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World Cycling: Valentina in House-tralia, una casa agli antipodi - Scandolara racconta la sua bella e vincente esperienza australiana. E continua a fare la giramondo

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Valentina Scandolara al Santos Women's Tour 2015 tra Melissa Hoskins e Lauren Kitchen - Foto Cyclingtips.com @ Con Chronis

Il nostro giro del mondo alla scoperta delle realtà ciclistiche minori o comunque meno conosciute tocca oggi una nuova tappa: dopo essere passati per Giappone, Cina, Olanda, Dubai e Stati Uniti stavolta voliamo fino in Australia con Valentina Scandolara. La 25enne atleta veronese nelle ultime due stagioni ha vestito la maglia della Orica-AIS ma non si è limitata a farlo esclusivamente nelle gare internazionali: sia nel 2014 che nel 2015, infatti, i primi numeri sulla schiena li ha messi proprio nelle gare invernali australiane e lo scorso mese di gennaio ha vinto il Santos Women's Tour, l'equivalente femminile del Tour Down Under che nel 2016 entrerà per la prima volta nel calendario internazionale dell'UCI.

Nel 2016 Valentina Scandolara cambierà squadra per lanciarsi in una nuova avventura sempre in giro per il mondo (correrà con la formazione californiana Cylance), ma nonostante ciò la sua preparazione invernale passa anche stavolta dell'Australia: neanche il tempo di riprendere la bicicletta dopo una meritata vacanza che è subito arrivata una vittoria in un criterium ad Adelaide, mentre ora la contattiamo che ha da poco concluso una breve ma impegnativa corsa a tappe di tre giorni nello stato Victoria.

Ormai con l'Australia sei diventata abbastanza familiare, ma la prima volta avevi idea di cosa ti aspettava?
«A dire il vero no: conoscevo la lingua e stavo realizzando il sogno di correre per la Orica, ma per il resto non sapevo praticamente niente. Anche le compagne, alcune le conoscevo già ma più che altro di nome e basta».

Però se ora sei comunque tornata in Australia significa che ti sei trovata bene, giusto?
«Mi sono trovata benissimo in questi due anni e sono molto contenta perché grazie a quest'esperienza sono nate delle grandi amicizie, penso ad esempio a Carlee Taylor, Lizzie Williams o Nettie Edmondson: in fondo le squadre si cambiano ma le persone restano. Gli anni scorsi ero venuta qui anche perché correndo con una squadra australiana gli sponsor ci tenevano a vederci tutte in azione e fare bene nelle corse di casa: però venivo qui solo nel mese di gennaio. Quest'anno cercavo un posto al caldo per allenarmi bene ed iniziare al meglio l'anno olimpico: c'è chi va in Spagna e chi in Sudafrica, la nuova squadra farà il ritiro in California più avanti e allora ho deciso di tornare qui proprio grazie alle splendide persone che avevo conosciuto in precedenza».

Fino a qualche anno fa dedicavi l'inverno al ciclocross, le gare non te le fai mai mancare...
«È il mio carattere, ad allenarmi e basta dopo un po' di annoio, mi serve uno stacco dagli allenamenti: a me piace gareggiare ed al posto di una sessione in pista o di un allenamento dietro moto preferisco un criterium dove comunque si riesce a fare un bel ritmo. L'importante è prendere queste corse con lo spirito giusto perché certi sforzi eccessivi non vanno bene dopo appena due o tre settimane dall'inizio della preparazione: e bisogna tenere conto che, per le tante atlete australiane che poi non vengono in Europa, questo è il periodo più importante dell'anno e quindi sono praticamente al top della condizione. Prendiamo ad esempio il Tour of Bright che ho fatto fatto assieme a Carlee Taylor: lei è un'ottima scalatrice ed è già un po' più avanti di me perché vuole fare bene ai Campionati Nazionali, però il percorso era duro e ha chiuso solamente terza».

Alcune delle rivali che avete incontrato potrebbero avere un futuro in Europa?
«È difficile da valutare con precisione, proprio perché si parte con stati di forma molto diversi. Qualcuna potrebbe fare bene, però bisogna dire che ci sono già la Orica e la Nazionale che ogni anno fanno test e selezioni sulle atlete: quelle che arrivano a correre in Europa sono già le migliori».

Entriamo più nel dettaglio delle corse, lo scorso 26 novembre ne hai già vinta una.
«La gara era un criterium ad Adelaide, a Victoria Park dove praticamente ce n'è uno ogni giovedì: sono gare che all'inizio erano nate come ritrovo di allenamento per i corridori della zona, ora sono più organizzate ma è rimasto comunque l'appuntamento fisso; sono kermesse molto interessanti e anche il livello non è male, dietro di me si è piazzata Dani McKinnirey che è la campionessa del mondo juniores dell'Omnium. Nei primissimi giorni di gennaio poi ci sono i Bay Crits, una serie di quattro criterium con una classifica, ma durante tutto l'anno in Australia c'è il calendario delle National Road Series che sono un po' le gare più importanti: l'anno scorso dopo aver vinto il Tour Down Under ero rimasta in testa alla classifica per un po'».

I percorsi di queste gare come sono?
«Se ne trovano un po' di tutti i tipi. Di solito i criterium sono abbastanza pianeggianti, al Tour Down Under invece c'era qualche salitella, mentre il Tour of Bright che ho appena fatto era davvero molto duro: nell'ultima tappa c'era una salita di 30 chilometri su un percorso complessivo di 56, per me che ho ripreso la bici da tre settimane è stata una faticaccia, infatti non ci ho neanche provato a tenere. Adesso io e Carlee ci siamo fermate proprio qui nella zona di Bright per allenarci, è forse la zona dell'Australia con più montagne e quindi anche in corsa si è sentito».

Tu come atleta italiana che va a correre in Australia, ma anche le stesse australiane che hanno la fortuna di correre in Europa, come siete viste in gruppo da parte delle atlete locali?
«Queste ultime gare le ho fatte con piccole squadre miste assieme a molte giovani, mi accorgo che c'è molto rispetto e molta ammirazione nei nostri confronti. Per loro siamo un po' dei modelli, ma quando ho confidenza io cerco di stimolarle e spronarle a fare domande se hanno dei dubbi: io dico sempre loro di non vederci come dei miti irraggiungibili, spesso capita che ci siano ragazze giovani più timide e le incoraggio perché è anche da queste occasioni che un movimento come quello australiano può crescere di livello. Dani McKinnirey, la ragazza che ho battuto a Victoria Park, non pensava al fatto di essere arrivata seconda "per colpa mia" ma era raggiante per avuto la possibilità di testarsi con atlete più esperte anche in campo internazionale. Poi magari in corsa ci sono anche quelle che fanno di tutto per batterci per la soddisfazione personale ma che magari non tengono presente la differenza di condizione: è una questione di carattere ma nel complesso siamo molto ben viste».

Una caratteristica di molte corse australiane è che coinvolgono tutte le categorie, vero?
«Certo, molte volte si corre negli stessi giorni e sugli stessi percorsi, un bello spettacolo per tutti: in questo modo i tifosi in un'unica giornata si possono vedere più gare e non devono aspettare ore per vedere passare i corridori. È anche più bello per noi atleti se c'è un contorno simile. Solitamente c'è un bel seguito di spettatori alle corse, ovviamente quando arriviamo in montagna come al Tour of Bright meno perché certi arrivi erano proprio in mezzo al nulla, però corse come i Bay Crits o il Tour Down Under sono molto sentite: al Tour Down Under durante la tappa che abbiamo fatto solo noi ragazze a Victoria Park ad Adelaide sono state calcolate più di 4000 persone a vederci. A certe cose in Italia ci arriviamo sempre un po' dopo: le gare in contemporanea qui sono una prassi, lo stesso quando vai in Belgio o Olanda, il successo avuto dal Tour con La Course ha subito spinto la Vuelta ad imitarla: da noi purtroppo il Giro non ha ancora fatto nulla, però negli ultimi anni sono nati il Giro dell'Emilia e la Strade Bianche che sono importantissime per il nostro movimento».

Adesso ti aspetta di aspetta un nuovo progetto, dall'Australia passi agli Stati Uniti.
«Alla Orica mi sono trovata bene, ma sentivo che era il momento di cambiare squadra e quando mi hanno presentato il progetto della Cylance, una squadra nuova, ho avuto immediatamente la sensazione che fosse esattamente la sistemazione che stavo cercando. Inizialmente non era previsto, ma anziché iniziare in Argentina, a gennaio tutta la squadra verrà in Australia per fare il Tour Down Under, così potrò provare a difendere la vittoria del 2015 anche se non sarà facile: praticamente resterò in Australia fino al 20 gennaio, poi un ritiro in California e quindi faremo il Qatar. Poi faremo le classiche europee all'inizio, tra aprile e inizio giugno invece ci sposteremo a correre le gare americane e canadesi: però non correremo i criterium USA, forse un paio in base al calendario, faremo principalmente le gare del calendario UCI come il Giro di California e la classica di Philadelphia».

Nel 2016 per quasi tutte le atlete l'obiettivo principale saranno i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro: ti sei già informata sui percorsi?
«Ovviamente le Olimpiadi sono un grandissimo sogno e farò di tutto per esserci: sono venuta in Australia proprio pensando a Rio, per allenarmi al caldo e cercare di partire subito forte per conquistarmi un posto. Il percorso ho avuto la fortuna di provarlo in bicicletta lo scorso inverno quando sono stata in Brasile: la salita decisiva a circa 20 chilometri dall'arrivo è molto dura ma sarà una gara strana. Noi come Italia avremo Elisa Longo Borghini che è sicuramente la più forte di noi in salita, ma secondo me sarà una gara strana e serviranno più atlete capaci di poter vincere: si corre con squadre ridotte e al tempo stesso bisognerà prendersi dei rischi ma senza sprecare. Sarà una corsa completamente diverse da tutte le altre, io spero davvero di riuscire a conquistarmi un posto».

Sebastiano Cipriani

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