È un Tour di giganti? - Landis vittorioso, avversari scarsi
Otto Tour de France consecutivi. Per otto anni in fila la maglia gialla solca l'Oceano Atlantico e naviga fino all'America lontana, dall'altra parte della luna, a premiare un movimento ciclistico che, nato con Greg Lemond negli anni '80, ha prosperato con Lance Armstrong tra i '90 e i 2000, ed ora conta su un discreto numero di buoni interpreti che si muovono nell'indirizzo tracciato dal texano.
Uno di questi buoni interpreti è Floyd Landis, che è in realtà un apocrifo vivente, visto che da gregario di Lance, venne ai ferri corti col suo stesso capitano («Armstrong pensa solo a se stesso», e se ne andò sbattendo la porta), e già questo dovrebbe rendercelo simpatico; quindi Floyd, un fuoriuscito dalla covata malefica dell'Alien di Austin (che sarebbe sempre Lance), è riuscito a instradarsi in una congiunzione astrale che si potrà verificare di nuovo nel 3017, quando il ciclismo non ci sarà più e la terra chissà.
A 31 anni, con un'anca martoriata da problemi fisici, senza disporre di una squadra decente, trovatosi a 10' di ritardo a quattro giorni dalla fine, Landis è riuscito a ribaltare ogni fattore negativo, e a vincere; l'ha fatto, però (va detto) in un Tour disegnato peggio del solito, più facile di tanti altri, e soprattutto senza lo straccio di un rivale serio.
E sì, perché il lavorone gliel'hanno fatto alla vigilia, sbarazzandogli la visuale dalle ingombranti presenze di Basso, Ullrich, Mancebo, Vinokourov, mentre Valverde ci ha pensato da sé, si è rotto la clavicola alla terza tappa e ha salutato la compagnia. E francamente perdere contro Pereiro, Klöden, Sastre, Evans, Menchov, non sarebbe stata cosa da inserire in un qualsiasi curriculum (ovviamente il concetto vale anche al contrario: tutti i nomi testè citati hanno perso da Landis, non certo da un Merckx).
Il Tour è stato strano. Di un film si dice: se non ha attori famosi, abbia almeno una trama avvincente. Stavolta per essere avvinti abbiamo dovuto aspettare la seconda parte del secondo tempo: fin lì, noia da polpettone (avvelenato). Poi, tra una fuga bidone (Pereiro, a cui hanno lasciato mezz'ora di margine che lo spagnolo si è giocato come ha potuto, ottenendo alla fine il secondo posto generale), una situazione in cui tutti i favoriti si guardavano senza attaccarsi troppo, e una crisi terribile (Landis a La Toussuire), è emerso il colpo di genio (massì, riconosciamoglielo) che Floyd ha avuto nella tappa di Morzine, ultimo appuntamento alpino, in cui è partito in fuga sulla prima salita e poi, fidando nell'insipienza delle squadre rivali (Team Csc su tutti, ma anche T-Mobile), ha accumulato un vantaggio-monstre che l'ha riproiettato al vertice, permettendogli di avere buon gioco nella crono di sabato. Bravo lui, quindi, ma somari gli altri.
E oggi, dopo l'ultima tappa (ha vinto Hushovd in volata su McEwen), l'occhio andava al podio (con Cunego maglia bianca di miglior giovane, questa sì che è un'ottima notizia), ma la mente volava su Ivan Basso, che, stando alle ultime, sarebbe quasi scagionato dalle accuse che ne hanno impedito la partecipazione a un Tour che avrebbe stravinto. Ivan rientrerà, forse, tra un paio di settimane al Giro di Danimarca. Vorrà spaccare il mondo: come biasimarlo?