Tour de France 2004 - Nîmes: Aitor Gonzalez
Anche se la tappa di ieri non sarà ricordata come uno degli snodi fondamentali della storia del ciclismo, il dovere di cronaca ci impone di parlare - almeno in linea di massima - di quanto successo, prima di dedicarci a quello che più ci piace scrivere: chiacchiere fini a se stesse mascherate da commento-bilancio delle prime due settimane di Tour.
Nella Carcassonne-Nîmes di ieri il percorso era talmente piatto che gli sprinter (a cui non restano ora più che due chance di vittoria) non avrebbero dovuto lasciarsi scappare l'arrivo di gruppo. Ma il problema è che ci sono almeno un centinaio di corridori (né velocisti né uomini di classifica) che vogliono dare un senso a questo loro Tour. E così i tentativi di fuga sono stati numerosissimi, più di quanti la pur volenterosa Quick Step ne potesse annullare.
I compagni di Boonen hanno lavorato come forsennati per impedire che partisse la fuga buona. Ma al centesimo chilometro hanno dovuto gettare la spugna su un allungo di Jalabert, presto accompagnato dall'evasione di altri nove uomini: Fedrigo, Mengin, Aitor Gonzalez, Egoi Martinez, Wrolich, Gonzalez de Galdeano, Landaluze, Lotz, Botero. Il drappello di dieci uomini ha rapidamente guadagnato sul gruppo passato nel frattempo sotto il controllo della squadra della maglia gialla Voeckler, che evidentemente gradiva un'andatura cicloturistica dopo gli immani sforzi che ha dovuto profondere sabato nella difesa del primato in classifica.
Con tredici minuti di vantaggio i fuggitivi hanno potuto tranquillamente dare vita al consueto gioco delle parti negli ultimi dieci chilometri, allorquando prima Aitor Gonzalez e poi Gonzalez de Galdeano hanno provato a scattare per anticipare l'arrivo in volata. Ma i due uomini della Euskaltel presenti nella fuga (Martinez e Landaluze) hanno fatto valere il loro gioco di squadra e hanno annullato entrambi i tentativi. L'allungo buono l'ha piazzato però lo stesso Aitor, ripartito agli otto chilometri e mai più ripreso. Con la vittoria di tappa lo spagnolo regala un sorriso al ds della Fassa Bortolo Ferretti, che l'aveva ingaggiato l'anno scorso nella speranza che quello gli vincesse Giri e Tour (nel 2002 aveva conquistato la Vuelta), ma che in cambio aveva ricevuto un rendimento quasi pietoso.
Oggi è previsto il secondo giorno di riposo del Tour, e domani inizia la parentesi alpina, spalmata su tre tappe (tra cui la cronoscalata dell'Alpe d'Huez). Ma ne parleremo domani, limitandoci ora a tornare ad analizzare, a freddo, quanto successo nelle due frazioni pirenaiche.
Da italiani siamo ovviamente orgogliosi di quanto sta facendo Ivan Basso. Ma al contempo non possiamo fingere di non accorgerci che è in atto un clamoroso livellamento verso il basso, che sta spianando la strada alla sesta vittoria di Armstrong. Indubbiamente Lance sta meglio di un anno fa, ma è incredibile notare come uno dopo l'altro tutti i suoi rivali (tranne Basso) siano incappati in più o meno gravi crisi. Tremenda quella di Iban Mayo (che sabato ha perso oltre 37'), disarmata quella di Hamilton (ritirato per mal di schiena, lui che l'anno scorso non si era arreso nemmeno a una frattura), incomprensibile quella di Ullrich (che continua a non trovare il modo di contrastare seriamente l'americano). Mancebo fa quel che può ed è encomiabile, essendo l'unico che ha provato, almeno una volta, ad attaccare Armstrong. Basso finora si è limitato a non perdere mai le ruote del texano, ma sulle Alpi dovrà fare di più se vuole sperare di vincere questo Tour. A meno che non si sia già rassegnato ad un pur eccellente secondo posto.
Marco Grassi