L'incontro: Brava, vincente e sindacalista - Il crescente carisma di Elisa Longo Borghini, nuova rappresentante delle Élite
Versione stampabileQualcosa nel ciclismo femminile, almeno per ciò che concerne le italiane, si sta muovendo. Nulla rispetto a ciò che si dovrà fare nei prossimi anni, decenni, ma il primo passo è stato compiuto. Sabato le Élite italiane presenti a Cittiglio per correre la gara di Coppa del Mondo il giorno dopo hanno incontrato il presidente della FCI Renato Di Rocco.
L'incontro, favorito dall'Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani (ACCPI), è stato l'occasione per esporre a Di Rocco, presente agli eventi femminili (soprattutto se di mezzo c'erano delle medaglie) ma troppo spesso distante dai reali problemi di un intero gruppo che pedala per diletto (di fatto il professionismo tra le donne non esiste), cinque punti per lanciare il ciclismo femminile.
1) Incentivare gli organizzatori italiani a mettere in scena competizioni femminili in parallelo o a corollario di quelle professionistiche maschili.
2) Garantire una maggiore sicurezza in gara.
3) Assicurare un minimo salariale e una garanzia bancaria, il cui importo dovrà essere deciso in accordo con le squadre.
4) Dare ufficialmente incarico all'Assocorridori della gestione dei premi delle corse femminili, come già accade per i colleghi uomini.
5) Favorire il dialogo tra atlete e istituzioni nazionali con un incontro annuale che coinvolga il Centro Studi della FCI. Sebbene si sia solamente alle proposte questo manifesto, punto di partenza del rilancio del femminile, è davvero molto promettente.
Il primo punto lo appoggiamo e sosteniamo da tempi non sospetti (come gli altri quattro, del resto). Quando spariscono corse come il Liberazione a Crema o lo stesso Giro Donne rimane appeso ad un filo per mesi (si correrà, ma quanta fatica!), dare più visibilità al movimento femminile è fondamentale. Le ragazze non chiedono ovviamente che da subito e per ogni gara maschile venga organizzato il corrispettivo femminile (anche se per qualcuna sarebbe auspicabile), basterebbero alcuni eventi.
Quali? Criterium nelle tappe del Giro d'Italia maschile che si concludono in circuito, ad esempio: mentre il pubblico resta a bordo strada, spesso annoiato in attesa di un flash di gara e di una maglia rosa, le ragazze girerebbero sul circuito, intrattenendo così gli spettatori ed al contempo facendosi conoscere meglio.
Altra proposta è quella di "anticipare" le cronometro (non tutte, ma qualcuna, sempre per iniziare): un'ora o due prima della gara maschile si invitano le ragazze a correre sullo stesso percorso (e, diciamolo, sarebbe interessante anche per far crescere i talenti italiani contro il tempo, troppo spesso relegati al Memorial Fardelli di turno). Le strade sono già chiuse, le tv già predisposte per trasmettere in tempi ragionevoli le immagini. Si è già fatto in passato al Giro di Romandia, perché non riprendere questa bella abitudine?
A proposito di strade chiuse, il secondo punto riguarda proprio la sicurezza, da sempre cavallo di battaglia del presidente Di Rocco. Il quale, venendo a sapere che a fine 2012 alcune gare femminili italiane avevano ottenuto un punteggio molto basso per ciò che riguarda la sicurezza, non deve essere stato molto contento. La vita di una ciclista non vale meno di quella di un collega maschio, perciò le rotonde e gli ostacoli presenti devono essere ben segnalati, il traffico chiuso per più di una manciata di minuti. Così semplice da capire, così difficile da mettere in pratica.
Il terzo punto, parlando di disparità, riguarda un minimo sindacale salariale. Attualmente le ragazze, essendo affiliate a delle ASD (Associazione Sportiva Dilettanti), ricevono un rimborso spese, alcune gareggiano senza essere addirittura retribuite, altre hanno stipendi degni di un part-time. Avere una base da cui partire (si parla di rimanere sotto ai 7500 € ed è tutto ancora da definire) è fondamentale per la crescita del movimento e perché tante ragazze non mollino la loro passione (purtroppo non lo si può definire lavoro) per il solo fatto di non avere, ad esempio, una famiglia a sostenerle finanziariamente, se non un Corpo Militare.
Passando per il quarto punto, che assicura che i premi delle gare femminili verranno gestiti dall'ACCPI, come già accade per i maschi (questa è praticamente già una certezza), si arriva all'ultima proposta (ultima solo in ordine di esposizione), ossia quella che punta a favorire il dialogo tra atlete e istituzioni nazionali con un incontro annuale che coinvolga il Centro Studi della FCI. Come? Rapportandosi, appunto, con il Centro Studi della FCI (a tal proposito, una figura come Daniela Isetti non potrebbe venire maggiormente incontro alle richieste delle ragazze?), favorendo corsi di formazione da tenere in occasione di grandi eventi come il Giro Donne, cosa che già avviene durante altre gare (ad esempio i dilettanti si riuniscono al Giro delle Pesche Nettarine o al GiroBio e fanno il punto della situazione).
Obiettivo degli incontri formativi sarà, appunto, formare le atlete, in particolare le più giovani. Di Rocco si è dimostrato disponibile anche a coprire le spese degli esami del sangue disposti dalla FCI e a cui le atlete sono sottoposte quattro volte all'anno. Tutto a loro spese, naturalmente, almeno fino ad oggi. La richiesta a cui il presidente FCI verrà incontro (o almeno questo è l'auspicio delle ragazze) è di coprire in parte o del tutto le spese, attualmente un di più sia per coloro che percepiscono uno stipendio più che buono, sia per coloro che corrono senza essere retribuite (o con soli rimborsi per gli spostamenti).
Tutte proposte interessanti e decisive, quelle esposte al presidente della Federazione, ma che dovranno essere ridiscusse tra qualche mese, perfezionate ancor più avanti (ad esclusione della gestione dei premi, che verrà affidata all'ACCPI). Perché «non si può pensare di riunirci oggi e risolvere tutti i problemi all'indomani», parola della nuova rappresentante delle ragazze in ACCPI, Elisa Longo Borghini. Alla tenerissima età di 21 anni, succede alla veterana Noemi Cantele.
Ragazza fortissima sul campo (tant'è che a Cittiglio, all'indomani dell'incontro con Di Rocco, ha vinto la sua prima gara di Coppa del Mondo), altrettanto intelligente e soprattutto decisa a portare avanti la battaglia che punta a fare del ciclismo femminile un movimento pari (o quasi) a quello maschile, almeno nei diritti. Ha un fratello ciclista nella Cannondale, Paolo, una madre, Guidina Dal Sasso, che è stata campionessa di sci di fondo, la consapevolezza di come siano dispari due mondi sportivi, maschile e femminile, e tanta voglia di cambiare le cose.
Non ha mai esitato a dire le cose in faccia, sia che si trattasse di questioni della Nazionale («Adesso, con una medaglia di bronzo al collo, posso dire che mi meritavo le Olimpiadi», disse ai microfoni RAI, non appena scese dal podio Mondiale di Valkenburg), sia che fossero altri problemi che ledevano, in qualche modo, il suo sport.
«Un buon silenzio non fu mai scritto. Lascia che vengano scritti articoli senza un filo logico da catamarani in menopausa», ad esempio, è un tweet dedicato a Tina Ruggeri, che a metà marzo attribuiva la colpa di un GiroBio in difficoltà alla Federazione che si concentrava solo sull'imbastimento del Giro Donne (organizzarli insieme, come saggiamente ha suggerito in séguito la presidentessa di Giordana, Alessia Piccolo, è troppo?).
Un tweet, quello di Elisa, sicuramente sbagliato nella forma (anche se "catamarano in menopausa" è quasi arte), ma che rende l'idea di quanto l'ornavassese sia determinata nella difesa del ciclismo femminile, un vero mondo, non solo una «cinquantina di ragazzotte che pedalano sulle strade di casa nostra o in giro per il mondo» (questo le ragazze secondo la firma di Ciclismoweb.net, da poco promossa al settore per la riorganizzazione della comunicazione in FCI).
Un'espressione, quella della Longo Borghini, frutto dell'offesa ricevuta sia come donna e soprattutto per aver visto violata la democrazia dello sport, le pari opportunità. Insomma, Elisa Longo Borghini è una sportiva che sa quello che vuole, ciò a cui ha ed hanno diritto lei ed il gruppo intero. È la ragazza giusta per far rinascere il ciclismo femminile italiano, con un piglio più battagliero di chi l'ha preceduta (e parliamo delle rappresentanti più illustri, ovvero Noemi Cantele, Tatiana Guderzo e Giorga Bronzini).
C'è poco da fare, è una con le palle, Elisa, e non si farà pregare, in futuro, se dovrà dire le cose a muso duro anche a dirigenti della Federazione. Per adesso, dopo una riunione che tra qualche mese potrebbe diventare decisiva, se non storica, si accontenta di vincere, tanto e bene, e di «iniziare a migliorare nei discorsi in pubblico».