Il Portale del Ciclismo professionistico

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Particolarmente laboriosa l'uscita dalla fase-Alpi quest'anno. La decima tappa, nel giorno della Festa Nazionale Francese, parte dalla città celebre per il Mondiale del 1989 (vinse Lemond) e arriva in un centro legato a doppio filo con la storia del Tour. In totale 179 chilometri tutt'altro che tranquilli. Chi ha pagato sulla Madeleine e ha forza e voglia di tentare un immediato riscatto, non ha che da fare fuoco e fiamme sulla durissima Côte de Laffrey, 7 km con pendenza media del 9% (ma punte anche sopra il 20): il problema è che dal Gpm all'arrivo ci sono 100 km, e i successivi contrafforti non sono paragonabili alla salita di Laffrey. In ogni caso, chi vorrà provare l'assalto all'arma bianca, dovrà comunque superare indenne il Col du Noyer, un seconda categoria lunghetto ma non impossibile, con vetta a 24 km dalla conclusione (ma occhio a un'altra salita - seppur non Gpm - ai 10 km). Qualcosa si potrà provare, insomma, ma il rischio è molto alto. Se però il gioco (qualunque gioco di classifica) riesce, sarà una tappa da ricordare.

Chambéry

Con i suoi oltre 60.000 abitanti, Chambéry è il capoluogo della prefettura della Savoia. Nella storia recente di Chambéry c'è molto ciclismo: nel 1989 è stato organizzato un mondiale, con vittoria di Greg LeMond tra i professionisti, e nel 1996 è stata sede di partenza di una tappa del tour con arrivo a Les Arcs. Nella storia di Chambéry c'è inevitabilmente molta Italia, visto che la città è appartenuta ai Savoia sin dal tredicesimo secolo, quando Amedeo conte di Savoia ne fece la sua capitale. L'unificazione del regno d'Italia e le varie guerre d'indipendenza videro poi passare "Chiamberi" (com'era detta in Italiano) alla repubblica francese nel 1861. Tutta Chambéry è sorta attorno a un a castello, costruito nel 1285. In seguito all'espansione del suo regno, all'obsolescenza del castello e ai continui attacchi dei francesi, nel sedicesimo secolo il duca Emanuele Filiberto spostò la capitale a Torino causando la relativa decadenza di Chambéry. Oggi la città è all'avanguardia nell'ambito dell'energia solare.

Gap

Gap sta alle Alpi come Pau sta ai Pirenei: è un punto di passaggio quasi obbligato del Tour de France. Nella storia della Grande Boucle, per ben 19 edizioni Gap è stata sede di partenza e arrivo: quest'anno per la prima volta sarà solo sede di arrivo di una tappa. Il primo arrivo a Gap risale al 1931, quando Demusyere, in lotta con Magne e Pesenti per la classifica, riuscì ad arrivare solo al traguardo. Si arrivò a Gap per 5 edizioni consecutive, da Nice o da Grenoble, per poi tornare nel dopoguerra. Da Gap sono soprattutto partite tappe celebri, verso le grandi vette alpine: basti pensare alla Gap-Briançon, con Izoard e Vars, decisiva in molti tour a cavallo tra i '50 e i '60; Da Gap inoltre si è arrivati sia a L'Alpe d'Huez che al Mont Ventoux, e una volta a Torino, con vittoria dell'indimenticato Nino Defilippis. La tappa di quest'anno ripercorrerà gli ultimi chilometri della tragica tappa del 2003, con la famosa caduta di Beloki che ne chiuderà di fatto la carriera e relativo fuoripista di Armstrong.

Nicola Stufano
Chambéry

Con i suoi oltre 60.000 abitanti, Chambéry è il capoluogo della prefettura della Savoia. Nella storia recente di Chambéry c'è molto ciclismo: nel 1989 è stato organizzato un mondiale, con vittoria di Greg LeMond tra i professionisti, e nel 1996 è stata sede di partenza di una tappa del tour con arrivo a Les Arcs. Nella storia di Chambéry c'è inevitabilmente molta Italia, visto che la città è appartenuta ai Savoia sin dal tredicesimo secolo, quando Amedeo conte di Savoia ne fece la sua capitale. L'unificazione del regno d'Italia e le varie guerre d'indipendenza videro poi passare "Chiamberi" (com'era detta in Italiano) alla repubblica francese nel 1861. Tutta Chambéry è sorta attorno a un a castello, costruito nel 1285. In seguito all'espansione del suo regno, all'obsolescenza del castello e ai continui attacchi dei francesi, nel sedicesimo secolo il duca Emanuele Filiberto spostò la capitale a Torino causando la relativa decadenza di Chambéry. Oggi la città è all'avanguardia nell'ambito dell'energia solare.

Gap

Gap sta alle Alpi come Pau sta ai Pirenei: è un punto di passaggio quasi obbligato del Tour de France. Nella storia della Grande Boucle, per ben 19 edizioni Gap è stata sede di partenza e arrivo: quest'anno per la prima volta sarà solo sede di arrivo di una tappa. Il primo arrivo a Gap risale al 1931, quando Demusyere, in lotta con Magne e Pesenti per la classifica, riuscì ad arrivare solo al traguardo. Si arrivò a Gap per 5 edizioni consecutive, da Nice o da Grenoble, per poi tornare nel dopoguerra. Da Gap sono soprattutto partite tappe celebri, verso le grandi vette alpine: basti pensare alla Gap-Briançon, con Izoard e Vars, decisiva in molti tour a cavallo tra i '50 e i '60; Da Gap inoltre si è arrivati sia a L'Alpe d'Huez che al Mont Ventoux, e una volta a Torino, con vittoria dell'indimenticato Nino Defilippis. La tappa di quest'anno ripercorrerà gli ultimi chilometri della tragica tappa del 2003, con la famosa caduta di Beloki che ne chiuderà di fatto la carriera e relativo fuoripista di Armstrong.

Chambéry

Con i suoi oltre 60.000 abitanti, Chambéry è il capoluogo della prefettura della Savoia. Nella storia recente di Chambéry c'è molto ciclismo: nel 1989 è stato organizzato un mondiale, con vittoria di Greg LeMond tra i professionisti, e nel 1996 è stata sede di partenza di una tappa del tour con arrivo a Les Arcs. Nella storia di Chambéry c'è inevitabilmente molta Italia, visto che la città è appartenuta ai Savoia sin dal tredicesimo secolo, quando Amedeo conte di Savoia ne fece la sua capitale. L'unificazione del regno d'Italia e le varie guerre d'indipendenza videro poi passare "Chiamberi" (com'era detta in Italiano) alla repubblica francese nel 1861. Tutta Chambéry è sorta attorno a un a castello, costruito nel 1285. In seguito all'espansione del suo regno, all'obsolescenza del castello e ai continui attacchi dei francesi, nel sedicesimo secolo il duca Emanuele Filiberto spostò la capitale a Torino causando la relativa decadenza di Chambéry. Oggi la città è all'avanguardia nell'ambito dell'energia solare.

Gap

Gap sta alle Alpi come Pau sta ai Pirenei: è un punto di passaggio quasi obbligato del Tour de France. Nella storia della Grande Boucle, per ben 19 edizioni Gap è stata sede di partenza e arrivo: quest'anno per la prima volta sarà solo sede di arrivo di una tappa. Il primo arrivo a Gap risale al 1931, quando Demusyere, in lotta con Magne e Pesenti per la classifica, riuscì ad arrivare solo al traguardo. Si arrivò a Gap per 5 edizioni consecutive, da Nice o da Grenoble, per poi tornare nel dopoguerra. Da Gap sono soprattutto partite tappe celebri, verso le grandi vette alpine: basti pensare alla Gap-Briançon, con Izoard e Vars, decisiva in molti tour a cavallo tra i '50 e i '60; Da Gap inoltre si è arrivati sia a L'Alpe d'Huez che al Mont Ventoux, e una volta a Torino, con vittoria dell'indimenticato Nino Defilippis. La tappa di quest'anno ripercorrerà gli ultimi chilometri della tragica tappa del 2003, con la famosa caduta di Beloki che ne chiuderà di fatto la carriera e relativo fuoripista di Armstrong.

Chambéry

Con i suoi oltre 60.000 abitanti, Chambéry è il capoluogo della prefettura della Savoia. Nella storia recente di Chambéry c'è molto ciclismo: nel 1989 è stato organizzato un mondiale, con vittoria di Greg LeMond tra i professionisti, e nel 1996 è stata sede di partenza di una tappa del tour con arrivo a Les Arcs. Nella storia di Chambéry c'è inevitabilmente molta Italia, visto che la città è appartenuta ai Savoia sin dal tredicesimo secolo, quando Amedeo conte di Savoia ne fece la sua capitale. L'unificazione del regno d'Italia e le varie guerre d'indipendenza videro poi passare "Chiamberi" (com'era detta in Italiano) alla repubblica francese nel 1861. Tutta Chambéry è sorta attorno a un a castello, costruito nel 1285. In seguito all'espansione del suo regno, all'obsolescenza del castello e ai continui attacchi dei francesi, nel sedicesimo secolo il duca Emanuele Filiberto spostò la capitale a Torino causando la relativa decadenza di Chambéry. Oggi la città è all'avanguardia nell'ambito dell'energia solare.

Gap

Gap sta alle Alpi come Pau sta ai Pirenei: è un punto di passaggio quasi obbligato del Tour de France. Nella storia della Grande Boucle, per ben 19 edizioni Gap è stata sede di partenza e arrivo: quest'anno per la prima volta sarà solo sede di arrivo di una tappa. Il primo arrivo a Gap risale al 1931, quando Demusyere, in lotta con Magne e Pesenti per la classifica, riuscì ad arrivare solo al traguardo. Si arrivò a Gap per 5 edizioni consecutive, da Nice o da Grenoble, per poi tornare nel dopoguerra. Da Gap sono soprattutto partite tappe celebri, verso le grandi vette alpine: basti pensare alla Gap-Briançon, con Izoard e Vars, decisiva in molti tour a cavallo tra i '50 e i '60; Da Gap inoltre si è arrivati sia a L'Alpe d'Huez che al Mont Ventoux, e una volta a Torino, con vittoria dell'indimenticato Nino Defilippis. La tappa di quest'anno ripercorrerà gli ultimi chilometri della tragica tappa del 2003, con la famosa caduta di Beloki che ne chiuderà di fatto la carriera e relativo fuoripista di Armstrong.

Chambéry

Con i suoi oltre 60.000 abitanti, Chambéry è il capoluogo della prefettura della Savoia. Nella storia recente di Chambéry c'è molto ciclismo: nel 1989 è stato organizzato un mondiale, con vittoria di Greg LeMond tra i professionisti, e nel 1996 è stata sede di partenza di una tappa del tour con arrivo a Les Arcs. Nella storia di Chambéry c'è inevitabilmente molta Italia, visto che la città è appartenuta ai Savoia sin dal tredicesimo secolo, quando Amedeo conte di Savoia ne fece la sua capitale. L'unificazione del regno d'Italia e le varie guerre d'indipendenza videro poi passare "Chiamberi" (com'era detta in Italiano) alla repubblica francese nel 1861. Tutta Chambéry è sorta attorno a un a castello, costruito nel 1285. In seguito all'espansione del suo regno, all'obsolescenza del castello e ai continui attacchi dei francesi, nel sedicesimo secolo il duca Emanuele Filiberto spostò la capitale a Torino causando la relativa decadenza di Chambéry. Oggi la città è all'avanguardia nell'ambito dell'energia solare.

Gap

Gap sta alle Alpi come Pau sta ai Pirenei: è un punto di passaggio quasi obbligato del Tour de France. Nella storia della Grande Boucle, per ben 19 edizioni Gap è stata sede di partenza e arrivo: quest'anno per la prima volta sarà solo sede di arrivo di una tappa. Il primo arrivo a Gap risale al 1931, quando Demusyere, in lotta con Magne e Pesenti per la classifica, riuscì ad arrivare solo al traguardo. Si arrivò a Gap per 5 edizioni consecutive, da Nice o da Grenoble, per poi tornare nel dopoguerra. Da Gap sono soprattutto partite tappe celebri, verso le grandi vette alpine: basti pensare alla Gap-Briançon, con Izoard e Vars, decisiva in molti tour a cavallo tra i '50 e i '60; Da Gap inoltre si è arrivati sia a L'Alpe d'Huez che al Mont Ventoux, e una volta a Torino, con vittoria dell'indimenticato Nino Defilippis. La tappa di quest'anno ripercorrerà gli ultimi chilometri della tragica tappa del 2003, con la famosa caduta di Beloki che ne chiuderà di fatto la carriera e relativo fuoripista di Armstrong.

Chambéry

Con i suoi oltre 60.000 abitanti, Chambéry è il capoluogo della prefettura della Savoia. Nella storia recente di Chambéry c'è molto ciclismo: nel 1989 è stato organizzato un mondiale, con vittoria di Greg LeMond tra i professionisti, e nel 1996 è stata sede di partenza di una tappa del tour con arrivo a Les Arcs. Nella storia di Chambéry c'è inevitabilmente molta Italia, visto che la città è appartenuta ai Savoia sin dal tredicesimo secolo, quando Amedeo conte di Savoia ne fece la sua capitale. L'unificazione del regno d'Italia e le varie guerre d'indipendenza videro poi passare "Chiamberi" (com'era detta in Italiano) alla repubblica francese nel 1861. Tutta Chambéry è sorta attorno a un a castello, costruito nel 1285. In seguito all'espansione del suo regno, all'obsolescenza del castello e ai continui attacchi dei francesi, nel sedicesimo secolo il duca Emanuele Filiberto spostò la capitale a Torino causando la relativa decadenza di Chambéry. Oggi la città è all'avanguardia nell'ambito dell'energia solare.

Gap

Gap sta alle Alpi come Pau sta ai Pirenei: è un punto di passaggio quasi obbligato del Tour de France. Nella storia della Grande Boucle, per ben 19 edizioni Gap è stata sede di partenza e arrivo: quest'anno per la prima volta sarà solo sede di arrivo di una tappa. Il primo arrivo a Gap risale al 1931, quando Demusyere, in lotta con Magne e Pesenti per la classifica, riuscì ad arrivare solo al traguardo. Si arrivò a Gap per 5 edizioni consecutive, da Nice o da Grenoble, per poi tornare nel dopoguerra. Da Gap sono soprattutto partite tappe celebri, verso le grandi vette alpine: basti pensare alla Gap-Briançon, con Izoard e Vars, decisiva in molti tour a cavallo tra i '50 e i '60; Da Gap inoltre si è arrivati sia a L'Alpe d'Huez che al Mont Ventoux, e una volta a Torino, con vittoria dell'indimenticato Nino Defilippis. La tappa di quest'anno ripercorrerà gli ultimi chilometri della tragica tappa del 2003, con la famosa caduta di Beloki che ne chiuderà di fatto la carriera e relativo fuoripista di Armstrong.

Meteo

11.50 - Chambéry
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17.30 - Gap

Soggetti Alternativi

Debuttante al Tour de France dopo aver partecipato alla Vuelta dello scorso anno, portandola a termine. Corridore molto adatto a tappe di media montagna, si è rivelato al pubblico alla Tirreno-Adriatico 2009, quando si impose nella prima frazione che gli regalò anche qualche giorno di leadership. Nell'occasione mise in mostra anche un buonissimo spunto veloce. Anche il Gp di Vallonia è finito nel suo palmarès lo scorso anno ed in generale nelle brevi gare a tappe può essere in grado di dire la sua. La Grande Boucle attuale rappresenta un'occasione per fare esperienza e magari cercare il colpo da lontano. Hai visto mai, tra il dire...El Fares!

Vivian Ghianni

Debuttante al Tour de France dopo aver partecipato alla Vuelta dello scorso anno, portandola a termine. Corridore molto adatto a tappe di media montagna, si è rivelato al pubblico alla Tirreno-Adriatico 2009, quando si impose nella prima frazione che gli regalò anche qualche giorno di leadership. Nell'occasione mise in mostra anche un buonissimo spunto veloce. Anche il Gp di Vallonia è finito nel suo palmarès lo scorso anno ed in generale nelle brevi gare a tappe può essere in grado di dire la sua. La Grande Boucle attuale rappresenta un'occasione per fare esperienza e magari cercare il colpo da lontano. Hai visto mai, tra il dire...El Fares!

Debuttante al Tour de France dopo aver partecipato alla Vuelta dello scorso anno, portandola a termine. Corridore molto adatto a tappe di media montagna, si è rivelato al pubblico alla Tirreno-Adriatico 2009, quando si impose nella prima frazione che gli regalò anche qualche giorno di leadership. Nell'occasione mise in mostra anche un buonissimo spunto veloce. Anche il Gp di Vallonia è finito nel suo palmarès lo scorso anno ed in generale nelle brevi gare a tappe può essere in grado di dire la sua. La Grande Boucle attuale rappresenta un'occasione per fare esperienza e magari cercare il colpo da lontano. Hai visto mai, tra il dire...El Fares!

Debuttante al Tour de France dopo aver partecipato alla Vuelta dello scorso anno, portandola a termine. Corridore molto adatto a tappe di media montagna, si è rivelato al pubblico alla Tirreno-Adriatico 2009, quando si impose nella prima frazione che gli regalò anche qualche giorno di leadership. Nell'occasione mise in mostra anche un buonissimo spunto veloce. Anche il Gp di Vallonia è finito nel suo palmarès lo scorso anno ed in generale nelle brevi gare a tappe può essere in grado di dire la sua. La Grande Boucle attuale rappresenta un'occasione per fare esperienza e magari cercare il colpo da lontano. Hai visto mai, tra il dire...El Fares!

Debuttante al Tour de France dopo aver partecipato alla Vuelta dello scorso anno, portandola a termine. Corridore molto adatto a tappe di media montagna, si è rivelato al pubblico alla Tirreno-Adriatico 2009, quando si impose nella prima frazione che gli regalò anche qualche giorno di leadership. Nell'occasione mise in mostra anche un buonissimo spunto veloce. Anche il Gp di Vallonia è finito nel suo palmarès lo scorso anno ed in generale nelle brevi gare a tappe può essere in grado di dire la sua. La Grande Boucle attuale rappresenta un'occasione per fare esperienza e magari cercare il colpo da lontano. Hai visto mai, tra il dire...El Fares!

Debuttante al Tour de France dopo aver partecipato alla Vuelta dello scorso anno, portandola a termine. Corridore molto adatto a tappe di media montagna, si è rivelato al pubblico alla Tirreno-Adriatico 2009, quando si impose nella prima frazione che gli regalò anche qualche giorno di leadership. Nell'occasione mise in mostra anche un buonissimo spunto veloce. Anche il Gp di Vallonia è finito nel suo palmarès lo scorso anno ed in generale nelle brevi gare a tappe può essere in grado di dire la sua. La Grande Boucle attuale rappresenta un'occasione per fare esperienza e magari cercare il colpo da lontano. Hai visto mai, tra il dire...El Fares!

TourTweet

andykloedi: oggi è il nostro giorno. 10a tappa, penso che ci siano ottime possibilità per un gruppetto di arrivare in fondo. Vedremo che saremo in grado di fare!

andy_schleck (ieri): Inizio solo ora a realizzare che oggi un mio piccolo sogno è diventato realtà!:) Da quando ero bambino ho avuto questo sogno nella mia mente... grazie saxoboys!

schleckfrank (ieri): Controllo alla spalla, ecco che bell'aspetto ha! http://tweetphoto.com/32503094

CadelOfficial (ieri): Sono i Fine Young Cannibals che cantano "human beings are unreliable things"? Grazie a tutti quelli che mi hanno supportato oggi, anche se ho fatto schifo... :o(

LeviLeipheimer (ieri): Qualcuno ha lanciato una bomba nel gruppo oggi. Ah già, era Andy_Schleck

andykloedi (ieri): 36° nella stanza, c'è toccato aprire la finestra... Un'autostrada!:-( http://yfrog.com/3dn50yj !! Splendido :-(

johanbruyneel (ieri): Un altro hotel 2 stelle, muri di cartapesta e niente aria condizionata. A quanto pare il ciclismo pro' non è poi così pro'.

Haute Tension (Alexandre Aja, 2003)

La locandina di Haute Tension - Foto www.serieslive.com

A suo modo, Haute Tension è un film perfetto. Certo, è un horror, non si misurerà perciò con le grandi pellicole della storia del cinema, ma nell'ambito del suo genere è un punto di riferimento. Già alla prima scena il senso d'angoscia ti pervade, a vedere quelle due ragazze giovani e belle e spensierate che se ne vanno in vacanza in campagna cantando una canzone dei Ricchi e Poveri, e ad immaginare la brutta avventura che dovranno vivere. Poi la realtà (del film) è peggio, nel senso che l'avventura (col serial killer di turno) è veramente tremenda. Splatter a tutto spiano, paura vivida, sangue grondante dai corpi e dagli armadi, l'incubo che diventa realtà, la fuga, come se poi potesse esistere una fuga dai propri fantasmi: quanto si può convivere, con questi fantasmi, prima di farsene schiacciare? Il regista è giovane, all'epoca proprio un novellino: scrisse e Girò questo film che aveva poco più di vent'anni, poi, come ogni grande exploit giovanile che si rispetti, le difficoltà vengono dopo: una carriera discontinua; il tentativo di fare il grande salto (l'America, in questo caso), forse snaturando le proprie caratteristiche. E il film perfetto non viene più. Chissà se Aja ha già un futuro alle spalle; o se un giorno o l'altro ritornerà quello del 2004... volevamo dire del 2003.

Marco Grassi

Haute Tension (Alexandre Aja, 2003)

La locandina di Haute Tension - Foto www.serieslive.com

A suo modo, Haute Tension è un film perfetto. Certo, è un horror, non si misurerà perciò con le grandi pellicole della storia del cinema, ma nell'ambito del suo genere è un punto di riferimento. Già alla prima scena il senso d'angoscia ti pervade, a vedere quelle due ragazze giovani e belle e spensierate che se ne vanno in vacanza in campagna cantando una canzone dei Ricchi e Poveri, e ad immaginare la brutta avventura che dovranno vivere. Poi la realtà (del film) è peggio, nel senso che l'avventura (col serial killer di turno) è veramente tremenda. Splatter a tutto spiano, paura vivida, sangue grondante dai corpi e dagli armadi, l'incubo che diventa realtà, la fuga, come se poi potesse esistere una fuga dai propri fantasmi: quanto si può convivere, con questi fantasmi, prima di farsene schiacciare? Il regista è giovane, all'epoca proprio un novellino: scrisse e Girò questo film che aveva poco più di vent'anni, poi, come ogni grande exploit giovanile che si rispetti, le difficoltà vengono dopo: una carriera discontinua; il tentativo di fare il grande salto (l'America, in questo caso), forse snaturando le proprie caratteristiche. E il film perfetto non viene più. Chissà se Aja ha già un futuro alle spalle; o se un giorno o l'altro ritornerà quello del 2004... volevamo dire del 2003.

Marco Grassi

Rassegna stampa

Rassegna TourNotes 2010 – 10a tappa
Rassegna TourNotes 2010 – 10a tappa
Rassegna TourNotes 2010 – 10a tappa
Rassegna TourNotes 2010 – 10a tappa
Rassegna TourNotes 2010 – 10a tappa

Haute Tension (Alexandre Aja, 2003)

La locandina di Haute Tension - Foto www.serieslive.com

A suo modo, Haute Tension è un film perfetto. Certo, è un horror, non si misurerà perciò con le grandi pellicole della storia del cinema, ma nell'ambito del suo genere è un punto di riferimento. Già alla prima scena il senso d'angoscia ti pervade, a vedere quelle due ragazze giovani e belle e spensierate che se ne vanno in vacanza in campagna cantando una canzone dei Ricchi e Poveri, e ad immaginare la brutta avventura che dovranno vivere. Poi la realtà (del film) è peggio, nel senso che l'avventura (col serial killer di turno) è veramente tremenda. Splatter a tutto spiano, paura vivida, sangue grondante dai corpi e dagli armadi, l'incubo che diventa realtà, la fuga, come se poi potesse esistere una fuga dai propri fantasmi: quanto si può convivere, con questi fantasmi, prima di farsene schiacciare? Il regista è giovane, all'epoca proprio un novellino: scrisse e Girò questo film che aveva poco più di vent'anni, poi, come ogni grande exploit giovanile che si rispetti, le difficoltà vengono dopo: una carriera discontinua; il tentativo di fare il grande salto (l'America, in questo caso), forse snaturando le proprie caratteristiche. E il film perfetto non viene più. Chissà se Aja ha già un futuro alle spalle; o se un giorno o l'altro ritornerà quello del 2004... volevamo dire del 2003.

Marco Grassi

Haute Tension (Alexandre Aja, 2003)

La locandina di Haute Tension - Foto www.serieslive.com

A suo modo, Haute Tension è un film perfetto. Certo, è un horror, non si misurerà perciò con le grandi pellicole della storia del cinema, ma nell'ambito del suo genere è un punto di riferimento. Già alla prima scena il senso d'angoscia ti pervade, a vedere quelle due ragazze giovani e belle e spensierate che se ne vanno in vacanza in campagna cantando una canzone dei Ricchi e Poveri, e ad immaginare la brutta avventura che dovranno vivere. Poi la realtà (del film) è peggio, nel senso che l'avventura (col serial killer di turno) è veramente tremenda. Splatter a tutto spiano, paura vivida, sangue grondante dai corpi e dagli armadi, l'incubo che diventa realtà, la fuga, come se poi potesse esistere una fuga dai propri fantasmi: quanto si può convivere, con questi fantasmi, prima di farsene schiacciare? Il regista è giovane, all'epoca proprio un novellino: scrisse e Girò questo film che aveva poco più di vent'anni, poi, come ogni grande exploit giovanile che si rispetti, le difficoltà vengono dopo: una carriera discontinua; il tentativo di fare il grande salto (l'America, in questo caso), forse snaturando le proprie caratteristiche. E il film perfetto non viene più. Chissà se Aja ha già un futuro alle spalle; o se un giorno o l'altro ritornerà quello del 2004... volevamo dire del 2003.

Marco Grassi

Haute Tension (Alexandre Aja, 2003)

La locandina di Haute Tension - Foto www.serieslive.com

A suo modo, Haute Tension è un film perfetto. Certo, è un horror, non si misurerà perciò con le grandi pellicole della storia del cinema, ma nell'ambito del suo genere è un punto di riferimento. Già alla prima scena il senso d'angoscia ti pervade, a vedere quelle due ragazze giovani e belle e spensierate che se ne vanno in vacanza in campagna cantando una canzone dei Ricchi e Poveri, e ad immaginare la brutta avventura che dovranno vivere. Poi la realtà (del film) è peggio, nel senso che l'avventura (col serial killer di turno) è veramente tremenda. Splatter a tutto spiano, paura vivida, sangue grondante dai corpi e dagli armadi, l'incubo che diventa realtà, la fuga, come se poi potesse esistere una fuga dai propri fantasmi: quanto si può convivere, con questi fantasmi, prima di farsene schiacciare? Il regista è giovane, all'epoca proprio un novellino: scrisse e Girò questo film che aveva poco più di vent'anni, poi, come ogni grande exploit giovanile che si rispetti, le difficoltà vengono dopo: una carriera discontinua; il tentativo di fare il grande salto (l'America, in questo caso), forse snaturando le proprie caratteristiche. E il film perfetto non viene più. Chissà se Aja ha già un futuro alle spalle; o se un giorno o l'altro ritornerà quello del 2004... volevamo dire del 2003.

Marco Grassi

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