DéTour 2014: Un bagno di folla? Di più, un salone! - Tappe inglesi e pubblico straboccante
Versione stampabileFinita la tre giorni inglese con cui il Tour de France 2014 ha preso il via, diverse domande si affastellano nella mente di chi ha assistito allo spettacolo di folle oceaniche che non si vedevano dai tempi di Ben Hur e dei Dieci Comandamenti, film carichi di migliaia di comparse. Il cinema oggi risolve le scene di massa con la CGI, ovvero la computer grafica, ma il dubbio che i tifosi presenti tra Leeds e Harrogate, tra York e Sheffield, tra Cambridge e Londra (abbiamo citato le tre tappe) fossero delle comparse, o peggio ancora delle immagini digitali apposte su sfondo blu, non ci ha mai sfiorati.
Si vedeva che erano persone vere, in carne, ossa e passione, e la relativa riflessione è d'uopo: qual è il segreto? Tanto per chiarire, non stiamo parlando di un paese periferico nelle logiche mondiali, una nazione i cui abitanti scenderebbero in piazza per festeggiare come evento supremo anche una qualsiasi sagra della polenta taragna. No, l'Inghilterra è uno dei paesi guida del globo, i suoi cittadini li diremmo rotti a qualsiasi esperienza, eppure per il Tour de France si sono sciolti come dei bambinetti gaudenti.
Non si tratta neanche di confondere la provincia con le città. Intanto perché la provincia inglese non sarà mica più fuori dal mondo di quella italiana (e quindi, fatte le dovute comparazioni, per noi ci sarebbe da piangere); e poi perché, in ogni caso, non ci è parso di notare soluzione di continuità tra lo sciame umano che costeggiava - dai due lati - la corsa sulle strade di campagna, e quello che attendeva fiducioso l'arrivo del gruppo a Sheffield o a Londra, o che ha soffocato di calore i corridori nelle varie sedi di partenza, a partire da Leeds (e vedremo se da oggi col ritorno in Francia la risposta del pubblico transalpino sarà almeno paragonabile). Neanche la precoce dipartita (dalla corsa) di Cavendish, o l'assenza di Wiggins, hanno minato la volontà locale di bearsi col Tour.
L'espressione bagno di folla non è mai stata spesa con maggior proprietà (anzi, altro che bagno, dovremmo allargarci: soggiorno di folla? Salone di folla?...). Consideriamo che domenica l'Inghilterra ospitava il GP di Formula 1 di Silverstone, nonché (Londra in particolare) l'attesa finale di Wimbledon tra Federer e Djokovic, eppure a guardare il pubblico londinese si direbbe che nessuno se ne sia praticamente accorto, tutti assorti in questo amore folle per il ciclismo. E non parliamo nemmeno di invasati temporanei, le espressioni di tifo bislacco (con travestimenti esagerati e quant'altro) sono rimaste sostanzialmente estranee all'accoglienza offerta al Tour nel corso delle tre tappe d'oltremanica. Certo qualche piccolo incidente c'è stato, ma dettato più che altro dalla marea umana, dai rallentamenti che questa ha fisiologicamente indotto al gruppo in qualche tratto più complicato, e dalla sventatezza di qualche fotografo improvvisato che non s'è reso conto che mentre cercava il giusto fuoco per lo scatto, il plotone gli piombava addosso...
A chi vorrebbe chiedere a Harry Potter o chi per lui il segreto di questa magia, dobbiamo ricordare che la realtà è che una serie di direttrici socio-sportive sono andate a convergere in questo periodo di grande splendore del ciclismo inglese a tutti i livelli. Ci rendiamo però conto che chiedere a qualche dirigente sportivo italiano di prendere esempio, di iniziare a studiare il fenomeno, di proporre qualcosa di avvicinabile ad esso, sia troppo esagerata come pretesa. Le nostre latitudini sono quelle alle quali i dirigenti al massimo hanno l'interesse di piazzare qualche favorita in qualche sede periferica della federazione di riferimento, altro che progetti ad ampio respiro.
Possiamo quindi dire agli appassionati italiani, con realismo e solidarietà, che no: non avremo, almeno nel medio termine (ma nel lungo saremo tutti morti, come diceva quell'economista), un qualcosa di simile alla tre giorni inglese. Non avremo delle salitelle di 100 metri trasformate in veri e propri Zoncolan e sommersi da decine di migliaia di tifosi. Abbiamo in compenso quelli veri, di Zoncolan (e Mortirolo, e Stelvio e Gavia). Per il momento godiamo di quelli, prima che qualche facoltoso british-cycling-fan ce li compri, li smonti da noi e li rimonti pezzo per pezzo tra Doncaster e Gainsborough.