E3 Harelbeke 2014: La forza è nulla senza controllo - Omega potente e battuta
Di gare perse in superiorità numerica, con l'infida possibilità di giocare alla maniera del gatto con i topi, traboccano gli almanacchi di ciclismo. Ma ciò che stupisce, della infelice gestione del finale di Harelbeke 2014, è la paternità della stessa: in casa Omega Pharma-Quick Step, erede legittima della leggendaria Mapei, si affronta ogni anno la Campagna del Nord con la stessa serenità d'animo dei calciatori della Corea comunista ai Mondiali in Sudafrica; l'errore non è contemplato, sebbene la fucilazione non pare rientri (ancora) nel novero delle punizioni corporali del team diretto da Lefevere. Prima di issare sulla croce Niki Terpstra e Stijn Vandenbergh, comunque, un paio di considerazioni. Per onestà di giudizio e, soprattutto, pietà...
Quando l'E3 ha sterzato sul Paterberg, chi ha impedito a Cancellara - arrestato dalle precedenti cadute - di rifinire quel che sarebbe stato un (ennesimo) numero da Superbike? Già, proprio l'olandese (cooperando col tignosissimo Vanmarcke), con un accelerazione in tutto identica a quella, decisiva, di due giorni fa alla Dwars. E poco dopo, sulle pendenze dell'Oude Kwaremont, quante maglie OPQS si contavano? Addirittura cinque, con Boonen nell'ormai consueta interpretazione del ruolo di "specchietto per le allodole", scortato (o scortante?) da Stybar e Maes. Soltanto la Lotto poteva disporre di un arsenale comparabile, in virtù della presenza di Gallopin (poi sesto al traguardo), Roelandts e Ligthart. Al rientro sulla N36, lo sparigliamento si faceva più marcato: ma, fra tutti i gruppetti che l'ultimo strappo aveva partorito, solo in quello di testa pedalavano due compagni di squadra. Terpstra e Vandenbergh, appunto. Ci si poteva aspettare di meglio?
Nei trenta chilometri restanti i battistrada, liberatisi pure della sgradita figura di Degenkolb, hanno recitato a soggetto: l'obiettivo unico e primario, in quel frangente, non poteva essere altro che respingere i tentativi di recupero provenienti in specie da Devolder, strenuo alfiere di Cancellara. Di più: dai 30 secondi in tasca dopo il Karnemelkbeek, il margine di Sagan, Thomas e del combo Omega si è evoluto a sfiorare prima, abbattere poi, il muro (...) del minuto. Ci si poteva aspettare di meglio?
Sì, di meglio di un secondo posto. Perché, mentre lo stillicidio degli scatti alternati andava a rispettare il manuale del perfetto finisseur, iniziava a montare il dubbio sull'efficacia degli stessi e sul potenziale eventualmente esprimibile a ridosso della retta conclusiva di Terpstra e Vandenbergh. Laddove Sagan solo facendo marcia indietro sarebbe riuscito a perdere. Senza disdegnare la caratura di Thomas, forse il più minaccioso del quartetto, senz'altro colui che meno aveva sudato nell'approssimarsi ad Harelbeke. Nel ciclismo, nello sport (nella vita), capita che a vincere sia non il più forte, ma il più furbo. Non oggi.