Tour de France 2015: Peter ancora secondo, la maledizione continua - Questo Sagan sembra meno sicuro dei propri mezzi
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E infine successe che per non far secondo Peter Sagan fece secondo. L'anno scorso lo slovacco era stato ammaliato da un tenace incantesimo, che gli aveva impedito di portare a casa vittorie di tappa al Tour de France, dopo i successi parziali ottenuti sia nel 2012 che nel 2013, ed aveva certo trovato parziale consolazione nella terza maglia verde consecutiva, ma i tre secondi posti (e la stessa posizione alle Strade Bianche, alla Milano-Sanremo, a Harelbeke, al Giro delle Fiandre) l'avevano certamente lasciato insoddisfatto. Di più, l'abbonamento al numero due l'aveva reso meno lucido in molte situazioni, come provato da lcune sconfitte patite più per propri errori tattici, che per superiorità avversaria.
Terzo secondo posto in sei tappe
In questo Tour 2015 lo slovacco era già arrivato secondo due volte prima di oggi, ma in volata, entrambe le volte contro un Greipel in condizione eccellente, a Zélande e Amiens; certo, ieri se non fosse partito in ritardo e da posizione estremamente arretrata avrebbe potuto contendere la vittoria al forzuto gorillone, ma il suo picco di velocità massimo non è quello di un velocista puro. Ed allora eccola lì la tappa giusta per rompere l'incantesimo, quella odierna di Le Havre, con quel finale all'insù perfetto per un corridore esplosivo e capace di domare gli strappi. Perfetta per Peter Sagan. Nel giorno che l'avrebbe potuto riportare alla vittoria, lo slovacco è rimasto invece vittima di sé stesso, in maniera evidentissima, il suo estro annichilito dalla paura di arrivare ancora secondo, le sue polveri bagnate per pochi istanti dai sudori freddi di chi non è sicuro dei propri mezzi, di chi teme di essere sconfitto, di chi sembra quasi non riuscirebbe a sopportare una ulteriore delusione, su un terreno estremamente favorevole, per di più.
Il vecchio Sagan non avrebbe esitato
Quando è partito Zdenek Stybar, negli ultimi metri dello strappo, a poche centinaia dalla linea di arrivo, posta in falsopiano, il vecchio Sagan non avrebbe fatto calcoli, non si sarebbe lasciato irretire da alcunché. Sarebbe balzato sulla ruota del ceco, e l'avrebbe giustiziato allo sprint. Intendiamoci, il campione della Etixx-Quickstep è un altro che nelle gambe ha la dinamite, ma al vecchio Sagan sembrava riuscire tutto con una estrema facilità. Al recente no, e allora, nonostante, ne siamo sicuri, una vocina gli dicesse di partire, Peter ha esitato, facendo la più classica delle frittate. Ha avuto paura di trascinarsi dietro qualcuno, un qualcuno che avrebbe potuto saltarlo in volata. Ma poi chi, con tutti gli corridori a lui vicini ampiamente alla canna del gas? L'unico buono era davanti, e Sagan lo vedeva allontanarsi, procedere spedito verso la vittoria che avrebbe potuto essere sua. Passato quell'attimo fuggente, poi non ha potuto fare veramente altro, perché a quel punto tatticamente era davvero la scelta giusta lasciare che a prendere l'iniziativa fossero gli avversari. Ma prima no, il vecchio Sagan non avrebbe nemmeno pensato all'ipotesi che qualcuno avrebbe potuto contenerne lo slancio su una sua immediata reazione alla efficace azione di Stybar, figuriamoci superarlo.
La maledizione continua
Ha avuto paura di perdere Peter Sagan, oggi come mai prima, in maniera dolorosamente evidente, per chi ne ha negli anni apprezzato la spensieratezza al pari, se non di più, del talento cristallino, e vorrebbe vederlo tornare ad alzare le braccia, e probabilmente anche per sé stesso. Perché l'incantesimo del quale è vittima, divenuto maledizione, in maniera crudele ed ironica l'ha anche oggi costretto ad arrivare secondo, con una volata che andava fatta, ma che forse il ragazzo slovacco avrebbe volentieri evitato di produrre. Temeva, anzi a quel punto ne era certo, che sarebbe arrivato nuovamente secondo.