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Giro d'Italia 2013: Wiggins, ormai è proprio disarmo - Bradley esce di classifica. Tappa a Cavendish, Nibali sempre in rosa

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Un Bradley Wiggins sofferente al termine della Longarone-Treviso © BettiniphotoTanto piovve che tuonò, la sintetizziamo così la dodicesima tappa del Giro, da Longarone a Treviso, laddove la pioggia è la pioggia, copiosa, interminabile, fastidiosissimamente caduta a secchiate per tutta la tappa, e il tuono è invece il rombo di Cannonball, ovvero Mark Cavendish, ovvero colui che, col successo ottenuto oggi in Veneto, arriva a quota 100. 100 vittorie da professionista, chissà se le ricorda tutte, di sicuro si ricorda le 14 ottenute al Giro. Il bilancio è comunque ancora aperto, vedremo dove arriverà Mark.

Vedremo pure dove arriverà Wiggins, ma in questo senso facciamo un discorso a breve termine, perché per Bradley il rischio ritiro è palpabile. In condizioni difficili, lamenta problemi respiratori, chissà, forse un'influenza, forse un semplice raffreddore, ma si parla anche di emicranie dalla tappa di Pescara, ovvero da quella in cui si rese palese la sua fragilità sui percorsi bagnati del Giro: o siamo di fronte a una spettacolare somatizzazione fisica del danno morale subìto (ovvero: "venivo per dominare il Giro, e non riesco a farmene andare una dritta"), oppure si è proprio spenta la luce a livello psicologico per il vincitore del Tour 2012.

Anche oggi, in una delle tappe più facili della corsa rosa, Wiggo ha pagato tantissimo, "colpa" di un'altra discesa bagnata, quella del Montello a 30 km da Treviso, una discesa in cui il capitano della Sky ha perso le ruote del gruppo dei migliori, rimanendo staccato giusto di un poco; però era quel poco che via via, chilometro dopo chilometro, si è poi dilatato fino a raggiungere le proporzioni di un ritardo da tappone alpino (3'17"). Non solo croce sulle speranze di vittoria, ma anche uscita ingloriosa dalla top 10, e passaggio di gradi - a questo punto inevitabile - da lui a Urán, che a tutti gli effetti diventa da oggi il capitano del team britannico.

Ci fa ridere da sempre chi dice che "questo o quel campione, se volesse, vincerebbe il Giro con una gamba sola". Ad esempio l'abbiamo sentito dire spesso relativamente a Lance Armstrong, il quale però ai tempi del settennato francese ben si guardò dal venire in Italia per tentare il risultato pieno nella corsa rosa. Un motivo ci sarà stato, e la parabola attuale di Wiggins lo conferma: non è così scontato che chi ha vinto il Tour possa fare lo stesso col Giro; e chi lo dà come fatto acquisito sbaglia di grosso, perché un percorso come quello del Giro, e le annesse situazioni e condizioni di gara (anche climatiche, perché no?) possono far emergere fragilità che invece il luglio di Francia tiene nascoste, latenti. Per questo solo i grandissimi hanno vinto sia di qua che di là. Quanto al farlo nel corso della stessa stagione, beh... chi non conosce il ciclismo può magari pensare che un filotto di 7 Tour consecutivi possa essere superiore - in termini di peso specifico - al solo '98 di Pantani. La storia di questo sport, e anche la sua più stretta attualità (come dire: passato e presente per noi sono interconnessi come in nessun'altra disciplina), ristabiliscono una gerarchia di valori che non può che renderci felici.

La tappa di Treviso, partita da Longarone anzi da 5 km più avanti di Longarone (neutralizzati i primi per motivi di sicurezza), non fosse stato per la tanta pioggia e per la débâcle forse definitiva di Wiggo, sarebbe stata la più normale delle frazioni da velocisti. Chilometraggio ridotto (134 km diventati appunto 129), fuga partita all'inizio e ripresa alla fine, sprint vinto dal più veloce. Stop.

Sono stati Belkov (che si sta conquistando tifosi anche dopo la vittoria di Firenze), Lammertink, De Backer e Felline a muoversi non appena la tappa è iniziata; su di loro è rientrato anche Marcato, che in questo Giro non aveva ancora fatto niente di importante, e che oggi ha voluto almeno timbrare il cartellino della fuga nella sua regione. Il quintetto ha guadagnato fino a 3'20", poi un'incredibile caduta di 4 dei 5 fuggitivi (solo De Backer è rimasto in piedi, mentre Belkov era stato il primo a scivolare), sulla discesa da Sella di Fadalto, ha rallentato l'azione degli attaccanti - senza comunque lasciare danni fisici.

Già qui, a 100 km dal traguardo, Wiggins esibiva le prime titubanze in discesa; ma poi l'inglese è rientrato sul poco distante gruppo, e per una settantina di chilometri non ci sono stati più problemi; quanto a noi, abbiamo dovuto solo segnarci i passaggi sui due Gpm (vinti da Marcato - quello di Ca' del Poggio - e da Belkov - quello del Montello), prima della rivoluzione in casa Sky nella già citata discesa dal Montello.

A differenza di altre tappe in cui un finto fairplay ha rubato l'anima della competizione, oggi gli avversari della Sky non hanno fatto sconti, e soprattutto la BMC di Evans ha tirato per tenere a distanza Bradley. Lui, poveraccio, non solo si è trovato nelle retrovie della corsa, ma a un certo punto (ai 18 km, più o meno) è rimasto pure solo, senza compagni accanto che lo incoraggiassero, quantomeno. Aveva appena perso le ruote dei gregari fermati per scortarlo, e per 3 km è rimasto lì, malinconicamente con un paio di peones, in ritardo rispetto pure ai ritardatari.

Dopodiché i suoi compagni gli si sono nuovamente fatti intorno, salvando quantomeno la dignità del leader in una tappa disastrosa. Tutti ad eccezione dei colombiani, che eran sempre rimasti nel gruppo maglia rosa, una decisione financo lapalissiana, e dire che a Pescara venerdì scorso - in condizioni simili a oggi - non venne presa, e vennero invece sacrificati Henao e Urán in maniera incomprensibile (vedremo alla fine quanto sarebbe servito a Rigoberto quel minuto e mezzo scioccamente regalato in Abruzzo).

Intanto i 5 fuggitivi, in buon accordo fino alla fine, dovevano gestire un paio di minuti di vantaggio a 20 km dalla fine, epperò ne hanno perso uno già in 7 km. La pioggia battente di sicuro non favoriva il rientro del gruppo, ma Omega Pharma e Cannondale - tenendo la fuga a distanza di sicurezza - avevano già lavorato bene in precedenza, sicché è bastato giusto accelerare nel finale per chiudere sul quintetto di testa. Calcoli fatti al millimetro, visto che il ricongiungimento è avvenuto appena a 500 metri dal traguardo, allorquando Felline - il più veloce tra i battistrada - capito che non c'erano più speranze, ha tentato l'azzardo di una volata anticipatissima, ma è stato ugualmente risucchiato (ha chiuso poi solo 20esimo).

Non da un gruppo compatto, perché - oltre agli staccati - si erano lasciati sfilare anche tutti gli uomini di classifica (vista la pioggia, la giuria aveva stabilito di prendere i tempi ai 3 km, neutralizzando negli ultimi 3000 metri i cronometraggi per la generale). Ciò ci ha regalato una volata fortunatamente scevra da cadute, anche se un corpo a corpo (tra Bouhanni e Modolo) c'è stato, sul rettilineo d'arrivo, e solo la cautela di Sacha (che, non volendo frantumarsi davanti a tutti i familiari presenti al traguardo, ha smesso di pedalare ai 100 metri: bene così) ha evitato il capitombolo.

Non che in questo caso l'azione del campione nazionale francese sia stata scorretta (semmai un po' involontario il modo con cui col ginocchio ha toccato il manubrio del velocista della Bardiani). Cavendish, uscito prepotentemente dalla ruota di Steegmans (e dopo un gran lavoro di Trentin, doviziosamente ringraziato da Mark dopo la tappa), ha vinto senza alcuna titubanza, tenendosi dietro il citato Bouhanni, quindi il sorprendente Luka Mezgec (colui che era caduto a Matera), e poi Giacomo Nizzolo, Lancaster, Manuel Belletti, Roberto Ferrari, Modolo, Tamouridis e Ventoso. Appena fuori dai 10, Appollonio.

La generale: Wiggins scivola dal quarto al 13esimo posto, a 5'22" da Nibali sempre in rosa. Il siciliano ha un avversario (e che avversario!) in meno a cui badare, quindi esce rafforzato da questa frazione più di quanto non dicano i distacchi - rimasti invariati - sugli immediati inseguitori: Evans è sempre secondo a 41", Urán terzo a 2'04", quindi guadagnano una posizione Gesink (2'12"), Scarponi (2'13"), Santambrogio (2'55"), Niemiec (3'35"), Intxausti (4'05"), Pozzovivo (4'17"), Majka (4'21"), Henao (5'06") e Kangert (5'08"). Un occhio di riguardo va tenuto sempre su Betancur, 14esimo a 5'26", ma - a quanto visto negli ultimi giorni - forse l'uomo più in forma, con Urán, tra gli avversari di Vincenzo.

Domani la Busseto-Cherasco, 13esima tappa, non sarà una passeggiata di salute. Intanto perché viene subito dopo un importante trasferimento (da Treviso a Parma...); poi perché è la più lunga del Giro (254 km!); quindi perché le condizioni meteo saranno ancora avverse (si attende altra pioggia. Certo, nulla in confronto alla neve che probabilmente accoglierà i corridori sabato in cima allo Jafferau). Infine perché, secondo recente tradizione, il finale non sarà piatto come la gran parte della frazione, ma presenterà diversi strappetti su cui non solo qualche cacciatore di tappe potrà giocarsi il successo, ma su cui gli uomini di classifica dovranno tenere tanto d'occhi aperti per evitare buchi e inconvenienti vari. Nel disegno di questo esigentissimo Giro, un'altra giornata da non sottovalutare.

Marco Grassi

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