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Con Riccardo. Fino alla fine. - E contro ogni ipocrisia assassina

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Riccardo Riccò, 24 anni, ciclista.
Riccardo Riccò, 24 anni, campione.
Riccardo Riccò, 24 anni, eroe.
Riccardo Riccò, 24 anni, positivo.
Riccardo Riccò, 24 anni, drogato.
Riccardo Riccò, 24 anni, il nuovo mostro dello sport.
No, non finisce un sogno, non è l'ennesimo giorno di delusione, non è la solita tranvata che ci cade inattesa nei sensi.
E non è neanche un giorno da resa dei conti, un giorno da cui ripartire in qualche modo e verso un mondo migliore e mondato dalla feccia che lo infesta.
È un giorno come un altro, alla fine del quale, diradatosi il clamore mediatico e sciacallo dei cani da scoop, tutto riprenderà ad andare nel solito modo, fino al prossimo caso da prima pagina. Da qui al prossimo caso, la sinusoide di migliaia di appassionati sarà: sono disgustato, basta ciclismo, mi dedico alle bocce, però però il Giro, però però la Sanremo, quasi quasi mi guardo il Mondiale, ma guarda questo ragazzino, pare fortissimo, è fortissimo, vince, vincerà, dominerà il Tour, lo adoro, mi fa impazzire, mi ha fatto tornare ad amare il ciclismo, l'hanno beccato positivo, oddio che stronzo, che traditore, mi fidavo tanto di lui, non seguirò più il ciclismo, sono disgustato, basta ciclismo, mi dedico alle bocce.
Quanto ci metterà a compiersi il nuovo ciclo? 10 anni (il tempo DP, Dopo Pantani), o solo 3 (il tempo DB, Dopo Basso)?
Poi ci sono quelli affranti, quelli che non ne possono più dopo l'ennesimo colpo basso, quelli che sbandano e non sanno dove andare, riempiti fin sopra i capelli da tutta l'amarezza del mondo.
E poi ci sono quelli dispiaciuti umanamente per Riccardo, perché scendere in corsa dal carro dell'ex vincitore è il gioco più facile della storia (d'Italia), ma salire al volo su quello del perdente è un segno di grande civiltà.

Bene, Riccò trovato positivo. La storia si ripete, e quel che più sconvolge è vedere come tutto il classico balletto riprende come se già non avessimo vissuto queste situazioni decine di volte. Pari pari. Il ragazzo osannato di poche ore prima diventa di colpo il reietto, la gara è a chi lo infanga nella maniera più violenta, e quelli che già lo odiavano, zittiti finora dai suoi risultati, possono finalmente dare libero sfogo alla meschinità (sentimento base della natura umana).

Usiamo la testa, per una volta. Capisco che parlando di Riccò, personaggio che smuove e scuote l'anima, è difficile essere razionali. Ma è obbligatorio, perché la razionalità è la prima arma contro le cazzate.
Dicono che ora si spiega com'è che Riccò andasse così forte. Certo, Riccò, i suoi risultati, la sua forza, sono tutti frutto del doping.
Chiudo gli occhi e ho un dejavù, l'ennesimo di questa giornata. Riccardo portato via dai gendarmi, Riccardo nell'occhio del ciclone, Riccardo esposto alla pubblica vergogna, anzi proprio messo alla gogna.
Chiudo gli occhi e rivedo Marco Pantani.
Chiudo gli occhi e rivedo me stesso, le mie reazioni il 5 giugno del 1999 e nei mesi successivi, il mio allontanarmi dal ciclismo che mi aveva tradito nel suo idolo più colossale.
Chiudo gli occhi e so che non rifarò quello stesso errore, perché sarebbe proprio la risposta più sbagliata.
Non lascerò che Riccardo venga sommerso dall'ipocrisia assassina, quella che ha ucciso Marco, non lascerò solo Riccardo. Non farò come quelli che lo hanno incensato perché portava al movimento ascolti, spettacolo, interesse, soldi, e ora lo scaricano come un sacco d'immondizia. Non sarò debole come fui allora, non mi lascerò schiacciare dalla sfiducia, dalla delusione, dalla disillusione.

Non sono affranto oggi, non sono disperato, non sto sbandando, non sono alla canna del gas come fui due anni fa, non piango. Sono tranquillo. Che cosa è successo di diverso da quanto già sapevo? Niente. Sapevo che l'Epo è pane quotidiano, quindi mi aspettavo - tra le varie eventualità che si mettono in conto - che avvenisse quello che è successo. E mi aspettavo che potesse capitare anche al corridore che amo di più. È successo, pazienza. Sì, dispiace non vedere Riccardo sulle Alpi, dispiace pensare che starà 2 anni fuori, dispiace sapere che è stato arrestato per colpa di quell'assurdo che è il doping reato penale.
Mi dispiace, ma non riesco a essere disperato. Nervi saldi. Riccardo ha bisogno di me, ora, di me e di tutti quelli che non seguono la facile onda della facile indignazione, di tutti quelli che non hanno mai creduto alle favole, o peggio, di quelli che hanno finto di credere alle favole.

Già me li immagino i Bulbarelli, già me li immagino continuare a fare quello che fanno da 10 anni, ovvero dire che il ciclismo pulito non solo è possibile, ma è anche una realtà talmente vicina a noi che sarebbe reificabile con pochi altri sforzi.
Da dieci anni facciamo sforzi. Pochi altri sforzi, uno dietro l'altro, uno alla settimana, sassetto sopra sassetto, per costruire il muro che terrà al di là il doping e chi si dopa. Ma il doping è volatile, e quindi vola, vola sopra il muro di sassetti e dilaga comunque, sempre, ovunque. Dire che il ciclismo è "quasi" pulito, dire che manca poco, dire che coi nuovi controlli tutto viene scoperto è professare falso ideologico. È mentire al proprio pubblico, ai propri lettori, prenderli in giro, vendere false storie, vendere fumo.
Da dieci anni facciamo sforzi e sentiamo il direttore del Tour e il direttore del Giro che questo sarà il Tour o il Giro più pulito della storia, e invece ogni anno siamo al punto di partenza. Colpa delle mele marce, dicono, ma diosanto, foss'anche per una mera questione di occorrenze, possibile che questa balla attecchisca ancora tanto tra la gente?
Beltrán, Dueñas, Riccò, si dice Moreau. Abbiamo il vecchio quasi ex-ciclista e il nuovo promettente, abbiamo il campioncino e il campione mancato; abbiamo gli spagnoli (iberica terra di perdizione!), ma anche gli italiani (terra di Torri!), ma anche i francesi (terra di leggi durissime contro il doping!), la casistica insomma è completa. Mele marce?

Ora chi non sa niente di ciclismo si sentirà snobisticamente in dovere di dire la sua, di spiegarci i mali di questo sport (e di questi giovani che lo praticano aprendo il loro cuore e le loro vene alla droga e alla tossicodipendenza), e pazienza, ci sorbiremo i tuttologi, i micheleserra che perdono ogni occasione per tacere, pazienza, ragazzi, noi siamo sopravvissuti a Campiglio e Strasburgo, possiamo benissimo sopravvivere a Lavelanet.
DOBBIAMO sopravvivere a Lavelanet. Io il ciclismo in mano a sciacalli e falsi moralisti (o veri moralisti, ma in quel caso rimbambiti da una sesquipedale ingenuità) non lo lascio più.
Non lo lascio più il ciclismo in mano a quelli del ciclismo, in mano a queste amebe senza palle, a questi smidollati che parlano di tragedia, di dramma sportivo, che non ci vogliono credere, che cascano dalle nuvole, che mettono in piedi il solito teatrino, Gianetti che ritira la squadra, EpoGianetti dico, e l'altro giorno quell'altro, Volpi, disperato per Dueñas, ma fatemi il piacere, fatemi il santo piacere.
Io Riccardo Riccò lo difenderò fino alla fine. E lo so che saremo sempre di meno, lo so che la gente scappa, e che qualcuno si sentirà offeso da queste righe, ma si va avanti con chi c'è, con chi ci crede, con chi non smarrisce il senso della vita se beccano un corridore positivo, perché tanto lo sappiamo che succede, è successo e succederà. Riccò lo difendo e lo aspetto, se vorrà tornare a correre, così come sto aspettando Basso e Vinokourov. Tutti corridori beccati, in un modo o nell'altro, tutti corridori dopati, in un modo o nell'altro: e so bene che la differenza tra un dopato e un corridore pulito (tutti quelli del gruppo, per dire) è che il dopato ha avuto la sfiga (o l'insipienza) di farsi beccare.

Paparino, quella che chiamavi "la mia bambina" ha perso la verginità da un sacco di tempo. E anzi, se proprio devo dirtela tutta, è anche abbastanza zoccola. Ma so che lo sai, anche se proprio non riesci a dirtelo. E invece è proprio così, libera il tuo sguardo dai veli piccoloborghesi con cui sei cresciuto, e guarda le cose in faccia, e chiama le cose col loro nome, per una volta nella vita, per una santa necessaria volta nella vita, non cedere all'ipocrisia.
E poi dimmi paparino, hai il coraggio di disconoscere questa tua figlia così zoccola? La disconosci? È tua figlia.

Marco Grassi

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