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Giro d'Italia 2011: T'attacchi all'auto o t'attacchi al...? - Le accuse di Belletti a Cavendish (e non solo)

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Manuel Belletti, polemico con chi si attacca alle ammiraglie per superare le salite nel tempo massimo consentito © BettiniphotoCome se non bastassero il doping, i ritardi delle susseguenti sanzioni, i sospetti di biciclette motorizzate, arriva in gruppo un altro motivo che farà dire a più di qualcuno: «Il risultato di questa corsa è falsato». Non ci si pensa mai più di tanto, ma stavolta la protesta plateale (su Facebook) di un corridore, Manuel Belletti (protesta poi ripresa e ampliata stamattina alla partenza da Francisco Ventoso ai microfoni Gazzetta), ha rimesso al centro dell'attenzione i vari metodi con cui i corridori meno dotati in salita sfuggono all'accetta del tempo massimo.

C'è chi serenamente (o stoicamente) l'accetta, questa accetta, vedi Robbie McEwen e Graeme Brown, che nella tappa dell'Etna hanno desolatamente accumulato un'ora di ritardo e si può dire che siano giunti al traguardo quando gli operai stavano già smontando palchi e transenne, giusto in tempo per risalire sul bus della squadra e andarsene via, messi fuori dalla corsa.

C'è chi invece s'arrangia, o meglio s'arrabatta, e se trova un aiutino strada facendo non se lo lascia sfuggire, sia esso una spintarella da parte di uno spettatore (o più spintarelle, preferibilmente), o - peggio - un vero e proprio traino dall'ammiraglia.

Belletti non le ha certo mandate a dire, riportiamo qui il suo post che è stato quantomeno profetico: «Uno si fa il culo tutto il giorno per arrivare all'arrivo e poi gente come Cavendish e non solo... altri "velocisti" italiani! che erano a un'ora di distanza quasi rientra sul mio gruppetto attaccato all'ammiraglia e resta in corsa.... E magari vincono i prossimi arrivi in volata.... Vergognatevi!». Parole che risalgono a domenica sera, e che oggi tornano di stretta attualità, perché, se si possono fare diverse illazioni sui velocisti (tra virgolette, li mette Manuel) italiani (c'è chi adombra addirittura un malumore interno alla Colnago nei confronti di Modolo: solo lui e Napolitano erano gli sprinter presenti nel gruppetto a cui fa riferimento Belletti), l'accusa è invece definitamente circostanziata almeno per quanto riguarda il nome lanciato dal veloce romagnolo, quello di Cavendish.

Che guarda caso, due giorni dopo l'aiuto illecito contestato da Belletti, è andato a vincere a Teramo, centrando il primo successo in questo Giro (se non contiamo la cronosquadre), e terzo dell'anno. In effetti va detto che spesso i giudici chiudono un occhio in caso di frazioni montanare particolarmente dure, ma questa clemenza si applica in genere quando l'atto "fuorilegge" consiste nelle spinte da parte dei tifosi. Qui, se si parla di traino dall'ammiraglia, la giuria ha dovuto chiuderli tutti e due, gli occhi, per non prendere alcun provvedimento.

Ci sta che comunque i giudici non abbiano effettivamente visto, ma se si parla di una differenza prestazionale di oltre mezz'ora (il distacco tra il gruppetto di Cavendish e i fanalini di coda McEwen e Brown), questi aiuti devono essere stati parecchio sostanziosi. Il gruppo, comunque, due giorni dopo si trincera proprio dietro alla mancata sanzione da parte della giuria («Se loro non hanno visto, io non posso dire niente» è stata una frase ricorrente), e Petacchi ha fatto il saggio, appellandosi alla coscienza di Mark: «Se ha fatto la volata, significa che non aveva niente di cui vergognarsi», ha dichiarato ai microfoni della Rai lo spezzino, battuto dal rivale (e pure da Ventoso) sul traguardo della decima tappa.

Il problema però resta. Non tanto per quanto riguarda questo Giro: vogliamo proprio vedere quante ruote veloci saranno ancora in gruppo venerdì; e comunque quelle che ci saranno restate avranno dimostrato, non ritirandosi dopo la tappa di Ravenna, di voler onorare la corsa, e quindi magari non saranno tra quelli che s'attaccheranno a un'ammiraglia. Il problema riguarda un discorso più generale, ovvero che se comportamenti scorretti non vengono sanzionati negativamente, magari la moda si diffonde.

Non sia intesa questa riflessione come una crociata contro Cavendish, per carità, ci mancherebbe altro. Curioso però che, proprio pochi giorni dopo essersi lamentato perché, a suo dire, i giudici lo puniscono a ogni minima infrazione, Mark sia scampato a un fallo così grave. Un po' come succede nel calcio italiano: appena un presidente o un allenatore alzano la voce per contestare l'operato degli arbitri e si dichiarano vittime dei ripetuti errori dei direttori di gara, ecco che la domenica successiva arriva un rigorino riparatore... Tra tutte le derive del ciclismo, quest'altra per favore risparmiatecela.

Marco Grassi

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