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Tour de France 2012: LL Sánchez, l'unico a poter sorridere - Brutta tappa a Foix, tra attendismo e forature

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Luis León Sánchez a Foix, dove ha ottenuto il quarto successo di tappa in carriera al Tour © BettiniphotoDoveva essere la tappa delle imboscate, è stata la tappa degli imboscati. Sì, insomma, di quelli che - nel gergo del periodo di guerra - si nascondevano per non andare al fronte. Nulla da eccepire sulla splendida vittoria, di forza, di tenacia, di astuzia, di esperienza, che Luis León Sánchez ha ottenuto a Foix, dopo oltre 150 km di fuga (lo spagnolo, al quarto successo di tappa in carriera alla Boucle, e reduce da un infortunio al polso, ha in parte salvato il disastroso Tour della Rabobank). Né sulla volontà di attaccare di Sagan, Gilbert, Casar, Izagirre, ovvero dei 4 che Sánchez ha beffato partendo secco a quasi 12 km dal traguardo (proprio mentre Sagan, sbocconcellando degli zuccheri, non avrebbe potuto rispondere); né sull'impegno di Minard, Vorganov, Kruijswijk, Paulinho, Martin Velits e Gautier, gli altri fuggitivi della prima ora staccati sul Mur de Péguère dai 5 che poi sono andati a giocarsi la tappa.

Molto, moltissimo da eccepire sul resto. Sul percorso: tappa disegnata male, si sapeva; d'altro canto si sperava che la necessità (prima ancora che la fantasia) di attaccare da parte dei corridori in ritardo rispetto alla maglia gialla Wiggins, producesse un finale se non scoppiettante, quantomeno interessante. Ma, al netto di tale speranza (destinata a restare frustrata), quel giro di 13 km di pianura intorno a Foix, prima del traguardo, continua ad urlare vendetta.

Da eccepire sulla mancanza di gambe e di coraggio da parte di chi doveva impensierire gli Sky. Già quando la fuga ha preso proporzioni bibliche, con un quarto d'ora di vantaggio sul gruppo ancora dopo il Port de Lers, si era capito che la tappa sarebbe scorsa via senza dire nulla di rilevante. Bernhard Eisel ha tirato per un centinaio di chilometri, ma quando poi addirittura Cavendish si è messo a fare il ritmo in salita, pur apprezzando l'abnegazione e lo spirito di squadra esibiti dall'iridato, era difficile non sentirsi come di fronte ad una farsa: non doveva essere una tappa semipirenaica, la quattordicesima?

La situazione non è cambiata sul Mur de Péguère, laddove Evans ha azzardato un allungo in avvio di salita, ma nessuno (nemmeno lui stesso) ha dato seguito all'azione, sicché si è arrivati in cima con gli uomini di classifica tutti insieme, dietro a Porte (e sì che le pendenze erano veramente toste). Il peggio, in ogni caso, doveva ancora venire: proprio al Gpm Evans è sceso dalla bici cercando una ruota di ricambio dopo aver forato la sua posteriore. Van Garderen, che aveva il compito di stare vicino al suo capitano, era transitato ed era già in discesa. Le ammiraglie non c'erano (erano tutte rimaste dietro, sulla stretta strada che portava in cima), e non c'era nemmeno il mezzo del cambio ruote.

Il vincitore del Tour 2012 ha così aspettato invano lunghi secondi e poi minuti, nell'attesa che un compagno di squadra passasse da lì e gli cedesse la ruota: dopo oltre 2', ecco Cummings, che è stato fermato, o meglio s'è fermato da sé: e sì, perché anche lui aveva forato la posteriore. Altro tempo, ed è arrivato infine Moinard (con Hincapie), sicché Evans ha potuto avere la ruota mancante e si è rimesso in sella, a inseguire.

A questo punto il gruppo di Wiggins, che dopo poche centinaia di metri di discesa era già in rallentamento, si è quasi del tutto fermato, andando pianissimo per favorire il rientro di Cadel. Atto di sportività o di realpolitik, quello orchestrato dagli Sky (meglio neutralizzare con una buona scusa una discesa insidiosa...)?

Fatto sta che l'unico a contravvenire a una decisione da subito condivisa da tutti (a partire da Nibali e Van den Broeck, che più di altri potevano avere interesse ad attaccare) è stato Rolland, che è scattato beccandosi nell'ordine: gli improperi dei colleghi; quindi un inseguimento pancia a terra (aveva guadagnato quasi 2'!) di Liquigas e Lotto una volta che Evans (dopo altre due forature) è rientrato; infine l'annullamento della sua azione, a 900 metri dal traguardo.

Rolland, candido come un bimbo, ha dichiarato poi di non sapere che c'era stata quella decisione, in seno al gruppo, di neutralizzare la corsa. Una decisione che era stata confermata, dopo le prime tirate di freni per aspettare Evans, dall'abnorme numero di forature che si sono susseguite tra gli ultimi metri di salita e diversi chilometri di discesa.

Un problema anche di sicurezza (Kiserlovski è caduto e si è ritirato per una frattura alla clavicola), con una scelta conseguente (o precedente???) che ha condotto a un finale intorpidito. La delusione degli appassionati per il mancato spettacolo, oltre che tangibile, è del tutto legittima, perché Port de Lers e Mur de Péguère, con le relative discese, in un giorno di pioggia lassù sulle vette, meritavano che qualcuno inventasse una bella azione, indipendentemente dal problema delle forature, manifestatosi quando di spazio per attaccare non ce n'era quasi più.

Il Tour è stato forse sabotato da qualcuno che ha sparso chiodi da tappezzeria su un lungo tratto di strada e presumibilmente dopo il passaggio dei fuggitivi (che infatti non hanno forato), come dire che la bravata l'avrà fatta qualcuno interno alla carovana della Grande Boucle, da un mezzo in movimento (la dinamica delle cose dice ciò). Non lo sappiamo e non lo sapremo mai (si veda in merito quanto, quando e come abbiamo saputo l'identità della persona che, alla guida di una vettura dell'organizzazione, l'anno scorso investì Hoogerland e Flecha).

Di sicuro sappiamo da chi altri è stato sabotato il Tour: dal disegnatore della tappa, con quel finale castrante dopo il Péguère; e dai corridori di classifica (Sky esclusi), incapaci di mettere sul tavolo la trovata geniale (o quantomeno una trovata intrigante). Spiace dirlo, ma stavolta anche Nibali deve accettare una sonora bocciatura.

Marco Grassi

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