è voluto Quentin Tarantino con le sue riscoperte e citazioni per ridare lustro e dignità alla "serie B" di quei registi. Tra tutti i generi, solo la commedia/il comico è sopravvissuto fino a oggi in piena salute (commercialmente parlando) e senza mai perdere colpi (spettatori). Per il resto, qualche perla di tanto in tanto (si pensi al Romanzo criminale di Michele Placido) e molte ritrosie a sposare il cinema di genere. Non si è certamente fatto di questi problemi il quarantenne Andrea Molaioli, allorquando, per La ragazza del lago, il suo esordio dietro la mdp (dopo una vita da assistente alla regia di Nanni Moretti), ha deciso di raccontare le indagini del commissario Sanzio (napoletano trapiantato in Friuli) in merito al ritrovamento del cadavere di una ragazza in riva a un lago. La location, quasi mistica, è quella dei Laghi di Fusine nel territorio di Tarvisio: luogo freddissimo in cui Molaioli ambienta la glaciale, rarefatta vicenda tratta da un romanzo norvegese (Lo sguardo di uno sconosciuto, di Karim Fossum), e in cui l'investigatore - interpretato come al solito benissimo da Toni Servillo, attore simbolo dell'ultimo decennio - nell'indagare per scoprire l'assassino, porta alla luce anche le dinamiche sociali e le controversie della piccola comunità lacustre. Verrebbe da definirlo, questo film, un gioiellino, e così facendo omaggeremmo due volte il regista, che ha proseguito nella sua attività con una bella opera seconda - intitolata appunto Il gioiellino - in cui nel 2011 ha portato sullo schermo le vicende del crac Parmalat: cinema di genere, cinema del reale, cinema sociale, cinema d'autore. Insomma cinema impegnato. Teniamocelo stretto, Andrea Molaioli.

Marco Grassi

RSS Facebook Twitter Youtube

30/Jul/2017 - 20:30
ESCLUSIVO: le immagini del folle che ha tagliato la strada al gruppo facendo cadere decine di corridori al Giro d'Italia

24/May/2016 - 21:06
All'An Post Rás giornata di gloria per James Gullen nella tappa "di montagna": Fankhauser diventa leader

24/May/2016 - 17:07
Giro, nel giorno della nuova delusione di Vincenzo Nibali vince Alejandro Valverde davanti a Kruijswijk e Zakarin

23/May/2016 - 22:12
An Post Rás, nella seconda tappa vince il padrone di casa Eoin Morton

23/May/2016 - 16:00
Giornata di rinnovi: André Greipel e Marcel Sieberg alla Lotto Soudal fino al 2018, Geraint Thomas prolunga con la Sky

23/May/2016 - 13:11
Benjamin Prades vince l'ultima tappa del Tour de Flores ma non basta, la generale va a Daniel Whitehouse

23/May/2016 - 12:39
Brutte notizie per il ciclismo elvetico: l'IAM Cycling comunica che cesserà l'attività a fine stagione

23/May/2016 - 11:22
Conclusi i Campionati Panamericani: l'ultimo oro è dell'ecuadoriano Jonathan Caicedo

22/May/2016 - 23:59
Il Tour of California si conclude con una imperiosa volata di Mark Cavendish. Classifica finale a Julian Alaphilippe

22/May/2016 - 23:39
Il Tour of Bihor si chiude nel segno dell'Androni Giocattoli-Sidermec: tappa a Marco Benfatto, generale a Egan Bernal

22/May/2016 - 23:20
Women's Tour of California: gioie finali per Kirsten Wild e Megan Guarnier. Le altre corse: ok Bertizzolo e Lepistö

22/May/2016 - 22:44
Velothon Wales, Thomas Stewart supera Rasmus Guldhammer e Ian Bibby

22/May/2016 - 22:24
Dilettanti, ulteriori vittorie per Nicola Bagioli e Riccardo Minali alla Due Giorni Marchigiana

22/May/2016 - 22:22
Scatta l'An Post Ras: la prima tappa va all'olandese Taco Van der Hoorn grazie ad un colpo di mano