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Callovi: «Io, sul tetto del mondo» - La trentina tra l'impresa iridata e il futuro | Cicloweb

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Callovi: «Io, sul tetto del mondo» - La trentina tra l'impresa iridata e il futuro

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È possibile passare nel giro di un anno dal rammarico per una pur prestigiosa piazza d'onore al mondiale alla gioia incontenibile per essere finalmente riuscita a salire su quel gradino più alto del podio con addosso la tanto agognata maglia iridata? Certamente si, specie se ti chiami Rossella Callovi e sei la principale atleta di riferimento del panorama ciclistico femminile nella categoria Juniores. La diciottenne di Termon di Campodenno, piccolo paese della Val di Non in provincia di Trento è così riuscita a riscrivere il finale di un film iridato che l'aveva già vista protagonista trecentosessantacinque giorni addietro e si è così tolta la soddisfazione più grande della sua giovane carriera. Tornata a casa e festeggiata degnamente, com'era normale che fosse, dai propri compaesani, in mezzo al meritato relax ne ha approfittato per raccontarsi un po'.
È pressoché d'obbligo cominciare da quegli ultimi chilometri a Mosca. Raccontaceli, assieme alle emozioni che hai vissuto appena tagliato il traguardo…
«Nel corso del penultimo giro è scattata la russa Pankova ed è riuscita subito a conquistare un buon vantaggio, se è vero che ad un certo punto aveva 25-30 secondi nei nostri confronti. Lì per lì abbiamo vissuto sicuramente un momento critico in cui era necessario decidere subito cosa fare ed è stato così che è uscita al suo inseguimento Susanna Zorzi, anche se inizialmente non riusciva a riportarsi sulla russa, era sempre lì a 10 secondi ma poi comunque c'è riuscita. All'ultimo giro invece sulla prima salita sono scattata io e la francese Ferrand-Prevot mi ha seguito e con lei siamo riuscite prima a riagganciare la Zorzi e poi la Pankova. A quel punto ci siamo trovate in quattro al comando ed il nostro vantaggio dei confronti del gruppo era salito ad 1'-1'20" ed è così che siamo giunte all'ultimo strappo. A quel punto però la ragazza russa ha perso contatto e così siamo rimaste in tre: io, Susanna e la francese Ferrand-Prevot, cosicché avremmo potuto contare senz'altro sulla superiorità numerica. La Zorzi si è messa subito a mia disposizione, aiutandomi davvero parecchio e tirandomi la volata superato l'ultimo chilometro, poi ai 250 metri ho sentito Salvoldi che mi ha detto di partire e così, non appena la francese sulla destra si è voltata io sono partita sul lato sinistro, mi sono accorta subito di aver guadagnato un po' di margine e quindi sono riuscita a vincere. Appena tagliato il traguardo è stato tutto bellissimo: la prima persona che ho abbracciato è stata Renato Valle, il mio allenatore, quindi via via tutte le ragazze. È stata una vittoria di squadra per noi, perché siamo riuscite a controllare molto bene la corsa e ci sentivamo bene fin dal ritiro che avevamo effettuato a Piancavallo prima di partire. Il mio pensiero è andato sicuramente subito a loro, le devo veramente ringraziare, poi comunque bisogna ringraziare anche il nostro tecnico Edoardo Salvoldi, che è riuscito a guidarci alla perfezione e sa gestirci nel migliore dei modi».
Lo scorso anno in Sudafrica hai sfiorato l'iride per un'inezia e se vogliamo fu anche un bell'effetto sorpresa per le avversarie. Quest'anno inevitabilmente il tuo nome non sarà sicuramente passato inosservato prima del via, ma è anche vero che il circuito di Mosca era molto più impegnativo e adatto alle tue caratteristiche…
«Certamente, anche perché lo scorso anno nel finale eravamo riuscite a raggiungere le due fuggitive proprio a due chilometri dal traguardo e poi io mi ero trovata davanti. A quel punto, quando avevo visto che la Scandolara e le altre ragazze erano rimaste più indietro ho fatto la volata partendo lunga ed ero stata superata solo negli ultimi metri dalla belga Jolien D'Hoore. Quest'anno sicuramente la situazione era diversa perché il percorso era più duro rispetto a quello dello scorso anno e presentava, soprattutto, salite brevi ma secche, che rompevano il ritmo e nelle gambe si facevano sicuramente sentire. Col passare dei chilometri quindi era certamente dura».
I risultati ottenuti già al primo anno nella categoria nel 2008 ponevano su di te la maggior parte delle attenzioni e nei primi mesi effettivamente sei riuscita a toglierti delle belle soddisfazioni. Quando sono arrivati i primi appuntamenti davvero importanti ti abbiamo vista comunque protagonista, sei stata nel vivo della corsa ma ti è mancato forse il cosiddetto colpo del ko. Ci riferiamo ai campionati italiani e agli Europei. Come hai vissuto quelle sconfitte - per modo di dire, visto che a vincere è stata comunque una tua compagna - in prospettiva mondiale?
«Appena tornata dalla Spagna, dopo aver preso parte all'Emakumeen Bira con le Élite, ho accusato un calo di forma, difatti già prima di prendere parte al campionato italiano sentivo di essere giù, nel senso che non avevo le stesse buone sensazioni, non mi sentivo al top e difatti poi in gara, soprattutto nel tratto in salita, sono andata su più stringendo i denti che con le gambe. Sicuramente avere questo calo proprio in un periodo così importante della stagione non è stato il massimo psicologicamente. Per quanto riguarda l'Europeo la direttiva di Salvoldi era quella di attaccare a turno ed aveva detto anche a me di fare questo per poi, qualora l'attacco non fosse andato a buon fine, mettermi a disposizione delle nostre varie velociste, vale a dire Cecchini, Donato e Trevisi. Così avevo tentato l'allungo a 10 chilometri dalla conclusione prima da sola, poi in compagnia di tre atlete, una francese, un'olandese e una polacca. Il nostro tentativo si è esaurito ai 600 metri dal traguardo. Il finale poi era insidioso, con l'arrivo in leggera salita ma soprattutto con delle curve a gomito prima del traguardo e lì, quando ero affiancata ad un'altra atleta, ho perso alcuni metri all'uscita ed a quel punto non sono riuscita ad andare oltre la sesta posizione finale. Nel frattempo comunque Elena Cecchini era uscita benissimo dall'ultima curva ed ha così meritato anche quell'altra vittoria dopo l'italiano».
E dire che all'Emakumeen Bira, alla prima esperienza con le Elite, le cose erano andate abbastanza bene…
«Credo che quella sia stata una delle più belle esperienze che io abbia mai fatto, perché in un contesto simile si può davvero capire come si corre. Posso già dire che il salto si fa sentire molto, la differenza maggiore si riscontra soprattutto nell'approccio e nel passo tenuto dalle atlete in salita, tutta un'altra cosa rispetto alle gare Juniores. Comunque sono stata in squadra con ragazze che mi hanno dato tanti consigli preziosi e quindi è stata un'esperienza che rifarei sicuramente anche se non sono riuscita a cogliere risultati di rilievo».
Ma tornando al discorso precedente: oltre a te nel corso dell'annata è salita prepotentemente alla ribalta anche Elena Cecchini. Il fatto che proprio a lei fosse riuscita la doppietta italiano-europeo è stato un qualcosa che ti ha aiutato a sentire un po' meno la pressione e l'ansia del risultato a tutti i costi al mondiale oppure qualche effettivo timore l'avevi?
«Lei è stata bravissima ed ha assolutamente meritato i risultati che è riuscita a conquistare. Per quanto mi riguarda sinceramente un po' di timore prima del via l'avevo, anche perché nella riunione della sera prima assieme a Salvoldi ero stata designata come prima punta, sapevo comunque benissimo che nel caso non fossimo riuscite a fare la differenza c'erano altre compagne come Elena pronte in caso di un arrivo in volata. Poi comunque in certi casi c’è sempre il timore dovuto al fatto di non sapere come potrebbero andare le cose nel corso della gara ed anche il fatto di confrontarsi con avversarie di livello molto alto era un qualcosa che poteva portare delle preoccupazioni».
Ora è arrivato il momento di farti conoscere un po' di più dai lettori: quando e come hai cominciato ad andare in bicicletta?
«Ho iniziato all'età di 6 anni nella categoria G1 con l'Anaune Cristoforetti Fondriest, società in cui sono rimasta nella categoria Giovanissimi. Poi da Esordiente sono passata alla Adriana Forst Banca Popolare di Bolzano con cui ho corso fino alla categoria Allieve e dove ho incontrato per la prima volta il mio allenatore Renato Valle, che non posso che ringraziare per tutto ciò che ha fatto per me in questi anni. Infine nella categoria Juniores sono passata a gareggiare nelle file della Società Ciclistica Vecchia Fontana di Pasiano di Pordenone, società in cui mi sento di ringraziare veramente tutti: oltre al già citato Renato Valle anche il presidente Nicola Veleda e tutte le mie compagne di squadra, perché mi hanno sempre aiutato e sostenuto tantissimo. Il tutto è cominciato grazie a degli amici di mio padre che avevano cercato di convincerlo a portarmi alle gare per provare. Ho deciso così di tentare, alla fine correre in bicicletta mi è piaciuto subito e quindi sono andata avanti».
Le soddisfazioni poi non sono di certo mancate, fra tricolori e la Coppa Rosa, conquistata da allieva sulle strade di casa…
«Sì, sono riuscita a conquistare sette titoli italiani sia su strada (in linea da esordiente e a cronometro da allieva) che su pista, gli ultimi dei quali quest'anno nell'inseguimento individuale e nella corsa a punti. Riguardo la Coppa Rosa vinta nel 2007 è stata una grandissima soddisfazione, era una corsa a cui tenevo tantissimo e vincerla correndo in casa è stato davvero bellissimo».
Quest'anno forse ti sei imposta ancor di più come una ciclista completa, capace di fare la differenza in salita ma anche di saper vincere in volata su gruppi abbastanza numerosi. In più hai continuato anche a praticare con profitto l'attività su pista. Il mondiale vinto potrebbe a questo punto spingerti ad affinare ancor di più alcune tue caratteristiche? Hai intenzione di continuare con la pista anche nelle annate successive?
«So bene che adesso tra le Élite sarà molto dura, per cui sinceramente non so dire ancora adesso, appena dopo il mondiale, come andranno le cose e quali saranno i miei programmi, sono cose che vedremo strada facendo, anche dopo le prime gare. Io cerco comunque di migliorarmi anno per anno ed anche grazie al lavoro fatto in palestra nell'inverno scorso ho senza dubbio riscontrato dei miglioramenti in volata ad esempio. Anche riguardo alla pista non so ancora come riuscirò a conciliare l'attività su strada con quella su pista, anche se tra le due io sono sicuramente portata a privilegiare la strada. Magari sì, potrei ancora gareggiare soprattutto nell'inseguimento individuale o nella corsa a punti ma valuteremo il tutto col passare del tempo, anche perché in campo internazionale il livello è veramente altissimo».
Sicuramente al tuo ritorno in Italia avrai trovato una gran bella accoglienza, del resto festeggiare era il minimo…
«Già, anche più di quanto immaginassi (ride)! Appena sono tornata, nella giornata di lunedì 17 agosto ho visto che sulla strada verso Termon c'erano tre striscioni in mio onore, poi la piazza del paese era piena di bandierine e sul campanile era stato steso un lungo telone con i colori dell'iride. Il giorno successivo poi ho festeggiato assieme ai miei amici e parenti e quindi poi anche in piazza con i miei compaesani. Domenica 30 agosto invece faremo la festa vera e propria assieme anche a coloro che hanno dato vita al mio Fan Club».
Che obiettivi ti poni adesso per il 2010?
«Sicuramente il primo obiettivo che mi pongo è quello del conseguimento del diploma dopo l'esame di maturità, per quanto riguarda i programmi per la prossima stagione come dicevo in precedenza non so ancora e quindi valuteremo col tempo, anche dopo le prime gare».
Un sogno l'hai realizzato. Il prossimo quale sarà?
«Eh già, questo sogno sono riuscita a realizzarlo ma comunque credo di aver fatto un qualcosa di assolutamente normale. Se devo dire quindi quale potrebbe essere il mio prossimo sogno dico che intanto spero di riuscire a fare bene nella categoria Élite... E magari riuscire a vincere un altro mondiale lì, nella massima categoria (sorride)».

 


Vivian Ghianni

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