È così il Tour del futuro? - Meno km, 0 tapponi, più equilibrio
Versione stampabileAmmettiamo che eravamo un po' curiosi di vedere che cosa avrebbe prodotto lo sforzo creativo di Christian Prudhomme e della sua ASO in vista della presentazione di questo nuovo Tour de France, che ci terrà compagnia dal 5 al 27 luglio prossimi. Eravamo curiosi perché eravamo certi che anche dalla Francia, come già suggerito dal Giro d'Italia del 2007, ci sarebbe stata una conferma di una tendenza che, sull'onda degli ultimi immancabili scandali doping pre-post grandi giri, vuole percorsi meno spaccagambe rispetto a qualche anno fa.
Che poi un tracciato più facile spinga meno al doping, è tutto da dimostrare: qualcuno potrebbe obiettare che rendere le corse più alla portata di un maggior numero di corridori, anche di quelli con meno talento, potrebbe sì spingere questi ultimi a tentare di colmare (in un modo o nell'altro) il gap con i più forti. Ma questi, esattamente come il concetto che sta alla base della "semplificazione" dei GT, sono discorsi che lasciano il tempo che trovano: a parte la naturale stanchezza nel proporli e riproporli, ormai siamo anche giunti alla consapevolezza che non serve nemmeno troppo farli.
Meglio argomentare e commentare quello che presenta il menù del giorno, che oggi propone un piatto forte: un intero nuovo Tour da analizzare.
Tanto per cominciare, segnaliamo alle autorità competenti la scomparsa dei tapponi di montagna. Quelli - per intenderci - che si sviluppavano lungo 4, 5, 6 salite più o meno dure, con arrivo possibilmente in quota. In questo Tour 2008 il massimo che avremo a disposizione sarà la frazione dell'Alpe d'Huez, con lo storico traguardo preceduto da due sole scalate. Per il resto, solo 2 montagne a razione: scordiamoci cavalcate troppo pindariche.
C'è di buono che le salite, almeno quest'anno, sono piazzate bene: o fungono da arrivo (Super-Besse, Hautacam, Prato Nevoso, L'Alpe d'Huez) o non sono troppo distanti dal traguardo (24 km di discesa tra Aspin e Bagnères, idem tra Bonette e Jausiers). Da ciò si deduce che Pau non è arrivo di tappa (e infatti la geografico-ciclisticamente disgraziatissima località pirenaica fungerà da partenza, per fortuna).
Capitolo cronometro: posto che il destino che ci tocca sarà sempre quello di avere una prova contro il tempo a porre la pietra tombale sul Tour (il penultimo giorno, come ormai da consolidatissima tradizione che vuole la passerella finale di Parigi riservata agli sprinter), possiamo essere quantomeno contenti per il fatto che i cronochilometri totali saranno soltanto 82, divisi in una frazione breve (29) e una di lunghezza classica (53).
E già questa evitata sperequazione in favore del cronometro ci fa parlare di maggiore equilibrio. Un equilibrio che, in senso negativo, è confermato da una minore media km/tappa (169,2, contro i 176,9 del 2007 - senza contare il prologo - e i 181,6 del 2005: una perdita media di 12,4 km a tappa in due anni ci pare significativa), e dal fatto che abbiamo solo 4 frazioni che superano i 200 km (contro le 6 del 2007 e le 7 del 2006); e in senso positivo dal fatto che le tappe paiono distribuite meglio, con l'interessante arrivo in salita di Super-Besse che viene a interrompere l'andamento classico della prima settimana (6 tappe piatte - una al più mossa - e una crono), ponendo al sesto giorno di gara un ghiottissimo antipasto di quanto avverrà nelle due frazioni pirenaiche (ottava e nona, prima del primo riposo) e delle tre alpine (15, 16 e 17, inframezzate dal riposo a Cuneo).
Detto dello sconfinamento in Italia (a Prato Nevoso, ma molti speravano in un transito sul Colle delle Finestre), e dell'ennesima partenza dalla Bretagna (stavolta con tre tappe in linea), non rimane che sperare che l'avvicinamento a quello che potrebbe venir fuori come un Tour assai simpatico non venga funestato dalle solite beghe che accompagnano ogni grande corsa a tappe da un po' di anni in qua. Del resto, anche sperare nella pace nel mondo non costa niente; che poi l'auspicio si veda realizzato, è ahinoi tutto un altro discorso.
Marco Grassi