Curre curre guaglio' - Ferrara: «Rivoglio la Nazionale»
Versione stampabileC'è amarezza negli occhi di Raffaele Ferrara, amarezza su sfondo rosa. Leggere sul giornale le notizie dell'esclusione del Team L.P.R. dalla maggiore manifestazione ciclistica italiana lo rattrista, anche se solo per un attimo, perché poi alle successive due battute torna il sorriso, come spesso avviene sul volto del napoletano trapiantato in Veneto, che per il terzo anno consecutivo sarà il capitano (anche se quest'anno sarà "uno dei capitani") del team di Davide Boifava.
Dall'Androni Giocattoli al Team L.P.R. è cambiato soltanto il nome o noti altre differenze particolari?
«Cambia tanto, altroché. La prima cosa che è cambiata è sicuramente la speranza di poter correre il Giro d'Italia, anche se sappiamo che non siamo stati invitati nonostante Gutiérrez Cataluña e Nardello. C'è tanta delusione, non lo nego, almeno io ci tenevo davvero tanto e credo che gli stessi dirigenti abbia puntato agli ingaggi di certi corridori perché pensavano di essere invitati almeno alla Tirreno-Adriatico».
Dalle fusioni si mischiano più gruppi già esistenti. Come procede l'amalgama tra voi ex Androni e coloro che facevano parte della L.P.R. di Piscina?
«Come saprete, per far gruppo non ho proprio problemi, sono espansivo di mio e mi riesce piuttosto facile. Azzardo anche e dico che sono bravo. Io penso che sia soprattutto a tavola, dopo gli allenamenti, oppure la mattina prima di una corsa, che si fortifica il gruppo, che si gettano le basi per correre bene, uniti, e poi magari per raggiungere la vittoria».
Qualche rito di iniziazione particolare per i neopro'?
«No, niente di particolarmente simpatico da raccontare. I neopro' subiscono sempre un po' di scherzi durante i primi ritiri e noi ci divertiamo anche a mettere loro un po' di soggezione. L'importante è rimanere sempre nello scherzo, ad esempio facendo finta di ordinare loro di portarci il caffè, ma poi andare a prendercelo da noi. E poi qui abbiamo tutti ragazzi molto umili, anche perché devo dire che quando vedo Nardello avvicinarsi, la voglia di lasciargli il posto a sedere ce l'ho anch'io... (ride)».
Volgendo uno sguardo indietro, verso il 2006, possiamo dire che la convocazione in Nazionale è stata il giusto premio ad una continuità che, purtroppo, non ti ha portato ad alcun successo?
«Sicuramente sì, anche se devo ammettere che correre il Mondiale non mi sarebbe affatto dispiaciuto e non credo neanche avrei rubato il posto a nessuno. È stata comunque una sensazione stupenda ricevere la telefonata di Ballerini dopo averci parlato per la prima volta appena 20 giorni prima di Salisburgo. Una volta in Austria, devo dire che l'assegnazione della camera a me e Tonti, insieme, aveva già lasciato presagire qualcosa, ma i capitani sono stati sempre bravissimi a far sentire anche Andrea ed il sottoscritto dei titolari di quella Nazionale. E qui torniamo all'importanza della tavola...».
Non è che essendo così bravo nel ruolo di riserva Ballerini ci prende gusto?
«Io a Ballerini ho detto subito che pur di correre un paio di mondiali da titolare farei anche altre dieci volte la riserva. E poi, va bene che ha vinto Bettini e che forse noi delle squadre Professional non avevamo i 300 km nelle gambe, ma in fondo il mondiale non dovevo vincerlo io. Sarebbe bastato, come ha dimostrato Nocentini, poter lavorare all'inizio con un ruolo importante».
Con il mancato invito alla Tirreno e al Giro, crediamo che siano saltati anche i programmi di questo inizio 2007.
«Purtroppo per le Professional non è mai facile programmare la stagione. Quest'anno volevo andare forte al Giro d'Italia, non lo nego e non mi nascondo; mi sarebbe piaciuto partire forte da primavera e restare in condizione fino a tutto maggio. Invece ora dopo la primavera dovrò quasi sicuramente staccare e programmare l'estate e il finale di stagione. Un obiettivo che può sostituire il Giro potrebbe essere rappresentato dalla classifica dell'Europe Tour; in fondo l'anno scorso mi piazzai bene ma non le diedi molta importanza. Quest'anno si potrebbe pensare di vincerla».
Qualche gara particolare che hai nel mirino per tornare al successo?
«Quest'anno vorrei alzare il tiro ed evitare di dire "una qualunque". Ho capito che posso essere molto competitivo in certe corse, e sicuramente è meglio un piazzamento in una corsa importante che una vittoria in una corsa minore, senza avversari di rilievo. Una tappa del Romandia o del Giro di Svizzera, se saremo invitati, sarebbe ottima, così come un Giro del Veneto, tanto per citare una gara che l'anno scorso ho perso per 4 cm o poco più».
E la Sanremo?
«Senza correre la Tirreno sarà dura far bene alla Sanremo, anche perché non sono uno di quegli italiani a cui piace particolarmente. Preferisco di gran lunga il Giro di Lombardia, o il Giro dell'Emilia, una di quelle classiche dure con delle montagne che fanno selezione davvero. Scusate però se continuo a piangere sul latte versato, cosa a cui non sono abituato, ma sarebbe stato bello poter andare al Giro con Guti (Gutiérrez Cataluña, ndr) capitano ed il sottoscritto battitore libero. Magari avrei avuto anche spazio, e chissà che non sarebbe uscito qualcosa di buono. In fondo se le cose fossero andate diversamente, negli anni scorsi, magari avrei potuto puntare anche alla vittoria finale del Giro d'Italia».
Pensi che la presenza di Gutiérrez Cataluña e Nardello possa toglierti qualche spazio o i loro acquisti serviranno anche alla tua causa?
«Avere più carte da giocare nei finali di corsa è sempre un'ottima cosa per una squadra. L'anno scorso è capitato spesso di trovarmi davanti con dei corridori che tra loro erano compagni di squadra: tatticamente si è favoriti e psicologicamente si è più rilassati. Il loro acquisto sarà importantissimo per tutto il Team L.P.R., non soltanto per me».
Al terzo anno di convivenza, come definiresti il tuo rapporto col tuo ds Manzoni ed il tuo tm Boifava?
«A Mario Manzoni devo tantissimi "grazie", soprattutto per avermi fatto tirare di nuovo fuori le palle. Ha lavorato a tutto tondo sulla mia testa, sulla mia psicologia, e visti i risultati in questi due anni direi che ha fatto davvero un ottimo lavoro. Con Boifava il rapporto è quasi quello tra padre e figlio, visto che in lui ho una fiducia spropositata e che spesso ci troviamo a parlare di contratti senza penne né carta, ma soltanto con la voce e con le strette di mano. Nessuno ha mai tradito la parola data all'altro, e questo è fondamentale: d'altro canto se pensiamo che a fine 2004 ero a piedi e Boifava scommettendo su di me si è trovato a fine 2006 con un corridore convocato in Nazionale, io direi che ci abbiamo guadagnato entrambi, no?»
In Nazionale hai conosciuto tre corridori che si apprestano a vivere la stagione "della verità", e ci riferiamo a Nocentini, Pozzato e Ballan. Cosa ci puoi dire di loro?
«Pippo (Pozzato, ndr) è quello che mi ha meravigliato di più. Ha delle doti innate da leader che gli saranno utilissime nel corso della carriera. Ale (Ballan, ndr) invece è cresciuto più lentamente, ma ormai è arrivato ad un livello altissimo a cui manca solo la vittoria di prestigio. Nocentini invece ha vinto pochi giorni fa sul Mont-Faron, e quindi ha detto più lui con quella vittoria di quello che posso dire io con tante parole. Gli altri li conoscevo già più o meno bene avendoci corso nel gruppo da dilettante o da professionista. Uno che invece non conoscevo molto e mi ha impressionato tanto è Marzio Bruseghin, un esempio di sacrificio e dedizione; sapeva che avrebbe dovuto tirare dal primo all'ultimo km, praticamente, ma non ha battuto ciglio ed ha dato tutto. Incredibile».
Se questa domanda l'avessero posta agli altri 10 azzurri, riferendosi a te, cosa credi avrebbero risposto?
«Non lo so davvero (sorride). Io mi auguro che le amicizie leali e sincere che si sono instaurate possano portare a dei giudizi obiettivi e, dunque, abbastanza benevoli. Adesso che mi avete messo la pulce nell'orecchio, però, muoio dalla curiosità di saperlo...!!! (ride)».