Pinotti & Laverde Inc. - A uno la tappa, all'altro la maglia
È dal primo momento che lo dicono, in Liquigas: «Tenere la Maglia rosa sin dall'inizio pesa»; così oggi, quasi increduli, hanno "permesso" ai fuggitivi di giornata di giocarsi la tappa e di vestire tutte le maglie di leader in loro possesso.
L'altimetria della tappa faceva immaginare una lunga fuga, col Terminillo a far da trampolino ideale ai coraggiosi di giornata; l'incognita era sempre la stessa: il gruppo lascerà fare o vorrà giocarsi la tappa in uno sprint ristretto? Domanda a cui si poteva benissimo rispondere in entrambi i modi, quello possibilista o quello proibizionista, perché se è vero che Di Luca una tappa l'ha già vinta e che "la Maglia rosa pesa", era pur vero che i vari Riccò, Garzelli, Nocentini, Mazzanti, ma anche Cunego, perché no?, avrebbero potuto sfruttare alcune pendenze per lasciarsi dietro i velocisti e giocarsi la vittoria in uno sprint da "classica". S'è scelto il primo canovaccio, quest'oggi, e, per uno strano scherzo del destino, la fuga arrivata in porto è quella che ha visto un Tinkoff Credit Systems, Daniele Contrini, in difficoltà.
Ci aveva provato infatti il ben più adatto Ricardo Serrano, al km 50, a scappare in compagnia del colombiano della Panaria, già vincitore al Giro l'anno scorso sul traguardo di Domodossola, Luis Laverde, ma troppe squadre erano rimaste al palo dallo scatto dello spagnolo, e non c'è stato verso. Ancora Serrano, 2 km più in là, aveva scritto l'incipit di un'azione che comprendeva 23 uomini, tra cui Nibali: troppi corridori, alcuni potenzialmente anche molto pericolosi, e lì è stata la Lampre a rintuzzare il tutto.
Quando poi s'è formato il drappello battezzato come "buono" dai boss (in senso sportivo, lo diciamo per i distratti) del gruppo, il Tinkoff in avanscoperta (perché ovviamente uno ce n'era) è risultato Contrini: attaccante nato, corridore generosissimo, ma tre Gpm in una tappa erano, e sono, un po' troppi anche per chi è abituato a dare l'anima in fuga come il bresciano.
Però l'andatura davanti è buona: Laverde c'è, di nuovo, poi troviamo Schwab, giovanotto svizzero della Quick Step, Kern, gregario di Hushovd alla Crédit Agricole, e Marco Pinotti, unico italiano in fuga e il miglior piazzato in classifica generale prima della tappa di oggi. Il suo distacco da Di Luca è di 3'11", un gap colmabile con una fuga simile, una fuga al cui interno non c'è nessun uomo considerato pericoloso per la graduatoria di Milano.
I cinque vanno d'amore e d'accordo. Sul Terminillo, Contrini subisce quasi un mancamento, e per poco non finisce in una scarpata: fortunatamente gli rimane un barlume di lucidità per sterzare a sinistra ed evitare una caduta assolutamente pericolosa. La poca affinità del bresciano con le salite, fa capire che l'uomo Tinkoff non starà ancora per molto davanti. Allo spint dovrebbe essere un affare tra Laverde, che lo scorso anno vinse con uno sprint ristretto la sua prima tappa al Giro, e Kern, bel passista.
In salita, però, come dimostrano i due Gpm già affrontati, Laverde è una spanna superiore a tutti gli altri, che perlopiù prediligono ascese costanti e pedalabili, non strappi secchi e duri come quello che la tappa affronterà nel terzo Gpm di giornata.
Da dietro, intanto, i remi in barca si son tirati già da un pezzo. La Liquigas onora comunque la Maglia rosa alternando in testa al gruppo i bravissimi Vanotti, Gasparotto, Spezialetti, Miholjevic e Wegelius, ma il loro ritmo non è volto a riacciuffare i battistrada, bensì è finalizzato a non concedere loro mezz'ora (come? alla Grande Boucle stan fischiando le orecchie?). Le altre squadre, visto che la Liquigas non si danna l'anima per andare a chiudere il distacco, non hanno certo interesse (va bene la tappa, ma i vari Cunego e Riccò hanno il Giro nel mirino) a fare il suo lavoro.
Al km 153, proprio nel tratto più duro dell'ultima ascesa di giornata, il Forca di Cerro, Luis Felipe Laverde Jiménez rompe gli indugi e prova a lasciare i suoi compagni d'avventura: Contrini cede subito, e si era intuito, ed anche Kern e Schwab patiscono il cambio di ritmo del colombiano. Pinotti no, Pinotti ha l'occasione della vita davanti gli occhi (il gruppo è lontano più di 6', la Maglia rosa è virtualmente sulle sue spalle già da un bel pezzo) e non vuole rinunciare ad essere protagonista fino in fondo: non è il suo terreno, ma morde il manubrio, strattona la bici, e riesce a riportarsi a ruota dell'uomo dei Reverberi, a cui sta assolutamente bene la presenza di un passista in grado di preservare l'eventuale ritorno dell'altro uomo veloce, vale a dire Kern.
Laverde (che sui tre Gpm s'è preso anche in dote la Maglia verde, creando così un mulinello di giochi di parole) e Pinotti, difatti, è una coppia perfetta: uno interessatissimo alla tappa, nonostante la leadership momentanea dei Gpm, l'altro interessatissimo (e come potrebbe essere altrimenti?) alla Maglia rosa, l'effigie del primato, nonostante al Giro non abbia mai vinto alcun traguardo parziale.
Kern da dietro tira come un matto, Schwab non gli dà un cambio, più per impossibilità che per furbizia, ma davanti le accelerate di Pinotti, preoccupato di scavare quanto più possibile tra sé e il gruppo comprendente Di Luca, non permettono al francese di recuperare secondi, anzi. Nel frattempo, con Contrini sempre a bagno maria, Baliani, che arriva praticamente in casa, visto che è umbro, parte prima dell'ultimo Gpm e si regala una ventina di km di applausi in solitaria. Una soddisfazione che l'uomo-squadra della Ceramica Panaria merita assolutamente.
Laverde è più veloce di Pinotti, ma dopo una fuga chi lo sa quali sono i valori in campo? I due si alternano anche negli ultimissimi chilometri, ed in effetti non avrebbe molto senso fare i furbi ora. Non porterebbe benefici a nessuno dei due, al massimo ne porterebbe ai due dietro (seppur il distacco fosse nel frattempo lievitato).
Laverde vince allo sprint, sorridendo, mentre Pinotti, con lo stesso sorriso, gli poggia una mano sulla schiena e fa il gesto che significa: «Vai, vinci pure, io non combatto». L'anno scorso toccò a Voigt (con Gárate), fare la parte del "buon samaritano" sul San Pellegrino; stavolta è toccato all'ingegnere recitare la parte di Garrone nell'ultimo capitolo (speriamo!) da libro "Cuore".
E poi, tanto per rovinarsi quello che, Campionato Italiano a cronometro a parte, è il giorno più bello della sua vita da ciclista, rincara la dose con le ruggini dello scorso anno tra Basso e Simoni sull'Aprica: «Ho rispettato le regole non-scritte di questo sport, al contrario di qualcun altro». Il passato da gregario di Gibo del buon Marco, col trentino nella vecchia Lampre prima e nella Saunier ultima poi, ha portato l'oribico a togliersi 'sto sassolino dalla scarpa in un momento che più sbagliato, per lui e per tutti, non poteva esserci. Ma è così, in questo sport pochi sanno godersi a pieno le vittorie senza gioire delle disgrazie di qualcun altro. O almeno così pare. Ciò che più dispiace, è che si attacchi frontalmente un corridore che non può rispondere, né di persona né in bicicletta, e che lo faccia uno dei consiglieri in gruppo dell'Associazione Corridori Professionisti Italiani (Accpi) che, in realtà, dovrebbe essere anche il rappresentante di coloro che gli stanno poco simpatici.
Ma forse era il Pinotti corridore e uomo e non il consigliere dell'Accpi che parlava, oggi, nel fine tappa. Ma sì, sarà sicuramente così. Perché rovinarsi una festa per sparare, così arbitrariamente, su un corpo esanime?
L'unica certezza è che Pinotti domani sarà in Rosa, Laverde in Verde (non ci scusiamo più, vi avvisiamo), Schwab in bianco: Di Luca (ora 3° in classifica a 4'12") e Nibali, insomma, si son sgravati dei fardelli rappresentati dai simboli del primato.