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Mondiale WE 2012: Iridescente Marianne - Grande vittoria della Vos su Neylan e una bravissima Longo Borghini | Cicloweb

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Mondiale WE 2012: Iridescente Marianne - Grande vittoria della Vos su Neylan e una bravissima Longo Borghini

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Marianne Vos esulta sul traguardo di Valkenburg. È lei la nuova Campionessa del Mondo © Bettiniphoto

Se avessimo dovuto giudicare questo Mondiale dalle prime fasi, dai primi due giri, per intenderci, avremmo sicuramente visto una corsa noiosa, lentuccia, con gruppo troppo spesso compatto. Non molte le differenze con Copenhagen, insomma, dove tutto si risolse in volata a favore della nostra Giorgia Bronzini. Per fortuna che le corse non durano solo pochi giri e che in qualche caso ci si trova di fronte a delle fuoriclasse assolute ed a fenomeni a tutto tondo. In questo caso, Marianne Vos, dalla quale non è possibile non iniziare. 

Pensate uno scenario del genere: vincente tutto l'anno, ai Mondiali da cinque anni a questa parte ha toppato (che per lei equivale a conquistare l'argento, a non vincere); tante volte ha sbagliato, altre è stata sfortunata ma alla fine il risultato non cambia e la maglia iridata su strada è giunta nel 2006 per la prima ed ultima volta. Ancora: dopo Copenhagen, con una volata ben gestita dalle azzurre (ricordiamo il numero della premiata ditta Baccaille-Bronzini) ma una Teutenberg che urtando la Vos l'aveva rallentata in modo decisivo proprio nel momento dello sprint, la maledizione dell'argento iridato poteva essere sfatata dalla stessa Marianne (e da chi, sennò?).

Dove? Nell'ultimo posto al Mondo dove si vorrebbe correre, in Limburgo, Olanda, a pochi passi da casa e con molti tifosi che ti aspettano. Può essere una marcia in più ma può anche stressare in modo eccessivo, dipende dal carattere. Marianne Vos ha un carattere giusto, vincente anche quando "perde", un carattere che la paralizza alla partenza da Valkenburg tant'è concentrata, tanto è conscia di non poter sbagliare un'altra volta, di non dover deludere il "suo" pubblico. Se l'inizio della corsa, con gruppo compatto e fughe poche (e nemmeno buone) fa presagire alla Vos un nuovo arrivo in volata, con tutti gli inconvenienti della situazione (uno dei maggiori si chiama Giorgia Bronzini, che da due anni a questa parte la batte), il momento chiave è quello che porta Amber Neben ad allungare insieme ad altre atlete; uno sguardo di Marianne Vos ad Anna Van der Breggen, di tre anni più giovane di lei (è una classe '90) eppure già nel giro della nazionale, è sufficiente perché l'atleta della Sengers s'infili nella fuga giusta.

Considerando che da qualche tempo a questa parte la Vos alle volate preferisce lo schema che, nell'ordine, spacca le gambe alle avversarie con un allungo, tiene una velocità di crociera impressionante, aiutata magari da una compagna ed infine, con l'assolo degno del miglior soprano, stacca le "reduci", si può ben capire cosa frulli per la testa del fenomeno olandese. Non per niente "vos" in olandese significa "volpe"... Così accade: allungo, compagna che aiuta, assolo finale. Così ha vinto anche (ma non solo) alle Olimpiadi di Londra, così si riprende un Mondiale su strada (teniamo a precisarlo, perché nel Ciclocross e su pista ha continuato a vincere iridi dal 2006 ad oggi) che mancava da sei anni e cominciava davvero a farsi sentire.

La corsa si decide sul terz'ultimo Cauberg: basta uno scatto, potente e preciso, quasi l'avesse provato da dodici mesi a questa parte, sognato e risognato, preparato a puntino. Uno scatto che ricorda molto, moltissimo, quello con cui la 17enne Marianne Vos andò a vincere l'oro tra le Juniores a Verona 2004 su Marta Bastianelli ed Eleonora Van Dijk. Allora erano le Torricelle, oggi è il Cauberg, sono sempre luoghi dove si è fatta la storia del ciclismo contemporaneo e non. Uno scatto, si diceva, e le avversarie guardano impotenti volando gambe all'aria. Da Emma Pooley, che pure è una signora scalatrice, ad Emma Johansson. Solo una sagoma azzurra si profila all'orizzonte: Elisa Longo Borghini. Chi non l'avesse già fatto si segni questo nome che oggi vale un bronzo, domani molto di più. Un oro, una serie di ori, non c'è paura né scaramanzia nell'affermarlo.

È l'unica che risponde alla Vos e, con i dovuti tempi, le si porta a ruota. Le due si ritrovano in testa, l'una con la Van der Breggen come scudiera, l'altra con Rossella Ratto. Altro nome che comparirà molto, molto spesso nei piani alti degli ordini d'arrivo (già compare in verità). Elisa è la nostra punta di diamante, Rossella sta imparando, sta crescendo (ricordiamolo, deve compiere 19 anni ed è all'esordio ad un Mondiale Élite), sta lavorando per una causa comune: portare Elisa quanto più in alto possibile. Le due giovani (la Longo Borghini è una classe '91), le nuove leve, il futuro proiettato nella realtà del ciclismo femminile italiano lotta fianco a fianco con Marianne Vos. Non importa se sarà quest'ultima a prevalere, come in un copione che se non era già scritto poco ci mancava; ciò che conta veramente è avere il reale, effettivo riscontro della forza delle nostre giovani leve di fronte ad un colosso come la Vos.

L'inizio vede la squadra azzurra schierata sul rettilineo di partenza. Alcune mascherano la tensione con qualche chiacchiera ed un sorriso, altre non riescono a fingere. Elisa Longo Borghini è molto concentrata: in fondo è la sua prima volta da capitano della Nazionale. Anche Marianne Vos - casco oro, occhialini oro, nastro manubrio oro, bici oro, come ricordo delle Olimpiadi - è molto concentrata, a dir poco tesa. Sa che un intero Paese l'aspetta e che non può più sbagliare, neanche se è la più forte del Mondo alla prova dei fatti. L'oro lo dovrà conquistare sotto forma di medaglia, non si scampa. Si parte ed il gruppo resta compatto. Il primo giro scorre via senza alcuna nota, se non che gli Stati Uniti restano perennemente in testa a tirare. Evelyn Stevens sulla carta è un'avversaria più che ostica per Marianne Vos ed anche Shelley Olds, in caso si ripetesse il copione con l'arrivo a ranghi compatti, è una potenziale vincitrice. Eppure la sensazione che non sarà volata è ampiamente diffusa, la Vos sente di non poter rischiare.

Anche nel secondo giro degli otto previsti (totale: 129 km) non succede niente di importante. Rossella Ratto prima si avventura su una ciclabile per evitare una caduta e sul finale la caduta la evita di un soffio. Una sua scodata basta a salvarla perché alla fine del secondo giro una maxicaduta coinvolge la seconda metà del gruppo. Esplodono quelle che si trovano dietro alla "linea Ratto", cadono, si fermano, si aggrovigliano. Davanti restano in sessanta, dietro molte di più, con buona parte delle big incastrate tra una bici e l'altra: Arndt, Pooley, Teutenberg, Olds (dopo la caduta perderà via via terreno per poi ritirarsi), Van Vleuten, Van Dijk. Delle italiane Cantele e Guderzo restano intruppate mentre Longo Borghini, Bronzini, Cauz, Cecchini, Ratto e Tagliaferro (che si fermerà per aiutare Guderzo e Cantele a rientrare) passano senza subire danni. Quelle che riescono rientrano, chi invece è troppo indietro per inseguire, come la preziosissima per Marianne Vos (in potenza) Eleonora Van Dijk, che viaggia a quasi 2' dal primo gruppo, si rialza. Nel terzo giro ancora statunitensi all'arrembaggio, con Megan Guarnier che attacca sul Bemelerberg e la Ratto, il cui compito è di entrare in ogni fuga possibile, le va dietro insieme ad altre. Prima della quinta tornata però non si assiste a nessuna azione di rilievo.

Certo, l'Olanda di Marianne Vos cerca di indurire la corsa, tattica che aveva pagato eccome alle Olimpiadi di Londra e non solo. Ecco quindi uno scatto di Loes Gunnewijk, un altro di Lucinda Brand (la portacolori della AA Drink non avrebbe nemmeno dovuto correre ma sostituisce Iris Slappendel, fratturatasi la clavicola nella cronosquadre di domenica scorsa). Lo scopo è stancare le altre squadre nell'inseguimento e la Gran Bretagna per un po' si vede in testa insieme ai soliti Stati Uniti. Le forze in campo però paiono ancora belle fresche, Marianne Vos teme un arrivo in volata e prepara le contromisure studiate: approfittare di qualsiasi situazione potenzialmente favorevole che verrà a crearsi. Eccola, si palesa dopo il quinto Bemelerberg, la situazione favorevole: la statunitense Amber Neben accelera e la nostra Rossella Ratto, davvero impeccabile, le si incolla alla ruota. Si ritrovano insieme alla tedesca Charlotte Becker, all'australiana Rachel Neylan ed all'olandese Anna Van der Breggen. Le cinque vanno di comune accordo ed il gruppo sempre lì, a non troppo, a controllarle. Hai visto mai che ci scappi la fuga bidone?

Nella sesta tornata, la penultima, si decide la corsa ed è il giudice dell'anello, il Cauberg, ad emettere la sentenza più scontata, e che però impressiona sempre. Succede così, di punto in bianco e quando meno te l'aspetti, che Marianne Vos si apra un varco tra il bordo strada ed Emma Pooley. Scatta, rilancia, si lascia il gruppo alle spalle. Elisa Longo Borghini pensa (e riferirà a fine corsa) «O adesso o mai più» e mette la Vos nel suo mirino, cercando di non urtare la Pooley (deve anche tirare i freni proprio nel momento dello scatto per non cozzare contro la britannica). Tanto è entusiasmante il gesto atletico di Marianne Vos quanto quello di Elisa Longo Borghini, che con il suo passo deciso si riporta sulla fuoriclasse di Meeuwen. Le due sono ora sulla testa della corsa insieme a Neben, Neylan, Becker, Ratto e Van der Breggen. Dietro sono in poche a tenere duro e provare un inseguimento; tra Pooley, Johansson, Stevens ed Arndt stranisce e fa piacere vedere una Giorgia Bronzini fino a tre giorni fa febbricitante ed oggi molto competitiva. Ormai la corsa è davanti, con Anna Van der Breggen che aiuta Marianne Vos nelle trenate (logico che quando passa in testa la Campionessa Olimpica la velocità del sestetto raddoppi) mentre una Rossella Ratto che inizia ad essere stanca si pone accanto alla capitana dell'Italia, senza dubbio Elisa Longo Borghini.

In pochi chilometri le trenate di Vos e Van der Breggen bastano a porre un distacco di 1'30" abbondante nei confronti del primo gruppo inseguitore. È il più classico schema-Vos, che pure corre e vince senza rigidità mentale. Il penultimo Bemelerberg non dà fastidio alle sette battistrada, diverso sarà per il Cauberg. Stesso discorso del passaggio precedente: tutte si aspettano il colpetto della Vos ma nessuna riesce a tenere la sua ruota. L'entrata nella cittadina di Valkenburg prelude all'inizio del Cauberg; prima però c'è una curva a sinistra. È poco prima di quella curva che Marianne Vos si porta in testa in discesa. Elisa Longo Borghini comprende l'intento della fuoriclasse olandese e le si attacca alla ruota. La Vos pennella la curva meglio delle altre e scatta furiosa. Soltanto Elisa Longo Borghini tiene il suo ritmo. Charlotte Becker cede di schianto, Neben viene su del suo passo insieme alle ormai stanche Van der Breggen e Ratto. Una grandissima Rachel Neylan tenta con successo di riportarsi su Vos e Longo Borghini. Rientrano anche Neben, Ratto e Van der Breggen.

Ormai il gruppo inseguitore ha 3' di svantaggio ma la Vos vuole stancare all'inverosimile le dirette avversarie, vuole stravincere. Un cenno della testa e la Van der Breggen ricomincia a tirare come un mulo in testa al sestetto. Vos in seconda ruota, Longo Borghini in terza, attenta a non farsi scappare l'olandese per tutto l'ultimo giro. Il Bemelerberg vola di nuovo via e nel falsopiano allunga proprio la Van der Breggen. Dietro Marianne Vos lascia inseguire le altre, così la 22enne di Zwolle resta per un po' da sola in testa, cullando un piccolo grande sogno. Ma oggi la sua missione non è andare a vincere, bensì aiutare la capitana. Così la discesa verso Valkenburg ricompatta il gruppetto di testa ed il Cauberg finale è il primo di tutte le gare in linea sino ad ora viste che deciderà le sorti del Mondiale. Sorti ormai decise, anche senza Cauberg, tanta è la voglia d'oro della Vos, ma non si può mai considerare un corridore vincitore sinché non ha passato la linea del traguardo, elementare.

All'inizio dell'ultimo, decisivo Cauberg, Rachel Neylan si porta in testa a scandire il ritmo. Non è chiaro cosa voglia fare l'australiana, se staccare le avversarie (Vos e Longo Borghini escluse) o tentare il colpo della vita. Tant'è che si mette in testa e la Vos, che altro non aspettava, almeno per la prima metà di salita, si accoda. La Longo Borghini è ancora e sempre alla ruota dell'olandese mentre Ratto, Van der Breggen e Neben salgono del loro passo, una volta esaurita la benzina (ma dopo quanto lavoro!). Marianne Vos è un animale chiuso in gabbia alla ruota della Neylan sulle rampe del Cauberg e così trova la chiave di questa gabbia. Fugge e nessuno più la rivede. Uno scatto impressionante che fa abbasssare la testa a Neylan e Longo Borghini, le quali nemmeno provano ad inseguire l'olandese.

Uno scatto troppo atteso, troppo potente, troppo tutto per poter ricevere una sola replica. Marianne Vos percorre quei 1600 metri che dalla cima del Cauberg portano ad un traguardo che da cinque anni a questa parte l'ha vista seconda, per quattro volte ad opera di un'italiana (Marta Bastianelli nel 2007, Tatiana Guderzo nel 2009, Giorgia Bronzini nel 2010 e 2011). Stavolta l'italiana c'è, sì, ma alle spalle, e davanti a Marianne non si vede nessuno. Dietro soltanto la Neylan, lontana, si può intravvedere; Marianne Vos, per non sbagliarsi, controlla ripetutamente che Neylan e Longo Borghini siano davvero lontane, quindi riceve dai tifosi una bandiera olandese con cui si avvolge, sventolandola in maniera a dir la verità un po' goffa, davanti alla "sua" gente.

Dopo i successi al Mondiale di Ciclocross (il quinto in carriera), al Giro Donne (il secondo consecutivo) e la vittoria della Coppa del Mondo (la quarta della carriera), Marianne Vos imita Nicole Cooke con la doppietta Giochi Olimpici-Mondiali. È inevitabilmente la ciclista più forte al Mondo ed attraversa il periodo di forma migliore in assoluto. Rasenta l'imbattibilità e non si pensi alla scarsa concorrenza nel ciclismo femminile (che pure c'è) perché qui siamo di fronte ad un fenomeno di portata eccezionale. Un successo che non può non consacrarla in una stagione d'oro, letteralmente. Alle spalle della Vos la sorprendente Neylan e la Longo Borghini, tanto forte quanto incredula. Neben e Van der Breggen chiudono 4a e 5a con la superlativa Rossella Ratto che crolla nel finale (ma ne ha ben donde!) ed è 6a a 3'40". Villumsen, Arndt (ultima gara della carriera per lei), Johansson e Brzezna chiudono la top ten. Deludono Evelyn Stevens, le stesse Arndt e Johansson, oltre che Emma Pooley, mai nel vivo di un'azione.

Le nostre invece, brillano: con la felicità di due bambine cresciute Longo Borghini e Ratto hanno corso da atlete navigate, sapendosi gestire a modo, facendo l'una il punto di riferimento dell'altra, dividendo quel bronzo dell'ornavassese che, per com'è venuto, vale veramente oro. Certo è che Ratto e Longo Borghini sono il nostro futuro che è sceso nel presente, hanno margini di miglioramento che nemmeno loro conoscono e se le suoneranno di santa ragione su diversi terreni negli anni a venire. Bene anche la Bronzini che pure non al top della forma resta con le migliori e chiude 20a. Se non avesse avuto l'influenza chissà...

Ma oggi non c'era spazio né per i "chissà" né per i "se", figurarsi per i "ma". Non c'è locuzione che regga di fronte alla dirompenza di questa Marianne Vos, atleta superlativa, completa e ritornata all'oro iridato su strada che tante, troppe volte le è sfuggito per tanto così, spesso ingiustamente. Il tempo ed il talento le hanno dato ragione, anche perché nel mentre l'olandese non s'è adagiata sugli altri allori che continuavano a giungere ma ha lavorato sodo per arrivare al risultato che oggi ha per le mani. Qualcuno dice che lei sia l'Eddy Merckx al femminile. Per completezza, facilità d'esecuzione, demolizione (psicologica e fisica) delle avversarie, forse la Vos è qualcosa di più. Cos'è stato dunque Eddy Merckx? La versione maschile di Marianne Vos.

Francesco Sulas

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