Federciclismo: Di Rocco atto terzo, quali aspettative? - Fondamentale che cambino le regole di voto
Versione stampabileA una settimana dall'assemblea elettiva di Levico Terme, si può tornare, a mente fredda, su quanto accaduto nell'appuntamento federale che, in Trentino, ha sancito la conferma di Renato Di Rocco per un terzo mandato alla guida della FCI.
La vittoria di Di Rocco, schiacciante come tutti sanno, ha spazzato via per il momento ogni ipotesi di opposizione in seno alla Federciclismo: se non per timore di mettersi contro una simile "macchina da guerra", quantomeno per realismo (alle attuali condizioni, andare contro il presidente in carica equivale più o meno a schiantarsi contro un muro), il riflusso di cui scrivevamo 7 giorni fa è un dato da tenere seriamente in conto.
Se parlassimo di una società quotata in borsa, ci potremmo chiedere come i mercati avrebbero reagito alla rielezione dell'abruzzese. Pensando al concetto di stabilità (inevitabile quando un dirigente viene confermato con tanto margine), possiamo ipotizzare una risposta positiva; ma se spostiamo il focus sugli obiettivi da raggiungere per il ciclismo italiano, le gravi carenze dimostrate soprattutto nell'ultimo quadriennio non autorizzerebbero troppo ottimismo: la rinascita di un movimento in crisi come il nostro può passare dalle stesse persone e dalle stesse metodiche e dinamiche che ne hanno accompagnato il rapido declino sperimentato da qualche anno in qua? Ovviamente no.
Di contro, Di Rocco può rispondere (e l'ha fatto) che il bilancio federale risanato (cosa che non era fino a poco tempo fa) potrà permettere maggiori e migliori investimenti a beneficio di tutti. Ma siamo sempre nel campo delle promesse, e quelle del presidente FCI vanno prese con le molle, visto il sensibile calo di credibilità da lui patito negli ultimi mesi. Non ci fa certo perdere la memoria il fatto che abbia ottenuto la strategica fiducia dei delegati di Levico Terme (mentre la base, da casa e sui social network, lanciava lamenti di disperazione: si può quasi dire che quelli che, nel ciclismo italiano, festeggiavano un nuovo quadriennio dirocchiano, fossero tutti in quella sala trentina): Di Rocco è pur sempre il presidente che ancora pochi giorni fa dichiarava (su Bianco, ad esempio) cose che poi sarebbero state malamente smentite (ci riferiamo alla storia dell'assessore pugliese); ed è colui il quale, nell'intervista rilasciata a questo sito, ha espresso tutta una serie di considerazioni sulla vicenda Martinello, considerazioni che sono state a loro volta smentite in maniera argomentata dallo stesso Martinello sul nostro forum (qui l'intervento del padovano).
Di conseguenza, come non porsi delle domande sulle intenzioni di Di Rocco per il quadriennio olimpico che culminerà con i Giochi di Rio 2016? I primi atti del nuovo mandato (l'annullamento della retroattività della norma sugli ex squalificati per doping in maglia azzurra; la disponibilità ad aprire un tavolo di confronto con le atlete per migliorare la situazione del ciclismo femminile) farebbero ben sperare, ma l'esperienza ci rende molto diffidenti. Giudicheremo comunque strada facendo, basandoci come sempre sui dati di fatto.
Sicuramente - e l'abbiamo già scritto - siamo abbastanza disillusi sull'ipotesi che possano cambiare le regole del gioco, nel senso elettorale del termine. Eleggere, su base locale, un'aristocrazia che poi andrà a votare per i quadri dirigenti della FCI, non è più un sistema adeguato ai tempi. Nato per rispondere all'impossibilità di riunire in assemblea i rappresentanti di migliaia di società, il giochino si è rivelato strada facendo un formidabile strumento di controllo sulle 200-300 persone che determinano il risultato elettorale (in questo caso probabilmente distante da quel che sarebbe stato se tutte le società avessero partecipato direttamente all'elezione). Candidati avversari di Di Rocco hanno parlato chiaramente di "mercato delle vacche", in quel di Levico, e si dice che tale mercato si sia protratto addirittura fino all'imminenza del voto.
I "tradimenti" rilevati soprattutto nel campo di D'Alto e di Marchegiano non sono del resto un'invenzione pubblicitaria, ma poggiano su certezze dirette dei due candidati, che avevano ricevuto la promessa del voto da molti delegati, ma si sono poi ritrovati con decine di preferenze in meno rispetto ai calcoli della vigilia.
Due dovranno essere i cardini su cui immaginare un nuovo sistema elettivo: il voto palese, che eviterebbe giochetti squallidi; e lo studio di strumenti web per permettere a tutte le società di esprimere la propria preferenza. Qualcuno storce il naso di fronte a quest'ultima istanza, ma il "voto da lontano" non è così impossibile come qualcuno lo dipinge, e già in vari settori si sono trovate ottime soluzioni per conoscere precisamente uno specifico parere di utenti a distanza. In altri due anni, poi (il tempo che ci separa dall'assemblea di metà mandato, nella quale potrebbe essere ipotizzabile un rinnovamento dello Statuto Federale), i nuovi progressi nel campo di internet potranno permettere di avere in mano effettivamente una piattaforma valida su cui implementare tale progetto.
L'importante è che ci sia la volontà di muoversi in tal senso, ma questa volontà c'è? Il dubbio è più che lecito, inevitabile. Staremo a vedere.
Intanto possiamo segnalare, in tema di volontà, quella di Rocco Marchegiano di dare un seguito al suo impegno ciclopolitico, sull'onda del buon seguito che ha ricevuto la sua candidatura, al di là dei 40 voti ottenuti a Levico. Il presidente del CR piemontese si è rivolto direttamente alla base, in un comunicato diffuso a metà settimana, rivendicando la giustezza della scelta di correre per la presidenza FCI, e ricordando alcuni risultati comunque portati a casa: «È un dato di fatto che già dal Consiglio Federale del mese di dicembre e con molta fretta, siano stati adottati provvedimenti espressi con largo anticipo nel mio programma: cartelle mediche nella categoria juniores, provvedimenti sull'attività dei Giovanissimi, delega ai Comitati Regionali per l'organizzazione delle manifestazioni». E non vanno sottovalutati, continua Marchegiano, «tutti gli impegni assunti dal Presidente immediatamente dopo l'elezione. Primo fra tutti, quello di partecipazione più attiva dei CR all'attività del Consiglio Federale».
Ecco, quest'ultimo concetto è molto importante: in presenza di un Consiglio che sarà - come il precedente - molto appiattito su Di Rocco, toccherà ai presidenti di qualche CR il compito di portare avanti alcune battaglie, prima tra tutte quella, appunto, sulle nuove regole del voto. Avevamo scritto che Marchegiano sarebbe tornato (almeno temporaneamente) al suo "orticello"; lui fa invece capire di essere pronto a continuare a recitare un ruolo attivo, con gli strumenti a disposizione, anche prima delle prossime assemblee federali. Bene così, c'è più che mai bisogno di un controcanto ai cori di giubilo che giungono dall'ambiente di Di Rocco.