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L'intervista: «Sabato a podio ci vedo Silvestri» - Elia e le ambizioni iridate alla vigilia del Mondiale

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Il Campione d'Italia Elia Silvestri impegnato nell'ultima prova di Coppa del Mondo a Hoogerheide © Florent Bouchat

Laddove il Lago di Como, su su verso nord, lascia spazio alla Valtellina, si trova Talamona. Bisogna andare all'inizio di questa valle lombarda per trovare il Campione Italiano di Ciclocross, Elia Silvestri. Sabato in Belgio correrà i Mondiali nella categoria Under 23 e proprio da Under ha strapazzato tre settimane fa un élite, Marco Aurelio Fontana. Sul circuito di Vadena, nei pressi di Bolzano, Silvestri, giovane scaltro (è un classe '90), avrebbe dovuto assistere alla sfida tra il compagno di team Enrico Franzoi ed appunto Marco Aurelio Fontana. Con il primo appiedato dopo una caduta s'è ritrovato in testa alla corsa ed alla fine di un lungo ed appassionante duello l'ha avuta vinta. Ed anche ai Mondiali di Koksijde venderà cara la pelle.

Riviviamo questa fresca vittoria agli italiani.
«Sono sempre stato nel primo gruppo, con Fontana, Franzoi e Bianco. Quando ho visto che Enrico era caduto mi sono messo in testa ed ho cercato di rallentare il ritmo. Volevo capire se sarebbe riuscito a rientrare ma dopo ho visto che correva a piedi verso il box, allora mi è stato chiaro che sarebbe rimasto tagliato fuori dalla vittoria».

E da lì?
«Ho spinto a tutta, mi sentivo forte e su un tracciato veloce, tecnico, con due o tre curve che avevano quella "fanghina" che si trova anche nelle gare di MTB, mi sono davvero divertito. A volte mi staccavo, magari perché commettevo degli errori nelle curve, e allora Fontana passava davanti, ma alla fine s'è visto chi ne aveva di più. Per l'UCI il Campione d'Italia sono io in quanto la gara era open, non suddivisa per categorie, e l'ho vinta».

E ti ripeti il sabato successivo al Trofeo Guerciotti.
«Volevo far bene per lo sponsor e per onorare la maglia tricolore, far vedere che non l'avevo conquistata per caso o per un colpo di fortuna. Io ed Enrico (Franzoi, ndr) siamo andati via quasi subito e quando abbiamo visto che il margine sugli altri era sufficiente perché non rientrassero ce le siamo suonate. Alla fine ho prevalso».

Com'è il rapporto tra te ed Enrico?
«Siamo molto solidali l'uno verso l'altro, come del resto devono essere due compagni di squadra. Ci sono otto anni di differenza tra me e lui, nel ciclismo non sono pochi. Però nel ciclocross ci si aiuta molto l'un l'altro, un po' come nella MTB».

Ti ha svelato qualche segreto del mestiere?
«Sì, può capitare che mi dia qualche ragguaglio su come affrontare alcuni punti di un tracciato oppure, se vede che c'è una curva insidiosa, mi suggerisce come prenderla. Tra noi c'è molta onestà e, senza compromettere il risultato della squadra, che dev'essere sempre il migliore possibile, spesso e volentieri diamo vita ad una battaglia onesta. Insomma, nulla è mai deciso in partenza».

Il tricolore ti rinfranca di alcune esperienze sfortunate, a partire dagli Europei di Francoforte 2010.
«Sicuramente. Quella volta sono stato beffato da Van der Haar, che però nel resto della stagione s'è confermato un gran campione. Grande gara, all'ultimo ostacolo ho guadagnato cinque metri sull'olandese. Purtroppo sono finito lungo all'ultima curva e lui ha recuperato e mi ha passato. Ce la siamo giocata allo sprint e quell'argento, anche se è stato un risultato importante, mi ha lasciato l'amaro in bocca».

Quest'anno a Lucca volevi far bene, invece?
«Squalificato. Alla partenza guardavo l'organizzatore che aveva la pistola in mano, ha premuto il grilletto ma il colpo dev'essere andato a vuoto. Fissando il grilletto sono scattato, d'istinto. Falsa partenza ed infine squalifica. Un vero peccato. Ci si allena duro a lungo per un obiettivo come gli Europei che non si corrono ogni domenica ed in pochi minuti tanta fatica è vanificata. Inoltre si correva in Italia e volevo cogliere un risultato davvero buono».

Come hai iniziato a gareggiare?
«Avevo quattro o cinque anni e gli sci ai piedi. Discesa, sci alpino. Usavo la MTB solo per tenermi in forma e siccome me la cavavo benino ho corso qualche gara, tra G2 ed Esordienti. Più avanti ho lasciato lo sci, sono entrato alla Bianchi, c'era anche Absalon. Era il 2006, a Lecce vinsi il tricolore allievi nel Ciclocross e sempre quell'anno vinsi anche gli italiani di MTB. Ora vado a sciare ma solo per divertirmi, senza prendere troppi rischi. Un infortunio è sempre dietro l'angolo».

Corri nel ciclocross, in MTB ed anche su strada.
«Sì, anche quest'anno per la strada correrò con il Team Brilla. L'anno scorso ero compagno di Matteo Trentin, con cui ho disputato anche qualche gara nel cross. Finora i risultati su strada non sono stati eccellenti, spero di migliorare in futuro. Amo i percorsi vallonati, con una salitella che faccia la scrematura del gruppo. Ed essendo veloce, nelle volate ristrette avrei maggiori possibilità di vittoria. Ma più di tutto mi piace andare all'attacco».

Insomma, non riposi mai.
«Praticamente no, ma la vita del ciclista è fatta di sacrifici e lo so bene. Quindi, mentre molti miei colleghi vanno in ferie a novembre, io in quel mese corro nel cross. Solitamente stacco a luglio ed agosto, magari cercando di riposare due settimane in un mese e due nell'altro, per non restare fermo troppo a lungo. Adesso staccherò a febbraio, passati i Mondiali, dopo di che tornerò in sella per la stagione su strada».

Hai detto la parola magica: Mondiali. Cosa ti aspetti dalla gara di domenica?
«Chiaramente spero di ottenere il miglior risultato possibile. Nelle prove iridate ho fatto quarto da Junior, ottavo a Tabor - ero Under 23 second'anno - dopo la squalifica dei fratelli Szczepaniak, oro ed argento. A pensarci oggi avrei potuto dare di più in quella gara ed avvicinarmi al podio. Infine nel 2011, a St. Wendel, stavo benissimo ma la sera prima della gara febbre e vomito mi hanno debilitato parecchio. Ecco, spero che quest'anno tutto vada per il verso giusto, voglio arrivare più avanti possibile».

Sei reduce da una settimana di allenamenti mirati, solo sulla sabbia.
«Siamo stati in Puglia con il Team Guerciotti per allenarci su quelle dune che ritroveremo a Koksijde. È una condizione che nelle gare italiane di cross non siamo abituati a trovare mentre i percorsi in Belgio spesso hanno tratti di questo tipo. Il difficile non è tanto guidare la bicicletta, per quello si seguono le scie. La fatica maggiore la si compie correndo sulla sabbia con la bici in spalla. È difficile anche mantenere la lucidità per rimontare in sella al termine di ogni duna e rilanciare. Non sarà semplice».

Pensi che un Mondiale così ti potrà favorire?
«Non so dirlo adesso. In fondo un Mondiale con il 90% dei tratti in sabbia è come uno per velocisti, scontenta un po' tutti. Ognuno avrà di che lamentarsi. Sarà comunque molto impegnativo e forse verrà fuori qualche sorpresa».

E se dovessi fare tre nomi?
«Dirò il podio, però in ordine sparso... Ci metto Silvestri, non si sa su quale gradino. Poi Bosmans, il belga. È forte ma discontinuo, se trova la giornata sì può essere irresistibile. Ed infine Arnaud Grand, lo svizzero. È un podio atipico, senza olandesi, senza Van der Haar. Però su un percorso così non sarebbe difficile vedere davanti uno o più outsider».

Tra i pro' chi vedi favorito?
«Albert s'è infortunato tra novembre e dicembre ed ora ha puntato tanto, diciamo tutto sul Mondiale. Poi c'è Pauwels che è sempre molto forte ma non sembra più imbattibile come ad inizio stagione. E come dimenticare Sven Nys? Nonostante la maledizione mondiale che lo colpisce lui è talmente esperto che sarà là davanti con i migliori».

Come occupi il tempo libero?
«Innanzitutto mi riposo. È fondamentale per un ciclista riposare il più possibile. Per il resto esco con gli amici, navigo molto in Internet, ascolto musica. Non ho un cantante o un gruppo preferito, vado un po' ad umore, a periodi. Ed infine devo dire che mi piace molto stare in mezzo alla natura. La bicicletta è l'ideale per farlo e qui a Talamona i percorsi suggestivi, sia in bici che a piedi, non mancano».

Già, Talamona.
«Un paese di neanche cinquemila anime, buona parte di esse sono ciclisti. Amatori sì, ma anche il mio compagno di squadra Gioele Bertolini, che corre nel cross tra gli Juniores. Oppure il professionista Francesco Gavazzi, anche lui vive qui. Si vede che c'è l'aria buona per i ciclisti».

Aria che sfrutterai questa settimana per allenarti in vista di domenica?
«In questi giorni svolgerò qualche allenamento per la velocità ma niente di trascendentale. Quel che è certo è che domenica darò il massimo, e dopo vada come vada».

Francesco Sulas

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