Il Portale del Ciclismo professionistico

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Dopo il trasferimento in pullman da Ivrea a Caravaggio, altri 190 km di trasferimento in bici, di fatto, nel trionfo di Pianura Padana che va dalla partenza della 17esima tappa all'inizio della salita di Crosara, che caratterizza il finale. Si sarebbe potuto optare per un piattone da velocisti, invece la tendenza a piazzare strappetti o salitelle nei finali di tappa si conferma anche con quest'ascesa verso Crosara, 6 km che esauriscono entro il secondo chilometro di scalata la parte più dura (c'è un chilometro con pendenze in doppia cifra), per poi addolcirsi decisamente spianando nell'ultimo chilometro. Basterà questa salita, che svetta a 16 km dal traguardo, per far fuori gli sprinter (non solo quelli più puri)? Considerando poi che la discesa verso Torri di Arcugnano è abbastanza veloce e termina ai -8, prima del tratto finale in piano, ecco che l'ipotesi finisseur di giornata (se non proprio fuga in porto) prende corpo in maniera abbastanza decisa.

Caravaggio

Comune bergamasco di 16mila abitanti, Caravaggio deve la sua particolare notorietà alla presenza di un noto Santuario dedicato a Santa Maria del Fonte, che secondo la tradizione cattolica apparve nel 1432 nelle campagne circostanti il centro abitato. Caravaggio è però soprattutto nota per aver dato il soprannome a Michelangelo Merisi, celeberrimo pittore italiano, i cui genitori erano originari del paese, ma poi si erano trasferiti a Milano dove il pittore è nato. Per lungo tempo si è ritenuto che fosse nato a Caravaggio, dato che egli stesso dichiarò, in un documento ufficiale dell'Ordine cavalleresco di Malta, di essere nato in questa città, e gli archivi parrocchiali corrispondenti agli anni della presunta nascita del Caravaggio, intorno al 1571, sono andati perduti. Con un territorio pianeggiante e caratterizzato da numerose risorgive naturali, il nome originario di Caravaggio è Comune Caravigli. Le architetture religiose del XV e XVI secolo (Santuario di Santa Maria del Fonte, Chiesa di San Bernardino, di S.S. Fermo e Rustico) e Palazzo Gallavresi, sede del Comune, sono i punti d'interesse principali della cittadina. Gli amanti della buona tavola potranno qui gustare la polenta cucinata con la Luganghina (un salame tipico), cotechino, lenticchie, latte, con burro fuso, formaggio, verza. Gnuchècc (pasta sfoglia cotta in brodo con fagioli e cotenna), e Rustuzàda (arrosto di carne fresca con vino e cipolla) sono altri due piatti tipici del luogo. Caravaggio è alla prima pennellata rosa come città di tappa.

Vicenza

Sarà questa la nona volta che Vicenza ospita un arrivo di tappa del Giro. L'esordio, nel 1932, vede la prima tappa partire da Milano e giungere qui, con vittoria di Learco Guerra nel Giro che sarà di Antonio Pesenti. Diciott'anni dopo il Giro torna a Vicenza: è l'8a tappa e lo svizzero Hugo Koblet conquista, insieme alla vittoria di giornata, la maglia rosa. Non la lascerà più, per quello che è rimasto l'unico suo successo nella corsa rosa. Nel 1953 l'ultimo Giro di Fausto Coppi tocca Vicenza: è la 17a tappa, con partenza a Riva del Garda, ed a Vicenza s'impone Bruno Monti, vittorioso anche il giorno dopo ad Auronzo di Cadore. In rosa c'è Koblet cui sarà fatale lo Stelvio della penultima frazione ed il ritmo infernale imposto dalla Bianchi di Coppi. Nel 1961 la Modena-Vicenza, 16a tappa, va ad Adriano Zamboni, con Arnaldo Pambianco in rosa in maniera definitiva. Nel '67 il Giro va a Gimondi e nella Verona-Vicenza vince l'iberico Francisco Gabica, con Silvano Schiavon che strappa la rosa ad Anquetil (il francese la riprenderà a Trento per cederla il giorno dopo a Gimondi). Dieci anni più tardi, 1977, la Voghera-Vicenza è di un belga, Marc Demeyer. In rosa c'è Francesco Moser ma a Milano la maglia più ambita finirà sulle spalle di un altro belga, Michel Pollentier. Nel 1983 Beppe Saronni bissa il successo del 1979 ed a Vicenza (la 18a tappa partiva da Sarnico) s'impone Paolo Rosola. Ultimo appuntamento del Giro con la città del Palladio nel 1996: corsa rosa che finirà a Pavel Tonkov, 18a tappa (Meda-Vicenza) a Mario Cipollini.

Francesco Sulas
Caravaggio

Comune bergamasco di 16mila abitanti, Caravaggio deve la sua particolare notorietà alla presenza di un noto Santuario dedicato a Santa Maria del Fonte, che secondo la tradizione cattolica apparve nel 1432 nelle campagne circostanti il centro abitato. Caravaggio è però soprattutto nota per aver dato il soprannome a Michelangelo Merisi, celeberrimo pittore italiano, i cui genitori erano originari del paese, ma poi si erano trasferiti a Milano dove il pittore è nato. Per lungo tempo si è ritenuto che fosse nato a Caravaggio, dato che egli stesso dichiarò, in un documento ufficiale dell'Ordine cavalleresco di Malta, di essere nato in questa città, e gli archivi parrocchiali corrispondenti agli anni della presunta nascita del Caravaggio, intorno al 1571, sono andati perduti. Con un territorio pianeggiante e caratterizzato da numerose risorgive naturali, il nome originario di Caravaggio è Comune Caravigli. Le architetture religiose del XV e XVI secolo (Santuario di Santa Maria del Fonte, Chiesa di San Bernardino, di S.S. Fermo e Rustico) e Palazzo Gallavresi, sede del Comune, sono i punti d'interesse principali della cittadina. Gli amanti della buona tavola potranno qui gustare la polenta cucinata con la Luganghina (un salame tipico), cotechino, lenticchie, latte, con burro fuso, formaggio, verza. Gnuchècc (pasta sfoglia cotta in brodo con fagioli e cotenna), e Rustuzàda (arrosto di carne fresca con vino e cipolla) sono altri due piatti tipici del luogo. Caravaggio è alla prima pennellata rosa come città di tappa.

Vicenza

Sarà questa la nona volta che Vicenza ospita un arrivo di tappa del Giro. L'esordio, nel 1932, vede la prima tappa partire da Milano e giungere qui, con vittoria di Learco Guerra nel Giro che sarà di Antonio Pesenti. Diciott'anni dopo il Giro torna a Vicenza: è l'8a tappa e lo svizzero Hugo Koblet conquista, insieme alla vittoria di giornata, la maglia rosa. Non la lascerà più, per quello che è rimasto l'unico suo successo nella corsa rosa. Nel 1953 l'ultimo Giro di Fausto Coppi tocca Vicenza: è la 17a tappa, con partenza a Riva del Garda, ed a Vicenza s'impone Bruno Monti, vittorioso anche il giorno dopo ad Auronzo di Cadore. In rosa c'è Koblet cui sarà fatale lo Stelvio della penultima frazione ed il ritmo infernale imposto dalla Bianchi di Coppi. Nel 1961 la Modena-Vicenza, 16a tappa, va ad Adriano Zamboni, con Arnaldo Pambianco in rosa in maniera definitiva. Nel '67 il Giro va a Gimondi e nella Verona-Vicenza vince l'iberico Francisco Gabica, con Silvano Schiavon che strappa la rosa ad Anquetil (il francese la riprenderà a Trento per cederla il giorno dopo a Gimondi). Dieci anni più tardi, 1977, la Voghera-Vicenza è di un belga, Marc Demeyer. In rosa c'è Francesco Moser ma a Milano la maglia più ambita finirà sulle spalle di un altro belga, Michel Pollentier. Nel 1983 Beppe Saronni bissa il successo del 1979 ed a Vicenza (la 18a tappa partiva da Sarnico) s'impone Paolo Rosola. Ultimo appuntamento del Giro con la città del Palladio nel 1996: corsa rosa che finirà a Pavel Tonkov, 18a tappa (Meda-Vicenza) a Mario Cipollini.

Caravaggio

Comune bergamasco di 16mila abitanti, Caravaggio deve la sua particolare notorietà alla presenza di un noto Santuario dedicato a Santa Maria del Fonte, che secondo la tradizione cattolica apparve nel 1432 nelle campagne circostanti il centro abitato. Caravaggio è però soprattutto nota per aver dato il soprannome a Michelangelo Merisi, celeberrimo pittore italiano, i cui genitori erano originari del paese, ma poi si erano trasferiti a Milano dove il pittore è nato. Per lungo tempo si è ritenuto che fosse nato a Caravaggio, dato che egli stesso dichiarò, in un documento ufficiale dell'Ordine cavalleresco di Malta, di essere nato in questa città, e gli archivi parrocchiali corrispondenti agli anni della presunta nascita del Caravaggio, intorno al 1571, sono andati perduti. Con un territorio pianeggiante e caratterizzato da numerose risorgive naturali, il nome originario di Caravaggio è Comune Caravigli. Le architetture religiose del XV e XVI secolo (Santuario di Santa Maria del Fonte, Chiesa di San Bernardino, di S.S. Fermo e Rustico) e Palazzo Gallavresi, sede del Comune, sono i punti d'interesse principali della cittadina. Gli amanti della buona tavola potranno qui gustare la polenta cucinata con la Luganghina (un salame tipico), cotechino, lenticchie, latte, con burro fuso, formaggio, verza. Gnuchècc (pasta sfoglia cotta in brodo con fagioli e cotenna), e Rustuzàda (arrosto di carne fresca con vino e cipolla) sono altri due piatti tipici del luogo. Caravaggio è alla prima pennellata rosa come città di tappa.

Vicenza

Sarà questa la nona volta che Vicenza ospita un arrivo di tappa del Giro. L'esordio, nel 1932, vede la prima tappa partire da Milano e giungere qui, con vittoria di Learco Guerra nel Giro che sarà di Antonio Pesenti. Diciott'anni dopo il Giro torna a Vicenza: è l'8a tappa e lo svizzero Hugo Koblet conquista, insieme alla vittoria di giornata, la maglia rosa. Non la lascerà più, per quello che è rimasto l'unico suo successo nella corsa rosa. Nel 1953 l'ultimo Giro di Fausto Coppi tocca Vicenza: è la 17a tappa, con partenza a Riva del Garda, ed a Vicenza s'impone Bruno Monti, vittorioso anche il giorno dopo ad Auronzo di Cadore. In rosa c'è Koblet cui sarà fatale lo Stelvio della penultima frazione ed il ritmo infernale imposto dalla Bianchi di Coppi. Nel 1961 la Modena-Vicenza, 16a tappa, va ad Adriano Zamboni, con Arnaldo Pambianco in rosa in maniera definitiva. Nel '67 il Giro va a Gimondi e nella Verona-Vicenza vince l'iberico Francisco Gabica, con Silvano Schiavon che strappa la rosa ad Anquetil (il francese la riprenderà a Trento per cederla il giorno dopo a Gimondi). Dieci anni più tardi, 1977, la Voghera-Vicenza è di un belga, Marc Demeyer. In rosa c'è Francesco Moser ma a Milano la maglia più ambita finirà sulle spalle di un altro belga, Michel Pollentier. Nel 1983 Beppe Saronni bissa il successo del 1979 ed a Vicenza (la 18a tappa partiva da Sarnico) s'impone Paolo Rosola. Ultimo appuntamento del Giro con la città del Palladio nel 1996: corsa rosa che finirà a Pavel Tonkov, 18a tappa (Meda-Vicenza) a Mario Cipollini.

Caravaggio

Comune bergamasco di 16mila abitanti, Caravaggio deve la sua particolare notorietà alla presenza di un noto Santuario dedicato a Santa Maria del Fonte, che secondo la tradizione cattolica apparve nel 1432 nelle campagne circostanti il centro abitato. Caravaggio è però soprattutto nota per aver dato il soprannome a Michelangelo Merisi, celeberrimo pittore italiano, i cui genitori erano originari del paese, ma poi si erano trasferiti a Milano dove il pittore è nato. Per lungo tempo si è ritenuto che fosse nato a Caravaggio, dato che egli stesso dichiarò, in un documento ufficiale dell'Ordine cavalleresco di Malta, di essere nato in questa città, e gli archivi parrocchiali corrispondenti agli anni della presunta nascita del Caravaggio, intorno al 1571, sono andati perduti. Con un territorio pianeggiante e caratterizzato da numerose risorgive naturali, il nome originario di Caravaggio è Comune Caravigli. Le architetture religiose del XV e XVI secolo (Santuario di Santa Maria del Fonte, Chiesa di San Bernardino, di S.S. Fermo e Rustico) e Palazzo Gallavresi, sede del Comune, sono i punti d'interesse principali della cittadina. Gli amanti della buona tavola potranno qui gustare la polenta cucinata con la Luganghina (un salame tipico), cotechino, lenticchie, latte, con burro fuso, formaggio, verza. Gnuchècc (pasta sfoglia cotta in brodo con fagioli e cotenna), e Rustuzàda (arrosto di carne fresca con vino e cipolla) sono altri due piatti tipici del luogo. Caravaggio è alla prima pennellata rosa come città di tappa.

Vicenza

Sarà questa la nona volta che Vicenza ospita un arrivo di tappa del Giro. L'esordio, nel 1932, vede la prima tappa partire da Milano e giungere qui, con vittoria di Learco Guerra nel Giro che sarà di Antonio Pesenti. Diciott'anni dopo il Giro torna a Vicenza: è l'8a tappa e lo svizzero Hugo Koblet conquista, insieme alla vittoria di giornata, la maglia rosa. Non la lascerà più, per quello che è rimasto l'unico suo successo nella corsa rosa. Nel 1953 l'ultimo Giro di Fausto Coppi tocca Vicenza: è la 17a tappa, con partenza a Riva del Garda, ed a Vicenza s'impone Bruno Monti, vittorioso anche il giorno dopo ad Auronzo di Cadore. In rosa c'è Koblet cui sarà fatale lo Stelvio della penultima frazione ed il ritmo infernale imposto dalla Bianchi di Coppi. Nel 1961 la Modena-Vicenza, 16a tappa, va ad Adriano Zamboni, con Arnaldo Pambianco in rosa in maniera definitiva. Nel '67 il Giro va a Gimondi e nella Verona-Vicenza vince l'iberico Francisco Gabica, con Silvano Schiavon che strappa la rosa ad Anquetil (il francese la riprenderà a Trento per cederla il giorno dopo a Gimondi). Dieci anni più tardi, 1977, la Voghera-Vicenza è di un belga, Marc Demeyer. In rosa c'è Francesco Moser ma a Milano la maglia più ambita finirà sulle spalle di un altro belga, Michel Pollentier. Nel 1983 Beppe Saronni bissa il successo del 1979 ed a Vicenza (la 18a tappa partiva da Sarnico) s'impone Paolo Rosola. Ultimo appuntamento del Giro con la città del Palladio nel 1996: corsa rosa che finirà a Pavel Tonkov, 18a tappa (Meda-Vicenza) a Mario Cipollini.

Caravaggio

Comune bergamasco di 16mila abitanti, Caravaggio deve la sua particolare notorietà alla presenza di un noto Santuario dedicato a Santa Maria del Fonte, che secondo la tradizione cattolica apparve nel 1432 nelle campagne circostanti il centro abitato. Caravaggio è però soprattutto nota per aver dato il soprannome a Michelangelo Merisi, celeberrimo pittore italiano, i cui genitori erano originari del paese, ma poi si erano trasferiti a Milano dove il pittore è nato. Per lungo tempo si è ritenuto che fosse nato a Caravaggio, dato che egli stesso dichiarò, in un documento ufficiale dell'Ordine cavalleresco di Malta, di essere nato in questa città, e gli archivi parrocchiali corrispondenti agli anni della presunta nascita del Caravaggio, intorno al 1571, sono andati perduti. Con un territorio pianeggiante e caratterizzato da numerose risorgive naturali, il nome originario di Caravaggio è Comune Caravigli. Le architetture religiose del XV e XVI secolo (Santuario di Santa Maria del Fonte, Chiesa di San Bernardino, di S.S. Fermo e Rustico) e Palazzo Gallavresi, sede del Comune, sono i punti d'interesse principali della cittadina. Gli amanti della buona tavola potranno qui gustare la polenta cucinata con la Luganghina (un salame tipico), cotechino, lenticchie, latte, con burro fuso, formaggio, verza. Gnuchècc (pasta sfoglia cotta in brodo con fagioli e cotenna), e Rustuzàda (arrosto di carne fresca con vino e cipolla) sono altri due piatti tipici del luogo. Caravaggio è alla prima pennellata rosa come città di tappa.

Vicenza

Sarà questa la nona volta che Vicenza ospita un arrivo di tappa del Giro. L'esordio, nel 1932, vede la prima tappa partire da Milano e giungere qui, con vittoria di Learco Guerra nel Giro che sarà di Antonio Pesenti. Diciott'anni dopo il Giro torna a Vicenza: è l'8a tappa e lo svizzero Hugo Koblet conquista, insieme alla vittoria di giornata, la maglia rosa. Non la lascerà più, per quello che è rimasto l'unico suo successo nella corsa rosa. Nel 1953 l'ultimo Giro di Fausto Coppi tocca Vicenza: è la 17a tappa, con partenza a Riva del Garda, ed a Vicenza s'impone Bruno Monti, vittorioso anche il giorno dopo ad Auronzo di Cadore. In rosa c'è Koblet cui sarà fatale lo Stelvio della penultima frazione ed il ritmo infernale imposto dalla Bianchi di Coppi. Nel 1961 la Modena-Vicenza, 16a tappa, va ad Adriano Zamboni, con Arnaldo Pambianco in rosa in maniera definitiva. Nel '67 il Giro va a Gimondi e nella Verona-Vicenza vince l'iberico Francisco Gabica, con Silvano Schiavon che strappa la rosa ad Anquetil (il francese la riprenderà a Trento per cederla il giorno dopo a Gimondi). Dieci anni più tardi, 1977, la Voghera-Vicenza è di un belga, Marc Demeyer. In rosa c'è Francesco Moser ma a Milano la maglia più ambita finirà sulle spalle di un altro belga, Michel Pollentier. Nel 1983 Beppe Saronni bissa il successo del 1979 ed a Vicenza (la 18a tappa partiva da Sarnico) s'impone Paolo Rosola. Ultimo appuntamento del Giro con la città del Palladio nel 1996: corsa rosa che finirà a Pavel Tonkov, 18a tappa (Meda-Vicenza) a Mario Cipollini.

Caravaggio

Comune bergamasco di 16mila abitanti, Caravaggio deve la sua particolare notorietà alla presenza di un noto Santuario dedicato a Santa Maria del Fonte, che secondo la tradizione cattolica apparve nel 1432 nelle campagne circostanti il centro abitato. Caravaggio è però soprattutto nota per aver dato il soprannome a Michelangelo Merisi, celeberrimo pittore italiano, i cui genitori erano originari del paese, ma poi si erano trasferiti a Milano dove il pittore è nato. Per lungo tempo si è ritenuto che fosse nato a Caravaggio, dato che egli stesso dichiarò, in un documento ufficiale dell'Ordine cavalleresco di Malta, di essere nato in questa città, e gli archivi parrocchiali corrispondenti agli anni della presunta nascita del Caravaggio, intorno al 1571, sono andati perduti. Con un territorio pianeggiante e caratterizzato da numerose risorgive naturali, il nome originario di Caravaggio è Comune Caravigli. Le architetture religiose del XV e XVI secolo (Santuario di Santa Maria del Fonte, Chiesa di San Bernardino, di S.S. Fermo e Rustico) e Palazzo Gallavresi, sede del Comune, sono i punti d'interesse principali della cittadina. Gli amanti della buona tavola potranno qui gustare la polenta cucinata con la Luganghina (un salame tipico), cotechino, lenticchie, latte, con burro fuso, formaggio, verza. Gnuchècc (pasta sfoglia cotta in brodo con fagioli e cotenna), e Rustuzàda (arrosto di carne fresca con vino e cipolla) sono altri due piatti tipici del luogo. Caravaggio è alla prima pennellata rosa come città di tappa.

Vicenza

Sarà questa la nona volta che Vicenza ospita un arrivo di tappa del Giro. L'esordio, nel 1932, vede la prima tappa partire da Milano e giungere qui, con vittoria di Learco Guerra nel Giro che sarà di Antonio Pesenti. Diciott'anni dopo il Giro torna a Vicenza: è l'8a tappa e lo svizzero Hugo Koblet conquista, insieme alla vittoria di giornata, la maglia rosa. Non la lascerà più, per quello che è rimasto l'unico suo successo nella corsa rosa. Nel 1953 l'ultimo Giro di Fausto Coppi tocca Vicenza: è la 17a tappa, con partenza a Riva del Garda, ed a Vicenza s'impone Bruno Monti, vittorioso anche il giorno dopo ad Auronzo di Cadore. In rosa c'è Koblet cui sarà fatale lo Stelvio della penultima frazione ed il ritmo infernale imposto dalla Bianchi di Coppi. Nel 1961 la Modena-Vicenza, 16a tappa, va ad Adriano Zamboni, con Arnaldo Pambianco in rosa in maniera definitiva. Nel '67 il Giro va a Gimondi e nella Verona-Vicenza vince l'iberico Francisco Gabica, con Silvano Schiavon che strappa la rosa ad Anquetil (il francese la riprenderà a Trento per cederla il giorno dopo a Gimondi). Dieci anni più tardi, 1977, la Voghera-Vicenza è di un belga, Marc Demeyer. In rosa c'è Francesco Moser ma a Milano la maglia più ambita finirà sulle spalle di un altro belga, Michel Pollentier. Nel 1983 Beppe Saronni bissa il successo del 1979 ed a Vicenza (la 18a tappa partiva da Sarnico) s'impone Paolo Rosola. Ultimo appuntamento del Giro con la città del Palladio nel 1996: corsa rosa che finirà a Pavel Tonkov, 18a tappa (Meda-Vicenza) a Mario Cipollini.

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Soggetti Alternativi

Unico lussemburghese presente in questa edizione del Giro d'Italia (il terzo per lui) questo 25enne alla quarta stagione tra i professionisti con l'AG2R. Passista-scalatore di discrete doti, ha ottenuto una delle sue affermazioni principali in Italia, vincendo nel 2008, quando era ancora Under 23, la Ruota d'Oro. L'anno dopo si è invece imposto nella classifica generale del Tour des Pays de Savoie in Francia. Non molti i suoi risultati da professionista, dove oltre a sfiorare il successo nei campionati nazionali (vinti nelle altre categorie giovanili), di rilievo si contano un sesto posto alla Parigi-Correze ed un quinto in una tappa alla Volta Catalunya. Spesso dedito ad aiutare i compagni di squadra, può dare una mano a Pozzovivo e Betancur nell'ultima settimana e magari concedersi una giornata in cui tentare la fortuna da lontano. Se ci riuscirà sarà tutto bene quel che finisce...Ben! 

Vivian Ghianni

Unico lussemburghese presente in questa edizione del Giro d'Italia (il terzo per lui) questo 25enne alla quarta stagione tra i professionisti con l'AG2R. Passista-scalatore di discrete doti, ha ottenuto una delle sue affermazioni principali in Italia, vincendo nel 2008, quando era ancora Under 23, la Ruota d'Oro. L'anno dopo si è invece imposto nella classifica generale del Tour des Pays de Savoie in Francia. Non molti i suoi risultati da professionista, dove oltre a sfiorare il successo nei campionati nazionali (vinti nelle altre categorie giovanili), di rilievo si contano un sesto posto alla Parigi-Correze ed un quinto in una tappa alla Volta Catalunya. Spesso dedito ad aiutare i compagni di squadra, può dare una mano a Pozzovivo e Betancur nell'ultima settimana e magari concedersi una giornata in cui tentare la fortuna da lontano. Se ci riuscirà sarà tutto bene quel che finisce...Ben! 

Unico lussemburghese presente in questa edizione del Giro d'Italia (il terzo per lui) questo 25enne alla quarta stagione tra i professionisti con l'AG2R. Passista-scalatore di discrete doti, ha ottenuto una delle sue affermazioni principali in Italia, vincendo nel 2008, quando era ancora Under 23, la Ruota d'Oro. L'anno dopo si è invece imposto nella classifica generale del Tour des Pays de Savoie in Francia. Non molti i suoi risultati da professionista, dove oltre a sfiorare il successo nei campionati nazionali (vinti nelle altre categorie giovanili), di rilievo si contano un sesto posto alla Parigi-Correze ed un quinto in una tappa alla Volta Catalunya. Spesso dedito ad aiutare i compagni di squadra, può dare una mano a Pozzovivo e Betancur nell'ultima settimana e magari concedersi una giornata in cui tentare la fortuna da lontano. Se ci riuscirà sarà tutto bene quel che finisce...Ben! 

Unico lussemburghese presente in questa edizione del Giro d'Italia (il terzo per lui) questo 25enne alla quarta stagione tra i professionisti con l'AG2R. Passista-scalatore di discrete doti, ha ottenuto una delle sue affermazioni principali in Italia, vincendo nel 2008, quando era ancora Under 23, la Ruota d'Oro. L'anno dopo si è invece imposto nella classifica generale del Tour des Pays de Savoie in Francia. Non molti i suoi risultati da professionista, dove oltre a sfiorare il successo nei campionati nazionali (vinti nelle altre categorie giovanili), di rilievo si contano un sesto posto alla Parigi-Correze ed un quinto in una tappa alla Volta Catalunya. Spesso dedito ad aiutare i compagni di squadra, può dare una mano a Pozzovivo e Betancur nell'ultima settimana e magari concedersi una giornata in cui tentare la fortuna da lontano. Se ci riuscirà sarà tutto bene quel che finisce...Ben! 

Unico lussemburghese presente in questa edizione del Giro d'Italia (il terzo per lui) questo 25enne alla quarta stagione tra i professionisti con l'AG2R. Passista-scalatore di discrete doti, ha ottenuto una delle sue affermazioni principali in Italia, vincendo nel 2008, quando era ancora Under 23, la Ruota d'Oro. L'anno dopo si è invece imposto nella classifica generale del Tour des Pays de Savoie in Francia. Non molti i suoi risultati da professionista, dove oltre a sfiorare il successo nei campionati nazionali (vinti nelle altre categorie giovanili), di rilievo si contano un sesto posto alla Parigi-Correze ed un quinto in una tappa alla Volta Catalunya. Spesso dedito ad aiutare i compagni di squadra, può dare una mano a Pozzovivo e Betancur nell'ultima settimana e magari concedersi una giornata in cui tentare la fortuna da lontano. Se ci riuscirà sarà tutto bene quel che finisce...Ben! 

Unico lussemburghese presente in questa edizione del Giro d'Italia (il terzo per lui) questo 25enne alla quarta stagione tra i professionisti con l'AG2R. Passista-scalatore di discrete doti, ha ottenuto una delle sue affermazioni principali in Italia, vincendo nel 2008, quando era ancora Under 23, la Ruota d'Oro. L'anno dopo si è invece imposto nella classifica generale del Tour des Pays de Savoie in Francia. Non molti i suoi risultati da professionista, dove oltre a sfiorare il successo nei campionati nazionali (vinti nelle altre categorie giovanili), di rilievo si contano un sesto posto alla Parigi-Correze ed un quinto in una tappa alla Volta Catalunya. Spesso dedito ad aiutare i compagni di squadra, può dare una mano a Pozzovivo e Betancur nell'ultima settimana e magari concedersi una giornata in cui tentare la fortuna da lontano. Se ci riuscirà sarà tutto bene quel che finisce...Ben! 

GiroTweet

 

@PippoPozzato: Domani arrivo a casa #vicenza vi aspetto numerosi..Nn xkè vinco..,ma xkè vorrei sentire il tifo veneto!!! @Confraternita_C #gogogo

@PippoPozzato: Oggi processo alla tappa ... Ci saremo io e @Ilgerva77 ... Peccato il rifiuto di un confronto da ki ci ha dato dei mafiosi..

@eliaviviani: Oggi tappa speciale, si passa per Verona e quindi vicino casa...non vedo l'ora. Ah dimenticavo oggi si passa anche da Montichiari...un giro in pista?! Il bello del #giroditalia

@jessesergent: Mi sono appena accorto che la cronometro di domani parte da un velodromo. Peccato che ci siano 19 km di salita da là! #firstmountaintt

@alexdowsett: Il momento in cui Pablo ci ha promesso una settimana ad Ibiza se avessimo vinto un'altra tappa. Nella mattina in cui Beñat ha vinto un'altra tappa #valigie http://instagram.com/p/Zm4N6AJ3Pj/. Le prove sui giornali http://instagram.com/p/Zm5GvnJ3P0/

@benatintxausti: UFF! Oggi sì che sono felice! Grazie a tutti quelli che mi hanno fatto i complimenti!

@TiraAstana (Paolo Tiralongo): Aerosol fatto, Antibiotico preso.. Domani e' un'altro giorno e si vedrà! Ma io nn mollo

@giovisco: @eroscapecchi e @joherradalopez bravissimi oggi.. prendere la fuga era quasi missione impossibile.. #iodietroablok

Il comune senso del pudore (Alberto Sordi, 1976)

Il comune senso del pudore © tv.lospettacolo.it«Ve lo meritate, Alberto Sordi!» pensò Moretti dopo aver visto questo film (ambientato in parte a Vicenza). Lo pensò e lo tramutò in una celebre battuta inserita in Ecce Bombo, sollecitando poi la sublime risposta sordiana («Ma nun ho capito che vòle da me», o qualcosa del genere...). L'Albertone nazionale è una figura che non si discute, lui e la maschera che ha inventato e riproposto, attraverso varie sfaccettature, in tanti film della gloriosa commedia all'italiana, l'arci-italiano che non ha mai paura di aver paura, debole coi forti e forte coi deboli, meschino quel tanto che basta per non soccombere e con pochi scrupoli di coscienza sul "come" sopravvivere. Quando passò dietro la macchina da presa, però, si fece prendere da una frenesia moralista che faceva rima con qualunquista, e proponeva - come soluzione ai problemi della vita - le ricette della gente semplice, le quali però non prevedevano mai che si mettesse in discussione qualcosa dell'ordine costituito. Il comune senso del pudore, ottavo film da regista di Sordi (e subito successivo a due grandi successi come Polvere di stelle e Finché c'è guerra c'è speranza) contiene l'uno e l'altro Alberto, contiene il popolano inadatto a tutto nel mondo moderno (il personaggio che l'autore interpreta nel primo dei quattro episodi del film) e contiene il magistrato di parte civile che prova, lungo tutta la pellicola, a sottolineare quelle che gli paiono le storture della vita contemporanea; dando però sempre l'impressione di fermarsi alla superficie, senza l'urgenza di approfondire quel che se venisse approfondito rappresenterebbe una sconfessione di quella realtà (di quell'Italia) in cui comunque si può tirare a campare (a tutti i livelli) a patto di non avere troppi grilli per la testa. Il Sordi regista è un po' tirchio col Sordi attore (concedendogli/si il proscenio solo in un episodio), il resto di questo film incentrato sulla rappresentazione del sesso (al cinema o sui giornali: il porno aveva fatto irruzione nella nostra quotidianità, e disorientato più di qualcuno), è affidato ai volti di Claudia Cardinale e Florinda Bolkan, Philippe Noiret e Cochi Ponzoni, Silvia Dionisio e Giacomo Furia.

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Cosa non si fa per lo spettacolo, per rendere più vendibile la corsa all'estero. Il vincitore della tappa di ieri, nonché dominatore assoluto di due terzi del Giro, è stato ingiustamente fatto fuori dalla corsa. Mattia Gavazzi dell'Androni è stato squalificato per essersi attaccato ad una macchina per vincere la volata per il posto più ambito; la giuria ha male interpretato il gesto del corridore bresciano che, stando ai ben informati, voleva dedicare la vittoria al proprio direttore sportivo Giovanni Ellena, nativo della zona di Ivrea. Dopo questo provvedimento che sarà al centro di un furioso dibattito, il successo va al russo della Katusha Maxim Belkov che ha preceduto in uno sprint ristretto il duo dell'Orica formato dall'olandese Pieter Weening e dal canadese Christian Meier. Nelle posizioni successive troviamo altri due stranieri, il danese della Saxo Mads Christensen e lo statunitense della Garmin Thomas Danielson. Da questi piazzamenti si può capire che in casa Italia non è stata una giornata da ricordare, con il solo Edoardo Zardini della Bardiani nei migliori dieci. Ultimo a 17'17" è arrivato Beñat Intxausti della Movistar. Ovvio ribaltone nella generale, con il primato che va ad Edwin Ávila della Colombia, arrivato oggi nel gruppo che si è giocato la tappa. Il secondo è un altro sudamericano, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, che ha perso terreno rispetto al colombiano, pur restando vicinissimo, essendo a soli 51" dalla vetta. Terzo posto a 2'04" per Davide Appollonio dell'Ag2r, ora miglior italiano della gara. Al quarto posto risale, quatto quatto, il vincitore 2012, lo spagnolo dell'Euskaltel Miguel Mínguez, con soli 2'48" da recuperare. Quinto è il britannico Adam Blythe della Bmc, squadra che nella tappa ha perso uno dei papabili al successo, ossia Taylor Phinney; il nativo di Sheffield è a 3'33". La lotta per l''immortalità che regala la classifica al contrario promette bisticci, scintille e rivalità sin dalla tappa di Vicenza.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Cosa non si fa per lo spettacolo, per rendere più vendibile la corsa all'estero. Il vincitore della tappa di ieri, nonché dominatore assoluto di due terzi del Giro, è stato ingiustamente fatto fuori dalla corsa. Mattia Gavazzi dell'Androni è stato squalificato per essersi attaccato ad una macchina per vincere la volata per il posto più ambito; la giuria ha male interpretato il gesto del corridore bresciano che, stando ai ben informati, voleva dedicare la vittoria al proprio direttore sportivo Giovanni Ellena, nativo della zona di Ivrea. Dopo questo provvedimento che sarà al centro di un furioso dibattito, il successo va al russo della Katusha Maxim Belkov che ha preceduto in uno sprint ristretto il duo dell'Orica formato dall'olandese Pieter Weening e dal canadese Christian Meier. Nelle posizioni successive troviamo altri due stranieri, il danese della Saxo Mads Christensen e lo statunitense della Garmin Thomas Danielson. Da questi piazzamenti si può capire che in casa Italia non è stata una giornata da ricordare, con il solo Edoardo Zardini della Bardiani nei migliori dieci. Ultimo a 17'17" è arrivato Beñat Intxausti della Movistar. Ovvio ribaltone nella generale, con il primato che va ad Edwin Ávila della Colombia, arrivato oggi nel gruppo che si è giocato la tappa. Il secondo è un altro sudamericano, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, che ha perso terreno rispetto al colombiano, pur restando vicinissimo, essendo a soli 51" dalla vetta. Terzo posto a 2'04" per Davide Appollonio dell'Ag2r, ora miglior italiano della gara. Al quarto posto risale, quatto quatto, il vincitore 2012, lo spagnolo dell'Euskaltel Miguel Mínguez, con soli 2'48" da recuperare. Quinto è il britannico Adam Blythe della Bmc, squadra che nella tappa ha perso uno dei papabili al successo, ossia Taylor Phinney; il nativo di Sheffield è a 3'33". La lotta per l''immortalità che regala la classifica al contrario promette bisticci, scintille e rivalità sin dalla tappa di Vicenza.

Alberto Vigonesi

Il comune senso del pudore (Alberto Sordi, 1976)

Il comune senso del pudore © tv.lospettacolo.it«Ve lo meritate, Alberto Sordi!» pensò Moretti dopo aver visto questo film (ambientato in parte a Vicenza). Lo pensò e lo tramutò in una celebre battuta inserita in Ecce Bombo, sollecitando poi la sublime risposta sordiana («Ma nun ho capito che vòle da me», o qualcosa del genere...). L'Albertone nazionale è una figura che non si discute, lui e la maschera che ha inventato e riproposto, attraverso varie sfaccettature, in tanti film della gloriosa commedia all'italiana, l'arci-italiano che non ha mai paura di aver paura, debole coi forti e forte coi deboli, meschino quel tanto che basta per non soccombere e con pochi scrupoli di coscienza sul "come" sopravvivere. Quando passò dietro la macchina da presa, però, si fece prendere da una frenesia moralista che faceva rima con qualunquista, e proponeva - come soluzione ai problemi della vita - le ricette della gente semplice, le quali però non prevedevano mai che si mettesse in discussione qualcosa dell'ordine costituito. Il comune senso del pudore, ottavo film da regista di Sordi (e subito successivo a due grandi successi come Polvere di stelle e Finché c'è guerra c'è speranza) contiene l'uno e l'altro Alberto, contiene il popolano inadatto a tutto nel mondo moderno (il personaggio che l'autore interpreta nel primo dei quattro episodi del film) e contiene il magistrato di parte civile che prova, lungo tutta la pellicola, a sottolineare quelle che gli paiono le storture della vita contemporanea; dando però sempre l'impressione di fermarsi alla superficie, senza l'urgenza di approfondire quel che se venisse approfondito rappresenterebbe una sconfessione di quella realtà (di quell'Italia) in cui comunque si può tirare a campare (a tutti i livelli) a patto di non avere troppi grilli per la testa. Il Sordi regista è un po' tirchio col Sordi attore (concedendogli/si il proscenio solo in un episodio), il resto di questo film incentrato sulla rappresentazione del sesso (al cinema o sui giornali: il porno aveva fatto irruzione nella nostra quotidianità, e disorientato più di qualcuno), è affidato ai volti di Claudia Cardinale e Florinda Bolkan, Philippe Noiret e Cochi Ponzoni, Silvia Dionisio e Giacomo Furia.

Marco Grassi

Rassegna stampa

Rassegna GiroNotes 2013 - 17a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 17a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 17a tappa
Rassegna GiroNotes 2013 - 17a tappa
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Il comune senso del pudore (Alberto Sordi, 1976)

Il comune senso del pudore © tv.lospettacolo.it«Ve lo meritate, Alberto Sordi!» pensò Moretti dopo aver visto questo film (ambientato in parte a Vicenza). Lo pensò e lo tramutò in una celebre battuta inserita in Ecce Bombo, sollecitando poi la sublime risposta sordiana («Ma nun ho capito che vòle da me», o qualcosa del genere...). L'Albertone nazionale è una figura che non si discute, lui e la maschera che ha inventato e riproposto, attraverso varie sfaccettature, in tanti film della gloriosa commedia all'italiana, l'arci-italiano che non ha mai paura di aver paura, debole coi forti e forte coi deboli, meschino quel tanto che basta per non soccombere e con pochi scrupoli di coscienza sul "come" sopravvivere. Quando passò dietro la macchina da presa, però, si fece prendere da una frenesia moralista che faceva rima con qualunquista, e proponeva - come soluzione ai problemi della vita - le ricette della gente semplice, le quali però non prevedevano mai che si mettesse in discussione qualcosa dell'ordine costituito. Il comune senso del pudore, ottavo film da regista di Sordi (e subito successivo a due grandi successi come Polvere di stelle e Finché c'è guerra c'è speranza) contiene l'uno e l'altro Alberto, contiene il popolano inadatto a tutto nel mondo moderno (il personaggio che l'autore interpreta nel primo dei quattro episodi del film) e contiene il magistrato di parte civile che prova, lungo tutta la pellicola, a sottolineare quelle che gli paiono le storture della vita contemporanea; dando però sempre l'impressione di fermarsi alla superficie, senza l'urgenza di approfondire quel che se venisse approfondito rappresenterebbe una sconfessione di quella realtà (di quell'Italia) in cui comunque si può tirare a campare (a tutti i livelli) a patto di non avere troppi grilli per la testa. Il Sordi regista è un po' tirchio col Sordi attore (concedendogli/si il proscenio solo in un episodio), il resto di questo film incentrato sulla rappresentazione del sesso (al cinema o sui giornali: il porno aveva fatto irruzione nella nostra quotidianità, e disorientato più di qualcuno), è affidato ai volti di Claudia Cardinale e Florinda Bolkan, Philippe Noiret e Cochi Ponzoni, Silvia Dionisio e Giacomo Furia.

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Cosa non si fa per lo spettacolo, per rendere più vendibile la corsa all'estero. Il vincitore della tappa di ieri, nonché dominatore assoluto di due terzi del Giro, è stato ingiustamente fatto fuori dalla corsa. Mattia Gavazzi dell'Androni è stato squalificato per essersi attaccato ad una macchina per vincere la volata per il posto più ambito; la giuria ha male interpretato il gesto del corridore bresciano che, stando ai ben informati, voleva dedicare la vittoria al proprio direttore sportivo Giovanni Ellena, nativo della zona di Ivrea. Dopo questo provvedimento che sarà al centro di un furioso dibattito, il successo va al russo della Katusha Maxim Belkov che ha preceduto in uno sprint ristretto il duo dell'Orica formato dall'olandese Pieter Weening e dal canadese Christian Meier. Nelle posizioni successive troviamo altri due stranieri, il danese della Saxo Mads Christensen e lo statunitense della Garmin Thomas Danielson. Da questi piazzamenti si può capire che in casa Italia non è stata una giornata da ricordare, con il solo Edoardo Zardini della Bardiani nei migliori dieci. Ultimo a 17'17" è arrivato Beñat Intxausti della Movistar. Ovvio ribaltone nella generale, con il primato che va ad Edwin Ávila della Colombia, arrivato oggi nel gruppo che si è giocato la tappa. Il secondo è un altro sudamericano, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, che ha perso terreno rispetto al colombiano, pur restando vicinissimo, essendo a soli 51" dalla vetta. Terzo posto a 2'04" per Davide Appollonio dell'Ag2r, ora miglior italiano della gara. Al quarto posto risale, quatto quatto, il vincitore 2012, lo spagnolo dell'Euskaltel Miguel Mínguez, con soli 2'48" da recuperare. Quinto è il britannico Adam Blythe della Bmc, squadra che nella tappa ha perso uno dei papabili al successo, ossia Taylor Phinney; il nativo di Sheffield è a 3'33". La lotta per l''immortalità che regala la classifica al contrario promette bisticci, scintille e rivalità sin dalla tappa di Vicenza.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Cosa non si fa per lo spettacolo, per rendere più vendibile la corsa all'estero. Il vincitore della tappa di ieri, nonché dominatore assoluto di due terzi del Giro, è stato ingiustamente fatto fuori dalla corsa. Mattia Gavazzi dell'Androni è stato squalificato per essersi attaccato ad una macchina per vincere la volata per il posto più ambito; la giuria ha male interpretato il gesto del corridore bresciano che, stando ai ben informati, voleva dedicare la vittoria al proprio direttore sportivo Giovanni Ellena, nativo della zona di Ivrea. Dopo questo provvedimento che sarà al centro di un furioso dibattito, il successo va al russo della Katusha Maxim Belkov che ha preceduto in uno sprint ristretto il duo dell'Orica formato dall'olandese Pieter Weening e dal canadese Christian Meier. Nelle posizioni successive troviamo altri due stranieri, il danese della Saxo Mads Christensen e lo statunitense della Garmin Thomas Danielson. Da questi piazzamenti si può capire che in casa Italia non è stata una giornata da ricordare, con il solo Edoardo Zardini della Bardiani nei migliori dieci. Ultimo a 17'17" è arrivato Beñat Intxausti della Movistar. Ovvio ribaltone nella generale, con il primato che va ad Edwin Ávila della Colombia, arrivato oggi nel gruppo che si è giocato la tappa. Il secondo è un altro sudamericano, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, che ha perso terreno rispetto al colombiano, pur restando vicinissimo, essendo a soli 51" dalla vetta. Terzo posto a 2'04" per Davide Appollonio dell'Ag2r, ora miglior italiano della gara. Al quarto posto risale, quatto quatto, il vincitore 2012, lo spagnolo dell'Euskaltel Miguel Mínguez, con soli 2'48" da recuperare. Quinto è il britannico Adam Blythe della Bmc, squadra che nella tappa ha perso uno dei papabili al successo, ossia Taylor Phinney; il nativo di Sheffield è a 3'33". La lotta per l''immortalità che regala la classifica al contrario promette bisticci, scintille e rivalità sin dalla tappa di Vicenza.

Alberto Vigonesi

Il comune senso del pudore (Alberto Sordi, 1976)

Il comune senso del pudore © tv.lospettacolo.it«Ve lo meritate, Alberto Sordi!» pensò Moretti dopo aver visto questo film (ambientato in parte a Vicenza). Lo pensò e lo tramutò in una celebre battuta inserita in Ecce Bombo, sollecitando poi la sublime risposta sordiana («Ma nun ho capito che vòle da me», o qualcosa del genere...). L'Albertone nazionale è una figura che non si discute, lui e la maschera che ha inventato e riproposto, attraverso varie sfaccettature, in tanti film della gloriosa commedia all'italiana, l'arci-italiano che non ha mai paura di aver paura, debole coi forti e forte coi deboli, meschino quel tanto che basta per non soccombere e con pochi scrupoli di coscienza sul "come" sopravvivere. Quando passò dietro la macchina da presa, però, si fece prendere da una frenesia moralista che faceva rima con qualunquista, e proponeva - come soluzione ai problemi della vita - le ricette della gente semplice, le quali però non prevedevano mai che si mettesse in discussione qualcosa dell'ordine costituito. Il comune senso del pudore, ottavo film da regista di Sordi (e subito successivo a due grandi successi come Polvere di stelle e Finché c'è guerra c'è speranza) contiene l'uno e l'altro Alberto, contiene il popolano inadatto a tutto nel mondo moderno (il personaggio che l'autore interpreta nel primo dei quattro episodi del film) e contiene il magistrato di parte civile che prova, lungo tutta la pellicola, a sottolineare quelle che gli paiono le storture della vita contemporanea; dando però sempre l'impressione di fermarsi alla superficie, senza l'urgenza di approfondire quel che se venisse approfondito rappresenterebbe una sconfessione di quella realtà (di quell'Italia) in cui comunque si può tirare a campare (a tutti i livelli) a patto di non avere troppi grilli per la testa. Il Sordi regista è un po' tirchio col Sordi attore (concedendogli/si il proscenio solo in un episodio), il resto di questo film incentrato sulla rappresentazione del sesso (al cinema o sui giornali: il porno aveva fatto irruzione nella nostra quotidianità, e disorientato più di qualcuno), è affidato ai volti di Claudia Cardinale e Florinda Bolkan, Philippe Noiret e Cochi Ponzoni, Silvia Dionisio e Giacomo Furia.

Marco Grassi

La classifica al contrario

 

Cosa non si fa per lo spettacolo, per rendere più vendibile la corsa all'estero. Il vincitore della tappa di ieri, nonché dominatore assoluto di due terzi del Giro, è stato ingiustamente fatto fuori dalla corsa. Mattia Gavazzi dell'Androni è stato squalificato per essersi attaccato ad una macchina per vincere la volata per il posto più ambito; la giuria ha male interpretato il gesto del corridore bresciano che, stando ai ben informati, voleva dedicare la vittoria al proprio direttore sportivo Giovanni Ellena, nativo della zona di Ivrea. Dopo questo provvedimento che sarà al centro di un furioso dibattito, il successo va al russo della Katusha Maxim Belkov che ha preceduto in uno sprint ristretto il duo dell'Orica formato dall'olandese Pieter Weening e dal canadese Christian Meier. Nelle posizioni successive troviamo altri due stranieri, il danese della Saxo Mads Christensen e lo statunitense della Garmin Thomas Danielson. Da questi piazzamenti si può capire che in casa Italia non è stata una giornata da ricordare, con il solo Edoardo Zardini della Bardiani nei migliori dieci. Ultimo a 17'17" è arrivato Beñat Intxausti della Movistar. Ovvio ribaltone nella generale, con il primato che va ad Edwin Ávila della Colombia, arrivato oggi nel gruppo che si è giocato la tappa. Il secondo è un altro sudamericano, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, che ha perso terreno rispetto al colombiano, pur restando vicinissimo, essendo a soli 51" dalla vetta. Terzo posto a 2'04" per Davide Appollonio dell'Ag2r, ora miglior italiano della gara. Al quarto posto risale, quatto quatto, il vincitore 2012, lo spagnolo dell'Euskaltel Miguel Mínguez, con soli 2'48" da recuperare. Quinto è il britannico Adam Blythe della Bmc, squadra che nella tappa ha perso uno dei papabili al successo, ossia Taylor Phinney; il nativo di Sheffield è a 3'33". La lotta per l''immortalità che regala la classifica al contrario promette bisticci, scintille e rivalità sin dalla tappa di Vicenza.

Alberto Vigonesi

La classifica al contrario

 

Cosa non si fa per lo spettacolo, per rendere più vendibile la corsa all'estero. Il vincitore della tappa di ieri, nonché dominatore assoluto di due terzi del Giro, è stato ingiustamente fatto fuori dalla corsa. Mattia Gavazzi dell'Androni è stato squalificato per essersi attaccato ad una macchina per vincere la volata per il posto più ambito; la giuria ha male interpretato il gesto del corridore bresciano che, stando ai ben informati, voleva dedicare la vittoria al proprio direttore sportivo Giovanni Ellena, nativo della zona di Ivrea. Dopo questo provvedimento che sarà al centro di un furioso dibattito, il successo va al russo della Katusha Maxim Belkov che ha preceduto in uno sprint ristretto il duo dell'Orica formato dall'olandese Pieter Weening e dal canadese Christian Meier. Nelle posizioni successive troviamo altri due stranieri, il danese della Saxo Mads Christensen e lo statunitense della Garmin Thomas Danielson. Da questi piazzamenti si può capire che in casa Italia non è stata una giornata da ricordare, con il solo Edoardo Zardini della Bardiani nei migliori dieci. Ultimo a 17'17" è arrivato Beñat Intxausti della Movistar. Ovvio ribaltone nella generale, con il primato che va ad Edwin Ávila della Colombia, arrivato oggi nel gruppo che si è giocato la tappa. Il secondo è un altro sudamericano, il brasiliano della Fantini Rafael Andriato, che ha perso terreno rispetto al colombiano, pur restando vicinissimo, essendo a soli 51" dalla vetta. Terzo posto a 2'04" per Davide Appollonio dell'Ag2r, ora miglior italiano della gara. Al quarto posto risale, quatto quatto, il vincitore 2012, lo spagnolo dell'Euskaltel Miguel Mínguez, con soli 2'48" da recuperare. Quinto è il britannico Adam Blythe della Bmc, squadra che nella tappa ha perso uno dei papabili al successo, ossia Taylor Phinney; il nativo di Sheffield è a 3'33". La lotta per l''immortalità che regala la classifica al contrario promette bisticci, scintille e rivalità sin dalla tappa di Vicenza.

Alberto Vigonesi

Il comune senso del pudore (Alberto Sordi, 1976)

Il comune senso del pudore © tv.lospettacolo.it«Ve lo meritate, Alberto Sordi!» pensò Moretti dopo aver visto questo film (ambientato in parte a Vicenza). Lo pensò e lo tramutò in una celebre battuta inserita in Ecce Bombo, sollecitando poi la sublime risposta sordiana («Ma nun ho capito che vòle da me», o qualcosa del genere...). L'Albertone nazionale è una figura che non si discute, lui e la maschera che ha inventato e riproposto, attraverso varie sfaccettature, in tanti film della gloriosa commedia all'italiana, l'arci-italiano che non ha mai paura di aver paura, debole coi forti e forte coi deboli, meschino quel tanto che basta per non soccombere e con pochi scrupoli di coscienza sul "come" sopravvivere. Quando passò dietro la macchina da presa, però, si fece prendere da una frenesia moralista che faceva rima con qualunquista, e proponeva - come soluzione ai problemi della vita - le ricette della gente semplice, le quali però non prevedevano mai che si mettesse in discussione qualcosa dell'ordine costituito. Il comune senso del pudore, ottavo film da regista di Sordi (e subito successivo a due grandi successi come Polvere di stelle e Finché c'è guerra c'è speranza) contiene l'uno e l'altro Alberto, contiene il popolano inadatto a tutto nel mondo moderno (il personaggio che l'autore interpreta nel primo dei quattro episodi del film) e contiene il magistrato di parte civile che prova, lungo tutta la pellicola, a sottolineare quelle che gli paiono le storture della vita contemporanea; dando però sempre l'impressione di fermarsi alla superficie, senza l'urgenza di approfondire quel che se venisse approfondito rappresenterebbe una sconfessione di quella realtà (di quell'Italia) in cui comunque si può tirare a campare (a tutti i livelli) a patto di non avere troppi grilli per la testa. Il Sordi regista è un po' tirchio col Sordi attore (concedendogli/si il proscenio solo in un episodio), il resto di questo film incentrato sulla rappresentazione del sesso (al cinema o sui giornali: il porno aveva fatto irruzione nella nostra quotidianità, e disorientato più di qualcuno), è affidato ai volti di Claudia Cardinale e Florinda Bolkan, Philippe Noiret e Cochi Ponzoni, Silvia Dionisio e Giacomo Furia.

Marco Grassi

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