Signore & signori (Pietro Germi, 1965)
Se l'Italia ha avuto un cantore della sua provincia, quell'autore risponde al nome di Pietro Germi. Proverbialmente burbero, scomparso prematuramente mentre preparava Amici miei (poi passato a Monicelli), non solo regista ma anche attore (e non solo per i film girati in proprio), commise l'errore capitale di raffigurare il proletariato come animato da sentimenti anche meschini, a volte, e capace di peccare e di tradire la lotta di classe. Tale descrizione (senz'altro reale, realistica, e perciò ancor più invisa all'ortodossia comunista degli anni '50), passata nei bellissimi Il ferroviere e L'uomo di paglia, gli costò la messa all'indice da parte di molta della critica italiana (e ancora dopo la morte veniva insolentito in memoriam da un giovane Nanni Moretti...). Critica che forse mai come in questo caso - va detto - è stata miope, superficiale, prevenuta. E sì, perché non solo Germi è uno dei più maestosi autori cinematografici che abbiamo avuto in Italia, ma in quel periodo sfornava un capolavoro dietro l'altro, e ai due film citati seguirono Un maledetto imbroglio (opera potentissima tratta da Gadda), Divorzio all'italiana (che gli valse pure un Oscar per la migliore sceneggiatura), Sedotta e abbandonata (come il precedente, divertentissima satira sul diritto di famiglia italiano, prima ancora che sulle tradizioni della Sicilia in cui queste opere vennero ambientate). Signore & signori, datato 1965, fu dunque una sorta di punto d'arrivo per Germi, che in effetti dopo questo film avrebbe perso smalto nelle ultime opere. Ma qui siamo a livelli eccelsi nel tratteggio ancora una volta verista (nel suo essere grottesco), di un'Italietta disprezzabile, meschina, clericale fino al parossismo ma poi ipocrita, traditrice, inaffidabile. Una pellicola di inusitata cattiveria, che infatti offese i veneti, risentiti per l'ambientazione (il film venne girato a Treviso), ma non sbagliamo di troppo se diciamo che quel film poteva essere girato quasi ovunque, nel Belpaese, e non avrebbe perso in realismo né in efficacia. I protagonisti dei tre distinti capitoli intrecciavano le proprie esistenze (la scrittura del film, in merito a ciò, è sorprendentemente moderna) nella bella società in fase di decollo economico, e che aveva dunque fretta di lasciarsi alle spalle ogni retaggio contadino. Ma anche se abbiamo fatto (stiamo facendo) i soldi, siamo sempre dalle parti di un piccolo mondo antico, che si ritrova al bar, in piazza, a spettegolare di tutti in una girandola impazzita che non risparmia proprio nessuno. Cast da urlo, pullulante di caratteristi e sovrastato dalle interpretazioni di Gastone Moschin (un ragioniere fedifrago ma al contempo succube della moglie megera) e di Gigi Ballista (il medico della comunità), e dalla bellezza di Virna Lisi, che - come si diceva a Carosello a quell'epoca - poteva dire con quella bocca tutto quello che voleva. E Pietro Germi poteva filmare con quella macchina da presa tutto ciò che gli poteva passare per la testa. Oggi, finalmente, lo sappiamo.
Il Giro d'Italia ha fatto tappa in questa cittadina veneta della provincia di Belluno, completamente distrutta dal disastro del Vajont del 9 ottobre 1963, soltanto in un paio di edizioni. Nel 1976 la 18a frazione arrivò qui da Verona, con 174 km percorsi. Fu Simone Fraccaro (Jolly Ceramica) ad ottenere la sua prima vittoria di tappa al Giro d'Italia davanti allo spagnolo Miguel Maria Lasa ed a Marino Basso, tutti a 13". Felice Gimondi era in maglia rosa dall'8a tappa a Lago Laceno. La perderà il giorno dopo, con la partenza da Longarone e l'arrivo alle Torri del Vajolet, dove vinse Andrés Gandarias (il primato andrà al belga Johan De Muynck), ma se la riprenderà alla penultima tappa, nella crono di Arcore (28 km). Seconda ed ultima frazione del Giro che ha coinvolto Longarone è la partenza verso Cles nel 1980. La tappa, la numero 19, andrà a Beppe Saronni, al quinto centro su sei in quel Giro, mentre in rosa c'era Wladimiro Panizza. Il giorno dopo nella Cles-Sondrio Bernard Hinault si prenderà in modo perentorio e definitivo la maglia rosa, la prima delle tre conquistate.