Casa Astana: Vinokourov-Martinelli, possiamo chiamarlo mobbing? - Il team manager viene brutalmente declassato dal grande capo kazako. Fofonov promosso nel ruolo
Versione stampabileL'ultimo fine settimana ci ha regalato notevoli novità nel campo delle satrapie ex sovietiche. Per un Oleg Tinkov che ha annunciato il suo prossimo disimpegno dal ciclismo, abbiamo un Alexandre Vinokourov che invece si conferma più che mai in sella al suo bolide chiamato Astana. Forte del ruolo di onnipotente decisore dei destini della squadra kazaka, il vincitore delle ultime Olimpiadi ha praticamente dato il benservito a Giuseppe Martinelli, fin qui team manager di Nibali e compagni.
Sì, lo sappiamo che non dovremmo metterla giù così dura, visto che il bresciano non è stato ufficialmente messo alla porta. I latini dicevano "promoveatur ut amoveatur", ovvero se vuoi liberarti di un collaboratore che non ti piace più, inventati un ruolo, dagli una finta promozione (a uso e consumo del pubblico), tu te lo sarai tolto dalle scatole, e lui potrà dire agli amici (ma anche a se stesso) che ha un incarico di maggior responsabilità, magari anche meglio remunerato, e tutti saranno felici e contenti.
Da che mondo e mondo si fa così, in politica come nelle grandi aziende che tengono all'immagine. Ma Vinokourov, cresciuto a latte intero e patate, non è tipo che conosca (o apprezzi) certe finezze. Il rude patron dell'Astana va per le spicce, e a Martinelli ha riservato un trattamento abbastanza drastico.
Fofonov prende il posto di Martinelli
Di fatto, il Beppe non sarà più il team manager della squadra a partire dal 2016. Diventerà (udite udite) assistente team manager. Una trombatura bella e buona, con un altro (Dmitriy Fofonov) che assumerà le funzioni che fin qui sono state coperte dall'italiano, e con un retrocessione sul campo - per Martino - a responsabile della logistica dei trasporti e dei corridori. In pratica Vinokourov dice a Martinelli: "Da qui in avanti prenota gli alberghi e noleggia i pulmini, che a guidare la squadra ci penserà il mio amico Fofonov".
Nel linguaggio lavorativo contemporaneo, questa cosa potrebbe essere definita con un nome ben preciso: mobbing. (Visto che siamo cinefili, consigliamo sul tema un bel film di Francesca Comencini: "Mi piace lavorare").
E va bene, forse stiamo ancora esagerando, forse nei piani di Vino c'è semplicemente la volontà di dare maggior peso alla componente kazaka del team a livello dirigenziale, e non il malcelato progetto di spingere Martinelli a salutare la baracca. I fautori della realpolitik magari non troveranno alcunché da rilevare in una scelta del genere. (E qualcuno senz'altro vedrà in controluce la tendenza per i campioni azzurri a uscire dall'Astana, a fine 2016: Nibali è il primo indiziato).
Beppe, che brutto declassamento
Quello che più ci colpisce, nella vicenda, è il modo in cui ne esce la figura di Martinelli. Pur tra luci e ombre, nella sua lunga carriera il tecnico di Rovato ha gestito fior di campioni, da Pantani a Contador, e ha vinto tantissimo, la bellezza di 9 GT: il Giro con Pantani, Garzelli, Simoni, Cunego e Nibali; il Tour con Pantani, Contador e Nibali; la Vuelta con Aru. Tutto merito di questi eccelsi corridori e neanche un po' di farina del sacco dell'oggi 60enne team manager (e già direttore sportivo)? Difficile da credere.
Già più facile invece pensare che Martinelli abbia finito col pagare una posizione complessa in una squadra soggetta a notevoli spinte centrifughe al proprio interno (il gruppo kazako e quello italiano sono di fatto due blocchi ben distinti; e all'interno del gruppo italiano, il drappello di Nibali è altra cosa rispetto al drappello di Aru). A furia di fungere da camera di compensazione di mille strappi e tirate, forse il buon Beppe è stato individuato da Vino come un non eccelso solutore di problemi (se non proprio come causa di alcune disfunzioni).
Ma di sicuro non è un bel modo di lasciare l'ammiraglia principale, quello imposto al bresciano. E ci stupiamo soprattutto del fatto che lui abbia accettato un tale declassamento: una carriera come la sua aveva proprio bisogno di un'appendice da "responsabile della logistica"? Il tempo lo dirà. E vedremo se peseranno di più i tenge kazaki (così si chiama la moneta del paese asiatico) che comunque continueranno ad essere versati sul conto dell'italiano, o la sua voglia di rivalsa professionale che - c'è da scommetterci - non potrà essere repressa sine die. E allora, chi vuol ridare un'ammiraglia a Martinelli? Avanti, c'è posto.