«Attenti, sapremo sorprendervi» - Intervista a Corti, tm Barloworld
Versione stampabileI se e i ma della stagione 2005 della Lampre-Caffita, per il Team Manager Claudio Corti hanno poca importanza. Quello che conta per lui sono i fatti, non le chiacchiere. E lo sguardo dev'essere rivolto al futuro. Oggi più che mai, visto che ha deciso di affrontare una nuova avventura al fianco del team Barloworld. Determinato e pragmatico, nutre grandi speranze nel progetto intrapreso. Scopriamo insieme qualcosa in più sui suoi progetti e le sue idee.
Per quanto riguarda il passato, parliamo soltanto di alcuni giovani promettenti della ex Lampre-Caffita, cominciando da Marco Marzano e Samuele Marzoli.
«Per via dei naturali problemi di adattamento alla nuova categoria, il primo periodo da neoprofessionista di Marzano è stato difficoltoso. Ma negli ultimi due mesi ha saputo inserirsi e dimostrare il suo valore. Marzoli è buon velocista, è un ragazzo sicuramente dotato, che farà strada. Secondo me è passato al professionismo troppo presto. In linea generale, io non condivido il passaggio al professionismo a soli 19, 20, 21 anni. È bene che un giovane rimanga nel suo giusto ambito per allenare l'istinto alla vittoria - istinto che va allenato allo stesso modo in cui va allenato il fisico. Anche i corridori talentuosi devono percorrere la propria strada senza bruciare le tappe. Se passano professionisti subito, anche se hanno qualità perdono l'abitudine a disputare i finali di corsa in un certo modo».
Ballan e Franzoi rappresentano il futuro italiano per le classiche del nord?
«Franzoi potrà certamente comportarsi bene, ma ha pochissima esperienza nelle corse su strada. È un ragazzo che possiede ottime qualità anche dal punto di vista dei test da laboratorio. Affermare che Franzoi sia il futuro italiano per le classiche del nord mi sembra eccessivo, ma è giovane e potrà dimostrarci ancora molte doti. Noi parliamo delle classiche del nord, ma gira e rigira sono soltanto due, il Fiandre e la Roubaix, perché già la Liegi e la Freccia sono corse adatte a corridori dotati di caratteristiche diverse. Con la stagione che ha disputato quest'anno, ma anche con ciò che aveva già dimostrato nel passato, è evidente che Ballan si pone fra i corridori che hanno le caratteristiche per comportarsi bene in queste gare».
Passiamo al suo nuovo progetto, il team Barloworld. Perché ha intrapreso questa nuova avventura?
«Non c'è stato modo di continuare il rapporto con Caffita, di conseguenza io ho fatto altre scelte».
Come avete impostato l'inizio di stagione?
«L'organico è completo. Dal 23 gennaio al 2 febbraio siamo stati in ritiro a Montecatini. Per motivi organizzativi - abbiamo creato la squadra in una ventina di giorni, e in più abbiamo a che fare con corridori provenienti da ogni parte del mondo - siamo partiti un attimo dopo gli altri. Abbiamo corso al GP Costa degli Etruschi, al GP Internacional da Costa Azul, al Trofeo Laigueglia e alla Volta ao Algarve. So che la nostra squadra potrà comportarsi bene. Dovremo correre con attenzione in tutte le gare e puntare ad ottenere grandi risultati. Non è questione di stabilire quali corse ci interessano e quali non ci interessano: io lavoro al di fuori da questi schemi. Credo che i corridori debbano essere sempre all'altezza del proprio potenziale, cercando sempre il massimo. È evidente che sulla carta siamo una team con poche punte, con pochi leader, ma non è detto che non potremo realizzare delle ottime prestazioni. Nell'ultima parte della campagna acquisti ho fatto inserimenti importanti, ho trovato ancora corridori di un buon livello. Ripeto, non mi sorprenderei se ci fossero delle sorprese con questa squadra».
Il capitano ufficiale è Astarloa?
«Sì, ma non è questione di avere dei capitani. È questione di avere una squadra forte, ben organizzata, ben affiatata e determinata sugli obiettivi. Spesso, con corridori meno quotati ma determinati, e ai quali si riesca a trasmettere davvero la concentrazione e l'importanza di ciò che stanno facendo, si può ottenere tanto».
Due acquisti interessanti sono i giovani Facci ed Alexander Efimkin.
«Facci ha già alle spalle 3 anni di professionismo ed un Tour de France, ed ha ottenuto risultati di rilievo. È un ragazzo da conoscere e da fare crescere. Mi auguro che sappia seguire le nostre indicazioni ed entrare nello spirito del team, per ottenere il massimo. Efimkin è un atleta abbastanza completo, ancora in fase di crescita. I corridori non si possono etichettare: alcuni vanno bene nei dilettanti e poi non mantengono ciò che hanno promesso, altri invece, che sembrano a livelli più normali, tra i professionisti si trovano a meraviglia. È ovvio che dobbiamo sempre puntare al massimo, ma possiamo lavorare con questo spirito. Ed io spero in Efimkin».
Sul palcoscenico italiano chi è il giovane più promettente?
«Cunego, punto e basta. Non c'è nessun altro».
È adatto a questo Giro?
«I limiti o le capacità di Cunego non si conoscono ancora appieno. A mio avviso è un corridore adatto a qualunque percorso. Lui, Simoni e Basso saranno coloro che avranno più possibilità di lottare. È evidente che questo è un Giro duro - tra i più duri di sempre - e penso che Simoni sia tra i naturali pretendenti al podio. Ma non vorrei imbarcarmi su questa via, non amo fare i pronostici».
Un parere sull'istituzione del Pro Tour?
«Innanzitutto, il progetto Pro Tour che l'UCI aveva presentato non si è ancora realizzato completamente, perché i tre Grandi Giri ne sono fuori. Dal punto di vista tecnico-sportivo condivido il concetto. Già 5 anni fa avallavo un discorso di questo tipo: mi aspettavo una riformulazione dei gruppi sportivi e delle gare, come in effetti è stato con l'avvento del Pro Tour. Non lo condivido dal punto di vista regolamentare-organizzativo. Non ero d'accordo su quest'aspetto l'anno scorso, prima che partisse il progetto, figuriamoci adesso».
Nella sua carriera ha rivestito diversi ruoli, rappresentano tutti esperienze ugualmente positive?
«Ho fatto il corridore, il Direttore Sportivo, e da 9 anni sono Team Manager. Non mi pongo la questione di dove mi sono trovato meglio. L'importante è lavorare seriamente ed avere ben chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Credo di aver fatto bene come corridore, come ds, ed altrettanto bene come Team Manager».
Ha un desiderio particolare per la sua nuova formazione?
«Non pongo mai limiti a quello che possiamo fare. Spero di creare un bel gruppo, con un buon affiatamento ma soprattutto con una mentalità di squadra, fattore, quest'ultimo, determinante per ottenere grossi risultati».
Suo figlio Marco è un ottimo corridore, al secondo anno U23 nelle fila dell'UC Bergamasca.
«Nel corso del primo anno ha avuto una costanza di rendimento e, a mio avviso, anche se non ha vinto, tra i giovani appena passati si è distinto. Adesso è al secondo anno e diventa impegnativo correre. Gli auguro di riuscire a ritagliarsi soddisfazioni più concrete rispetto all'anno di esordio. Come caratteristiche tecniche forse Marco mi assomiglia ma, ripeto, le doti si devono dimostrare col tempo. Sta mantenendo la passione che aveva anche qualche anno fa, quando correva più per gioco che per sport, e mi fa piacere. So che praticare il ciclismo migliora le qualità psicologiche e fisiche, per questo spero che il suo entusiasmo non svanisca mai».
Internet è per lei uno strumento indispensabile?
«Non sono un patito della rete. Magari a volte leggo qualche piccola curiosità, ma generalmente mi serve solo per reperire informazioni concrete, non per conoscere le opinioni e i commenti. Nel nostro lavoro è normale interessarsi più ai fatti che alle parole...».