Il Portale del Ciclismo professionistico

.

L'intervista: «La responsabilità di chi fa ciclismo in tv» - Silvio Martinello a tutto campo, dal ruolo della Rai a quello dei dirigenti del pedale italiano

Versione stampabile

Silvio Martinello © www.teambrilla.it

Quando correva era un campione di grande caratura sia su strada che su pista; oggi, come allora, Silvio Martinello resta una delle voci più carismatiche e ascoltate dell'ambiente ciclistico. Ha un privilegio non da poco: poter disporre della possibilità di far sentire a tutti questa voce, attraverso le telecronache della Rai, nelle vesti di commentatore tecnico accanto a Francesco Pancani. Un ruolo che accompagna gli appassionati lungo tutta la stagione, una posizione da cui guardare, vedere, analizzare e spiegare il ciclismo di oggi. Lo intervistiamo per fare un punto della situazione sul nostro movimento, partendo però proprio dal rapporto tra la tv di stato e questo sport, un rapporto che - a quanto sottolinea lo stesso Silvio - è molto più importante di quanto qualcuno pensa.

Possiamo tracciare un bilancio di questo 2015 per quanto riguarda il ciclismo in Rai?
«Parto dal presupposto che svolgo un lavoro che mi piace molto, che mi appassiona. Non si possono celare alcuni aspetti negativi che anche sul vostro sito avete sottolineato qualche settimana fa. Purtroppo in azienda alcune scelte hanno penalizzato il ciclismo; se a questo aggiungiamo i tagli che continuano ad abbattersi sulla tv di stato, ci rendiamo conto di quanto sia difficile (e destinato ad esserlo anche nell'immediato futuro) continuare a offrire un prodotto all'altezza delle aspettative dei telespettatori. Intanto la concorrenza, anche se molto lontana dalla Rai in termini di ascolti, cresce: Eurosport propone tanto ciclismo, BikeChannel cresce e fa scelte coraggiose, come ad esempio la trasmissione della Coppa del Mondo di ciclocross».

Però la Rai ci mette del suo nel non valorizzare ciò che produce: ha senso, ad esempio, infarcire le telecronache di troppi spezzettamenti, di tante chiacchiere da studio mentre la corsa è magari nel vivo?
«Non nascondo che ad esempio al Lombardia, di cui la Rai produceva le immagini, per me e Francesco Pancani è stato difficile vedere che tutti i colleghi delle altre tv erano già in telecronaca da un'ora, mentre noi aspettavamo di ricevere la linea su Rai3: bisognerà sforzarsi di migliorare le scelte di palinsesto e magari riorganizzare l'impaginazione del nostro prodotto, anticipando le varie anteprime di modo da essere puntuali con la telecronaca quando arriva il segnale video, o spostando al dopogara tutta la parte riguardante il dibattito. Perché poi il rischio è che chi non trova subito le immagini della corsa sulla Rai, si sposti - se può - su Eurosport. Dobbiamo cercare di non far scappare i telespettatori».

Questi aspetti attengono al lavoro che si può fare all'interno della "squadra" Rai del ciclismo; ci par di capire che però ci sono fattori che vanno ben oltre e che riguardano l'organizzazione elefantiaca di una Rai che non riesce a valorizzare i suoi stessi investimenti.
«Si potrebbe fare molto di più ad esempio per quel che riguarda la promozione del territorio: prendere esempio dal lavoro che fa la tv francese col Tour; però torniamo al discorso di partenza: in un momento di tagli non è facile far combaciare tutto. Ad esempio, andiamo verso la chiusura di RaiSport2, dopo le Olimpiadi, e ciò preoccupa perché si rischia di non avere più tutto lo spazio a cui eravamo abituati per il ciclismo. Oltre a ciò, mettiamoci anche la difficoltà di produrre le immagini: nel 2016 la Rai dovrebbe tagliare il 50% delle produzioni minori. Gli organizzatori pertanto dovranno pensare per proprio conto alla produzione, e la Rai si limiterà a trasmettere le immagini. La cosa singolare è che il ciclismo fa buoni ascolti, però non si riesce a renderlo un investimento televisivamente proficuo. Forse bisognerebbe vendere meglio la pubblicità, è assurdo che anche il Giro sia un investimento in perdita per chi lo produce».

A proposito della corsa rosa, il contratto con RCS scadrà a fine 2016, a che punto siamo col rinnovo?
«Personalmente non ne sono a conoscenza, le trattative mi risultano in corso ma come sempre non sono facili. Ci sono forse delle "scorie" tra le parti che si trascinano da tempo. L'auspicio è che alla fine si giunga ad un accordo, gli uni non possono fare a meno degli altri: magari ci sarà qualche mediazione politica affinché si giunga al nuovo contratto, anche perché risulta non esserci la fila alla porta di RCS per produrre il Giro. Dal lato Rai, si spera che ci sia maggiore attenzione alle garanzie sulla qualità dei partecipanti che si chiedono all'organizzazione del Giro, pretendendo una buona percentuale dei migliori ciclisti del ranking UCI, elevando maggiormente il tasso tecnico: in tal modo si avrebbe un prodotto di maggior valore tecnico da vendere agli inserzionisti pubblicitari o alle tv estere, di fatto ne guadagnerebbe l'interesse generale».

In effetti gli addetti ai lavori ma anche i semplici appassionati faticano a capire come sia possibile che uno sport potenzialmente forte dal punto di vista televisivo non trovi una sua dimensione stabile e remunerativa nei palinsesti italiani.
«Bisogna promuovere, valorizzare il ciclismo in maniera molto più efficace. Cooperare anziché litigare, fare tavoli anche con la Federazione e capire che procedere in sinergia anziché curarsi solo del proprio orticello, aiuterebbe tutti. La televisione ha una grande responsabilità per il successo del ciclismo, e io questa responsabilità la sento tutta. Che una corsa chiuda o vada avanti con successo dipende molto anche da come viene proposta ai telespettatori, ad esempio; non possiamo non vedere che anche da questo nostro impegno passa la salvezza dell'intero movimento italiano. Non voglio dire che le responsabilità della tv nella perdita di peso e di valore del nostro ciclismo sul piano globale siano primarie, ma restano comunque importantissime: prima se ne rendono tutti conto, prima risaliremo la china».

Diciamola tutta: prima di ogni altra cosa, sarebbe necessaria una nuova dirigenza per il nostro ciclismo.
«Abbiamo perso moltissime posizioni nello scacchiere mondiale, gli organizzatori sono in difficoltà, le squadre pure... quest'anno tra il Giro e l'autunno si è corso solo il Campionato Italiano e il Trofeo Matteotti. Si fa sempre più fatica, a tutti i livelli».

E la riforma che prima o poi l'UCI farà non promette bene per l'Italia.
«Vero, il nostro movimento ne uscirà ancor più penalizzato. Dal punto di vista dell'Unione Ciclistica Internazionale, se si pensa al movimento globale non ci si può soffermare su quello italiano, anche se conta e ha contato tantissimo in passato. Se il nostro ciclismo fosse rappresentato con maggiore spessore e serietà in sede internazionale, potrebbe incidere di più, e al limite anche battere i pugni sul tavolo. D'altronde, se continui a perdere terreno su tutti i fronti, è difficile far sentire la tua voce. Intendiamoci: non condivido tutti i punti di quel che finora è emerso della possibile riforma UCI, ma dobbiamo metterci in testa che dobbiamo essere lungimiranti, imparare ad adeguarci al ciclismo che cambia. La riforma degli Under 23 è stata fatta 20 anni fa, e solo oggi stiamo iniziando a capirla. Se il ciclismo va in una direzione, dobbiamo capire i cambiamenti e non farci spiazzare da essi. L'alternativa è farci una nostra riserva in cui ci siamo solo noi, ma sarebbe una scelta fattibile? Siamo carenti come sistema, poco convinti delle nostre possibilità; anche qui in Veneto, una delle terre d'elezione del ciclismo italiano, vedo problemi che si sommano gli uni agli altri, a partire dal livello giovanile: per dire, quanti genitori di corridori prendono il tesserino da direttori sportivi per seguire i propri figli, e poi si fanno da parte se questi smettono? Quante piccole società chiudono perché non hanno più l'incentivo a fare reclutamento sul territorio, visto che poi se pure pescano il giovane di talento, arriva una squadra più grossa e glielo porta via? E se non si investe sui giovani non c'è la possibilità di assicurare un futuro a una disciplina. Ancora: Nibali ha vinto il Tour, un'impresa da spellarsi le mani; ma che effetto volano ha avuto questo successo? Quasi nullo».

L'anno prossimo sarà incentrato sulla corsa elettorale in vista delle elezioni di inizio 2017. C'è qualche possibilità di vederti tra i candidati per un ruolo in FCI?
«Da parte mia ci sarebbe una grande motivazione a riprendere un discorso interrotto qualche anno fa, quando la mia strada si divise da quella della Federazione; d'altro canto, continuano ad arrivarmi attestati di stima e fiducia da parte di tanti esponenti dell'ambiente, e ciò mi gratifica molto. Però mi chiedo quanto questa sia una reale voglia di cambiamento, e quanto invece un semplice veicolo di rivalsa nei confronti di chi gestisce oggi la Federciclo. Perché mi capita di essere spronato a candidarmi da dirigenti di vecchia data, ai quali mi trovo a dover dire che loro stessi sarebbero tra le "vittime" del cambiamento di cui mi farei portatore. Mi piacerebbe davvero poter dare un contributo, ma non sono così sicuro che l'ambiente sia cambiato da quando frequentavo la FCI. Vedo che spesso a Roma vengono prese decisioni che confliggono con il buon senso e con l'attività degli affiliati, e mi chiedo: per quale motivo si è presa questa decisione? Per favorire il movimento o per salvaguardare il consenso locale del consigliere di turno? Oltre a tutte queste considerazioni, c'è anche un discorso molto pratico: non faccio parte di apparati che mi consentano ad esempio di mettermi in aspettativa, non vivo di rendita ma del mio lavoro, e sono ben consapevole che dovrei cambiare molte abitudini per svolgere un incarico che mi porterebbe via appunto dal mio lavoro».

Inevitabile, parlando con Martinello, un riferimento alla pista: Elia Viviani sarà la nostra punta di diamante alle Olimpiadi, ma qualcosa si muove, ad esempio nell'inseguimento femminile, col quartetto quasi sicuro della qualificazione per Rio: risultati che qualche anno fa sembravano lontanissimi.
«Abbiamo la fortuna di avere un fenomeno come Viviani che si impone nel suo team per poter fare la doppia attività, un po' come facevo io ai miei tempi, quando mettevo per iscritto nel contratto la possibilità di gestirmi da me durante l'inverno e di poter preparare a puntino le principali manifestazioni su pista nel corso della stagione. Ma se dopo i Giochi Elia - come è possibile - si dedicherà solo alla strada, chi avremo da schierare al suo posto? Tra le donne le cose sono più facili, le squadre sono più collaborative ed è possibile costruire qualche risultato. Ma tra gli uomini tutto è più complicato, il ct Marco Villa opera tra mille difficoltà, siamo quasi fermi. Nella velocità siamo rappresentati solo dalla famiglia Ceci, per il resto c'è il deserto. Il punto è che non si investe tra i giovani, e così non si innesca quel ricambio generazionale che invece vediamo in altre nazioni. Eppure è assurdo che un movimento importante come il nostro resti volutamente fuori da una disciplina come il ciclismo su pista che mette in palio 30 medaglie olimpiche, tra ori, argenti e bronzi. Dovrebbe essere addirittura il CONI a imporre un cambio di rotta. E invece andiamo avanti senza progettualità, nascondendo i problemi dietro ai risultati di pochi atleti eccellenti».

Ora una domanda difficile: devi scegliere solo una medaglia a Rio. Chi prendi, Nibali in linea o Viviani nell'Omnium?
«Bella scelta! Beh, spero che Nibali non se la prenda, ma scelgo Viviani, sperando che una sua medaglia possa servire al movimento. Ma so per primo che questa è forse solo un'illusione».

Qual è stata la più bella impresa ciclistica che hai visto in questo 2015?
«Ne dico due: il Fiandre di Kristoff e la Roubaix di Degenkolb. Il Giro con Contador è stato un po' scontato, anche se non è mancato lo spettacolo soprattutto nel finale; il Tour non mi è piaciuto, si poteva fare molto di più e sono convinto che qualcuno (Quintana) si stia ancora mordendo le dita pensando all'occasione sprecata. Il Mondiale lo ricordo per il bel gesto di Sagan ma ripeto, il mio voto va a Fiandre e Roubaix».

E qual è stata la corsa che ti è piaciuto di più commentare?
«Anche qui la scelta è doppia: la Strade Bianche e il Lombardia, due gare che sono state molto combattute già da molti chilometri dalla fine: a volte non è facile ravvivare certe lunghe telecronache di corse in cui succede poco, nei casi citati invece gli sviluppi di gara ci hanno aiutato moltissimo. E sulla Strade Bianche dico: non ha ancora il blasone di una monumento, ma sono convinto che ci arriverà presto».

Marco Grassi

RSS Facebook Twitter Youtube

30/Jul/2017 - 20:30
ESCLUSIVO: le immagini del folle che ha tagliato la strada al gruppo facendo cadere decine di corridori al Giro d'Italia

24/May/2016 - 21:06
All'An Post Rás giornata di gloria per James Gullen nella tappa "di montagna": Fankhauser diventa leader

24/May/2016 - 17:07
Giro, nel giorno della nuova delusione di Vincenzo Nibali vince Alejandro Valverde davanti a Kruijswijk e Zakarin

23/May/2016 - 22:12
An Post Rás, nella seconda tappa vince il padrone di casa Eoin Morton

23/May/2016 - 16:00
Giornata di rinnovi: André Greipel e Marcel Sieberg alla Lotto Soudal fino al 2018, Geraint Thomas prolunga con la Sky

23/May/2016 - 13:11
Benjamin Prades vince l'ultima tappa del Tour de Flores ma non basta, la generale va a Daniel Whitehouse

23/May/2016 - 12:39
Brutte notizie per il ciclismo elvetico: l'IAM Cycling comunica che cesserà l'attività a fine stagione

23/May/2016 - 11:22
Conclusi i Campionati Panamericani: l'ultimo oro è dell'ecuadoriano Jonathan Caicedo

22/May/2016 - 23:59
Il Tour of California si conclude con una imperiosa volata di Mark Cavendish. Classifica finale a Julian Alaphilippe

22/May/2016 - 23:39
Il Tour of Bihor si chiude nel segno dell'Androni Giocattoli-Sidermec: tappa a Marco Benfatto, generale a Egan Bernal

22/May/2016 - 23:20
Women's Tour of California: gioie finali per Kirsten Wild e Megan Guarnier. Le altre corse: ok Bertizzolo e Lepistö

22/May/2016 - 22:44
Velothon Wales, Thomas Stewart supera Rasmus Guldhammer e Ian Bibby

22/May/2016 - 22:24
Dilettanti, ulteriori vittorie per Nicola Bagioli e Riccardo Minali alla Due Giorni Marchigiana

22/May/2016 - 22:22
Scatta l'An Post Ras: la prima tappa va all'olandese Taco Van der Hoorn grazie ad un colpo di mano