Freire, terza perla iridata - Oscar, trionfo mondiale numero 3
Sarà che Verona fa rima con Oscar, o sarà che da oggi lo dovremo chiamare, col più facile dei calembour, Treire, fatto sta  che ancora una volta, la terza in sei anni (e la seconda sul circuito veneto su cui si rivelò nel 1999), il vincitore del  titolo mondiale su strada è l'uomo di Torrelavega, Cantabria, Spagna.
 Non è uno che vince tantissimo, Freire, ma i suoi successi hanno un peso specifico enorme: tre campionati del mondo,  esattamente come mostri sacri che si chiamano Binda, Van Steenbergen e Merckx, e una Sanremo, quest'anno, davanti a Zabel,  al povero, predestinato alla sconfitta bruciante, Erik Zabel.
 Era uscito dalla Vuelta (dopo due settimane, scegliendo di non dannarsi l'anima su una serie infinita di montagne, ma di  andare a rifinire la preparazione a casa) in modo splendido, dopo averlo visto sulle salitelle spagnole, brillante e assai  efficace, tutti avevano iniziato a temerlo seriamente per la gara di questa domenica. Che sarebbe stato difficile  staccarlo in salita lo sapevamo bene, ma avevamo creduto che Oscar avrebbe fatto di tutto per restare attaccato (o poco  distante, per poi rientrare in discesa) ai migliori sugli ultimi passaggi alle Torricelle, e che eventualmente si sarebbe  giocato il successo in volata.
 Ma chi poteva mai immaginare che invece proprio lui, all'ultima scalata, avrebbe addirittura provato lo scatto in prima  persona, dimostrando una condizione straripante e ben assecondata da uno squadrone che, alla prova dei fatti, ha  dimostrato di essere interamente votato allo sprinter? Ha detto bene Freire: "Dedico questo successo anche a Valverde",  perché Alejandro, terzo l'anno scorso e capacissimo oggi di giocarsi le sue chance nella volata ristretta, si è invece  sacrificato per tirare lo sprint al suo compagno.
 Le cose sono andate benissimo agli spagnoli: chissà come sarebbe finita se Bettini, incappato in un banalissimo  infortunio, non si fosse ritirato a metà gara; ma se non avremmo forse visto sei giallorossi in fila indiana a tirare  nell'ultimo giro, dubitiamo che gli uomini di Antequera non sarebbero stati ugualmente protagonisti.
 Corsa troppo morbida perché la durezza delle Torricelle venisse sfruttata appieno, tornata dopo tornata; e quindi tattica  ideale per i velocisti resistenti (Freire, Zabel, O'Grady, non a caso tre dei primi quattro al traguardo): questo si è  detto e si continua a ripetere dopo la fine del Mondiale veronese. Di errori e ipotesi parleremo a parte, per il momento  ci piace comunque onorare un corridore atipico, ma capace di essere un orologio svizzero quando si tratta di avvicinarsi a  un appuntamento importante.
 Freire non ha un palmares da primadonna, se si eccettuano i tre mondiali vinti; e proprio per questo c'è chi pensa che non  sia fino in fondo degno di eguagliare Merckx e soci come numero di maglie iridate conquistate. Però la grandezza di Oscar  si giustifica e si legittima tutta proprio in questo dato: non crediamo di sbagliare se scommettiamo che la maggioranza  degli uomini del gruppo baratterebbero le loro vittorie con tre mondiali. Nel senso che uno che conquista per tre volte la  maglia iridata non deve dimostrare praticamente nient'altro. Tanto più che, a parte la Sanremo già messa in carniere,  Oscar ha diverso tempo davanti a sé per rimpinguare il bottino di classiche e corse importanti: alla sua età il  celebratissimo Museeuw aveva vinto un Fiandre, un'Amstel (più povera di contenuti tecnici rispetto all'Amstel attuale),  una Parigi-Tours e un GP di Zurigo, oltre a un campionato belga. Ma non si fatica ad ammettere che i successi più  importanti per il belga sarebbero venuti dopo.
 Quindi, un bravissimo a Freire e uno alla Spagna, che ha saputo centrare l'oro mondiale per la quinta volta in dieci anni,  una media da far invidia a chiunque. Anche a chi parte, ogni anno, coi favori del pronostico, e poi non sempre si dimostra  degno di tante attenzioni.
 

 Freire - 10
 Terzo titolo mondiale, bis a Verona a distanza di 5 anni dal suo primo iride. Corre benissimo, coperto fino al penultimo  giro, quando la Spagna viene fuori e impone un ritmo che fa fuori Astarloa, ma non lui. Il quale scatta pure in salita,  all'ultima tornata, prima di vincere nettamente allo sprint.
 Antequera - 10
 Il ct della Spagna ha il sangue di un rettile: freddo fino all'inverosimile, si disinteressa di fughe e fughine, e aspetta  solo il momento giusto per mettere i suoi a tirare. Il risultato è una squadra praticamente integra quando la corsa entra  nel vivo. Complimenti anche per il lavoro psicologico: non è facile vedere un pezzo da 90 come Valverde tirare la volata a  un compagno. Roba da Martini d'altri tempi.
 Valverde - 9
 Grande generosità, tira in salita quando gli tocca, si fa trovare pronto ad entrare nel gruppetto degli eletti, e poi non  evita di tirare la volata a Freire, chiudendo pure con un buon sesto posto.
 Paolini - 8,5
 Si sfianca in appoggio a Bettini, quando il capitano fa l'elastico tra il gruppo e l'ammiraglia. Non cede strada facendo,  si fa trovare pronto in testa al gruppo ed è capace di rientrare nel finale, per disputare una volata in cui il terzo  posto, davanti a uno specialista come O'Grady, è più di quanto potessimo sperare di avere: molto bravo, il suo futuro è  lucente.
 Perez Rodriguez - 8
 E' lui l'autore dell'andatura che screma definitivamente il gruppo sulle Torricelle per due tornate consecutive.
 Cunego - 8
 Capitano in seconda, fa di necessità virtù; se Bettini fosse rimasto in gara, avrebbe potuto giocarsi meglio le sue carte,  magari con un attacco nel penultimo giro. Così, invece, deve aspettare, e non riesce a sottrarsi al controllo ormai ferreo  dei velocisti nel finale.
 Basso - 8
 Ottimo ritmo, e al penultimo giro va all'attacco. Non è colpa sua se poi Boogerd, che lo raggiunge, non collabora troppo.  Si ripropone anche nell'ultimo giro, e con Cunego in cima alle Torricelle c'è ancora lui. Undicesimo al traguardo,  meriterebbe almeno la top ten.
 Zabel - 7
 Fa quasi per intero il suo, resistendo in salita finché può, rientrando in discesa dopo l'ultima scalata, arrivando bene a  disputare la volata. Purtroppo per lui c'è Freire: secondo argento al Mondiale dopo quello del 2002.
 Frigo - 7
 Un uomo del suo carisma potrebbe ambire ad un ruolo più importante in azzurro, e invece quando va in fuga viene inseguito  dai suoi stessi compagni. No problem, si mette a disposizione e quando è il suo turno fa un'andatura infernale sulle  Torricelle. Sprecato, esattamente come dodici mesi fa.
 Petito - 7
 Fa per intero il suo dovere, entra nella fuga a 30 al decimo giro, poi tira in gruppo, quindi aiuta Bettini, e si ritira  stremato insieme al capitano.
 O'Grady - 6,5
 Tutto come Zabel, a parte un paio di posizioni in meno al traguardo.
 Boogerd - 6,5
 Piazzato come spesso gli accade, forse osa poco quando si trova con Basso all'attacco, al penultimo giro, e non collabora  come potrebbe.
 Mazzanti - 6,5
 Va in fuga, poi non si tira indietro quando si tratta di inseguire i 5 del dodicesimo giro. Riesce anche a finire la  prova.
 Nardello - 6,5
 Non è colpa sua se non ha molto senso che venga utilizzato per inseguire 4 compagni in fuga. Solido come sempre.
 Pellizotti - 6
 E' nella fuga a 30, ma poi viene usato fuori ruolo: non attacca, non difende, e sì che pare star benino. A cosa  serviva?
 Simeoni - 6
 Accelera in salita al decimo giro, poi tira molto per inseguire i 30, ma finisce troppo presto la benzina.
 Vinokourov - 6
 Ci si aspettava ben altra effervescenza da lui, invece è un po' sotto tono, e non incanta anche se arriva coi primi: e il  suo tentato allungo all'ultimo chilometro non ha né la potenza né l'efficacia dei suoi giorni migliori.
 Moreni - 5,5
 Si vede un paio di volte davanti, tenta l'allungo ma non fa male a nessuno. Ce lo aspettavamo più incisivo.
 Popovych - 5,5
 Entra nella fuga a 30, poi, una volta ripreso, scompare dall'orizzonte.
 Ballerini - 5
 Una serie di scelte poco convincenti, che discutiamo a parte, rendono addirittura secondario il colpo di sfortuna occorso  al capitano della sua nazionale.
 Astarloa - 5
 Il campione uscente è moscissimo e si perde prima che la gara conosca i suoi snodi principali.
 Garzelli - 4,5
 Doveva essere il terzo capitano, lo si è visto davanti (ma in terza ruota) solo al 15esimo giro, poi si è ritirato.
 Bettini - s.v.
 Il suo Mondiale, in pratica, non inizia nemmeno: troppo sfortunato.
 Una grande Spagna si presentava con la bellezza di quattro capitani. Posto che Astarloa è risultato assai giù di tono, e  che Flecha non era al meglio come qualche giorno fa, gli altri due uomini forti di Antequera sono comunque stati in ogni  momento in prima linea, e questo è un merito di una scelta di qualità coniugata alla quantità. Invece è segno di coerenza  inviare (ben) cinque uomini in fuga e non inseguirli, anche se sono in compagnia di altri 25, più o meno temibili. Poi,  approfittando dell'ansia degli azzurri, gli spagnoli hanno continuato a stare coperti anche quando bisognava inseguire  Calzati, Zampieri, Moerenhout, Hoj e Huzarski, lasciando ai nostri il lavoro. Praticamente perfetti.
 L'Errore - Eccoci alle scelte di Ballerini che non ci hanno convinto. A monte c'è il peccato originale della  mancata convocazione di Rebellin. E' vero che ora è facile dirlo, ma non è possibile che non ci sia stata un'alternativa  credibile a Bettini. E se Paolino si fosse fatto male, come poi è successo? E poi, nell'eventualità di una gara dal ritmo  blando, proprio sicuri che un posto a Petacchi non lo si potesse riservare?
 Seconda cosa inconcepibile: per l'ennesima volta mandiamo in fuga degli uomini e lasciamo che dei loro compagni li  inseguano. Ma perché allora far attaccare Frigo, Pellizotti, Mazzanti e Petito, se poi non si credeva in loro? Invece  proprio Frigo ha dimostrato che non sarebbe stato l'ultimo arrivato, se l'azione fosse proseguita, e Pellizotti alla fine  è risultato sottoutilizzato: giro dopo giro si poteva scremare il drappello dei 30, e la fuga sarebbe stata molto  interessante. Allo stesso tempo, poi, non riusciamo mai a inserire un uomo in una fuga che prende il largo: perché Moreni  non era con Zampieri, Calzati e compagni?
 Detto del troppo tempo perso per capire se Bettini c'era o non c'era (bastava un giro in meno), la critica maggiore che  oggi ci sentiamo di rivolgere a Ballerini riguarda una gara resa facile all'inizio: ci aspettavamo un ritmo alto sin dalla  partenza, per tenere a bada Freire e soci, e invece abbiamo servito su un piatto d'argento alla categoria degli sprinter  la soluzione del caso. Non abbiamo "chiamato" la selezione sulle Torricelle, tenendo in gioco fino al termine una serie di  rivali pericolosissimi. Come sperare, a queste condizioni, che Cunego facesse il vuoto all'ultimo giro?
 Insomma, è vero che Bettini è stato sfortunato, ma non ha forato all'ultimo chilometro, o caduto sull'ultima discesa. Dal  suo incidente al traguardo c'era il tempo per riorganizzarsi, e forse non lo si è fatto al meglio. Il favore degli dei non  è facile da avocare a sé, ma Ballerini è sicuro di aver fatto tutto il possibile per meritarselo?
 
 La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo. E stavolta la dea bendata ha tolto a Bettini quello che gli aveva  concesso ad Atene, lasciandogli in cambio soltanto un incidente incredibile, che lo ha messo fuori causa a oltre 90 km dal  traguardo. Paolino aveva forato poco prima, e aveva dovuto cambiare la ruota. Non passavano che pochi chilometri, e  Bettini per un problema meccanico decideva di cambiare nuovamente la ruota, ed ecco in agguato la beffa del destino.  Nella concitazione del momento, Paolino è andato a sbattere col ginocchio destro contro lo sportello dell'ammiraglia di  Ballerini.
 Un incidente banale come non mai, eppure decisivo: infatti il capitano azzurro si procura una contusione al nervo, e ogni  volta che distende la gamba sente una fitta, un fastidio, un dolore acuto. Prova e riprova, col ghiaccio spray, e poi con  quello tradizionale, a mettere la sordina alla "scossa" che sente pedalando. Resta costantemente in fondo al gruppo,  assistito da Petito, da Paolini, da Pellizotti, ma la gamba non va, non va più. E allora dà ai compagni il "liberi tutti",  si stacca definitivamente e vede gli altri azzurri predisporsi a una nuova tattica di gara, dalla quale lui è ormai  escluso.
 Si ritira sconsolato, e dal box dell'Italia segue, in tv, il resto del Mondiale, accanto a Martini. Gioisce, con  moderazione, per il bronzo di Paolini, dopo essersi stupito per il terzo iride di Freire. Ma su tutto si staglia  l'amarezza di questo mondiale sfuggitogli, perché Bettini sente dentro di sé la più sicura e indimostrabile delle verità:  con lui in gara fino alla fine, le cose sarebbero andate molto diversamente.
 
Le dichiarazioni dei protagonisti
 Non è facile commentare una sconfitta bruciante come quella subìta in casa, sul circuito veronese, dalla nazionale azzurra  ieri. Ma il ct Franco Ballerini è ugualmente sereno: «La squadra ha fatto quanto ha potuto, ma la sfortuna ci ha messo  fuori l'uomo che poteva battere Freire in volata. In più di una occasione Bettini ha fatto, dopo 260 km, delle volate  cattive: nel gruppetto finale mancava solo sui. E, se tutto fosse andato bene, forse staremmo qui a dire cose diverse».
 Dello stesso tenore sono le dichiarazioni di Bettini, che ci aggiunge il personale rammarico per non essere incappato nel  giorno giusto: «La mia giornata è stata tutta negativa, però la squadra ha girato bene e si è comportata nel migliore dei  modi. E il podio di Paolini è un bel risultato: la vittoria è sempre più bella ma bisogna saper accettare la sconfitta,  soprattutto se se è battuti da Freire, al suo terzo Mondiale, e da Zabel».
 Qualche crepa nell'apparentemente inscalfibile versione ufficiale di casa Italia la si coglie nelle parole di Damiano  Cunego, capitano in seconda: «Siamo stati bravi e sfortunati. Certo, se si fosse fatta una corsa dura sin dai primi giri,  forse i velocisti come Freire, Zabel e O'Grady non ce l'avrebbero fatta a tenere fino al traguardo».
 E il vincitore, Oscar Freire, si gode con misura questo terzo titolo mondiale: «E' stata più bella la vittoria di cinque  anni fa, questa la metto al secondo posto e davanti a quella di Lisbona perché correre un Mondiale in Italia, con tanta  gente competente, è tutta un'altra cosa. Siamo stati fortunati, Bettini no».
 




