Gianni Savio ci scrive: «Ci vuole più considerazione per il Passaporto Biologico»
Versione stampabileGianni Savio, team manager della Androni-Venezuela, ci scrive una lettera in merito al nostro articolo pubblicato ieri in merito alla positività all'antidoping di Mauro Santambrogio. Pubblichiamo volentieri le considerazioni di Savio, uno dei decani nell'ambito della gestione di team ciclistici professionistici.
Caro Marco,
sottoscrivo, dalla prima all'ultima, le tue parole in "Non tutti i santi stanno in paradiso..."!
Quando dici che alcune squadre hanno "fermato preventivamente corridori che avevano valori anomali (non necessariamente frutto di doping: semplicemente valori anomali)" forse ti riferivi proprio alla nostra, vero?
Per quanto riguarda il passaporto biologico, a mio parere, non è lo strumento in sé a funzionare male, ma probabilmente è chi lo gestisce a non tenerlo nella dovuta considerazione. Esso dovrebbe infatti essere lo strumento grazie al quale noi Team Manager - per il tramite del medico - possiamo monitorare costantemente i nostri corridori e regolarci di conseguenza. In passato, la nostra squadra ha talvolta offerto una seconda opportunità a chi aveva sbagliato, e pagato. Non capiterà più perché oggi chi non ha ancora voluto capire non merita alcuna prova d'appello.
A proposito di responsabilità dei Team Manager in casi di doping, nella riunione degli Stati Generali - convocata dalla UCI a Montreux dopo lo scandalo Armstrong - avevo proposte sanzioni più severe non solo per i corridori ma da estendere anche a Team Manager e Direttori Sportivi, ovviamente dopo averne accertate le responsabilità con le opportune indagini.
Solo così potremo veramente combattere il doping con i fatti e non solo con le parole.
Cordiali saluti.
Gianni Savio