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Nuovi scenari: Viaggio intorno al ciclismo siciliano - Un movimento in attesa di decollare

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Vincenzo Nibali e Giovanni Visconti, fari della Sicilia ciclistica, qui all'attacco in maglia azzurra a Geelong © BettiniphotoMancano 3 giri alla conclusione del mondiale di Geelong e due azzurri attaccano con decisione in testa al drappello dei fuggitivi. Sono Vincenzo Nibali e Giovanni Visconti. È il momento emblematicamente più fulgido per il ciclismo siciliano. Lo Squalo dello Stretto aveva sì vinto poche settimane prima la Vuelta di Spagna, ma due siciliani in testa al mondiale con buone probabilità di riuscire a portare la loro fuga in porto voleva dire molto di più per il movimento isolano. Un movimento che per lunghi anni ha sfornato solo pochi professionisti, a fronte di un grande potenziale, e che ha visto finalmente negli ultimi anni molti dei suoi ragazzi coronare il sogno del professionismo e con ottimi risultati.

Se negli anni '90 la Sicilia era rappresentata tra i pro' da pochi onesti atleti come Rosario Fina, Angelo Canzonieri, Giuseppe Di Grande e Biagio Conte, adesso si contano una quindicina di professionisti con Nibali e Visconti che sono solo le punte di diamante del gruppo di corridori provenienti dall'isola. I primi anni 2000 hanno visto infatti sbocciare una serie di ottimi atleti che ancora adesso sono negli organici di squadre Pro Tour: Tiralongo, Anzà e Giampaolo Caruso sono tra questi e, passati da poco i 30 anni, promettono un grande 2011. «Correre nell'Astana – dice Paolo Tiralongo – riempie d'orgoglio, ti fa sentire protagonista e io voglio esserlo anche quest'anno sia aiutando i miei capitani, sia ritagliandomi se possibile il mio spazio in un GT. Anche l'anno scorso in effetti potevo far classifica al Giro, ma fui sfortunato». Un ruolo simile avrà anche Giampaolo Caruso nella Katusha: «Sarò l'ultimo uomo di Purito Rodríguez che ancora non ha deciso se correre Giro o Tour». E anche il catanese Santo Anzà sembra si adatti perfettamente a questo ruolo di uomo ombra dei campioni visto che ha seguito Riccò dalla Ceramica Flaminia alla Vacansoleil.

Chi ha invece fatto un passo indietro, da una formazione Pro Tour a una Professional (dalla Katusha all'Acqua&Sapone), è Danilo Napolitano che però ha una gran voglia di rifarsi dopo le ultime stagioni e strizza l'occhio a Copenaghen 2011: «Ho improntato la preparazione in modo di essere al top a fine stagione – ci ha riferito lo sprinter ibleo – ma adesso ho in testa solo la Sanremo, anche se l'hanno resa più dura, e le volate del Giro». Come Napolitano, viene dal capoluogo di provincia più a sud d'Italia Damiano Caruso che a 23 anni approda nella corazzata Liquigas tra sogni e aspettative: «Mi aspetto di poter correre finalmente un grande Giro per poter fare esperienza e aiutare i miei capitani, il mio sogno però è quello di rompere il ghiaccio e poter festeggiare una vittoria».

Dietro questi corridori da vetrina ce ne sono tanti altri che corrono da anni in squadre minori ed altri che stanno per fare il loro debutto tra i professionisti. Tra questi ultimi i palermitani Giuseppe Di Salvo e Michele Napoli, e il siracusano Gianluca Randazzo, tutti e tre emozionati per il debutto imminente: «Si corona un vero e proprio sogno – spiega un emozionato Gianluca Randazzo – ma bisogna tenere a freno queste emozioni e cercare di far bene capendo sin da subito i nuovi meccanismi di questo mondo e cercando di farsi notare anche andando in fuga».

C'è anche chi invece in questo mondo c'è da diversi anni, pedalando e sgobbando in sordina ma ritagliandosi un proprio spazio all'interno di piccole realtà. Salvatore Mancuso, dopo il passaggio nel 2010 all'ISD, quest'anno cambierà squadra. Domenico Agosta, alla soglia dei 28 anni, cambierà casacca per il quarto anno di fila approdando di nuovo alla Meridiana dopo un anno passato alla CDC-Cavaliere. Cristian Benenati invece, dopo una carriera brillante tra gli Under, ha faticato a imporsi tra i Pro'. Dopo essere stato scaricato dalla ISD, nonostante fosse stato uno dei più vincenti tra le fila della Finauto, l'anno scorso a stagione in corso si è accasato alla De Rosa-Stac Plastic che anche quest'anno, nonostante i tagli imposti dalla fusione con la Ceramica Flaminia, gli ha ridato fiducia.

Anche i netini Vincenzo Garofalo ed Emanuele Rizza hanno dovuto fare i conti con le mille difficoltà esistenti nell'universo Continental. Rizza, che vestì la maglia azzurra a Zolder tra gli Juniores, da 3 anni corre nella italo-ungherese Betonexpressz che vuol dire gareggiare in Serbia, in Romania, in Montenegro e a volte anche in Italia. L'anno scorso la squadra lo ha messo sotto contratto a luglio e nella prima parte della stagione lui si è preparato anche correndo tra gli amatori siciliani. Quest'anno la squadra, con l'ingresso di Boifava, si chiamerà Ora Hotels Carrera e andrà a raggiungere Emanuele giù a Noto per fare un collegiale sotto il sole della Sicilia. «Qui abbiamo un clima stupendo – dice il corridore che tra poco compirà 27 anni – ma anche bei percorsi e molti appassionati. L'anno scorso mi sono allenato molto con gli Amatori della zona che sono tantissimi e anche forti». Garofalo invece due anni fa faceva parte dell'Amica Chips-Knauf e tutti sappiamo che fine fece quella squadra. Per fortuna aveva corso con la Nippo dimostrando tutto il suo valore, così non è stato difficile per lui tornare in Giappone e diventare uno dei pilastri della formazione asiatica che nel 2011 si chiamerà Team Matrix-Powertag. Un vero emigrante che da giovane si era trasferito dal Sud al Nord, e adesso da Occidente a Oriente. Tutto questo pur di correre: «Se Nibali sogna di vincere il Giro d'Italia, io sogno di vincere il Giro del Giappone – ci confessa scherzando il corridore che più volte si è piazzato nella corsa nipponica – e di continuare quanto più a lungo tra i pro' anche se finora mi sono accorto che è un'odissea».

Tutti questi corridori, dal primo all'ultimo, hanno in comune il fatto di essere degli emigranti del pedale. Chi da Allievo, chi da Juniores, chi verso la Toscana, chi verso la Lombardia, così proprio nessuno è diventato un professionista made in Sicily. La vera sfida per il Comitato Regionale è infatti adesso quella di evitare tutti questi esodi di massa creando un movimento realmente locale. Anche perché a fronte di un numero confortante di ragazzi che si sono affermati ce ne sono tantissimi altri che sono ritornati in Sicilia a mani vuote e altri che hanno solo assaggiato il professionismo (Tondo e Gitto tra gli altri).

Perché in effetti si può ancora oggi affermare che chi nasce al sud è ciclisticamente svantaggiato e in questo la FCI regionale, che festeggia i suoi professionisti come se li avesse cresciuti e portati fino a fargli firmare un contratto da pro', ha le sue colpe: il numero dei tesserati è in calo; sono raddoppiati i costi di affiliazione; proliferano le società fantasma che hanno il solo scopo di incamerare sovvenzioni pubbliche; non si fa attività nelle scuole; non si fa niente per attirare gli investimenti dei privati (che spesso spendono tantissimo nell'attività amatoriale); sono scomparse via via corse come il Giro dell'Etna, il Pantalica e la Settimana Ciclistica Internazionale; non si sfrutta la ricchezza del territorio per attirare squadre e corridori in inverno. Per fortuna esistono casi isolati di singoli individui e di società giovanili che vanno avanti nonostante un certo assenteismo del CR Sicilia che invece di premiare i virtuosi sembra seguire altre strategie.

Da dove partire per cambiare radicalmente il modo di gestire l'attività nell'isola continuando a sfornare ottimi corridori senza la necessità che costoro si trasferiscano al Nord? Lo abbiamo chiesto all'unico corridore siciliano che ha vinto da dilettante ed è poi passato professionista militando in una società siciliana, Rosario Fina. «Attualmente – dice l'ex tecnico della nazionale Under 23 – c'è una grossa anomalia: ci ritroviamo molti corridori siciliani tra i pro' ma a livello locale non si è cresciuto per niente. Ci sono molte meno società rispetto a un tempo e chi è dotato deve andare per forza fuori perché non trova il giusto ambiente da noi. Per poterci creare dei professionisti "in casa" bisogna puntare sui vivai eccellenti e sulle risorse che abbiamo in Sicilia così da creare entusiasmo attorno al movimento. Per esempio l'Etna potrebbe diventare meta di molte squadre per fare ritiri in altura. Bisogna lavorare su questo e la Federciclismo può venirci incontro solo se il Comitato Regionale riesce a indicare di cosa effettivamente abbiamo bisogno».

Il Comitato Regionale siciliano tramite il presidente Pagano ha fatto sapere che in futuro gli sforzi saranno tutti incentrati sulla categoria Giovanissimi, ma c'è da capire in che modo concretamente si agirà. Di Rocco, intervenuto in uno dei tanti momenti di premiazione dei corridori siciliani, ci ha fornito la sua ricetta per cercare di dare slancio al movimento isolano: «Occorre senza dubbio approfittare di questo momento – ha rivelato il presidente della FCI - in cui molti corridori di primo piano vengono dalla Sicilia per cercare di ampliare il movimento. In questo senso anche i grandi eventi come la tappa del Giro sull'Etna e i Campionati Italiani possono fare da volano». L'ottimismo del presidente cede però il passo a una certa amarezza quando si analizza il felice momento dei pro' siciliani: «Intanto - ha continuato Di Rocco - bisogna considerare che il numero di professionisti è lievitato perché con le squadre Professional e Continental si è creato una sorta di semiprofessionismo che consente a tanti ragazzi di passare tra i pro'. Poi in ogni caso stiamo parlando di ragazzi diventati forti per meriti propri, perché si sono applicati a livello individuale una volta trasferiti in altre regioni. Comunque credo che in futuro sarà possibile per molti ragazzi siciliani poter maturare nella propria regione». La conferma arriva anche dai corridori che riconoscono il fatto che in Sicilia esistano luci e ombre: «Penso che una piccola crescita del movimento nel tempo ci sia stata – confessa il messinese Mancuso – e io devo molto ad alcuni tecnici siciliani che mi hanno fatto crescere fino a portarmi al livello di potermi giocare le mie carte tra gli Under al Nord». È dello stesso avviso Tiralongo che denuncia «una scarsa attività a livello locale dove si muove qualcosa solo grazie all'impegno incondizionato di alcuni dirigenti di squadre giovanili».

È allora davvero tutto oro quello che luccica in Sicilia? Senza dubbio un patrimonio dorato sono tutti quei corridori che partiti dalla Sicilia e diventati professionisti sbandierano ancora adesso la propria sicilianità anche se nelle interviste tradiscono un accento toscano o bergamasco. Stranezze che potrebbero cessare quando si comincerà a lavorare tutti insieme per garantire un futuro meno travagliato alle future promesse del pedale, uscendo da certi vizi, schemi e meccanismi che hanno messo un po' in crisi il sistema nella regione.

Fare diventare una tappa-evento la doppia scalata all'Etna è già qualcosa. Molte squadre scenderanno a provare la tappa e magari il vulcano diventerà tappa fissa ogni anno per chi cerca i benefici dell'altura senza dover volare lontano. Intanto molti han già messo le mani avanti: oltre alla squadra di Boifava che andrà da Rizza nel siracusano, sei atleti della Colnago-Csf hanno approfittato del clima mite dell'isola per diversi giorni e un paio di squadre dilettantistiche presto scenderanno nella zona dell'agrigentino per prepararsi in vista dei primi impegni stagionali.

Anche così si incoraggia un movimento che continua a sfornare campioni nonostante le tante anomalie. Perché non è dal numero di professionisti che si misura lo stato di salute del ciclismo di una regione.

Marco Fiorilla

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