Antipasto di quello che sarà il finale alpino del Tour, la 16esima tappa vive la situazione duale dell'essere messa tra il riposo (e quindi ciò farebbe sperare in qualche energia da spendere da parte dei principali protagonisti) e l'importantissima crono di Chorges (e ciò ci farebbe invece pensare in una frazione corsa al risparmio da molti). Due salite non da buttar via (Côte de la Montagne de Bluye, 5.7 km al 5.6% medio e Col de Macuègne, 7.6 km al 5.2%) nei primi 50 km saranno però seguite da una lunga fase - quasi 100 km fino a Gap - che anestetizzerà la situazione: in particolare, da Châteauneuf-de-Chabre, km 84, parte un lunghissimo falsopiano di 55 km non propriamente adatto a ipotesi bellicose. Una breve discesa sulla città sede d'arrivo precede un giro orario di 23 km che porterà il gruppo ad affrontare il Col de Manse, salita che caratterizza il finale: la scalata, lunga 9.5 km, non fa in sé tremare i polsi, con la sua pendenza media di poco superiore al 5%; ma a volte proprio su salite del genere si vede qualcosa a livello di spettacolo, e in particolare c'è da aspettarsi che qualche uomo di classifica a ridosso dei primi possa tentare di avvantaggiarsi un po' sapendo di pagare l'indomani contro il tempo. Più che alla salita, però (il Gpm è posto a poco meno di 12 km dal traguardo), ci sarà da fare attenzione alla successiva picchiata di 7 km: non tanto per i primi 2, quanto per i successivi 5, che saranno più accentuati come pendenza (si va sul 7-8%) e più insidiosi come caratteristiche tecniche. Gli ultimi 4 km sono praticamente pianeggianti, e qui gli eventuali attaccanti dovranno difendere coi denti il margine guadagnato sul gruppo.
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@marcelkittel: È fatta! Koen ha il suo nuovo taglio! instagram.com/p/bzFvOYDMuq/
@millarmind: Rispetto un sacco @marcelkittel per non aver mai paura a dire quello che pensa. È un esempio. E i suoi capelli? Incredibili!
@luisangelmate: Non so da quanto tempo non mi facevo una doccia in un bagno normale e non in un autobus! Piaceri del giorni di riposo!
@Benna80: Ieri tutto il giorno così, domani? Staremo a vedere.....Buonanotte a tutti pic.twitter.com/7fpP1mvZPn



Francia finalmente protagonista nella corsa di casa, per giunta nel giorno di festa nazionale. Nella tappa conclusasi sul Mont Ventoux il trionfatore, acclamato da festanti ali di folla lungo tutto il percorso, è stato Jonathan Hivert della Sojasun. Il ventottenne, al fine di regalare una giornata indimenticabile ai propri connazionali, è andato in fuga solitaria quando mancavano 60 km all'arrivo, salutando la folta compagnia del gruppo. La scalata del «gigante calvo» dal versante di Bédoin è sempre la più emozionante sia per i tifosi sia per i malcapitati che devono percorrere quegli infiniti 21 km di ascesa: Hivert, incurante di tutto, ha continuato ad aumentare il vantaggio sul resto della compagnia ed è giunto ai 1912 m slm della cima con 17'31" sul secondo, lo spagnolo dell'Euskaltel Juan José Lobato. Al terzo posto si è piazzato Matteo Trentin dell'Omega Pharma che, dopo la giornata da dimenticare di Lione, ha voluto rispondere con i fatti alle prime critiche mosse nei suoi confronti. A 17'45" dalla testa, assieme al nativo di Borgo Valsugana, sono arrivati numerosi altri corridori, con il francese della Fdj.fr William Bonnet e il friulano Davide Cimolai della Lampre ad occupare il quarto e il quinto posto. In coda, rischiando addirittura il tempo massimo, si è classificato il britannico della Sky Chris Froome a 50'21". Rivoluzione, non francese in questo caso, al vertice della classifica, col canadese dell'Orica, Svein Tuft che sopravanza l'ormai ex leader, il kazako dell'Astana Dmitriy Muravyev, di 50". Per cercare un attacco combinato, a dar manforte al connazionale è arrivato l'altro specialista dell'Astana per la classifica generale, ossia Assan Bazayev, che ora è terzo a 1'42" dalla testa. È sceso al quarto posto il buon Jérôme Cousin, francese dell'Europcar, con 1'57" da recuperare mentre, dopo l'eccezionale exploit di domenica, Hivert è risalito sino al quinto posto della generale a 2'18" da Tuft. Chiude come sempre Froome, con 2h46'52" di svantaggio dall'arzillo debuttante al Tour.
Negli anni '80 il ciclismo visse una prima fase espansionistica, a livello geografico, e l'apertura delle frontiere al continente americano venne consacrata dalle fortunate presenze dello statunitense Greg Lemond al Tour, e dai primi inviti rivolti dalla Grande Boucle al movimento colombiano. Nel 1983 la più importante corsa francese venne considerata per regolamento "open", sì da poter vedere al via corridori non professionisti, ma che in Sudamerica muovevano le folle. Fu così invitata una formazione nazionale colombiana, sponsorizzata dalla Varta, che, guidata in ammiraglia da Luis Ocaña, si mise in mostra sia quell'anno (con qualche piazzamento) che soprattutto nel 1984, allorché era stato ingaggiato Luis "Lucho" Herrera, all'epoca 23enne. Lo scalatore colombiano si fece vedere già sui Pirenei, e sulle Alpi colse una storica vittoria (la prima per la Colombia al Tour) all'Alpe d'Huez. I tempi erano maturi per un ingresso in grande stile di una formazione professionistica colombiana. I migliori Escarabajos (così venivano e vengono soprannominati i ciclisti di quel paese) vennero confermati nel sodalizio del Café de Colombia (sponsor nazionale che già negli anni precedenti aveva patrocinato il team in trasferta al Tour). Già alla Vuelta 1985 il giovane Fabio Parra riuscì a ottenere un quinto posto nella generale; al Tour furono fuochi d'artificio: Herrera vinse le tappe di Morzine e Saint-Étienne, e portò a casa la maglia a pois; Parra si impose a Lans-en-Vercors e fu il miglior giovane della Boucle. In classifica i due furono settimo e ottavo, e quel che più conta, il loro paese era ai loro piedi. La febbre da ciclismo esplose senza più limiti, i giornalisti inviati al Tour si moltiplicarono, con dirette via radio che hanno fatto epoca per il pathos, il calore e il colore di quelle radiocronache. La Colombia continuò ad essere protagonista del ciclismo europeo, malgrado un passaggio a vuoto nel 1986 (i corridori del team continuavano comunque a mietere successi in patria, tra Vuelta a Colombia e Clásico RCN). Il 1987 fu l'anno centrale, con la vittoria di Herrera alla Vuelta a España (unico podio colombiano in un GT fino al secondo posto di Rigoberto Urán all'ultimo Giro d'Italia), e il classico doppio piazzamento di Lucho e Parra al Tour (quinto e sesto, con maglia a pois per lo stesso Herrera). Il 1988 vide l'addio di Parra (passato alla Kelme), mentre Herrera si accontentò di vincere il Delfinato e di chiudere al sesto posto il Tour. Eravamo già nella fase discendente del team, che visse nel 1989 gli ultimi momenti esaltanti (Herrera venne al Giro d'Italia e vinse due tappe, alle Tre Cime di Lavaredo e a Monte Generoso, conquistando anche nella corsa rosa - come già aveva fatto al Tour e alla Vuelta - la classifica di migliore scalatore), prima di un rapido declino segnato dal mancato invito al Tour del 1990 e da una crisi del mercato del caffè (con crollo dei prezzi) che mise in ginocchio lo sponsor, il quale si fece da parte nel 1990. Rimane nella storia il gran éxito di una squadra a tratti pittoresca, ma fortissima in montagna, che ha segnato almeno un lustro di grande ciclismo e che, a parte i campioni Herrera e (in misura minore) Parra, ha schierato nelle sue fila corridori come Antonio Agudelo (vincitore di una tappa alla Vuelta 1985 e all'Avenir dello stesso anno), Carlos Jaramillo (vincitore di una tappa al Delfinato 1985), Henry Cárdenas (vincitore di una tappa al Delfinato 1987), Alberto Camargo (vincitore di una tappa alla Vuelta 1989) e altri come Antonio Londoño, Abelardo Rondón, Patrocinio Jiménez, Martín Ramírez, Martín Farfán.









Vaison-la-Romaine è un paesino collinare di 6500 abitanti situato ai piedi del Mont Ventoux, che ne domina inevitabilmente il panorama. Come si può intuire dal nome, questo paesino ha origini molto antiche e nei dintorni pullulano siti archeologici di epoca romana, su tutti l'antico teatro ed il ponte romano del I secolo. Il centro storico è di origine alto-medievale, con la cattedrale della Madonna di Nazareth che viene fatta risalire tra l'XI ed il XIII secolo. Vaison-la-Romaine è anche sede di un festival di danza, la Vaison Danses, tutt'oggi in corso, che dura fino alla fine di luglio, ma è soprattutto riconosciuta come capitale europea del canto corale, per via del Choralies, festival dei cori che viene qui organizzato ogni tre anni ad inizio di agosto: vi partecipano più di 5000 cori provenienti da tutto il mondo.