L'investitura: Caro Davide, ora tocca a te - Sarà Cassani il successore di Bettini come ct azzurro
Versione stampabileA metà degli anni '90 circolava nel ciclismo italiano un assunto per molti indiscutibile: una volta che Martini avesse deciso di lasciare il ruolo di ct, il suo erede ideale sarebbe stato Davide Cassani. All'epoca il già esperto romagnolo era il prolungamento in gruppo del saggio Alfredo, il cosiddetto regista in corsa, il perno tattico intorno a cui girava la nazionale azzurra ai Mondiali.
Poi i casi della vita allontanarono Cassani dall'ammiraglia, sistemandolo invece sulla poltroncina di commentatore del ciclismo in tv, ruolo che ricopre dal 1997, e nel quale si è disimpegnato molto bene, se è vero che oggi, 17 anni dopo, sarebbe ancora lì, presenza inamovibile, se non fosse nel frattempo giunta la chiamata che forse per tanto tempo aveva in cuor suo aspettato: quella, appunto, che gli propone di essere la guida della nazionale.
Dover scegliere tra il proseguire una carriera che gli ha dato fama (forse addirittura più di quella conquistata andando in bici) e soddisfazioni, o il calarsi, a 53 anni, nel ruolo che rappresenta da sempre il sogno di una vita: situazione quantomeno invidiabile, e segno che in questi anni Davide ha lavorato in maniera ottima. Ottima - dal suo punto di vista - anche politicamente parlando, perché evidentemente il romagnolo ha saputo tenere buoni rapporti pure con i dirigenti italiani, e questo in anni in cui sarebbe stato non solo legittimo, ma addirittura doveroso mettere profondamente in discussione l'operato della Federciclismo.
Ma Cassani ha esibito, in tal senso, un'anima un po' democristiana, quella che "è meglio tenersi buoni tutti", e ciò gli ha ovviamente attirato anche grandi critiche, ad esempio pure per quel che riguarda il discorso del doping, affrontato in maniera sempre un po' evasiva, ai microfoni Rai: è stato difficile, in questi 17 anni, sentire da lui una seria problematizzazione della questione, l'approccio preferito è stato spesso il discorso della mela marcia in un gruppo di onesti, interpretazione chiaramente molto carente. Ma da un ex corridore che aveva vissuto la propria maturità proprio negli anni del boom del doping ematico, era arduo aspettarsi maggiore indipendenza di giudizio.
Sia come sia, oggi Cassani volta pagina, e trova davanti a sé un nuovo capitolo tutto da scrivere. I rapporti tra Paolo Bettini e FCI erano diventati abbastanza complicati già nel 2012, quando l'ex ct aveva dovuto subire alcuni diktat federali (sulla non convocazione di corridori implicati in inchieste sul doping, ad esempio; o sull'esclusione di altri che avevano scontato squalifiche superiori ai 6 mesi). La carenza di risultati - mai giunti, anche a fronte di qualche gara interpretata bene dagli azzurri - non ha aiutato il clima a rasserenarsi, e lo scorso inverno abbiamo vissuto anche una situazione che non si potè che definire ridicola, con Bettini praticamente già dimissionato da Di Rocco, e però nessuno disposto a prenderne il posto, alle condizioni della FCI (Max Sciandri, che avrebbe dovuto ereditare il ruolo, alla fine preferì rimanere in BMC, dopo essere quasi stato ufficialmente annunciato come nuovo ct).
Da allora Bettini ha capito che sarebbe stato bene procurarsi qualche via d'uscita, e appena avuta la possibilità di tuffarsi in un nuovo importante progetto (il team di Fernando Alonso, pronto a partire nel 2015), non ci ha pensato due volte, e ha salutato casa Italia. Nelle ultime settimane diversi direttori sportivi in attività sono stati presi in esame (forse più dalla stampa specializzata che dalla stessa FCI) come possibili nuovi commissari tecnici, ma alla fine ha prevalso la scelta più di rottura.
Diciamo ciò perché gli ultimi ct venivano direttamente dal gruppo (Ballerini prima, Bettini poi), o da precedenti esperienze federali (Fusi), o dall'ammiraglia (Martini); in questo caso invece si va a pescare un nome che era da oltre tre lustri fuori dal giro, di fatto: è vero che Cassani ha intrattenuto in questi anni ottimi rapporti con tutti gli attori del ciclismo, quindi non si può dire che non abbia il polso della situazione, o anche il carisma necessario per gestire un gruppo importante come quello azzurro; ma è anche vero che, a parte una breve esperienza nella Mercatone Uno di Pantani nel 1997, Davide non ha mai avuto un incarico d'ammiraglia, o comunque in una squadra.
Ed è anche vero che qualche topica, al microfono, in questi anni l'ha presa (l'ultima: aver sottovalutato la durezza del percorso iridato fiorentino; la più diffusa: aver esibito una mentalità spesso "sparagnina", o, se vogliamo, attendista). Ma ciò conta sostanzialmente poco, perché da qui in avanti sarà tutta un'altra storia, e a noi osservatori non rimane, una volta espresse - come fatto sopra - le perplessità di prammatica, che attendere la prova sul campo. Non tanto e non ancora quest'anno, in cui concederemo a Cassani la facoltà di sbagliare (sarà pur sempre un ct in fase di rodaggio), quanto tra 2015 e 2016, un biennio in cui, con due Mondiali e un'Olimpiade, ci sarà abbondante materiale per analizzare - e nel caso criticare - l'operato del nuovo ct.
I motivi di ottimismo comunque ci sono anche: al momento, infatti, sembra assodato che, visto il grande attaccamento alla maglia azzurra e l'affabilità personale e la credibilità di cui gode nell'ambiente, Cassani possa essere in grado di costruire un ottimo gruppo (fattore che poi - se non hai il crack che decide le gare da solo - solitamente si rivela essenziale per passare all'incasso di qualche medaglia); e di sicuro segue con molta attenzione tutto il ciclismo, e non solo Giro e Tour, quindi potrà anche saper valutare in maniera approfondita in sede di convocazioni.
In attesa, poi, di vedere come RaiSport deciderà di sostituire Davide ai microfoni (il nuovo corso di Alessandro Fabretti come responsabile per il ciclismo potrebbe partire da un re-ingaggio di Paolo Savoldelli, precedentemente uscito dalla "squadra" dopo alcune incomprensioni con Auro Bulbarelli, predecessore dello stesso Fabretti), due parole le possiamo spendere per la scelta di Di Rocco. Non dimentichiamo che sin dalla prima campagna elettorale per la federazione, quasi 10 anni fa, il dirigente abruzzese disse che avrebbe voluto al suo fianco uomini in gamba e mediaticamente popolari come Silvio Martinello e Davide Cassani. Il primo ha effettivamente collaborato con la FCI (per la pista), ma è stato bruciato da tale collaborazione, speriamo che le pastoie federali non riservino stessa sorte al secondo.
Sì, la scelta è - come scritto più su - di rottura, se la vediamo dal punto di vista tecnico; ma è anche una scelta di gran comodità per Di Rocco, perché è inutile negare che quanto più popolare è l'incaricato, tanto più potrà fungere da parafulmini in caso di risultati negativi. E Cassani, molto più degli eventualmente citati Zanini, Damiani, Bramati, Guercilena, Salvoldi, ha proprio questa caratteristica: anche a lui il popolo degli appassionati di ciclismo non risparmierà nulla, in caso di errori, ma la sua figura è talmente visibile da lasciare nell'ombra le eventuali responsabilità di chi è nel palazzo.
Di fatto, l'investitura ufficiale (avuta dopo un pranzo a tre con Di Rocco e Martini), non rappresenta ancora il conferimento dell'incarico, visto che si dovrà attendere il parere del Consiglio Federale, tra poche settimane. Ma ciò è veramente un dettaglio, perché è nota la bulgarità dei CF dirocchiani, che non vanno mai contro le scelte del presidente; e non ci andranno verosimilmente neanche stavolta, per una decisione condivisa e in qualche misura obbligata (in fondo un affermato ds di club non va volentieri incontro a una decurtazione dell'ingaggio per fare il ct).