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Emma Pooley: «Un momento perfetto» - Intervista alla dominatrice del Tour de L'Aude

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Ha letteralmente dominato, con la sua Cervélo, il recente Tour de L'Aude e vanta altri prestigiosissimi successi come quello nella Freccia Vallone. Il 2010 è già l'anno di Emma Pooley, ma con il Giro d'Italia in vista c'è da attendersi di vederla di nuovo grande protagonista.

Dopo quattro successi così in rapida successione [Freccia Vallone, Suisse, Elsy Jacobs e Tour de L'Aude], ci viene da chiederti come ci si senta ad essere imbattibile...
«(ride) No no, non mi definirei imbattibile! E poi c'è stata una corsa in Lussemburgo [il GP Mameranus ndr] che non ho portato a termine. Scherzi a parte, di sicuro vivo un momento perfetto, con un mix di ottima fortuna, ottima forma mia e del team, che mi ha supportato alla grande. Che dire?, sono davvero felicissima, sta andando tutto anche meglio di quanto sperassi e mi aspettassi!».

Il tuo successo nel Tour de l'Aude è parso quasi non essere in discussione fin dalla prima frazione di montagna. È stato davvero così facile come è sembrato?
«No, decisamente non è stato facile, c'è un duro lavoro individuale e di squadra dietro. Certo, s'è creata una situazione favorevole, soprattutto grazie alla forza del mio team. Le mie rivali non avevano a disposizione una squadra forte come la Cervélo, che mi ha consentito di correre protetta tutto il tempo, risparmiare un sacco di energie nelle tappe di pianura e quindi essere più brillante in quelle più dure. Chiaramente questo non dava la certezza della vittoria, ma sì, senz'altro ottime chance».

Parlando dello strapotere del tuo team, c'è stata qualche critica da parte del tuo precedente direttore sportivo e attuale tecnico degli Stati Uniti, Manel Lacambra, che ha un po' criticato il vostro atteggiamento nella terz'ultima tappa, quella da te vinta a Roquefeuil. Secondo lui, saresti stata un po' troppo passiva durante l'azione che ti ha vista protagonista con la Abbott e poi un po' troppo cinica ad andare a prendere i traguardi GPM e la vittoria di tappa, nonostante entrambe le maglie fossero praticamente al sicuro. Cosa ti senti di dire in merito?
«In verità non ho avuto modo di leggere le sue dichiarazioni, magari ne parleremo alla prima occasione. In generale comunque ci sono alcune cose da tenere in considerazione. Prima di tutto che le mie compagne, tra cui Claudia [Häusler], erano nel gruppo che inseguiva e che quindi non era troppo sensato collaborare in quell'azione. Anche perché questo mi consentiva di risparmiare energie per quando sarebbero servite davvero. E poi c'è da ricordare che, in quanto maglia gialla e leader della squadra, un'atleta ha delle responsabilità nei confronti del proprio team appunto e mi sembrava doveroso fare del mio meglio per vincere anche una tappa».

Il cambio di tecnico da Lacambra a Van Kessel che ruolo gioca nei tuoi successi? Ha influito sul tuo modo di affrontare una gara?
«Beh, quando cambi direttore sportivo è sempre un cambiamento importante; tra i due, entrambi molto preparati, ci sono grandi differenze, anche dal punto di vista culturale, vista la diversa provenienza. Ho avuto bisogno di tempo per adattarmi, inizialmente, poi direi che ha funzionato!».

A questo punto lo sguardo per te è inevitabilmente puntato verso il Giro d'Italia. Hai dato un'occhiata al percorso? Ti piace?
«Sì, per ora ho dato giusto un'occhiata al percorso, ma la prossima settimana andrò a visionarlo di persona, con il direttore sportivo e qualche compagna. Penso che vedrò settima, ottava e nona tappa, quindi gli arrivi di Albese, Livigno e soprattutto lo Stelvio. Vivendo in Svizzera non è poi troppo lontano e soprattutto è davvero importante poter fare una ricognizione delle salite e delle discese».

Emma Pooley in azione durante il Tour de l'Aude - Foto CJ FarqhuarsonA tal proposito, la discesa è un tuo tradizionale tallone d'Achille. Ti sei allenata in modo specifico negli ultimi mesi per rimediare a quest'aspetto?
«Sì, ho lavorato parecchio su questa mia debolezza. E sono davvero felice dei progressi che sto facendo, per quanto ci sia ancora da lavorare. Migliorare in discesa era una priorità assoluta, perché diventa difficile essere presa sul serio come ciclista con difficoltà così grosse. Si tratta di un'abilità che è composta di vari fattori e mi sono concentrata su quelli che potevo cambiare. Prima di tutto dal punto di vista mentale, perché per me andare in discesa era una vera e propria fobia, ogni volta mi trovavo in cima a una salita letteralmente terrorizzata. Ora riesco molto meglio a controllare la paura, anche perché sto acquisendo via via una maggiore fiducia dal punto di vista tecnico, sono due aspetti che vanno di pari passo. La chiave è stato dire a me stessa che non sarei mai diventata una ciclista di alto livello se non sono in grado di affrontare una discesa come si deve».

Tornando al Giro, punti a ripetere l'accoppiata Tour de l'Aude e Giro d'Italia che è riuscita nel 2009 alla tua compagna Häusler?
«Prima di tutto va detto che il Tour de l'Aude era il mio grande obiettivo di stagione e che sarò al Giro per aiutare Claudia; lei ha lavorato un sacco, ha tutte le possibilità di rivincerlo e sono felice di poterla aiutare. Certo, il modo migliore per potermi rendere utile alla causa è andare forte come se dovessi vincerlo io. Anche dal punto di vista tattico, è importante avere una leader, ma anche delle alternative che gli altri team possano temere e debbano marcare, e poi ci sono le vittorie di tappa. Tra me e Claudia c'è un'ottima intesa, lei è felice quando vinco io e io sono felice quando posso aiutare lei a vincere, come spero di fare al Giro».

La tua preparazione per la corsa rosa, ricognizioni a parte?
«Per una settimana mi sono riposata, visto che la fatica alla fine dell'Aude s'è fatta davvero sentire. Poi continuerò con il normale programma di allenamenti e rientro al Trentino per affinare la preparazione».

Chiudiamo con una domanda più generale. In Italia il ciclismo femmile sta lottando da tempo per guadagnarsi "un posto al sole" a livello mediatico, ma indubbiamente c'è ancora molta strada da fare. Com'è la situazione nel tuo Paese, com'è stato accolto il tuo successo in una delle principali corse del panorama internazionale?
«In verità in UK la situazione non è poi così diversa dall'Italia, anzi direi che in Italia c'è più attenzione al ciclismo femminile che nel mio paese. A tratti è davvero avvilente, pensare per esempio che quasi nessuno s'interessa o conosce il Tour de l'Aude. Io spero che l'UCI faccia qualcosa per promuovere un cambiamento. La mia idea è che si dovrebbero avvicinare un po' le corse maschili e femminili nel calendario, in modo che i media possano dare copertura alla gara femminile con gli stessi mezzi della maschile; sarebbe più facile, secondo me aiuterebbe molto a rendere più visibile il nostro sport».

Stefano Rizzato

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