Il caso: L'assurda storia di Damiano Caruso - Ecco le ragioni del giovane siciliano
Versione stampabileComincia ad assumere contorni kafkiani la vicenda legata al corridore della Liquigas Damiano Caruso per il quale ieri l'Ufficio di Procura Antidoping del Coni ha chiesto 4 anni di squalifica per condotta complice nel tentato acquisto di sostanze vietate. Lo scarno comunicato apparso sul sito del Coni e poi pubblicato dai vari siti web avrà infatti sicuramente sconcertato diversi appassionati e sportivi rimasti senza parole di fronte a una così pesante richiesta.
L'entità della squalifica potrebbe far pensare che la giovane promessa del ciclismo italiano abbia provato a barare cercando di acquistare prodotti vietati per migliorare le sue prestazioni o che addirittura Caruso sia qualcosa come una figura chiave all'interno di una rete che traffica in sostanze dopanti. Ma man mano che trapelano i dettagli della vicenda nella quale è incappato il siciliano si capisce però che siamo di fronte all'ennesima assurda storia che ci porta di nuovo dritti dritti all'ormai familiare clima di caccia alle streghe. A stemperare gli animi dei più agitati che avranno pensato nella loro testa: "Ecco un altro che voleva fare il furbo", ci ha prima pensato la squadra del corridore. La Liquigas ha infatti reso noto che non prenderà " nessun provvedimento a carico del corridore, in attesa che la giustizia sportiva porti a termine il proprio lavoro". Una decisione coraggiosa e controtendenza se paragonata ai provvedimenti adottati da altre squadre che in casi simili hanno sospeso in via cautelare e preso le distanze dai propri corridori salvo poi reintegrarli dopo un nulla di fatto costato agli stessi atleti mesi di stop forzato.
Oggi invece, da fonti molto vicine all'atleta siciliano, è venuta a galla la sua versione dell'episodio che ha portato Damiano Caruso sulla graticola. I fatti risalgono al 2007, quando il ragusano è al suo secondo anno tra gli Under 23, il primo nella Mastromarco, la società toscana guidata da Giuseppe Di Fresco, ex tecnico di Damiano tra gli Juniores, che aveva voluto di nuovo con sé il suo pupillo. Si vocifera nell'ambiente che uno dei massaggiatori della squadra (pare fosse uno dei tanti "alla giornata"), dove militano altri futuri onesti professionisti, abbia le mani in pasta in qualche giro di sostanze proibite. È solo una voce, ma tanto basta perche durante un ritiro a Livigno due Under di un'altra squadra fermino Damiano chiedendo insistentemente di fare da tramite con il famigerato massaggiatore. Lì per lì Damiano non sa che dire e dopo qualche giorno, per scrollarseli definitivamente di dosso, contatta i due corridori (chiamiamoli pure il Gatto e la Volpe) dicendogli che non poteva essergli completamente d'aiuto.
Ma il Gatto e la Volpe evidentemente perseverano nel tentativo di trovare una scorciatoia che li porti al successo, tanto che entrambi vengono beccati. Ovviamente, tra un interrogatorio e un altro, il nome di Damiano Caruso viene tirato in ballo e a fine 2010 il neoacquisto della Liquigas vola a Roma per essere ascoltato dalla Procura. Qui forse Damiano pecca di ingenuità, e proprio perché innocente. Infatti senza essere assistito o consigliato da un avvocato racconta che ha davvero parlato con quei due ragazzi e se ne torna in Sicilia.
A 10 mesi di distanza arriva la doccia fredda: la Procura Antidoping lo ritiene complice di quei due ex Under che volevano procurarsi sostanze dopanti e gli commina 4 anni, di cui due sospesi e uno come già scontato. Oltre al danno la beffa. Danno d'immagine soprattutto, visto che l'ex Campione d'Italia U23 solo per l'ingenuità di non dire un secco "No" a un'assurda richiesta, ha fatto finta di impegnarsi effettivamente per accontentare le pressanti richieste di due suoi coetanei che col ciclismo avevano poco da condividere. Beffa perché forse è meglio in questi casi essere coinvolti al 100% e beccarsi 4 anni, anziché essere innocenti e battagliare in tribunale per avere uno sconto e tornare alle corse con una macchia rimasta indelebile.
Anche la Mastromarco, tirata in ballo nella questione ha deciso di tutelarsi sottolineando nel contempo la correttezza e serietà del suo ex corridore. A ben vedere è la prima volta che la parola doping si associa al corridore che risiede in Toscana: mai infatti si sono riscontrate sue positività e mai la sua abitazione è stata perquisita, come capita spesso purtroppo a tanti, alla ricerca di chissà cosa.
A vicende assurde e trattate in modo sommario avevamo già assistito, ultima quella legata a Mattia Gavazzi senza dimenticare il caso Pellizotti e le tante bufere scoppiate prima di un grande appuntamento. Adesso, a stagione finita, ecco un'altra storia da dare in pasto ai detrattori del ciclismo e che getta fango su un ragazzo che noi crediamo corretto, colpevole, a suo dire, soltanto di una sola sciocca bugia al Gatto e alla Volpe. Damiano così è stato Pinocchio per un solo momento e intanto sta già pagando la sua piccola imprudenza. Il ciclismo non è sempre una favola.