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Ciclomarketing: Caro ciclismo italiano, skordati la Skoda - L'azienda molla FCI e Giro, ma conferma l'impegno col Tour

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Christian Prudhomme, direttore del Tour de France, a bordo di un'ammiraglia Skoda © www.auto-mania.czÈ da tempo notizia di dominio pubblico che la Skoda, azienda automobilistica ceca controllata dal gruppo Volkswagen, abbia interrotto per il 2014 la sponsorizzazione del ciclismo italiano: una partnership andata avanti per quasi un decennio (dal 2005 con la FCI, dal 2007 con il Giro d'Italia e le altre corse organizzate da RCS) e finita bruscamente con la stagione 2013.

Ma quello che era stato fatto passare, in ambienti federali, come un disimpegno tout court dell'azienda rispetto al ciclismo, è in realtà un riposizionamento che - detta in termini crudi - passa dall'addio al nostro ciclismo e dalla conferma di un matrimonio solido con ASO, società organizzatrice del Tour de France, della Vuelta a España e di numerose altre corse (a partire da Parigi-Roubaix e Liegi-Bastogne-Liegi).

Precisando che ogni azienda è perfettamente libera di fare quel che le pare in tema di marketing, al centro della nostra riflessione non è certo il comportamento della Skoda, che ha fatto le proprie valutazioni e ha operato una conseguente scelta. Quel che invece ci preme sottolineare è come il ciclismo italiano sconti - se non proprio una perdita di appeal - una mancata crescita in tal senso.

La Skoda supporta il Tour dal 2004, e successivamente aveva allargato il suo campo d'azione anche alla Federciclismo e quindi a RCS Sport. Oggi, a distanza di qualche anno, decide che non è più un buon affare stare accanto a queste entità italiane, concentrandosi sulla società organizzatrice francese, con un accordo esteso per un altro quinquennio, fino a tutto il 2018.

Ok, con realismo e al netto di ogni sentimentalismo (quello che, da italiani, ci fa vedere tutto rosa) dobbiamo riconoscere che il Tour de France è su un altro pianeta rispetto al Giro, figurarsi rispetto alla Federciclismo. Ma dobbiamo parimenti riconoscere che, oggi come oggi, non abbiamo in mano carte assolutamente vincenti al cospetto della miglior concorrenza internazionale. Rimaniamo soccombenti, come movimento, rispetto a quelli di altri paesi, e se RCS Sport ha comunque trovato di che rimpiazzare Skoda (con un accordo con la Carlson Wagonlit Travel, società che non costruisce macchine, ma gestisce - secondo quanto si legge nella sua presentazione - "l'ottimizzazione delle spese e dei processi legati ai viaggi d'affari"), per quanto riguarda la FCI non siamo ancora venuti a capo del problema.

Naturalmente auspichiamo che la Federazione trovi al più presto uno sponsor che voglia investire nelle maglie azzurre e nel supporto all'attività federale ai vari livelli: a tal proposito, impossibile non citare le parole di Dino Salvoldi, ct del ciclismo femminile (in strada e in pista), che l'altro giorno lamentava sulla Gazzetta dello Sport la scarsità del budget previsto appunto per le ragazze della pista (250mila euro all'anno). Già con una cifra doppia - dice Salvoldi - si potrebbero fare un mucchio di cose in più (d'altro canto il buon Dino s'è speso anche in prima persona per l'ultima rielezione di Di Rocco alla presidenza FCI: cos'è che ora l'ha illuminato sulla via di Damasco?... Non sapeva già da prima che Di Rocco nella pista non investe?).

Insomma, servono soldi alla FCI, che da un lato non riesce a tener legati a sé gli sponsor storici, come appunto nel caso della Skoda; dall'altro, fatica a trovarne di nuovi. E di sicuro sentirete, tra le giustificazioni a tutto ciò, la crisi economica che attanaglia il paese (come se Skoda fosse un'azienda italiana, tra l'altro). Se tutto questo vi sembra un buon operare...

Marco Grassi

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