Paesi Baschi, la quinta tappa - Di Luca fa paura
La mattina
La quinta tappa del Giro dei Paesi Baschi si divideva in due semi-tappe: la mattina con l'arrivo in salita di Arantzazu-Oñati di 93 chilometri, nel pomeriggio la cronometro conclusiva di 9,3 km non propriamente piatti, quindi, calcolando distanza e percorso, non favorevole agli specialisti del tic-tac.
Nella tappa del mattino c'è stata la grande affermazione di Voigt (Team Csc) che ha sfruttato la pioggia ed il freddo (meteo abituale da queste parti ma che i corridori hanno incontrato oggi per la prima volta) e le perplessità dei migliori che per non rischiare un'andatura troppo veloce nelle discese con le strade bagnate hanno lasciato spazio prezioso all'ultimo vincitore del Giro del Mediterraneo, che si è presentato ai piedi dell'ultima asperità con ben 2'30" di vantaggio: troppi per perderli tutti.
Le prestazioni da richiamo però, oltre alle doti di passista e di resistenza alle fughe solitarie di Jens Voigt (che si candida al ruolo di guastafeste per le Ardenne, soprattutto se il tempo sarà rigido e piovoso come oggi), vengono da altri uomini: innanzitutto un plauso alla Comunitat Valenciana-Elche che dimostra di poter fare a meno del suo "bimbo prodigio" Valverde Belmonte. Sempre all'attacco in ogni tappa gli uomini blu-verdi, mettendo in mostra tutti i gioielli della propria formazione: da Carlos García Quesada a David Latasa Lasa, da David Blanco Rodríguez (2° di tappa stamattina) a Javier Pascual Rodríguez, da Muñoz a Eladio Jiménez Sánchez.
Bellissimo il piglio con il quale gli spagnoli hanno affrontato questa corsa, e seppure in classifica non sono presenti tra i primi 10, la loro è una dimostrazione di come una squadra Professional (come la Ceramica Panaria alla Tirreno-Adriatico e come la Kaiku durante gli stessi Paesi Baschi) dovrebbe porsi nelle poche possibilità che le wild-card danno loro di mettersi in mostra nelle gare di alto blasone.
I migliori oggi si sono un po' risparmiati, chi pensando alla cronometro del pomeriggio, chi volendo salvaguardare la propria persona per via del fondo stradale reso viscido dalla pioggia: abbiamo visto comunque i migliori sempre in testa al gruppo tirato costantemente dalla squadra del leader della corsa, la Illes Balears di Aitor Osa Eizaguirre. Damiano Cunego (Lampre-Caffita), Denis Menchov e Michael Boogerd (Rabobank), Davide Rebellin (Gerolsteiner), Danilo Di Luca (Liquigas-Bianchi), tutti in cima al plotone per evitare cadute molto frequenti nella pancia del gruppo quando vento e pioggia condiscono l'aria che viene incontro.
Ai piedi dell'Alto de Aranantzu, con Voigt ormai irraggiungibile ma con Blanco Rodríguez e soprattutto la maglia gialla di leader nel mirino, la Liquigas-Bianchi piazza Cioni, Noè e Miholjevic a scandire il ritmo, poi viene scalzata dalla Rabobank ed ecco che parte Danilo Di Luca. Dapprima ci aveva provato Valverde Belmonte a fare la differenza, senza successo, mentre il capitano del team di Roberto Amadio riesce nel suo intento. Nel giro di un chilometro guadagna una decina di secondi, toccando la punta massima di 18" ai meno 3 km dall'arrivo.
La Illes Balears si organizza e mette al lavoro Unai Osa (il fratello dell'Aitor in maglia gialla che arrivò terzo nel Giro d'Italia del 2001) e il generoso Valverde Belmonte. Di Luca non riesce ad acciuffare Blanco Rodríguez, e perde nei confronti del gruppo: nell'ultimo chilometro Aitor Osa, brillantissimo, rompe gli indugi ed esce personalmente in difesa della sua leadership, rosicchiando 10" a Di Luca negli ultimi mille metri.
Nel gruppetto dei migliori che ritroveremo nelle Ardenne segnaliamo la presenza dei "soliti" Damiano Cunego, Michael Boogerd e Davide Rebellin (dal primo forse ci si aspettava un tentativo sull'ultima ascesa verso l'arrivo, ma forse senza il mordente della vittoria di tappa è scemata anche la voglia del veronese di provare), Martín Perdiguero (Phonak Hearing Systems), veramente in grado di qualsiasi risultato nei giorni di grazia (al Giro di Catalogna dello scorso anno riuscì a vincere addirittura una cronoscalata!!) ed a questo punto candidato a mantenere il suo stato di forma sino alla Liegi, ed ancora Dario Frigo (Fassa Bortolo), David Moncoutie (Cofidis) e David Etxebarria Alkorta (Liberty Seguros-Wuth), mentre la coppia T-Mobile Vinokourov-Kessler paga rispettivamente 20" e 45" ai corridori su menzionati. Non staranno certamente stappando champagne in casa dello squadrone tedesco, ancora a secco di vittorie e sul cui orizzonte si scorgono più ombre che luci per il futuro.
Mayo Diez e Haimar Zubeldia Agirre (Euskaltel-Euskadi), Azevedo (Discovery Channel) ed Heras (Liberty Seguros-Wurth) pagano cinque minuti, ma per loro la stagione è ancora agli inizi (anche se Mayo Diez non ha corso poco), mentre in vista del Giro d'Italia non ci sono particolari note dolenti, eccezion fatta per Wladimir Belli (Domina Vacanze), che comunque a maggio dovrà agire in appoggio all'ucraino Honchar e non fare corsa a sé, Samuel Sánchez González (che paga gli errori ascrivibili a tutto il team Euskaltel), Christophe Brandt e Juan Miguel Garate Cepa, presumibilmente i capitani in Italia della Davitamon-Lotto e della Saunier Duval-Prodir.
Ivan Basso (Team Csc) non è al meglio, d'accordo, ma la sua condizione è dettata da un ritardo nella tabella di marcia dovuto alla doppia partecipazione Giro-Tour che affronterà quest'anno per la prima volta con spiccate velleità di successo per entrambe le manifestazioni; c'è poi da mettere in conto la caduta patita durante la prima tappa (che ha costretto al ritiro Sastre Candil) e l'uscita di classifica che lo ha indotto a non forzare nelle tappe più dure salvando un po' la gamba in vista di Liegi.
Stefano Garzelli e Dario David Cioni (Liquigas-Bianchi) sono andati un po' a corrente alterna: il primo è andato in crescendo (oggi ha chiuso con Menchov a 8" da Cunego & soci), mentre il secondo è stato utilizzato dalla terza tappa in poi come aiuto a Danilo Di Luca, soprattutto in pianura ed ai piedi delle salite. Il suo ritardo in classifica perciò è più che legittimo.
In casa Française des Jeux si sta assistendo alla costante crescita del gioiellino Thomas Lövkvist, oggi in grado di tenere le ruote dei migliori per tutta l'ascesa verso Oñati e che ha pagato soltanto 40" nel difficile strappo di Traparagan della seconda tappa; insieme a McGee (nel caso l'australiano bissasse la partecipazione del 2004 al Giro d'Italia) e Gilbert, lo svedese sarà uno degli osservati speciali (soprattutto in ottica futura sulla resistenza e la competitività durante le tre settimane). Serhiy Honchar (Domina Vacanze), Leonardo Bertagnolli (Cofidis), Tom Danielson e Paolo Savoldelli (Discovery Channel) mantengono costante il loro andamento in vista di maggio, mentre un pochino offuscato da Patrice Halgand (che comunque oggi è andato in crisi pagando quasi 3' ai migliori) è stato Pietro Caucchioli (Crédit Agricole), comunque in grado di migliorare da qui ad un mese.
Il pomeriggio
Nel racconto di stamattina avevamo tralasciato il parlarvi di qualche corridore, sicuri che ce lo saremmo ritrovati in testa all'ordine d'arrivo della cronometro del pomeriggio: detto, fatto.
Alberto Contador Velasco (Liberty Seguros-Wurth), Bobby Julich (Team Csc), Oscar Pereiro Sio (Phonak Hearing Systems) e Michael Rogers (Quick Step) sono tutti compresi dal primo al sesto posto, intervallati soltanto dalle grandi prestazioni degli italiani Davide Rebellin e Danilo Di Luca, di cui parleremo più avanti.
La vittoria è stata conquistata dal giovane spagnolo, già vincitore alla Settimana Catalana e protagonista al Tour Down Under (a gennaio, in Australia) e protagonista nell'ultima tappa sul Col d'Eze della scorsa Parigi-Nizza. Appena dietro al ragazzo prodigio del team di Manolo Saiz (che, a questo punto, con il compagno di squadra Luis Leon Sánchez Gil si propone come grande protagonista delle corse a tappe per il futuro iberico) si piazza Bobby Julich, uno dei candidati alla vittoria finale (gli altri, vista la tappa di stamattina, rimanevano Aitor Osa, Di Luca, Rebellin e Rogers). L'americano paga lo scotto della giovane età dell'avversario e di una stagione fin qui ricca di successi (alla Parigi-Nizza ed al Critérium International) ma anche dispendiosa.
Oscar Pereiro Sio e Michael Rogers, protagonisti insieme ai due citati precedentemente anche nella tappa di stamattina (tutti con lo stesso tempo dei vari Cunego, Rebellin e Boogerd), hanno pagato un po' di dazio non soltanto ai due specialisti, il "giovane" Contador Velasco ed il "vecchio" Julich, ma anche a Davide Rebellin, ottimo terzo, ed a Danilo Di Luca, sorprendentemente quarto sulla linea d'arrivo con un secondo di ritardo dal vicentino autore dello storico tris sulle Ardenne nel 2004 (in una settimana si aggiudicò Amstel Gold Race, Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi battendo per due volte Boogerd ed una Di Luca). Ma la stagione di Pereiro Sio e di Rogers proseguirà con Giro di Romandia, Giro di Svizzera (o Criterium del Delfinato) e Tour de France, quindi il loro ruolino di preparazione procede sotto le più rosee previsioni ed aspettative.
Tornando in casa Italia, come non soffermarsi sulle grandi prestazioni di Rebellin e, soprattutto, Di Luca: l'abruzzese, pimpante e scatenato nella corsa basca, stamattina aveva provato a fare il vuoto tra sé ed Aitor Osa per incamerare secondi di vantaggio (non pensiamo si preoccupasse dello spagnolo, ma più realisticamente era timoroso di Rebellin e Julich) e la sua azione era un po' scemata nel finale, con un solo secondo portato in dote da uno sforzo notevole. Invece Danilo è riuscito a recuperare e, concentratissimo, è partito a tutta facendo registrare il miglior tempo all'intermedio di metà percorso (in cui si registra l'ottimo tempo di Nibali, sempre più in crescita) e mantenendo costante il suo impegno per tutta la gara, pagando soltanto 9" a specialisti del calibro di Contador Velasco e Julich, e la miseria di 1" a Rebellin; Aitor Osa è a 25", troppi per impensierirlo.
Ma abbiamo ragione di credere che Danilo Di Luca fosse determinato in primis per dimostrare a sé stesso di esserci, di essere tornato, di poter ancora - dopo un anno anonimo col solo 2° posto alla Freccia Vallone ed il 4° posto all'Amstel Gold Race del 2004, troppo poco per un potenziale campione come lui - competere per le vittorie, non solo per i piazzamenti. Il Giro dei Paesi Baschi gli consegna questa vagonata di fiducia e di entusiasmo, a poco più di una settimana dal primo appuntamento delle Ardenne, l'Amstel Gold Race che si corre in terra olandese. Sulla sua strada ci saranno i già visti, sugli stessi percorsi, Rebellin, Boogerd, Kessler e Vinokourov, nonché Erik Dekker (Rabobank), Paolo Bettini (Quick Step, sperando possa rimettersi) e Mirko Celestino (Domina Vacanze), nonché quel Peter Van Petegem (Davitamon-Lotto) che potrebbe avere il dente avvelenato dalla Campagna del Nord, per lui finora avara di soddisfazioni (ma la Roubaix di domenica potrebbe "addolcirlo").
La perla
Non ce ne vogliano Jens Voigt e Danilo Di Luca, comunque coraggiosi e bravissimi, ma la freddezza con cui Aitor Osa Eizaguirre gestisce la squadra e la corsa dopo lo scatto dell'abruzzese, stamattina, è da manuale: sarebbe stato facile saltare sui pedali e rischiare di andare fuori giri sotto i colpi dell'indiavolato italiano, mentre Aitor Osa, comunque fortunato nel trovarsi con due compagni di squadra nel momento cruciale, rimane lucido e sfrutta il lavoro del fratello Unai e di Valverde Belmonte (generosissimo - il suo ritardo di tappa è dovuto al lavoro svolto per il leader) e poi all'ultimo chilometro si lancia all'inseguimento personale del capitano della Liquigas-Bianchi, rosicchiando tutti i secondi che lo separavano dall'italiano e riuscendo a mantenere la maglia gialla per un secondo. Tenace, e ritrovato in vista Freccia Vallone e Giro d'Italia.
L'errore
Dopo la "bravata" dei giudici belgi nel finale della Gand-Wevelgem a danno di Flecha Giannoni (Fassa Bortolo) ed a vantaggio di Mattan (Davitamon-Lotto), oggi gli spagnoli danno adito a qualche ulteriore polemica: Aitor Osa Eizaguirre mantiene la maglia di leader per 1" su Di Luca, perdendo un solo secondo nella tappa di stamattina. La sensazione è che di secondi ce ne fossero (almeno) due, e questa parità di tempo avrebbe consentito all'italiano di partire per la cronometro pomeridiana con l'effigie del primato sulle spalle (avrebbero avuto lo stesso tempo lo spagnolo e l'abruzzese, ma Di Luca poteva vantare migliori piazzamenti), e per ultimo, avendo un riferimento nel rivale, anziché esserlo per lui. Questione di lana caprina, d'accordo, ma di questi tempi di occhi aperti se ne hanno quattro, non due: e meno male che Di Luca poi mette tutti d'accordo con una grande prova contro il tempo.