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Caso Federciclismo: «Cricca? No, solo passione» - Il procuratore federale Santilli respinge tutti gli addebiti

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Il percorso della Gran Fondo di Roma © GranFondoRoma.it

«Una serie di accuse raffazzonate, false, riguardo alle quali io so benissimo che le cose stanno diversamente da come le avete esposte». Gianluca Santilli non ci sta a passare per l'eminenza grigia di affari poco chiari e movimenti poco limpidi che stanno dietro al ciclismo dell'epoca dirocchiana. Quelli di cui abbiamo parlato qui qualche giorno fa, per intenderci. Ci ha garbatamente chiesto una replica e noi volentieri gliela concediamo, in un percorso di conoscenza che è quello che ci interessa più di ogni cosa. Un fiume in piena, il procuratore federale della FCI, che, parole sue, non si occupa di ciclismo «ma di tutt'altro».

Di cosa si occupa?
«Faccio l'avvocato, e sono un grande appassionato di ciclismo amatoriale, partecipo a delle Gran Fondo come ho sempre fatto, e promuovo iniziative di solidarietà e sensibilizzazione a una maggiore attenzione per la salute. In seguito ai vari apprezzamenti che ho ricevuto nel corso di queste attività, mi è stato chiesto di fare il procuratore federale e ho accettato per pura passione, senza prendere un euro».

Quindi par di capire che in realtà si occupa abbastanza, di ciclismo.
«Per pura passione, ripeto, e in maniera appropriata su temi come il doping, svolgendo un ruolo per il quale ho ricevuto tanti apprezzamenti nel tempo. Proprio ieri sono stato ad un convegno sulla tutela della salute, ed è universale il riconoscimento che si dà alla FCI per il lavoro svolto in questo settore. Il ciclismo è stato una cavia, un apripista di un discorso che ha portato a cose concrete, e non si può negare che grazie ai nostri sforzi c'è meno doping nel nostro sport, anche a livello amatoriale, grazie ai controlli che abbiamo iniziato a fare nelle Gran Fondo. Abbiamo operato in maniera innovativa, anche sui giovani, cito ad esempio il caso Vangi: per la prima volta è stata deferita una società giovanile per doping di squadra, ed è stata emessa una sanzione per medicalizzazione non richiesta sui giovani atleti».

In quella vicenda ci si è dimenticati di deferire il presidente della società, però. Forse perché amico di Di Rocco?
«Io avanzai la richiesta di deferimento della società, che automaticamente implicava il deferimento del presidente, poi non si è ritenuto di procedere nei suoi confronti perché la sua posizione venne esaminata successivamente e si ritenne che lui non avesse avuto un ruolo nella vicenda».

È difficile pensare che il presidente della società non sapesse nulla di quello che si faceva nella sua squadra.
«Ripeto, in quella vicenda si partì da Bani, attraverso le indagini del procuratore antidoping de CONI, quindi quando è emersa la responsabilità della squadra sono intervenuto io come procuratore federale, andando a colpire dirigenti e dottore del team. Il deferimento del presidente non venne accolto perché intervenne in un secondo momento».

Veniamo però ai motivi di questa conversazione. Da dove partiamo? Bicitaly?
«Avete scritto un sacco di fesserie, cose che non stanno né in cielo né in terra. Dov'è la rilevanza di un gruppo di persone che condividono una passione, quella per la bicicletta? Ma lo sapete quanti chilometri facciamo ogni settimana?».

Anche il presidente Di Rocco è iscritto a questa società, insieme a nomi di spicco del mondo degli affari...
«E quindi? È un reato? In Bicitaly ci sono operai, sindacalisti, personaggi di ogni estrazione, e lo scopo di quella società è di creare una serie di eventi finalizzati al tema della tutela della salute».

Non è strano che molti di questi nomi ricorrano in diverse attività focalizzate sul ciclismo dietro alle quali si intravedono dei business da soppesare con attenzione? Bicitaly, Five Stars League... Qualcosa si muove ed è impossibile non porsi delle domande.
«Quali sarebbero questi business?».

Ce lo dica lei.
«No, ditemelo voi, siete voi che avete scritto certe cose, imbeccati chissà da chi, e dovete dimostrarle».

Le abbiamo scritte senza essere imbeccati, e ce ne prendiamo la responsabilità.
«E certo, siete obbligati a farlo».

Non c'è un business nell'estensione dell'antidoping al vastissimo mondo amatoriale, per esempio? Parliamo di decine di migliaia di praticanti.
«Ma quando mai! Li avete visti i protocolli antidoping della Five Stars League? Gli amatori esaminati saranno 100 per ognuna delle 5 gare, in totale 500. E i dati saranno gestiti dal Ministero della Salute, coperti da privacy».

Non ci sarà una mappatura, una raccolta di dati medici?
«No, il protocollo è molto rigoroso, e i dati resteranno di proprietà dei medici della commissione di vigilanza sul doping, ma senza alcuna valenza economica: ripeto, parliamo dei dati ematici di 500 amatori».

Sarà il San Raffaele a occuparsi di questo ambito?
«Ma scherziamo? L'antidoping si attiva su input della WADA ed è gestito dal CONI, che ha incaricato il solo laboratorio dell'Acqua Acetosa di fare tutti i controlli. Dov'è il business?».

Saranno mica gratuiti i test antidoping di cui parliamo?
«Ovviamente no, ma sono gestiti dal Ministero della Salute, non dal San Raffaele, ripeto: dov'è il business?».

Ma che cosa c'entra il San Raffaele col ciclismo?
«Il San Raffaele è un istituto di ricerca di altissimo livello, che interagisce col mondo dello sport. Tempo fa ci fu proposto da quella struttura di testare dei Micro Holter per monitorare l'andamento del cuore sotto sforzo, accettammo e una decina di noi di Bicitaly li provammo, prima che venissero messi in commercio per prevenire patologie frequenti nei praticanti di questo sport. Al che l'ingegner Sanna, tecnico di valore internazionale (è relatore al MIT di Boston), bioingegnere, propose di realizzare un portale che accogliesse tutto questo fronte di ricerca e servizi, compresa una correlazione tra percorsi e macchinari, e un collegamento a logiche turistiche».

Converrà che qui un business si intravede; o facevate tutto per spirito filantropico?
«Più che filantropico, direi del tutto gratuito. Siccome i tecnici erano loro, e il portale lo realizzarono loro (mi riferisco a Vainbici.it, a cui poi facemmo afferire il portale della Five Stars League), ecco spiegato il perché i vari domini sono intestati al San Raffaele o allo stesso Sanna. In ogni caso è un discorso che non è più nemmeno attuale, visto che quel portale è praticamente morto, non ci lavora nessuno».

Quindi possiamo stare tranquilli, e il gruppo di potere all'interno di Bicitaly è solo mosso da limpida passione e non da altri intenti.
«Se parlate di cricca, di gruppo di potere, non posso proprio seguirvi. Di quale gruppo di potere parlate? Come vi permettete di attribuire tale termine assolutamente negativo (e che sarà oggetto di eventuali azioni da parte mia), quale gruppo di potere? Quand'anche ci fosse, può comunque essere utilizzato per finalità positive. Bicitaly ha al suo interno esponenti di varia provenienza... non so a chi facciate riferimento quando parlate di Guardia di Finanza, ma ad esempio abbiamo all'interno della società degli affiliati che vengono dalla televisione... tra l'altro non vedo questa "romanità" della società, che è a maggioranza d'estrazione milanese, con un presidente come Mario Resca. Comunque, dicevo, le finalità sono chiare. Ad esempio un'idea come la Gran Fondo di Roma, che si svolgerà il 14 ottobre e che si presta ad essere veicolo di sensibilizzazione su molti temi, dalle piste ciclabili alla solidarietà (che viene fatta divertendosi, e che porta ad esempio alla creazione di un centro di eccellenza per gli interventi maxillo-facciali sui bambini a Roma). Abbiamo sposato la causa di Salvaiciclisti; e infine vorremmo recuperare una corsa prestigiosa come il Giro del Lazio: una nuova frontiera, coi top runner che potranno correre con gli amatori, magari partendo prima».

Nuova frontiera, dice bene: il ciclismo professionistico va giù, e questa pare davvero una declinazione che potrà prendere piede: non è importante, a livello economico, avere la gestione di questo aspetto?
«Noi dobbiamo prendere atto che c'è una crescita del ciclismo amatoriale, ma sui numeri e non tanto sulla qualità. Per dire, a volte nelle Gran Fondo manca pure l'acqua nei punti di ristoro. Le gare della Five Stars League sono un mondo, tutto il resto è mediocre...».

Beh, ci saranno anche altre Gran Fondo organizzate bene!
«Tanti organizzatori non sono attenti al tema della sicurezza. Bisognerebbe fare un regolamento unico a livello di tutti gli enti di promozione sportiva afferenti alla Consulta, di modo che organizzatori e amatori facessero riferimento a un'unica normativa».

Resta il fatto che chi gestisce il nuovo ciclismo amatoriale+professionistico insieme, si ritrova tra le mani un gran bell'affare.
«Informiamoci prima di parlare! Ma crediamo che la Gran Fondo di Roma sia un business da milioni di euro? Magari fosse così! Il pettorale (comprensivo di pacco gara) costerà 45 euro, ipotizziamo 10mila iscritti, andiamo a 45mila euro. Gli sponsor? L'Enel, che è l'investitore principale nella Maratona dles Dolomites, versa 50-60mila euro di contributo: sono questi i numeri del grande business?».

Per ora sono 5 Gran Fondo, in futuro il campo potrà allargarsi, c'è il discorso del ciclismo professionistico... come diceva Totò, è la somma che fa il totale.
«Io vi dico che per esempio Pinarello ci rimette per fare la sua Gran Fondo, va avanti solo perché c'è il suo nome. Brocci s'è venduto due case per fare il GiroBio!».

Non dubitiamo che il GiroBio possa essere una manifestazione in perdita.
«Ma anche per l'Eroica! Quello che muove tutte queste persone è la passione. Ho visto un personaggio del calibro di Campagnolo emozionarsi al progetto della Gran Fondo di Roma, e questa per me è una grande vittoria. Invece siamo investiti da una serie di retropensieri, di distorsioni del nostro operato... Parliamone! Se ci sono problemi in quello che facciamo, sono il primo a volerne discutere. C'è qualcosa che non va in quello che fa Di Rocco? Sono il primo a dirglielo! Non va Di Rocco in sé? Presto ci saranno le elezioni...».

In pratica lo sta scaricando?
«Ma no, Renato Di Rocco è un personaggio scomodo, e vi garantisco che non vuole circondarsi di yes-man, se fosse stata questa la sua intenzione non avrebbe certo proposto a me di fare il procuratore federale nella sua FCI, perché io non sono in vendita. Né, ripeto, faccio parte di alcuna cricca: mi ha dato un enorme fastidio leggere quel termine».

Ma guardi che non siamo in Svezia dove certe cose non succedono. Sono successe, ci sono personaggi di Bicitaly che hanno un processo in corso per abusi edilizi in seguito ai lavori fatti in occasione dei Mondiali di nuoto a Roma nel 2009, come si fa a non porsi delle domande, a non stare sul chi va là?
«Vorrei che tornassimo coi piedi per terra, e che dessimo alle persone un ruolo per quello che fanno e non per quello che viene detto».

Scusi, ma le pare sensato che per un Giovanni Malagò, socio di Bicitaly con un procedimento in corso, si prefiguri un ruolo al CONI?
«Conosco Malagò perché sono socio del Circolo Canottieri Aniene e lui ne è il presidente, e vi posso dire che lui semmai è un personaggio che i poteri forti hanno tenuto lontano da determinati ambiti. Lo conosco anche bene, ma non so se avrà incarichi al CONI, però mi piacerebbe che così fosse!».

Ma è sotto processo!
«Aspettiamo la sentenza prima di dire che una persona non può ricoprire un incarico solo perché indagato».

Non è indagato, è rinviato a giudizio in un processo in corso.
«Faccio un esempio: una volta è stato rinviato a giudizio un amatore che aveva vinto la Maratona dles Dolomites, per aver dato il pettorale a un amico che ci ha fatto la Sportful... si capisce la gravità della cosa. Ebbene, chiesi un anno per questa persona, in primo grado tale richiesta fu accolta, in secondo grado venne ridotta a un mese. Per questo dico: aspettiamo prima di considerare condannata una persona indagata».

Ripetiamo che Malagò è rinviato a giudizio, non semplicemente indagato!
«Da quel poco che so della vicenda, il problema nasce dal fatto che la realizzazione delle opere all'esame degli inquirenti (l'Aquaniene in questo caso), venne dato in gestione nel pacchetto Grandi Opere in capo ad un commissario ad acta che aveva pieni poteri, e a lui si fece riferimento nell'aumento delle cubature di tali strutture e impianti. Ricordo tra l'altro che l'Aquaniene è un bellissimo centro, frequentato da molti romani...».

Non è che una cosa perché è bella può essere fatta a dispetto delle regole.
«D'accordo, però ripeto che quella struttura venne realizzata in ossequio alle regole del momento, ovvero ai pieni poteri dati al commissario per le Grandi Opere. Poi in seguito si è detto che quel soggetto non aveva in realtà i pieni poteri, ma allora, qual è la responsabilità di Malagò in tutto ciò? Mi pare il classico polverone sollevato per far notizia, e sono certo che tutto si risolverà in un nulla di fatto».

Non le abbiamo ancora chiesto del suo ruolo di affiliato ad una società sportiva e di procuratore federale. Non è in conflitto d'interessi?
«Mi sorprende che prendiate una topica del genere. Per caso non posso andare in bicicletta perché sono procuratore federale? I procuratori della Repubblica vivono sotto una campana di vetro perché qualsiasi cosa facciano potrebbero essere indagati? No, perché in caso di reato saranno indagati dai loro colleghi. Il regolamento della FCI prevede che posso far parte di un'associazione sportiva ma senza ricoprire incarichi dirigenziali in essa. In caso di mie manchevolezze, ci sarebbero i sostituti procuratori, miei collaboratori, che mi potrebbero giudicare, non è che per questo motivo non posso fare le Gran Fondo. Guardate che rispetto e sono molto attento ai conflitti d'interesse, non ho mai preso neanche una bandana in regalo ovunque io sia andato. E come dicevo prima, a riprova del mio essere super partes, c'è la squalifica di un anno che chiesi per l'atleta venuto fuori dalla Maratona dles Dolomites. E il ruolo che ricopro alla guida del consorzio Five Stars League è assolutamente di garanzia».

Marco Grassi

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